Archivio mensile:Ottobre 2013

Cattleya dormaniana

L’amico Paolo Casanova, eccellente orchidofilo parmense è al settimo cielo: la sua agognata Cattleya dormaniana è fiorita!
“Guido, hai viso la mia mail? – si informa al telefono, Paolo – ti ho inviato la foto della mia C. dormaniana, in fiore e mi piacerebbe condividere la notizia” – e aggiunge – non è facile vederla nelle collezioni e sono veramente felice di questa fioritura”
“Certamente – rispondo io – e non solo i fiori, pubblicherò anche un primo piano del suo cestino in legno che tu le hai costruito: una vera opera d’arte!”…

Ora possiamo iniziare il racconto.
Ho cercato qualche notizia per strutturare il post ed ho trovato molto interessante il racconto di Paulo Roberto Pancotto, orchidofilo brasiliano, riportato in Orchids News n° 35, sul sito di Delfina de Araujo
…” “It was a beautiful journey to see Cattleya dormaniana blooming. The walk lasted for ten hours, going up and down, in an area very difficult to be reached and I believe that is the reason for being still safe. We found a habitat with a good population formed by matured plants and I can say that there were at about 150 plants and a great quantity of small-sized seedlings which means that this small treasure is in perfect balance because its pollinator is active and doing a good job.
Those plants were very well adapted, healthy, with a luxuriant blooming, little variation in the color but, on the other hand, they presented in their floral stems two flowers with same size, which is for the species a great event. They were found in a very humid environment because they were place over a multitude of bromeliads. Those plants are also responsible for a great accumulation of water which is constantly in evaporation.
The luminosity was, in most plants, at about 50%, but, at the same time, we found plants which were at noon completely exposed to the sunbeam. However, due to the great refrigeration supplied by the combination of water from the bromeliads with the heat and ventilation, we haven’t seen any plant burnt. This habitat is found at, approximately, 600m altitude.”

Da questo riassunto di viaggio emergono notizie molto utili per capire l’habitat di questa specie in sito.
1 – Habitat in zone impervie, quale garanzia di sicurezza per la specie.
2 – L’equilibrio biologico delle colonie di Cattleya dormaniana visitate è dato da molti fattori convergenti, ad esempio la combinazione, temperatura, luce, ventilazione e, osservazione molto interessante, la presenza di estese colonie di bromeliacee, grandi accumulatrici di acqua in costante evaporazione… come a dire: un naturale impianto “fog” a disposizione.

C_dormaniana_paolo_fioreCattleya dormaniana (Rchb f.) Rchb. f. 1882
Questa specie è stata descritta come Laelia dormaniana da Rchb. f. nel 1880.
Nel l882, l’ha trasferita nel genere Cattleya.
All’inizio, si è pensato che fosse un ibrido naturale di Cattleya bicolor e Laelia pumila Ultimamente il dubbio è stato rimosso, Dressler & Gillespies (Bollettino AOS – 1960) la considerano una specie valida.
Cattleya dormaniana è endemica nello stato di Rio de Janeiro, tra i 500 ei 700 metri di altitudine.
In certi casi vive nei tronchi morti o in decomposizione come pianta saprofita, (Monti Órgãos). Generalmente è epifita e cresce nella foresta pluviale molto umida, su alberi specifici, probabilmente Clusia organensis, in ambienti difficili da raggiungere.. Il suo habitat varia tra 600 e 1.000 m di altitudine.
La specie produce pseudobulbi che variano da 8 a 30 cm con due foglie carnose al loro apice. Presenta uno o al massimo due fiori per spiga, di 8 centimetri di diametro una volta aperti. Durano meno di 15 giorni e sono scarsamente profumati.

