Archivio mensile:Luglio 2020

Prima c'era la SIO, poi venne la carta di Soave

Per i più giovani orchidofili italiani, che cercano di capire come funziona l’associazionismo in Italia, questo articolo porterà un contributo storico sul mondo italiano delle orchidee. Nell’era di internet e dei social, il confine fra reale e virtuale è abbastanza labile. Internet è pieno di gruppi e/o associazioni che svolgono la loro attività amatoriale quasi esclusivamente sul web: Facebook, Istagram, Linkedln, Twitter, WhatsApp e così via dicendo. Inoltre via web si compra e si vende di tutto, orchidee comprese. Su internet nascono e muoino eventi, navigando un po’ si ha l’impressione di trovarci in una realtà forse più strutturata di quel che effettivamente è. Ma alla fine, quel vechio modo di stare insieme, fatto di associazioni tradizionali rimane pur sempre lo strumento che aggrega realmente gli appassionati.

Ma come sta di salute l’orchidofilia e l’orchidologia in Italia? Rispetto agli anni 80 – 90 del secolo scorso il panorama non è che sia cresciuto, sia in termini di qualità piuttosto che di numeri.

Le grandi collezioni, pur presenti in Italia in quegli anni, oggi non si vedono; né private né tantomeno pubbliche (orti botanici e/o garden di prestigio internazionale), per converso la realtà amatoriale italiana è frastagliata e di dimensioni minime. L’associazionismo italiano, non ha saputo far tesoro di quel fermento che aleggiava sul finire degli anni ottanta in varie realtà italiane, forse per inezia magari per quella maledetta convinzione che con le orchidee si fanno soldi o si acquisisce prestigio, spesso effimero se non supportato da vera spassionata disponibilità e spessore scientifico. Ed è così che si materializzano gli arrampicatori, o nati dirigenti che emrgono dal nulla. Il risultato è sotto glio occhi di tutti.

Ma quando e come prende forma l’associazionismo orchidofilo in Italia. Per mia sfortuna mi son travato ad averlo attraversato tutto sin dagli inzi.

Tutto inizia con la SIO (Società Italiana Orchidee) fondata da un commandante dell’Alitalia con la passione per le orchidee. Non è che succedessero tante cose, la SIO vivacchiava finchè non divenne preda degli appetiti di quella convinzione citata poco sopra. Negli anni 70 eravamo in piena crisi della siderurgia, e molti imprenditori si son dovuti reinventare la vita. Per trovare l’equilibrio psicofisico, a qualcuno, il psicologo suggerì di mettersi con le orchidee. La SIO era l’approdo obbligato, e così capitò che quell’ex imprenditore del tondino si trovò a diventare il suo Presidente oltre che a mettere su bottega con una azienda di vendita orchidee.

Come si evince dall’estratto di una missiva di quei giorni, iniziarono gli scontri fra vecchia e nuova scuola che culminarono con un lento sfacelo della SIO, la quale passò di mano in mano di vari commercianti finchè entrò in uno stato di dormienza pluriennale: ciò nonostante la SIO rimase riferimento per l’orchidologia Italiana.

Ed è così che un gruppetto di intelletuali romani provò a raccogliere l’eredità infranta, cercando di rilanciarne l’attività; si venne a creare una sorta di limbo che non mancò di iniettare un certo dinamismo nell’orchidofilia italiana, che culminò con la partecipazione come “ITALIA” all’evento europeo EOC in Germania ad Hannover, eravamo nel febbraio del 1994: ricordo che in quell’occasione vinsi diversi premi.

L’insperato successo del’Italia in terra teutonica, ringalluzzì un po’ tutti, al punto di ritentare l’avventura tre anni più avanti (1997), in Svizzera (Ginevra), e fu ancora un’apoteosi: quel nostro piccolo stand conteneva a stento le medaglie conquistate quasi tutte dalle mie orchidee (vedi foto). Il triennio (94 – 97) fu foriero di eventi propedeutici; esposizioni un po’ ovunque, alcuni ancora con il marchio SIO, ed altri, ad esempio quella di Treviso in villa Franchetti che vide i fasti della Contessa Isabella, con la nuova Associazione AIO.

E’ stato questo clima unitario e propositivo che gettò le basi sulle quali rinacque una nuova Associazione. Si iniziò a pensare ad un futuro organizzato su scala nazionale, nel pieno rispetto dell’associazionismo locale, con la vocazione e l’auspicio di produrre anche utili lavori scientifici: con questo spirito nacque la Carta di Soave.

