Cattleya walkeriana, piccola e famosa

Un’affascinante Cattleya, profumata ed estremamente variabile nelle tonalità cromatiche dei fiori

Cattleya walkeriana è l’unica del genere a potersi fregiare di un’associazione nata esclusivamente in suo onore. L’associazione raggruppa studiosi ed orchidofili del Brasile, paese originario della specie e del Giappone, che conta numerosi coltivatori trapiantati in terra Brasiliana. Le motivazioni di tanto successo sono molteplici, una per tutte è la gran varietà di forme e colori, che non trovano riscontro in altre specie dello stesso genere.

Collezione Guido De Vidi

Nella foto a sinistra: Cattleya walkeriana var. coerulea.
Alla Cattleya walkeriana sono stati dedicati libri e recensioni in molte riviste scientifiche, ma ciò nonostante è difficile trovare testi corredati di fotografie a testimonianza delle molteplici varietà esistenti.
Questo lavoro lo potranno fare soprattutto i collezionisti Brasiliani in quanto fortunati abitatori dei siti endemici di questa orchidea e sarà molto utile all’intera comunità degli appassionati orchidofili di tutto il mondo.

Scheda
Cattleya walkeriana Gardner 1843 Subgen Rhizantha
Sinonimi: Cattleya bulbosa Lindley 1847- Cattleya gardneriana Rchb.f 1870; Cattleya princeps B.Rod. 1877 – Cattleya schroederiana Rchb. f. 1883 – Cattleya walkeriana var. bulbosa (Lindl.) Fowlie 1977 – Cattleya walkeriana var. princeps
Orchidea epifita a sviluppo simpodiale originaria del Brasile, vive sugli alberi lungo i fiumi a circa 2000 metri d’altitudine.

Cenni storici
Eravamo a cavallo degli anni 1839 e 1840 quando George Gardner (botanico inglese del diciannovesimo secolo) visitando la zona diamantifera brasiliana Minas de Gerais, stato del Brasile situato nella regione geografica del Sudeste, con capitale Belo Horizonte, scoprì una piccola orchidea sugli alberi, ai margini di piccoli affluenti del Rio das Velhas e Sao Francisco.
Gardner descrisse dettagliatamente questa nuova specie chiamandola Cattleya walkeriana in omaggio al suo assistente e compagno di viaggi: Edward Walker.
La descrizione scientifica di questa nuova specie fu pubblicata in “London Journal of Botany 2: 662”, nel 1843.
Successivamente, nel 1847, Lindley inviò al registro botanico, una nuova descrizione di una specie botanica similare, chiamandola però, Cattleya bulbosa. La sua nuova descrizione non ottenne molti consensi ed ora è ampiamente accettata come sinonimo della Cattleya walkeriana. Oggi l’epiteto bulbosa è usato per identificare una sottospecie con pseudobulbi più piccoli e più rotondi della specie tipo.
Ancora più tardi, nel 1877, Rodriguez Barbosa in “generi et specie Orchidearum Novarum” descrive come nuova specie, un’orchidea molto simile alla walkeriana, chiamandola Cattleya princeps, ora relegata pure questa a sottospecie. A supporto della tesi di Barbosa va detto però, che quella descritta da lui vive in areali differenti e fiorisce in epoca diversa rispetto all’esemplare tipo.

Particolarità biologica della Cattleya walkeriana.

Collezione Guido De Vidi

Cattleya walkeriana, insieme alla Cattleya nobilior entrambe appartenenti al gruppo “C. walkeriana” sono le uniche specie a produrre anche infiorescenze basali. In certi casi alla base dell’ultimo pseudobulbo maturo, spunta una nuova vegetazione, che crescendo, invece di strutturarsi in forma di pseudobulbo con foglia/e apicali, produce un peduncolo con uno o più fiori.
Questa particolarità si manifesta nelle varietà “bulbosa e princeps”, mentre la specie tipo forma i peduncoli in piccole guaine apicali dei giovani pseudobulbi maturi.
La maggior parte delle varietà fiorisce nel periodo estivo, mentre la“princeps” a fine autunno inizio inverno Europeo.