Altra nota interessante, che sottolinea le sue incertezze tassonomiche, l’ho trovata spulciando il bollettino dell’American Orchid Society: febbraio 1956 (Vol. 25, No. 2, page 159).
…”Cattleya dormaniana: Brazil. This species brings to the forefront the artificial distinction between Brazilian laelias and cattleyas. The distinction is based on the number of pollinia; four for cattleyas and eight for laelias. This species produce two or four extra rudimentary pollinia in addition to the four normally found in plants of this genus. Is this then a Laelia, a Cattleya or an intergeneric natural hybrid? It is today accepted as a Cattleya and the underdeveloped pollinia have some evolutionary significance related to the origin of the species. Regardless of the genus, the 3 inch flowers, produced usually one or two per inflorescence (occasionally up to 4) are dramatic. The species, discovered in 1879, comes from the humid, cloud-shrouded Organ Mountains in Rio de Janeiro State, Brazil. While the thin pseudobulbs do not tolerate dehydration, the species does need a definite period of dormancy. Flowering occurs in the fall. While known for some 130 years, C. dormaniana remains relatively rare in contemporary collections. It is a small species that takes up little room and for those able to provide for its requirements, a dramatic addition to anyone’s cattleya collection”…
L’elemento di incertezza tassonomica è dato dal fatto che questa specie, in aggiunta alle quattro masse polliniche, normalmente presenti nelle piante di questo genere, ne produce altre due supplementari, a volte quattro, seppur appena strutturate rudimentalmente; da ciò la domanda: è una Laelia, una Cattleya o un ibrido naturale intergenerico? Oggi è accettata come Cattleya… chissà in futuro!

cassettina_paoloLe cassettine di Paolo
Questa, nella foto a sinistra è il cestello in legno dove Paolo, a suo tempo ha sistemato Cattleya dormaniana, dopo essersela aggiudicata ad un’asta – lui dice – “beccata negli ultimi 5 secondi”.
Mi colpisce particolarmente, la precisione con la quale Paolo ha realizzato l’opera, curata anche nei minimi dettagli. E poi, particolare da non poco conto, desidererei far notare la qualità del legno usato. La durezza del legno è un elemento essenziale, fondamentale, direi: complimenti Paolo.

Pleurothallis truncata

1548Pleurothallis truncata Lindl. 1836.
Sinonimi: Humboldtia truncata (Lindley) Kuntze; Humboltia truncata (Lindley) Kuntze; Pleurothallis corazonica Schlechter.

Pleurothallis truncata è una specie epifita, cespitosa, a volte litofita. Vive negli altopiani dell’Ecuador ad altitudini di 1700-3000 metri. Come altre Pleurothallidinae, non ha pseudobulbi, ma lunghi fusti sottili e filiformi, che portano una foglia al loro apice. I fiori di colore arancio luminoso, si formano su esili infiorescenze, che spuntano sopra la foglia, sulla parte superiore dello stelo. In certi casi, generalmente quando le condizioni di coltivazione non sono ideali, al posto dei fiori si formano dei keiki che generano nuove piante.
L’ambiente ideale di coltivazione di questa specie è la parte più ombrosa e fresca della serra (ad esempio, a riddosso dei pannelli di raffrescamento), con substrato drenante, ma tenuto sempre umido. Non richiede periodi di riposo. Le fioriture iniziano in autunno, proseguono per vari periodi della stagione invernale, per durare fino a primavera.

Impollinazione dei fiori
1551 Il genere Pleurothallis comprende oltre 1000 specie, tutte con fiori tra i più diversi ed insoliti, ma legati fra loro da un denominatore comune: due masse polliniche. Varie specie producono fiori molto piccoli ed in certi casi (vedi foto) quasi del tutto chiusi. Questa particolarità morfologica potrebbe far pensare che i fiori siano autogami (autoimpollinanti- il polline passa direttamente dall’antera di un fiore allo stigma dello stesso), ma l’apertura, seppur piccola, lasciata disponibile da sepali e petali, induce a credere che la fecondazione sia del tipo entomogamo (insetti) e incrociata (il polline viene trasportato dall’antera di un fiore allo stigma del fiore di un individuo differente della stessa specie).
I piccoli e insoliti fiori di molte specie di Pleurothallis, hanno perfezionato due specializzazioni:
– riconoscono il proprio polline, e non si fecondano.
– si sono strutturati allo scopo di utilizzare piccolissimi insetti (moscerini) per la loro impollinazione.

Nota: Foto e orchidee della collezione Guido De Vidi. E’ vietata la riproduzione per usi commerciali.

Dracula vlad-tepes

Halloween… e vampiri!

