Archivio mensile:Dicembre 2021

Jumellea comorensis

Presentazione: Jumellea è un genere di orchidee con circa 60 specie originarie del Madagascar, delle Comore, delle Mascarene e dell’Africa orientale. Origine etimologica del nome di genere Jumellea (60 – 80 specie), in onore del Dr. H. L. Jumelle, un botanico francese. Jumellea comorensis, descritta da (Rchb.f.) Schltr. nel 1915. Etimologia del nome di specie fa riferimento al luogo di sua endemicità (isole Comore). Orchidea epifita a crescita monopodiale, di piccole dimensioni, endemica sull’isola di Grand Comore.

Jumellea comorensiis – collezione rio Parnasso

Jumellea comorensis (Rchb. f.) Schltr. Beihefte zum Botanischen Centralblatt 33 (2): 428 (1915); Perrier de la Bâthie in Humbert H. (ed.), Flore de Madagascar, 49e fam., Orchidées 2: 184 (1941); Stewart et al., Orchidee Angraecoid: 186 (2006). — Basonimo: Aeranthes comorensis Rchb.f. (1885: 540), Flora 68: 540 (1885). Mystacidium comorense (Rchb.f.) T. Durand & Schinz, Conspectus Floræ Africæ 5: 52 (1892); Angraecum comorense (Rchb. f.) Finet, Bulletin de la Société Botanique de France 54: 13 (1907). — Tipo: Grande Comore, litorale, 24.IX.1884, Humblot 1247. Jumellea comorensis è endemica in Mayotte e nelle Comore (Grande Comore e Moheli). Fino a 800 m di altitudine, raramente a quote superiori.

Descrizione: vive su alberi con corteccia ruvida in foreste molto umide con buona circolazione dell’aria e luce moderata. Questa specie ha fusti ramificati e pendenti, un po’ appiattiti portanti foglie, distiche lungo il fusto, lineari-ligulate, di colore verde scuro. Produce fiori profumati, 4 cm di larghezza e 12 cm. di lunghezza, di colore bianco con un lungo peduncolo tipico delle angraecoidi, su un’infiorescenza ascellare, corta, a fiore singolo che si forma più volte l’anno, ma appare più spesso in inverno.

Revisione del genere Jumellea Schltr. per le specie endemiche nell’Arcipelago delle Comore (Grande Comore, Anjouan, Moheli, Mayotte). Su queste isole vivono 6 specie: Jumellea anjouanensis (Finet) H. Perrier, J. arachnantha (Rchb. f.) Schltr., J. arborescens H. Perrier, J. comorensis (Rchb. f.) Schltr.,J. maxillarioides e J. pailleri. F.Rakotoar. queste specie non sono le stesse scoperte da Schlechter; Jumellea arborescens, J. maxillarioides(Ridl.) Schltr. e J. pailleri sono state aggiunte all’elenco mentre Jumellea phalaenophora è stato rimossa perchè è dubbia la sua endemicità nell’arcipelago delle Comore mentre le altre tre sono presenti anche in Madagascar.