Il racconto storiografico si ferma volutamente con la presentazione integrale della Carta di Soave, nata appunto a Soave (VR) in occasione di un’esposizione curata dalla allora giovane ATAO. Cosa si è fatto in questi anni per promuovere quegli auspici, poco, forse l’associazionismo è stato usato spesso per ambizioni personali, sicuramente antitetici a quanto sottoscritto in quel magico momento..

Cattleya, piccolo viaggio fra i suoi ibridi famosi

Blc. Oconee ‘Mendenhall’ AM/AOS
(Lc Belle of Celle x Blc. Norman’s Bay)
There were two other Oconee cultivars awarded by the AOS, ‘C/J’ AM/AOS to C.J’s Orchids, Long Beach, Ca., in 1981 (17.0cm n.s.), and ‘Wine Red Fall’ AM/AOS, Owens Orchids, 2001 (14.5cm n.s.)
Questo ibrido eccezionale poteva finire nell’anonimato, in qualche bancherella di vivaio, per fortuna che si ritrovò fra i bancali di un orchidario. Capitò così, che William Kirch, famoso ibridatore americano (USA), nel tentativo di creare un ibrido di Cattleya …

Blc. Pamela Hetherington ‘Coronation’ FCC/AOS
…Questa bella orchidea fiorisce a Dicembre ed i suoi fiori leggermente fragranti si fanno ammirare per tutte le feste natalizie…


Blc. Port of Paradise “Emerald Isle” FCC/ AOS
… Questo bellissimo ibrido dai grandi fiori verdi è stato esibito per la prima volta nel 1970…


Blc. Lucky Strike
… I fiori di Blc. Lucky Strike , sono il frutto di ricerche per dar loro fragranza, consistenza e soprattutto sensualità, elemento molto in voga negli anni 60…


Cattleya Portia Coerulea
… Cielo ed orchidea celeste in un soleggiato pomeriggio Domenicale di Novembre in Vicolo Parnasso, amena località della Marca Trevigiana


Lc. Mariner e Lc. Bella
… Questo ibrido molto simile alla Cattleya Portia ‘coerulea’ giunge alla ribalta quasi 50 anni dopo i primi tentativi degli ibridatori, rivolti a produrre ibridi coerulei

Laelia anceps 'vestalis' f. trilabello

Laelia anceps ‘vestalis’ f. trilabello – collezione rio Parnasso.

Foto a sinistra: Laelia anceps ‘vestalis’ f. trilabello – collezione rio Parnasso. Una forma originale, un diffetto che la rende preziosa.
A suo tempo, una lettrice del blog, trovò buona documentazione a riguardo di questa specie. Sicuramente siamo in presenza di un clone molto prezioso.
Ecco i link:
Notizia della nuova varietà di Laelia anceps apparsa a pag. 136 – The Gardeners’ Chronicle, 31 Gennaio 1880.
Laelia anceps var. vestalis Rchb. f.
Laelia anceps var. vestalis foto.

Storia:
L’orchidea in questione proviene dalla ex collezione A&F di Padenghe, cartellinata come Laelia anceps forma alba, gli anni son trascorsi, l’azienda in questione non c’è più; quell’orchidea fiorisce da qualche anno e ad ogni fioritura, come si può notare, la forma e il colore dei suoi fiori pongono molti punti interrogativi sulla sua esatta classificazione.

8 Masse polliniche, genere Laelia

La serietà dell’azienda A&F (Alessanrdini e Franguelli) è fuori discussione, ma entrambi i suoi fondatori non ci sono più e quel che rimaneva della loro azienda è stato prelevato da un vivaio francese. Per cercare il bandolo della matassa proveremo a metterla un po’ più sullo scientifico.
La domanda alla quale cercheremo di dare una risposta è la seguente:
Siamo sicuri del genere? Laelia, Cattleya o ibrido?
Su questo versante la risposta è inequivocabile: trattasi di Laelia e la prova scientifica sta tutta nel numero delle masse polliniche dei suoi fiori: nel genere Laelia sono 8 a gruppi di 2, e la foto sopra conferma il genere. Nell’ipotesi di ibridazioni, queste possono essere state fatte esclusivamente all’interno del genere Laelia.