1534L’atmosfera di halloween, almeno dalle mie parti, ci sta tutta: giornate corte e buie, nebbia che fa svanire agli occhi l’orizzonte ed il ritorno all’ora solare a far 31, mi suggerisce di scherzarci su.
Guardate il fiore della foto a sinistra! Sembra portarci con la mente a visioni aliene, astronauti calati dal cielo scuro, oppure strani esseri demoniaci, dotati di lunghi arpioni, pronti ad avvolgerci in un abbraccio mortale.
Volete conoscere il suo nome? Dracula vald-tepes
…la notte di halloween vi aspetteranno, appese lungo la stradina di Vicolo Parnasso: sconsigliato “coglierle”, porterebbero “sfiga” 😉

1542Dracula vlad-tepes Luer & R. Escobar 1981
Questa specie è endemica nella cordigliera orientale del Dipartimento colombiano di Santander (vicino Viriolin). E’ stata trovata nelle foreste pluviali a 2500 metri di altitudine. Pianta epifita da clima freddo di piccole dimensioni con foglie strette, erette, robuste e con guaine basali tubolari. Fiorisce in diversi periodi dell’anno con preferenza nei mesi freddi che vanno dall’autunno alla primavera.
1541Le infiorescenze racemose escono attraverso l’apparato radicale, scendono pendule e formano singoli fiori in progressione. La parte centrale dei petali e dei sepali è scura con striature e macchie color vinaccia, mentre il labello è solitamente bianco con lievi colorazioni giallo pallido e striature grigie.

Si consiglia di coltivare questa specie a luce soffusa, temperatura fresca-fredda, bagnature regolari e apparato radicale sempre umido con leggera ventilazione ambientale. La peculiare crescita degli steli fiorali suggerisce di usare cestini di rete a piccole maglie, con composto di corteccia fine, mista a perlite e sfagno.

Etimologia della specie
Nominata in riferimento Vlad Tepes (detto Dracula),
“la storia vera del principe valacco Vlad l’Impalatore, chiamato Dracula per l’appartenenza del padre all’ordine cavalleresco del Drago, che la fama tremenda delle sue gesta, ispirò la creazione del personaggio del vampiro, divenendo in questo modo leggenda, non ha niente a che fare con con il mito del vampiro, nato dalla letteratura postuma. E’ quindi, la quintessenza di leggende preesistenti, senza tempo, che storicamente finirono per incarnarsi in un modello reale di umana ferocia. Con il mito del vampiro, Vlad ha in comune la sua inestinguibile sete di sangue, accentuata dalla crudeltà della guerra che combatte contro i Turchi.
A differenza del vampiro leggendario, Vlad non teme la croce, anzi l’innalza come insegna. Ciò nonostante, la fantasia popolare lo legherà al potere demoniaco, radicato in antichissime superstizioni. Per la storia, Dracula o Vlad III di Valacchia visse quarantacinque anni, dal 1431 al 1476. Per la leggenda appartiene al mondo di coloro che non sono mai morti pur non essendo più vivi, creature d’oltretomba che perpetuano in eterno la propria esistenza alimentandosi del sangue dei viventi”…

Che fantasia “sinistra” hanno avuto, la botanica e la tassonomia, con questo genere di orchidee! Non bastava nominare il genere “Dracula”, ma bisognava infierire anche su qualche povera specie, tipo “D. vampira” o come nel nostro caso “D. Vlad-Tepes

Nota: Foto e orchidee della collezione Guido De Vidi. E’ vietata la riproduzione per usi commerciali.

Enzo Cantagalli se n’è andato

A metà mattina del 24 Ottobre 2013, Enzo ci ha donato il suo ultimo flebile respiro. Enzo Cantagalli è stato un esempio per l’orchidologia italiana e per il collezionismo orchidofilo del nord est italiano, una subdola malattia se l’è portato via dopo anni di oblio.
Ciao Enzo, saremo tutti ad accompagnarti nell’ultimo viaggio della tua vita.

Frammenti della sua vita:
(Racconto tratto dal libro: Orchidea, la passioine diventa serra)

…”Enzo Cantagalli vive a Pieris in Provincia di Gorizia. La passione per le orchidee si insinua nei suoi interessi hobbistici e culturali alla fine di un percorso che lo vede, come tanti altri, sensibile al meraviglioso mondo della natura e dei fiori in generale.
045_01_foto enzo cantagalliLa sua formazione esprime l’influsso della tipica famiglia borghese, collocata nel contesto storico della prima
metà del secolo scorso, in una parte dell’Italia molto provata dalle vicende socio politiche che hanno segnato
profondamente pensieri ed azioni delle sue popolazioni. Enzo Cantagalli si laurea presto in chimica e questa sua
preparazione professionale sarà forse la molla che lo porterà, più avanti, ad immergersi nel magico mondo delle
orchidee.