Genere Jumellea Schltr. Die Orchideen: 609 (1914); Perrier de la Bâthie in Humbert H. (ed.), Flore de Madagascar, 49e fam., Orchidées 2: 157 (1941); Du Puy et al., e Orchidee del Madagascar, 1a ed. (1999); Stewart et al., Angraecoid orchidee: 186 (2006); Hermans et al., Orchidee di Madagascar 2a ed. (2007); Cribb & Hermans, Guida sul campo alle Orchidee del Madagascar (2009). — Tipo: Jumellea fragrans (Touars) Schltr., Die Orchideen: 609 (1914). Le varie specie sono epifite o litofite, raramente terrestri; gambo assente o allungato; foglie frequentemente distiche, generalmente ovali o oblunghe, conduplicate alla base o lungo tutta la lunghezza della foglia, relativamente bilobate-ottuse all’apice. Facilmente riconoscibili dal loro fiore singolo, le infiorescenze compaiono nella parte superiore del fusto, perforanti o emergenti da vecchie guaine fogliari. Fiore bianco o color crema, tendente al giallo chiaro con l’età o dopo l’impollinazione. Sepalo mediano triangolare spesso diritto o capovolto all’indietro; sepali laterali collegati alla base sotto lo sperone, sporgenti in avanti con petali e labello, dando una forma particolare al fiore. Petali stretti, labello sempre contratto alla base, e collegato allo sperone. In certe specie può mostrare una parte allargata a forma pandurata. Colonna dilatata alla base, antera coperta da cappuccio removibile ed asportato in due nudi pollinie. Pollinia attaccata a due viscidi (parte modificata del rostello) da un picciolo retrattile, libero o appena aderente alla base. Rostello diviso su due grandi lobi, uniti nel mezzo, sporgenti in avanti con ingresso a forma di tunnel che facilita la visita degli impollinatori e funge da supporto alla calotta dell’antera; ovaio inferiore collegato direttamente al pedicello chiamato ovaio pedicellate , spesso più lungo del peduncolo. Lunghezza sperone varia da 6 a 150 mm. Le specie di Jumellea vivono in habitat umido o roccioso. Sono distribuite a varie altitudini che vanno dalla regione costiera alle alte montagne pressenti nelle quattro isole dell’arcipelago delle Comore, fino a 2200 m sul livello del mare nel monte vulcanico di Karthala (2361 m) su Grande Comore.

Note storiche: Il genere Jumellea Schltr. è stato descritto per la prima volta da Schlechter nel 1914, come Jumellea fragrans (Touars) Schltr. (basionimo: Angraecum fragrans (Touars); sinonimi: Aerobion fragrans (Touars) Sprgl., Aeranthus fragrans (Touars) Rchb.f., Epidorkis fragrans (Touars) Kuntze) endemico dell’Archipelago Mascarenes. Nome di genere in onore del botanico francese Henri Jumelle (1866-1935) che studiò per molti anni la flora del Madagascar. Precedentemente all’istituzione del genere Jumellea, le specie erano ragruppate nei generi Aerobion Spreng., Epidorkis Touars, Angraecum Bory e Aeranthes Lindl. per le loro somiglianze morfologiche. Dalla nascita del genere Jumellea, il numero di specie descritte è costantemente aumentato e ora ha raggiunto circa 60. Dal 1915 al 1925, Schlechter includeva 27 specie e una varietà al genere. Perrier de la Bâthie (1941) ha enumerato 44 specie, quattro sottospecie e due varietà del Madagascar e le Comore. Le varie specie sono divise in sette gruppi basati sulla lunghezza dello sperone e altri caratteri morfologici utili ad effettuare più facilmente l’identificazione. Du Puy et al. (1999) elenca 47 specie, quattro sottospecie e due varietà del Madagascar e l’arcipelago delle Comore. Stewart et al. (2006) hanno riconosciuto 60 taxa tra cui due specie africane, 10 specie dalle Mascarene, cinque specie da le Comore, 42 specie e due varietà da Madagascar suddivise in 6 gruppi in base al portamento di crescita (lunghezza di foglia e fusto) Hermann et al. (2007) ha riconosciuto 46 specie, tre sottospecie e una varietà del Madagascar e le Comore. Infine, Cribb & Hermans (2009) includevano 41 specie, tre sottospecie e una varietà del Madagascar. Un riepilogo storico della della classificazione evidenzia che le specie dell’arcipelago delle Comore sono state identificate per la prima volta nel 1915. Inizialmente Reichenbach filius (1885) descrisse Jumellea arachnantha (Rchb.f.) Schltr., J. comorensis (Rchb.f.) Schltr., J. gladiator (Rchb.f.) Schltr., e J. phalaenophora (Rchb.f.) Schltr. sotto Aerante Lindl. Ma in seguito Schlechter (1915) la trasferì al genere Jumellea. Nel 1941 Perrier de la Bâthie ha spostato la specie Angraecum anjouanense (Finet) nel genere Jumellea (J. anjouanensis). Jumellea confusa (Schltr.) Schltr. (Stewart 1968, Du Puy et al. 1999, Stewart et al. 2006, Pailler et al. 2009) e J. maxillarioides (Ridl.) Schltr. (Pailler et al. 2009) sono stati registrati in seguito nell’arcipelago. Nel 2011, una nuova specie è stata descritta come J. pailleri F.Rakotoar. (Rakotoarivelo et al. 2011).

