Fotosintesi clorofilliana

… quel meraviglioso processo chimico o fisico attraverso il quale le piante vivono

costantiaE’ sempre affascinante affrontare questo processo della vita che avviene nelle piante e in alcuni organismi unicellulari. E’ materia per chi studia biologia, chimica o fisica, ma può essere di utile conoscenza anche per noi che ci dilettiamo con la coltivazione delle orchidee.
A proposito delle nostre orchidee, uno dei temi sempre attuali per la loro giusta coltivazione è la luce. Luce soffusa, luce buona, luce diretta, 10 ore di luce piuttosto che 12, queste sono le frasi che leggiamo spesso sui consigli di coltivazione, ma questa benedetta luce perché è tanto importante?
In questo senso la carissima Maya, socia di Orchids Club, ha posto delle osservazioni assai interessanti:

… “mi trovavo ieri a far visita a Valentina e, osservando le sue piante, pressoché tutte in buone condizioni, ho osservato una notevolmente scarsa pigmentazione delle foglie in generale ed ecco che si accende la lampadina:
le condizioni in cui coltiva le sue piante sono più o meno uguali alle mie, in casa, luce naturale proveniente da una finestra, direi buone condizioni di umidità (più o meno intorno al 70%) e temperatura, annaffiature regolari anche se un po scarse a mio parere, concimazioni regolari, eppure, foglie di un verde molto chiaro e steli fiorali apparentemente più deboli, quasi incolori e spesso tendenti all’aborto dei boccioli. Anche i fiori che
sbocciano sono evidentemente meno pigmentati dei precedenti, quasi evanescenti…
Dunque eccoti i quesiti: questa evidente riduzione di fotosintesi potrebbe dipendere esclusivamente dalla scarsità di luce? Dall’angolo d’incidenza della luce stessa sulle piante (nel mio caso arriva dall’alto)? Oppure
possiamo riferirla a una non corretta interrelazione tra la clorofilla e il derivante processo legato alla luce? Ti faccio queste domande perché nel mio caso la scarsità di luce provoca al massimo una non fioritura ma mai una riduzione della pigmentazione. Avendo portato a casa una pianta Dendrobium kingianum, voglio ora provare a vedere se, cambiando le condizioni ambientali e il metodo di concimazione e innaffiatura, cambia qualcosa”


ENERGIA
L’energia è la capacità di compiere un lavoro nei processi vitali. Possiamo quindi dire che le attività e la sopravvivenza di tutte le cellule e degli organismi viventi, dipendono dall’energia fornita dal cibo costituito da sostanze organiche. Alcuni esseri viventi sono strutturati per ricevere energia catturando anche sostanze inorganiche. Ma da dove viene questa energia? Arriva dal sole. L’energia solare arriva sulla Terra sotto forma di luce. Alcuni organismi autotrofi (in grado di produrre le sostanze organiche di cui necessitano a partire da sostanze inorganiche), sono in grado di trasformare l’energia luminosa in energia chimica attraverso la fotosintesi.
La fotosintesi è stata spiegata molto bene dal biologo e nostro socio dr. Christian Pozzobon in questo post dal quale riprendo questo capitolo:

LA CELLULA E LA FOTOSINTESI CLOROFILLIANA
Le piante sono costituite da miliardi di cellule che si differenziano specializzandosi in qualche funzione utile alla vita ed all’accrescimento della pianta stessa.
La cellula vegetale è formata da un involucro esterno costituito dalla parete. A contatto con essa, nella parte interna, troviamo la membrana plasmatica, essenzialmente costituita da un doppio strato fosfolipidico dove nel suo mezzo sono immerse proteine di membrana.
All’interno c’è il cosiddetto ambiente citoplasmatico che presenta tutti gli organuli essenziali alla cellula.
Fra questi troviamo il nucleo, che contiene quasi tutto il materiale genetico capace di dare le istruzioni per la produzione delle molecole (proteine) necessarie alla vita cellulare. La restante parte del materiale genetico codificante altre proteine è contenuto nei mitocondri e nei cloroplasti. Questi due sono organelli contenuti nelle cellule vegetali. In particolare i cloroplasti sono la centrale energetica nei quali viene convertita l’energia luminosa in energia chimica sotto forma molecolare che in un secondo momento potrà essere utilizzata per le reazioni di sintesi durante l’accrescimento della pianta.
Fotosintesi
foglia_orchidea_1Il termine fotosintesi sta a significare letteralmente “sintesi tramite la luce”. Le parti della pianta che sono più attive nello svolgere le reazioni fotosintetiche, sono le foglie.
Queste possiedono un particolare tessuto chiamato mesofillo fogliare, il quale è formato da cellule contenenti una gran quantità di cloroplasti. I cloroplasti sono specializzati nel raccogliere l’energia luminosa grazie alla presenza di particolari pigmenti chiamati clorofille. Nella reazione fotosintetica l’energia luminosa è utilizzata per ossidare molecole di acqua e ridurre molecole d’anidride carbonica dando come prodotto la sintesi di zuccheri (il mattone di costruzione di tutte le piante) e la liberazione d’ossigeno.
La reazione chimica è:
CO2+H2O?(CH2O)+O2
Nello specifico, la prima molecola che prende parte alla serie di reazioni, è l’acqua che venendo ossidata libera due elettroni (e-) due protoni (H+) formando una molecola di ossigeno (O2). Gli elettroni saranno indirizzati attraverso un percorso a loro specifico fino a giungere alla riduzione di particolari molecole ad alta energia chiamate NADPH (Nicotinammide-adenina-dinucleotide-fosfato).
Queste molecole (NADPH) saranno utilizzate per la sintesi degli zuccheri all’interno dei cloroplasti.

In realtà, il processo di fotosintesi è molto più articolato e riunisce una lunga serie di reazioni complesse, suddivise in una fase luminosa e in una fase oscura. Nella fase luminosa l’energia solare viene trasformata in energia chimica, mentre nella fase oscura si verifica la fissazione del carbonio, con conversione dell’anidride carbonica in molecole di carboidrati.
La prima fase, in cui l’energia luminosa viene convertita in energia chimica, ha luogo sulla membrana interna del cloroplasto. La seconda fase avviene nello stroma.
Il glucosio prodotto può poi essere portato a saccarosio ed essere trasportato a tutte le altre parti della pianta dove può subire destini diversi. Ad esempio, il glucosio può essere utilizzato per la biosintesi di molecole di riserva (es. amido secondario) o strutturali (es. cellulosa), oppure essere degradato completamente (fino a molecole inorganiche) o in maniera incompleta (molecole organiche).
Nel processo fotosintetico, l’energia luminosa viene “catturata” da pigmenti fotosintetici (clorofilla (a) e pigmenti accessori) che sono legati ai tilacoidi.
Inoltre, la fase luminosa della fotosintesi può operare con due fotosistemi contemporaneamente o con uno solo. Se opera con due fotosistemi viene definita fotosintesi non ciclica altrimenti si parla di fotosintesi ciclica.

A noi tanto basta per capire che il processo di fotosintesi è importantissimo per la vita delle piante e che si lega a diversi fattori ambientali.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA FOTOSINTESI
I processi fotosintetici possono essere influenzati da numerosi fattori, tra cui:
1. Disponibilità idrica
2. Disponibilità di anidride carbonica
3. Ossigeno: effetto Warburg (elevate concentrazioni di ossigeno inibiscono la fotosintesi)
4. Luce
5. Temperatura
6. Nutrienti
7. Età della foglia
8. Caratteristiche genetiche
9. Fotorespirazione