La mia conoscenza con Enzo avvenne all’inizio degli anni ottanta quando, sprovveduto neofita alla ricerca di consigli, trovai il suo numero di telefono (allora non c’era internet), provvidenzialmente riportato in appendice del famoso libro di Rebecca Tyson Northen: LE ORCHIDEE.

Ricordo che a quei tempi, nel mio tentativo di organizzare i pochi appassionati che c’erano in zona, trovai totale disponibilità nel Dott. Cantagalli, manifestata sin da subito con impareggiabile signorilità intellettuale.
Ricordo il primo incontro e soprattutto le sensazioni che provai entrando nella la sua serra al cospetto della sua collezione di orchidee.
Enzo mi raccontò del suo impegno nel mondo amatoriale, mi parlò del lavoro associativo di un altro appassionato di orchidee, Mario Dalla Rosa, ex pilota Alitalia e Presidente dell’allora S.I.O. (Società Italiana Orchidee), ed insieme facemmo una carrellata di possibili coltivatori dilettanti da contattare. Praticamente, nacque l’embrione della prima Associazione Orchidofila nel Triveneto.

Riuscimmo a mettere insieme il numero sufficiente di persone per poter costituire l’associazione. Una sera ci trovammo a Oderzo (Treviso) nello Studio Notarile del Dr. Helio Pierotti, emerito entomologo – «Sono un entomologo che per vivere fa il notaio» – così amava presentarsi agli amici, e in quell’occasione, oltre alla stipula, ci fece anche una cortesia infinita: non ci chiese il conto.

Il Dr. Cantagalli divenne il primo Presidente dell’associazione; era il 1987.

Con il passare degli anni, come in un film, si accavallarono varie vicende, ma le esperienze e gli insegnamenti maturati insieme crearono una proficua scuola di pensiero, valida ancor oggi dentro e fuori dalle associazioni che comprendevano: la mutualità, in altre parole, lo scambio o la semplice donazione di proprie piante agli amici, e non da ultimo il proselitismo, inteso come divulgare, consigliare, mostrare e socializzare liberamente, con l’obiettivo di alimentare un magico rapporto fra orchidofili e orchidee…
Quanti bei ricordi abbiamo vissuto insieme a Enzo Cantagalli in tanti anni di frequentazioni. Ricordi fatti di visite, di reciproci incontri conviviali, e soprattutto di gioviali momenti amichevoli. Enzo coltiva orchidee da una vita, la sua età ha superato l’ottantina da un bel po’ di tempo. La sua collezione di orchidee è stata splendida per
anni, e per molti di noi è stata la fonte dei nostri desideri, l’occasione per assaporare la magia e per attingere a piene mani, saggezza e consigli. Col passare degli anni, però, la sua sfida con le orchidee si è fatta sempre più difficile e da qualche tempo, forse, Enzo sta mollando.

Ho scelto un sabato pomeriggio soleggiato e caldo per fargli visita. L’occasione è stata quella di portargli qualche sacco di bark per i rinvasi.
Enzo mi telefonò ancora in maggio per chiedermi del bark. Al telefono parlai anche con Maria, sua moglie, e fu lei a dirmi, in dialetto giuliano: «Guido, adeso xe Livia (sua figlia) che cura le orchidee, Enzo non vol più andar in serra».
La frase mi sorprese, ma rimandai ogni considerazione alla visita, che di lì a breve avrei sicuramente fatto a casa loro.
046_01_enzo_guidoPer la verità passò del tempo prima che riuscissi a percorrere quei 100 chilometri e passa, che dividono le nostre residenze. Sabato finalmente mi misi in viaggio. Decisi di evitare l’autostrada, quasi a volermi godere la vecchia strada statale che porta a Trieste, bella quando c’è poco traffico. Giunsi a Pieris verso le 17 e fui accolto da Enzo con un abbraccio caloroso. Ad attendermi c’era anche la moglie Maria e la figlia Livia. Seduti nella loggia che da sul giardino abbiamo conversato amabilmente, un po di “amarcord” e poi… le orchidee.