Referenze: Rakotoarivelo F., Pailler T. & Faliniaina L. 2013. — Revision of the genus Jumellea Schltr.
(Orchidaceae) from the Comoros Archipelago. Adansonia, sér. 3, 35 (1): 33-46. http://dx.doi.
org/10.5252/a2013n1a

Pleurothallis loranthophylla

Pleurothallis loranthophylla , Rchb.f. 1852 (Kew accettato)
Sottogenere Rhynchopera

Origine del nome di specie: in riferimento alla morfologia delle foglie, simili a quelle della famiglia delle Loranthaceae

Origine: Costa Rica, Panama, Colombia, Venezuela, Ecuador, Perù, Bolivia
Sinonimo: Pleurothallis spathata
Temperature: 12-19°C
Bagnature settimanali + nebbia giornaliera
Umidità dell’aria: 80-100%
Collocazione: Posizione ombreggiata + buona ventilazione
Tempo di fioritura: da 10 a 14 giorni
Fragranza: profumo delicato

I fiori sono prodotti da una guaina che si forma nell’asse della nuova foglia, per poi seccarsi, ma non allarmarti e sii paziente poiché le piante rimarranno pronte a fiorire per mesi e poi produrranno una massa di fiori quando le condizioni sono giuste, che di solito è da settembre a dicembre. I singoli fiori hanno un diametro di circa 1 cm e contrastano bene con le foglie verde brillante. Descrizione: Pleurothallis loranthophylla Rchb.f., Bot. Zeitung (Berlin) 10: 674 (1852).
Protoluogo di raccolta: Venezuela
Publicato in: Botanische Zeitung (Berlino) 10(39): 674. 1852. (24 Sett. 1852).

Specie epifita a sviluppo cespitoso, endemica in Costa Rica, Panama, Colombia, Venezuela, Guyana, Ecuador, Perù e Bolivia. Pianta di piccole dimensioni da clima fresco intermedio, vive negli ambienti umidi delle foreste montane e dei boschi pedemontani ad altitudini di 2100 metri sul livello del mare.
Produce esili fusti avvolti da guaine basali al cui apice cresce un’unica foglia lanceolata e acuminata. Nella pagina superiore della foglia, durante la fase vegetativa, si forma e si secca una spata allungata dalla quale, in inverno, uscirà una infiorescenza racemosa, incurva e carica di piccoli fiori color rosa antico.

Coltivazione
Questa specie preferisce clima fresco e umidità costante, quindi conviene coltivarla in piccoli vasetti di plastica, avendo cura di sistemarla nella parte ombreggiata della serra.
Il segnale della crescita ideale è dato dalla formazione di muschio sulla parte superiore del substrato che deve essere drenante, ma nello stesso tempo anche accumulatore di umidità.
Le fertilizzazioni devono essere delicate e non frequenti

Orchidofilia e orchidologia

La “macchina” orchidofila italiana è composta da associazioni, da commercianti, da produttori e quel che più conta, da persone legate nel loro peregrinare dalla comune passione per il variegato mondo delle orchidee. Più che macchina possiamo definirla “agorà” intesa come luogo ideale nel quale si discute, si studia, si compra, si vende e qualche volta si coltiva quella follia buona declinata con l’epiteto “orchidofilia”.
Follia buona paragonabile ad un tavolo con quattro gambe: mercato, ricerca, comunità e collezionismo, come tutti i tavoli anche questo sta in piedi solamente se tutte le gambe sono solide. Le quattro gambe del tavolo, paradigma, per poter iniziare la discussione sullo stato di salute dell’orchidofila in Italia.