Dimensioni del fiore:
Capsula seminale (antera) – 7 cm.
Fiore – 11 cm.
Sepali bianchi – 1,5 x 6 cm.
Petali bianchi con punte leggermente spruzzate di colore rosa pallido – 3 x 5,5 cm.
Labello trilobato aperto con una vistosa carenatura centrale posta orizzontalmente, bianco con leggere sfumature laterali color rosa – 4 x 5 cm.
Colonna con striature scure orizzontali – 0,7 x 2 cm.

Morfologia della pianta
Pseudobulbi oblunghi, turgidi, bifoliati a volte unifoliati – 10-15cm.
Foglie apicali carnose lanceolate, oblunghe – 15-20 cm.
La foto a sinistra evidenzia che la pianta ancora giovane produce pseudobulbi unifoliati, che tendono a diventare bifogliati con la maturità.
Questa caratteristica, posto che Laelia anceps produce raramente pseudobulbi bifoliati (verificate anche voi questa peculiarità morfologica), induce a pensare ad una possibile ibridazione con un’altra specie bifioliata.

Vista d’insieme della pianta
Lo stelo fiorale, molto strutturato e rigido non supera i 70 cm. di lunghezza.
Le infiorescenze sono a gruppi di 2 – 5 fiori avvolti da membrane appiccicose che racchiudono i fiori in bocciolo.
A conclusione di questa discussione, emerge con chiara evidenza la strana forma del labello che assomiglia ad un petalo allargato, tanto da poter considerare il fiore a forma (tripetala): la funzione naturale del labello è quella di indirizzare l’insetto pronubo verso il nettario, quasi obbligandolo ad introdursi in un percorso stretto, e non è certo il nostro caso. Le incertezze rimangono, la bella Laelia continua a fiorire indisturbata e puntuale a fine dicembre inizio gennaio di ogni anno, e noi ci concediamo la licenza di nominarla in onore delle vergini Vestali, le sacerdotesse romane al servizio della dea Vesta e non solo… forse anche a numa Pompilio.
Vista la rarità, o forse ancor meglio, stante l’unicità di questo clone e posto che nessuno ce lo vieta, potremmo anche nominarla: Laelia anceps ‘trilabello var vestalis’

Cynorkis fastigiata, vita in comune

Vita in comune nella collezione rio Parnasso. Le foto dell’album mostrano la colonizzazione su substrati di altre orchidee di una specie originaria del Madagascar, Comore, Penisola di Masoala.

Esempio uno: Cynorkis fastigiata in fiore cresciuta in simbiosi con Paphiopedilum callosum.

Esempio due: pianta rinvasata in vaso.

Notizie: Cynorkis fastigiata, descritta da du Petit Thouras, Luis-Marie Aubert, pubblicata in Histoire Particullère des Plantes Orchidèes t. 13 1822. Orchidea geofita, nativa nei boschi sempreverdi, alla base degli alberi, tra le rocce o nei prati. Endemicità: Comore – (Anjouan, Ndzouani, Ngazidje, Mayotte, Moheli, Mwali), Madagascar – (Antananarivo, Analamanga, Antisiranana, Fianarantsoa, Mahajanga, Toamasina, Toliara, Anosy, Ampasindava), Penisola di Masoala – (Luatana, foresta di Ambatovy, Andasibe, Doany, Angavokely) Altitudine: dal livello del mare a 1300 metri. Habitat: clima subtropicale umido in tutte le stagioni, con estati molto calde, forma di vita geofita, luminosità ombra parziale. Lunghezza dell’inflorescenza 30 – 40 cm. numero fiori 1 – 4 – durata 10-12 giorni, tempo di fiorire dalla nascita, 40 giorni.

Note a margine: orchidea autofeconda, i semi maturi colonizzano substrati di altre orchidee presenti in serra e rimangono in dormienza fino alla primavera successiva per poi nascere e fiorire. Ovviamente serve fare attenzione con i rinvasi per non buttare i semi dormienti già presenti.

Brassavola nodosa, sensualità e femminilità

Brassavola nodosa, chiamata comunemente “La signora della notte” perchè profuma solamente al buio. Chissà quali emozioni sensuali provò Takaschi Kijma quando fotografò i suoi fiori, forti di sicuro per averle immortalate nel suo libro “Wonders of Nature”
Takaschi Kijma, grande interprete della fotografia artistica, sempre rivolta esclusivamente alla bellezza ed al fascino femminile, dedicò eccezionalmente una rassegna fotografca alle orchidee, proprio perchè ravvisò in loro, la stessa sensualità.
Brassavola nodosa ne è l’emblema.