Struttura
La pianta presenta pseudobulbi relativamente corti (5 – 10 centimetri d’altezza), cilindrici, fusiformi, molto vicini l’uno all’altro e posti in modo disordinato.
Ogni pseudobulbo forma foglie elicoidali, coriacee, rigide e di colore verde intenso: una o due secondo la varietà.
I fiori, da uno a tre per ogni guaina e/o stelo basale, possono raggiungere anche 10 centimetri di larghezza. La specie tipo produce fiori di colore lilla scuro, vivo e brillante, deliziosamente profumati e di lunga durata.
Le varietà e/o sottospecie, variano forma e colore dei fiori: alba (sepali, petali e labello totalmente bianchi), semi-alba (sepali e petali bianchi e labello tutto colorito o solamente bordato di lilla), cerulea ( fiori azzurrognoli d’intensità variabile), concolor (tutto il fiore dello stesso colore).
A riguardo delle varianti cromatiche, i collezionisti Brasiliani d’orchidee, noti per la loro pignoleria nella collezione di Cattleya e Laelia, suddividono ancor più dettagliatamente le varietà, mi limito ad elencarle:
Alba – Albescens – Amoena – Aquinii -Coerulea – Coerulens – Concolor – Fantasia –Flamea – Lilacina – Perola – Rosada – Rubra – Semialba – Striata – Vinicolor.

Coltivazione
Cattleya walkeirana richiede temperatura intermedia e buona luce, ma soffre eccessi luminosi e periodi d’ombra prolungata (gli pseudobulbi tendono ad allungarsi e si pregiudica la fioritura).
La coltivazione su supporti di legno duro, zattere e pezzi di fibra “xaxim” garantisce ottimi risultati, comunque ottenibili anche in vasi piccoli con composto di bark ben drenato: va tenuto conto che la Cattleya walkeriana non tollera eccessiva umidità ed è quindi consigliabile sistemarla in una posizione alta della serra.
Questa pianta non richiede particolare periodo di riposo: è sufficiente un rallentamento delle fertilizzazioni e bagnature invernali o comunque post fioritura.
Il nemico principale di questa Cattleya è la cocciniglia cotonosa, che va tenuta sotto controllo con azioni di pronto intervento, ad esempio passando la pianta sospetta con uno spazzolino da denti imbevuto in acqua e sapone.
Si consigliano trattamenti con insetticidi specifici, meglio se sistemici.

Miniature, piccole orchidee per grandi sogni

Due miniature da orchidarium

La passione per il collezionismo delle orchidee esotiche, trova soddisfazione anche in spazi domestici e soprattutto in terrari/orchidari che dir si voglia.
La grande varietà di specie, molte delle quali vere e proprie miniature, si ambienta facilmente in piccoli spazi, che possono essere attrezzati con poche spese.

Io sono un coltivatore “serraiolo” ante litteram e non ho molta esperienza con le tecniche da “orchidarium, ma sono sicuro che, all’occorrenza, molti lettori del blog potranno illustrare le loro soluzioni pratiche. Come sempre, Orchids.it è la vostra palestra.
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Vanda amesiana, anzi no: Holcoglossum amesianum.

Un’orchidea dedicata a Antonio Dottori, carissimo amico di famiglia nonchè Presidente della Confraternita del buon gusto (a sinistra nella foto), orgoglioso della sua creatura…stiamo brindando e si vede!!

Generi nuovi, sotto tribù rimpinguate e se andiamo a spulciare le news sui nomi delle orchidee, scopriamo storie divertenti e saghe esasperate come quella legata alla scoperta del Phragmipedium kovachii.

Questo post racconta anche quest’aspetto della tassonomia, ma prima desidero presentare una bellissima Vanda in fiore nella serra (passatemi il vecchio nome, sarò un tradizionalista, ma mi piace di più) dai fiori bianchi con i labelli tinti di vinaccia.
Questa orchidea mi lega particolarmente ad una coppia di amici, amanti dei viaggi e del buon vivere ed appunto in loro onore porta l’appellativo: “DOTTORI”

Ecco la sua scheda:

Collezione Guido De Vidi
Diritti riservati.

Holcoglossum amesianum “DOTTORI” (Rchb. f.) Christenson 1987
Ex Vanda amesiana
Il nome proprio della specie, ricorda il botanico Ames.