Il mercato
Il mercato delle orchidee in Italia, c’è ed è anche consistente; a partire dalla “signora Maria”, metafora per indicare il neofita che acquista la sua Phalaenopsis all’ IKEA, o nelle mostre itineranti, per giungere alle vendite on-line a colpi di varie migliaia di euro per accaparrarsi qualche rarità.
Questa è la fotografia odierna della potenziale platea orchidofila italiana, ben più numerosa rispetto a 20 – 30 anni fa. Allora (ante CITES) ci si forniva di orchidee alla fonte dai produttori di tutto il mondo, attraverso macchinose operazioni, listini cartacei, comunicazioni via fax ecc. oppure nelle poche occasioni dei rari eventi orchidofili. Ora internet semplifica e riduce qualsiasi distanza, facilita acquisti on-line, gli eventi sono all’ordine del giorno, se non addirittura sovrapposti l’uno all’altro. La nuova dimensione del mercato on-line, unita alla ploriferazione di garden generici che improvvisano mostre di orchidee, per altro alimentate dalla caparbia e insistente “mise en place” di qualche manipolo locale, sta rendendo effervescente anche il mercato amatoriale italiano. Non sfugge all’occhio attento degli orchidofili, il proliferare di una nuova generazione di “venditori” di orchidee.
Accanto a loro, nelle esposizioni sono giunti i teutonici in compagnia di varie aziende sudamericane e asiatiche.
Ad ogni buon conto, oggi in Italia ancora non c’è produzione (intesa come ciclo completo, fecondazione, semina, crescita e selezione) di orchidee da collezione: non conviene – dicono, costa meno acquistare nei mercati asiatici o sud americani e rivendere. Questo è vero, ma così facendo si fa traballare la gamba del mercato di quel famoso tavolo; non regge più l’equilibrio della crescita produttiva e della ricerca scientifica, nelle mostre italiane non si presentano nuove orchidee e nemmeno produzioni su larga scala di orchidee selezionate in laboratori italiani.

Ricerca
L’epiteto forse è troppo generico per titolare un tema di grande rilevanza nella biologia in generale, orchidee comprese, tenuto conto che tutte le specie della sua grande famiglia sono protette dal CITES. Non sono un esperto ricercatore, nell’ambiente orchidofilo italiano occupo solamente un posticino come coltivatore amatoriale, status che mi da la piacevole opportunità di conoscere giovani studiosi di biologia e di chimica, ansiosi di scoprire le magie delle orchidee.
Questi studiosi insieme tanti altri giovani che si affacciano sempre più numerosi al mondo delle orchidee, sono una grande risorsa da organizzare, sia per favorire le loro esperienze, ma anche per incentivare la divulgazione. Chi deve promuovere questo new deal, e che ambito dare al progetto? Ad esempio penso ai produttori/venditori europei coordinati dalle varie associazioni di orchidofilia e/o orchidologia nazionali in concerto con l’EOC europea.

Comunità
Con l’avvento di internet e di tutto quello che questa nuova dimensione comunicativa rappresenta, sono saltati tutti gli strumenti che prima servivano per conoscere, acquistare e socializzare.
Prima del web, la conoscenza e lo studio delle orchidee passava inesorabilmente per le biblioteche più o meno fornite o attraverso la frequentazione di coltivatori esperti. Come conseguenza logica, nasceva la dimensione associata, associazioni locali e nazionali. Tutto era ordinato dalla carta stampata e dalle informazioni via posta. La mutazione epocale di internet è stata graduale, all’inizio rozza, macchinosa e con molti limiti, oggi quasi dominante su tutte le altre forme di vita associata: i social, Fb in testa.
Bene, si dirà, ora è tutto più facile, per acquistare, per conoscere e per socializzare. Sì certo. Quello che non è cambiato rispetto alle epoche passate è solamente quella certa difficoltà a stare insieme, ora amplificata dalla facilità di interazione virtuale.