CLOROPLASTI
Abbiamo scritto sopra, che le parti della pianta più attive nello svolgere le reazioni fotosintetiche, sono le foglie. Non solo le foglie però, più avanti vedremo che sono presenti pigmenti di clorofilla anche nelle radici di certe orchidee epifite. I cloroplasti, per raccogliere l’energia luminosa, sono dotati di particolari pigmenti chiamati clorofille. La pianta quindi, per attivare con forza il processo della fotosintesi, deve produrre tanta clorofilla.
Il nucleo della clorofilla e’ formato da magnesio chelato, un elemento fondamentale nel processo di fotosintesi. Questo elemento chimico, ed altri, tipo aminoacidi, zinco, ferro, rame, calcio e manganese, sono indispensabili alla produzione della clorofilla, condizione fondamentale per predisporre la pianta in condizioni ideali al processo di fotosintesi.

PIGMENTI DI CLOROFILLA SULLE RADICI DI ORCHIDEE EPIFITE
Con questo capitolo entriamo in un “terreno” tanto caro alle coltivatrici di Phalaenopsis nei vasi trasparenti.
Da qualche anno, soprattutto le Phalaenopsis sono commercializzate in vasi trasparenti, proviamo a darci una spiegazione plausibile.
Qualche tempo fa ho chiesto spiegazioni ad un produttore di Phalaenopsis, la risposta è stata – per non far uscire le radici dai vasi – ovviamente non mi convinse, ma lui mi fece notare la differenza, mostrandomi un bancale di Phalaenopsis coltivate in vasi scuri: effettivamente le radici di queste ultime erano decisamente più disordinate e fuoriuscite rispetto a quelle cotivate in vasi trasparenti.
Questo fenomeno lascia pensare che le radici fuoriescano dai vasi scuri per cercare la luce in quanto dotate di clorofilla, questa tesi è sottolineata anche nel libro “Introductory Plant Biology”
Autori: James E. Bidlack, Kingsley R. Stern, Shelley Jansky
… fra l’altro nel loro libro si legge:
“in un primo tempo si riteneva che la funzione primaria delle radici di Phalaenopsis fosse stata quella di trattenere l’acqua, data la loro consistenza molto spessa, ma una recente ricerca ha dimostrato che esse sono strutturate anche per la fotosintesi”

Io penso che siano molte le orchidee epifite con caratteristiche radicali simili a quelle delle Phalaenopsis. Le radici delle orchidee epifite hanno molteplici funzioni (ancoraggio, accumulazione e trattenimento dell’acqua e di sostanze organiche per il nutrimento), e si modellano secondo esigenze temporali ed ambientali delle piante.
La parte superficiale detta “velamen” ha la funzione di trattenere l’acqua in uscita in caso di alte temperature e di siccità – la cuticola della radice è bianca ed asciutta – quando invece la radice è bagnata e di colore verde diventa discreto ricettore fotosintetico.
Ho effettuato vari esperimenti con diverse specie di orchidee epifite, ecco due esempi, con Phalaenopsis bellina e con Barkeria spectabilis

radici_phal_bell_primaradici_phal_bell_dopoLe due foto ai lati mostrano una Phalaenopsis bellina, prima e dopo la bagnatura delle sue radici aeree. A sinistra si vedono le radici asciutte e di colore bianco, il velamen è secco e trattiene acqua all’interno della pianta. Nella foto a destra, dopo una bagnatura copiosa – il fenomeno non si evidenzia con una semplice spruzzata – le radici sono decisamente di colore verde e quindi con clorofilla al loro interno (il colore verde non è dovuto ad alghe).

radici_bark_primaradici_bark_dopoHo ripetuto l’esperimento con una Barkeria spectabilis e come si può notare, anche in questo caso le radici, asciutte di colore bianco, dopo una decisa bagnatura assumono il classico colore verde.
A mio avviso è più motivabile la fotosintesi radicale in questa specie rispetto alla Phalaenopsis. Barkeria spectabilis è un’orchidea a foglia caduca e pertanto ha forse bisogno di una spinta energetica attraverso le radici nella sua prima fase di risveglio vegetativo.
E’ meno evidente la necessità di fotosintesi radicale nelle Phalaenopsis dotate perennemente di grandi foglie, chissà, forse è un esigenza ambientale visto che vivono in ambienti con poca luce.