«Enzo, andemo in serra?» – chiedo io – questa era la frase di rito che dava il la alla nostra “immersione nella sua serra” in occasione delle numerose visite, ma questa volta la sua risposta fu distaccata e per certi versi anche attesa:
«Guido, xe più de un mese che no vado in serra, no so cossa che me sucedi, ma con le orchidee no go più interesse, preferisco far qualche giereto in bicicletta dentro le grave dell’Isonzo» – rispose Enzo.
Maria, sua moglie, confermò: «Sì, ora xe la Livia che la segue tutto, ma ela la lavora» – Livia intanto annuiva e i suoi occhi lasciavano trasparire un certo orgoglio misto a timore di non riuscire nell’impresa. Si continuò a conversare e improvvisamente Enzo esclamò:
«Ti vol che andemo in serra?… varda che xe na disperassion!»
Non me lo faccio ripetere due volte, e quasi a voler sdrammatizzare, rispondo: «Dai che andemo, chissà che non trovo qualche specie che me manca!».
La serra era un po’ stanca e mostrava qualche problema, ma complessivamente la trovai ancora in forma. I bancali delle Cattleye, con evidenti segni di trattamenti contro la cocciniglia, quella maledetta cocciniglia che da anni faceva impazzire Enzo, bellissimi esemplari di tillandsia, una bellissima pianta di Oncidium flexuosum in fiore,
ma ecco, la, lungo la parete, uno splendido esemplare di Bifrenaria inodora in piena fioritura.
«Stupendo!» – esclamo. «Ce ne sono due piante» – risponde Livia, quasi sorpresa. L’abbiamo fotografata, ovviamente, prima in serra e, poi, fuori in giardino.
047_01_bifrenaria_inodora Bellissimo esemplare, Enzo mi chiese più volte se io lo avevo. Ho questa specie nella mia collezione ed è proprio il frutto di una divisione donatami da lui qualche “visita” fa. Però ho riflettuto prima di rispondere affermativamente… lui avrebbe avuto il piacere di regalarmene una, ma ho pensato che quelle orchidee fiorite dovevano rimanere nella sua serra, magari per tenerlo ancora vicino alle orchidee, ma forse Enzo stava già consegnando il testimone, con stile e discrezione, a sua figlia Livia.
Era una calda giornata dell’agosto 2008. I presagi c’erano tutti, nella mente di Enzo si stava insinuando quella malattia subdola che mina gli anni dell’età matura.

L’ultima visita
Due anni dopo, eravamo nel mese di luglio del 2010, quando mi recai a far visita al carissimo amico Enzo, la sua mente è già entrata nella galleria buia che, seppur non a breve, porta alla fine. Non mi ha riconosciuto, ma un flebile impulso aleggiava comunque nell’aria.
Molti momenti intensi mi sono passati per la testa in quelle due ore trascorse in compagnia, insieme a sua moglie e sua figlia. I ricordi ci hanno portati alle sue passioni, le orchidee, la botanica, la musica, sì anche la musica, e la grande raccolta di dischi al vinile, ascoltati molte volte in quel grande mobile in radica che chiamavamo “radio-
giradischi”. Frank Sinatra… grande Frank!!
Sono ritornato a casa felice come le altre volte, quando ci si trovava nella sua serra piena di orchidee, si beveva un bicchiere e si parlava del nostro mondo. Ora è vuota quella serra. Questa volta non sono tornato con qualche divisione delle sue orchidee, solo la sua raccolta di riviste: Orchids, Caesiana, Orchid digest, con l’impegno di conservarla, insieme ad un grosso nodo alla gola, lo stesso che mi divora mentre scrivo”…

Da quell’ultima visita sono passati più di tre anni, problemi di salute e altre vicende personali mi hanno impedito di rivederlo. Buon viaggio caro Enzo, ora che non ci sei più, ascolterò ancora una volta My Way, chiusa per sempre in quel in quel vinile che tanto piaceva a te!


My Way

…“Ed ora, vicina è la fine
ed io fronteggio l’ultimo sipario
amico mio, lo dirò chiaramente
chiarirò la mia situazione, per la quale non nutro alcun dubbio
Ho vissuto una vita piena.
Ho percorso ciascuna e tutte le strade
e in più, molto di più
Lo feci a modo mio”…