Nelle foto che seguono potete vedere una giovane pianta nella mia serra, sistemata su zattera; notate la differente disposizione dei giovani pseudobulbi, rispetto alla vecchia vegetazione, a seguire, un’altra coltivata in vaso.

Brassavola nodosa (L.) Lindley 1831
Alcuni documenti certificano che fu proprio questa specie la prima orchidea tropicale ad essere coltivata in Europa: fiorì per la prima volta ad Amesterdam nel 1615.
C. Linnaeus, con la sua introduzione del sistema binominale nella nomenclatura biologica, nella prima edizione di “Species Plantarum” descrisse la pianta come Epidendrum nodosum
In quel libro descrisse 62 specie di orchidea di 8 generi diversi, la nostra Brasavola nodosa è stata considerata come specie tipo del genere Epidendrum. Solo nel 1831 fu trasferita nel nuovo genere Brassavola, creato dal botanico R. Brown nel 1813 in onore del Dr. Antonio Musa Brassavola (o Brasavola), Antonio Musa. (fonti Wikipedia) – nato a Ferrara il 16 gennaio 1500, morto ivi il 6 luglio 1555, naturalista e medico, allievo di Niccolò Leoniceno e di Giovanni Manardi, fu poi professore universitario a Ferrara, dove ebbe tra i discepoli Gabriele Falloppio. Contribuì a rendere l’Università di Ferrara centro europeo di studi naturalistici e botanici. Compilò un’importante opera, l’Examen omnium simplicium medicamentorum (1536), dove recuperò le conoscenze botaniche degli antichi e superò le medesime in nome dell’esperienza. Si trasferì a Roma, al seguito di Paolo III, nel 1543. Si avvalsero delle sue cure Francesco I di Francia, Carlo V, Enrico VIII d’Inghilterra.
Brassavola nodosa (L.) Lindley 1831
Il nome del genere (come riportato nel paragrafo precedente) è stato dato in onore a Antonio Brassavola, medico e naturalista all’Università di Ferrara (1500 – 1555, ma altri testi riportano n. 1490 e m. 1570; allora l’anagrafe era un’opinione).

Ercole II, duca di Ferrara, lo condusse con sé nei suoi viaggi, specie in Francia. Il re di Francia Francesco I gli aggiunse il nome di Musa, alludendo ad Antonius Musa, medico dell’imperatore Augusto, e lo nominò suo medico; lo stesso onore gli fu accordato da Carlo V, Enrico VIII e diversi Papi.
Al ritorno a Ferrara fondò un giardino botanico che diresse fino alla sua morte.
Tra i suoi allievi si annoverano grandi studiosi e anatomisti, tra cui Falloppio (notizie attinte da una annotazione di Roberta Cecchini).
Brassavola nodosa, generalmente fiorisce in estate/autunno.
E’ un’ orchidea epifita e/o litofita di medie dimensioni a sviluppo simpodiale. Si struttura con dei corti pseudobulbi cilindrici e foderati, all’apice dei quali crescono singole foglie tereteformi, solcate ed acuto-apiculate. Gli pseudobulbi di recente maturazione formano pannicoli di 6-8 fiori bianchi, a volte con la gola del labello maculata di color marrone, che emanano un piacevolissimo profumo notturno, simile alla fragranza degli agrumi.
Il suo periodo di fioritura può variare in funzione delle condizioni di coltivazione e quindi sistemando più piante in posizioni diverse si possono goderle fiorite per più mesi.
Questa specie botanica è endemica nel Messico, nel Venezuela, e nel Brasile, dal livello del mare fino a circa 500-600 di altitudine; cresce sugli alberi (radici della mangrovie) e sulle rocce.

In coltivazione richiede molta luce, sopporta temperature elevate e durante il suo periodo vegetativo ha bisogno di molta umidità (deve accumulare liquidi e cibo utili anche nel suo periodo di riposo secco) per portare a maturazione gli pseudobulbi e per poter fiorire.
Quando arriva il periodo di riposo le radici smettono di svilupparsi e bisogna quindi, dapprima rallentare e per un breve periodo anche sospendere le bagnature onde evitare la marcescenza ed entropizzazione dell’apparato radicale stesso. Brassavola nodosa, gradisce clima da serra calda con abbondanza di luce.
E’ un’ orchidea molto duttile e si presta ai vari sistemi di coltivazione, su zattere di sughero o tronchetti di legno duro, piuttosto che su cestini di legno oppure su vasi con composti drenanti (bark e sfagno); la scelta va fatta in funzione dell’ambiente in cui si coltiva.