Storia
La storia dell’orchidofilia italiana intesa come movimento di massa, sin dai suoi primi embrioni, si è caratterizzata per la sua frammentarietà e litigiosità.
Per dare un senso a questa mia affermazione, torno un po’ indietro nei tempi (anni 70), limitandomi solamente a citare l’operazione “scalata” all’allora SIO (Società Italiana Orchidee), che scatenò le ire funeste del suo fondatore, Dalla Rosa, tanto da indurlo minacciare querele nei confronti degli “scalatori di turno”.
I risultati non furono positivi. La SIO, passò di mano in mano (Ravanello, Giorgi, Corvi), tutti convinti che controllando l’orchidofilia amatoriale avrebbero aumentato il loro busines, salvo poi lasciarla al suo destino non appena si accorgevano che non era tutto oro quel che luccicava. Accanto a questa effimera dimensione associativa nazionale, nascevano, si dividevano e/o rimanevano sulla carta, vari gruppi locali. Poi venne l’era per così dire “erudita” e nacque l’Associazione Italiana di Orchidologia a vocazione scientifico/intellettuale. Molti aderirono con entusiasmo al suo decollo ed alla sua “salita in campo internazionale”. Anche io aderii ai loro obiettivi mettendo a disposizione le orchidee della mia collezione nelle mostre europee (Hannover 1994) e successive. L’AIO si fece conoscere in campo europeo, forse anche per merito di quelle timide piante che vinsero diversi premi.
Quello è stato il periodo d’oro dell’AIO, che culminò, non senza azioni oscure, con l’organizzazione dell’EOC italiana del 2006 a Padova.
Tutto bene allora! No, non seguì l’effetto trascinamento tanto auspicato. Nel 2008, la riproposizione su dimensione biennale di un evento orchidofilo in Fiera a Padova fu un flop clamoroso che diede inizio al periodo buio, durante il quale un po’ tutti si divertirono a “sparare sul pianista”.
Le Associazioni locali, chi più chi meno, con diverse motivazioni continuarono a snobbare l’importanza di un livello rappresentativo nazionale e l’AIO continuò a vivacchiare con fortune alterne fino ai giorni nostri.
Ma cosa manca a questa Associazione per essere autorevole fino al punto da guidare veramente l’orchidologia italiana? Non ho risposta e non spetta a me rispondere, mi limito solamente a osservare.
Eccolo qua che ritorna in gioco l’epiteto “orchidologia”; che non sia proprio questa parola a frenare le adesioni all’AIO?
Orchidologia o orchidofilia? Già, questo è il dilemma.
Effettivamente, leggendo l’articolo 2 dello statuto, nella sua parte esplicativa, in estrema sintesi recita quali sono i compiti dell’AIO: promozione di una rivista scientifica internazionale, promuovere e coordinare giudizi sulle orchidee, promuovere corsi per giudici, tenere aggiornato un’elenco di giudici, diffondere informazioni, rilasciare premi e certificati.
Chiaro lo spartiacque: studio delle orchidee da una parte (orchidologia), passione e coltivazione delle orchidee dall’altra (orchidofilia). Forse l’associazionismo per diventare ulteriormente autorevole deve favorire la confluenza dei due rigagnoli e entusiasmare gli appassionati che si accingono ad entrare nel mondo delle orchidee, dando loro, sogni ed opportunità di conoscenza. Per farlo, forse basterebbe recepire le finalità dell’ American Orchid Society alla quale noi tutti facciamo spesso riferimento quando abbiamo bisogno di conoscenza:
… “Il 7 aprile 1921, un gruppo di trentacinque uomini e una donna si incontrarono nella Sede del Tesoriere della Massachusetts Horticultural Society per ascoltare una lettura della proposta di costituzione, del regolamento e della lista di soci per la neonata American Orchid Società Il regolamento originale ha cercato di consentire l’importazione di orchidee, incoraggiare l’adesione di dilettanti e professionisti, organizzare mostre di orchidee a livello nazionale, pubblicare pubblicazioni relative alle orchidee e creare un sistema per l’assegnazione di premi a orchidee di qualità superiore”. Gli obiettivi dell’American Orchid Society sono ancora basati su quelli stabiliti dai nostri fondatori e hanno continuato ad espandersi e evolversi per soddisfare le esigenze di un mondo che cambia
…” On April 7, 1921, a group of thirty-five men and one woman met in the Treasurer’s Room of the Massachusetts Horticultural Society to hear a reading of the proposed constitution, bylaws and slate of officers for the newly formed American Orchid Society. The original bylaws sought to allow for importation of orchids, encourage a membership of amateurs as well as professionals, organize orchid exhibitions nationwide, issue orchid related publications and create a system for awarding orchids of superior quality. The goals of the American Orchid Society are still based on those set forth by our founders and have continued to expand and evolve to meet the needs of a changing world”…

