Paphiopedilum: la grande avventura della loro coltivazione

Esempio di rinvaso
Per chiudere l’argomento dei substrati, vi ripropongo la sequenza fotografica del rinvaso del mio Phapiopedilum parishii

Pianta da rinvasare, con chiari sintomi di substrato in crisi.
La pianta, pur essendo stata rinvasata l’anno scorso, a causa della torba scadente usata nel composto, presentava un substrato eccessivamente compattato, con ristagno eccessivo d’acqua.

Prima operazione

Svasatura, analisi dell’apparato radicale e valutazione per un’eventuale divisione della pianta. La decisione risulta abbastanza facile, perché nelle piante di Paphiopedilum, i ceppi, si presentano già divisi, basta separare le radici dal composto e da eventuali marcescenze, il resto arriva da solo.

Nel mio caso, la pianta si è divisa in due unità.

Composto per il rinvaso
35% di corteccia di pino di pezzatura medio piccola – 35% di torba di sfagno abbastanza filamentosa – 15% di terriccio a base di eolite, fertilizzante a lunga cessione, sabbia e d altri elementi – 15% di agriperlite.

Sul fondo dei vasi, quale strato drenante, un po’ di polistirolo, economico ed inerte.
Sistemazione della pianta sul vaso e riempitura con il composto preventivamente preparato: per farlo penetrare fra le radici, uso della punta dell’indice, o più correttamente, di un apposito bastoncino.

Lieve battitura all’esterno del vaso, con il palmo della mano, per agevolare l’assestamento del composto.
Per la definitiva sistemazione del composto fra le radici, messa a bagno del vaso ( nel caso mio, sul ruscello ‘ Rio Parnasso’) e delicata bagnatura della parte superiore del vaso, finchè il substrato è ben fradicio.
Questa operazione è utilissima anche per evitare lo stress secco da rinvaso, ma non è comunque consigliabile, se l’apparato radicale è stato manomesso e presenta ferite da taglio, in questi casi, dopo aver protetto le radici con fungicida, è bene aspettare due giorni, prima di innaffiare la pianta rinvasata.

L’operazione di rinvaso del mio Paphiopedilum parishii, è ultimata, dalla pianta iniziale ho ottenuto due divisioni, pronte per una promettente fioritura, o per essere scambiate con qualche specie che manca alla mia collezione.
I vantaggi di acquistare una divisione, piuttosto di una piantina piccola , magari da semina, sono indubbiamente notevoli: fioritura immediata e garanzia della qualità, avendone gia visti i fiori.
Altro aspetto importante che da valore alla pianta, è quello di poter avere divisioni di piante raccolte in sito: le semine e le clonazioni, presentano sempre delle incognite.

12 pensieri su “Paphiopedilum: la grande avventura della loro coltivazione

  1. Gianluca

    Ciao a Tutti

    Volevo fare 2 domande specifiche al rinvado dei paphio:

    1)dove è possibile trovare della torba di sfagno?
    2)se non fossi in grado di reperirla, cosa posso usare per avere un composto simile?

    Grazie

    Gian

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  2. Guido

    Grazie Pietro, una foto ce la fai a linkarla? Puoi anche inviarla a info@orchids.it e poi la pubblichiamo, sarebbe utile per capire se hai avuto la fortuna di beccarti una specie. A volte capita che qualche specie, tipo il P. primulinum si trovi anche nei garden dei centri commerciali.

    La torba deve essere di sfagno abbastanza filamentosa, poi devi miscelarla con bark, perlite e un pugno di sabbia calcarea.
    Ciao
    Guido

    Rispondi
  3. Pietro

    Fantastica guida, io sono un neofita delle orchidee in genere è ho trovato una paphiopedilum in un brico, bella è pure a buon mercato, 5€ penso che lo sia.
    mi son tolto tanti interrogativi sul come e quando, mi mancano solo alcuni dubbi, primo la torba che tipo deve essere e che caratteristiche deve avere? io uso torba per piante carnivore che è molto acida, va bene?
    Altra domanda per identificare la specie come faccio? La cosa di cui sono sicuro è che fa più fiori sullo stelo che crescono in sequenza, ma la specie non la so. Le foto delle due specie che nella guida appartengono al gruppo 3 assomigliano solamente, potrebbe essere un ibrido?
    grazie mille

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  4. Guido

    Risolto il mistero dei commenti che non passano:
    colpa del programma antispam o meglio a forza di autoistruirsi per bloccare i tantissimi messaggi spam è diventato talmente attento, che qualche volta blocca anche commenti di visitatori già riconosciuti.
    Il guaio è che per riconoscere quelli buoni devo controllare in media 200 spam automatici giornalieri. Ultimamente i programmi spam si sono evoluti e per passare copiano titoli di post e inviano frasi in ingua italiana – in genere pubblicità porno e divolerie varie- con il risultato che il blog blocca anche commenti veri e qualche volta con la cancellazione degli spam corre il rischio di andarsene anche qualche commento.
    Questa volta ho controllato con attenzione!
    Ciao Roberta e grazie a tutti per gli apprezzamenti.
    Guido

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