Chiudo questo articolo già troppo lungo e forse incompleto. Non essendo un biologo ne un chimico e nemmeno un professore universitario, ma semplicemente un autodidatta, avrò certamente commesso qualche imperdonabile errore, con il tuo aiuto potrò rimediare.
In un prossimo post mi piacerebbe analizzare compiutamente, il comportamento delle orchidee che vivono in condizioni estreme, di luce, di temperatura e di acqua… la foto di copertina rappresenta una di queste: Constantia cipoensis specie Brasiliana del Minas Gerais che vive solamente sui cespugli del genere Vellozia a 1400 metri di altitudine – se non fosse stato per l’etilene che in novembre mi decimò i fiori in serra, finalmente l’avrei vista fiorire, pazienza aspetteremo il prossimo anno.

21 pensieri su “Fotosintesi clorofilliana

  1. barbara rizzo

    Ciao Guido hai dato uno sguardo alle mie orchi phal in che brutto stato sono?Ho inviato ieri le foto in particolare delle radici, penso proprio di rinvasarle perchè hanno un brutto aspetto, oggi andrò a comprare della corteccia e mi chiedevo se comprare anche del cicatrizzante o come mi consiglia Francesco della cannella.
    Se puoi mi diresti tutto il procedimento?Grazie 1000
    Barbara

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    1. Roberta L.

      Ciao Francesco, no, non sono andata a Pordenone. Naturalmente inutile dire che sognavo di andarci.. perche’ me lo chiedi?
      A presto
      Roberta L.

      Rispondi
  2. Roberta L.

    Ciao Guido,
    avrei bisogno di sapere una cosa un po’ particolare circa la coltivazione in serra. Mettiamo il caso che in una serra si fornisca la quantità di luce adeguata alle orchidee per 24 ore al giorno, quindi senza il riposo notturno che in altre circostanze avrebbero, cosa comporterebbe questa pratica? Voglio dire… aumenterebbe la produttività e la qualita’ delle piante (anche in termini di fiori) o al contrario ne danneggerebbe l’equilibrio?

    Grazie mille a te e a chiunque abbia voglia di rispondermi..
    Un caro saluto
    Roberta L.

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    1. Redazione

      Ciao Roberta, il riposo è indispensabile a tutti.
      Immagina cosa capiterebbe a noi se mangiassimo e bevessimo in continuazione senza riposarci mai.
      Metafora a parte, per dirla in parole povere, le orchidee e tutte le piante in generale, hanno bisogno di un periodo buio per poter metabolizzare l’energia accumulata.

      Guido

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  3. Vincenzo Ghirardi

    Cercando nel web materiali ed attrezzature per la coltivazione indoor, leggo spesso di
    attrezzature per insufflare, nottetempo, CO2
    in quantità ben calcolate(secondo vari parametri e formule) per favorire il metabolismo delle piante in coltivazione; a
    dire il vero non sempre legali.
    Nel caso nostro, trattandosi di orchidee, e
    più specificatamente, per chi coltiva in orchidario (luogo circoscritto e chiuso)
    la cosa può avere una certa valenza o se ne
    può fare a meno? Qualcuno ha mai fatto esperienze dirette con questi sistemi?
    Se si, gradirei avere qualche dritta in merito. Grazie.
    Cordialmente, sempre.
    Vincenzo.

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  4. Francesco

    Se si applica alle specie decidue questa teoria…allora anche la cycnoches e il dendrobium nobile lo fanno?
    Anche se il terreno le ostacola?

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    1. Gianluca

      Ciao Francesco…

      non riesco più a trovare la pagina dove avevi pubblicato le piante che cercavi per te (portobello)…che piante ti interessavano?

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Ciao! Che ne pensi?