Collezionismo
Anche se non sempre si dà importanza al collezionismo orchidofilo amatoriale, esso è l’elemento portante di tutto quello che ruota attorno al mondo dell’orchidofilia: mercato, giudizi e divulgazione.
Le orchidee che da secoli turbano i desideri degli appassionati di tutte le parti del mondo, sono quelle che per semplicità sono definite “esotiche”. Sono esse che ancor oggi, oltre che nei tempi passati, continuano a provocare tensioni, interessi, ego e gelosie.
Stabilire dove inizia e finisce il confine del collezionismo è impresa ardua, ad ogni buon conto, dentro quel recinto nascono, maturano e muoiono amicizie, ma la fine delle amicizie non è mai imputabile alle orchidee, siamo noi i pazzi da non capire che fuori dal nostro “recinto” la gente ride delle nostre follie. Loro, gli esterni, quando ti incontrano riescono a ricordare a mala pena il nome “orchidea” e non di rado ad esempio capita di sentirti dire: – Come va con le tue Azalee? –
Basterebbe questo per tenerci un po’ più tranquilli tutti!

Epidendrum hugomedinae

Epidendrum hugomedinae Hagsater & Dodson 2004

Etimologia del nome di specie: Epidendrum hugomedinae prende il nome da Hugo Medina collezionista di specie di orchidee ecuadoriane, che fu il primo a scoprire questa specie in sito.

Epidendrum hugomedinae collezione rio Parnasso::fiori

Orchidea epifita di piccole dimensioni, endemica nel sud-est dell’Ecuador ad altitudini intorno ai 1600 metri. Desidera temperature fresche. La morfologia della pianta presenta fusti sottili, compressi lateralmente, simili a canne portanti varie foglie carnose, con sfumature violacee, oblungo-ellittiche, acuminate, lisce, con margini interi, verde intenso. Questa specie fiorisce in autunno all’apice di steli, anche vecchi, con molti fiori su sottili infioresce portanti fino a 28 fiori in simultanea, resupinati, dolcemente profumati nelle ore calde. Epidendrum hugomedinae appartiene al gruppo Bicirrhatum, un piccolo gruppo di nuove specie caratterizzato dal portamento cespitoso, fusti semplici, frondosi, corti, compatti, infiorescenze ciondolanti con fiori verdi e/o bianchi, dimensione di 1cm. circa, con il lobo medio profondamente bilobulato. Questa specie è riconoscibile per i fiori molto attraenti, bianchi come la neve con le chiglie del labello tinte di viola e la midlobe obcuneata formata da due lobi arrotondati, un po’ divergenti.

Riassunto: Nome comune: Epidendrum di Hugo Medina
Trovato in Ecuador. Epidendrum hugomedinae cresce sugli alberi nella zona sud-orientale dell’Ecuador a circa 1600 metri di altitudine.
Dimensione della pianta: piccola. Gli steli di Epidendrum hugomedinae sono simili a canne e hanno molte foglie strette.


Dimensione del fiore: Piccolo (circa 1 cm)
Descrizione del fiore: I fiori di Epidendrum hugomedinae si formano su uno stelo fiorale arcuato che fiorisce per molti anni. I fiori sono profumati a metà giornata.
Stagione di fioritura: autunno
Temperatura di crescita: da calda a fresca
Informazioni aggiuntive: Epidendrum hugomedinae prende il nome da Hugo Medina, un importante collezionista di orchidee ecuadoriane, scopritore in sito di questa specie. Coltivazione: montato su corteccia di sughero, felce arborea o in vaso. Cresce bene in ambiente per le Cattleyae .
Sinonimi: nessuno.

Epidendrum hugomedinae collezione rio Parnasso::fiori