Questa orchidea di medie dimensioni, monopodiale, epifita e/o litofita è originaria della Birmania (nome attuale del paese Myanmar), Cambogia, Laos, Vietnam, Cina e Tailandia.
Predilige molta luce. In natura questa orchidea vive in pieno sole abbarbicata sui pendii rocciosi e sugli alberi delle foreste montane primarie a 1200 – 1600 metri di altitudine.
Possiamo considerarla un’orchidea da clima fresco, ma richiedente un periodo di caldo luminoso durante la fase vegetativa estiva.
Alla base del fusto rigido si sviluppano diverse foglie semi teretiformis, acuminate e di colore verde scuro dalle cui brattee ascellari crescono lunghi steli con diversi fiori bianchi (10 – 40) con il labello sfumato di viola: sono molto profumati e fioriscono in autunno/inverno.

Note di coltivazione:
L’Holcoglossum amesianum forma grosse radici e qualche volta tende a produrre più ceppi pseudo – basali, che ad ogni modo non vanno confusi con quelli delle orchidee simpodiali sono bensì da considerarsi normale filiazione tipica delle Vandaceae (formazione di nuove piante lungo il podio principale). Questa caratteristica vegetativa consiglia di coltivare l’Holcoglossum amesianum in contenitori costruiti con asticelle di legno duro. Il substrato può essere costituito di bark grosso e carbone di legna. Si ottengono buoni risultati anche con sistemazioni su zattere di legno e/o sughero.

Collocando l’ Holcoglossum amesianum nella parte più luminosa della serra o dello spazio domestico disponibile, le fioriture sono puntuali e generose…in casa la scommessa si fa più difficile.
Questa orchidea non richiede particolari periodi di riposo vegetativo, ma è consigliata una particolare attenzione con le bagnature invernali: eccedendo si corre il rischio di procurare dei ristagni ascellari indesiderati.
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L’orchidea linguacciuta!

Dopo aver discusso con Gianni ieri del bulbophyllum lobbii dalla fioritura per nasi sensibili mi è venuto in mente di aver letto da qualche parte del ….

Bulbophyllum fletcherianum (Rolfe 1911; sinonimi Cirrhopetalum fletcheranum (Pearson) Rolfe 1915; Cirrhopetalum fletcherianum Rolfe 1915)

La notizia è da prima pagina sui giornali di Melbourne, una rara orchidea gigante è finalmente fiorita per la prima volta in 30 anni nel luglio 2005 ai Giardini Botanici. L’orchidea in questione è chiamata Tongue orchid o meglio Bulbophyllum fletcherianum (da Fletcher, direttore del Giardino Botanico di Edimburgo alla fine dell’800) originario della Papua Nuova Guinea con foglie oltre il metro di lunghezza è sia epifita, che litofita che pseudo-terrestre e vive in natura tra i 250 e gli 800 metri negli anfratti delle rocce pieni di humus o tra le ramificazioni degli alberi coperte di muschio. I suoi pseudobulbi color verde scuro rossastro portano un’unica lunga foglia. Fiorisce tra l’estate e l’autunno con una infiorescenza basale composta da 20 o 30 fiori che imitano nella forma il becco di un tucano o tante dita pelose color sangue.
La fioritura è arrivata inaspettata per lo staff del giardino botanico che lo possiede dal 1970 ora montato su corteccia di sughero: due anni fa la pianta aveva prodotto un’infiorescenza che però si era seccata prima di raggiungere la maturità. Vista la difficoltà della coltivazione e soprattutto della produzione di fiori in “cattività”, appena è stata notata l’infiorescenza, la pianta è stata spostata in un luogo protetto dal pubblico e controllato per monitorarne la crescita.
All’apertura dei fiori però la meraviglia si è ridimensionata, il profumo è simile alla carne in putrefazione mista a letame: lo scopo di tanta puzza è richiamare gli insetti impollinatori.
Le previsioni, seguendo il ciclo vegetativo, danno per probabile una nuova fioritura fra 3 anni.
Per vederne una foto nel suo habitat , una foto del fiore e quella di un piccolo vandalo
Per maggiori info sul genere e sulle “puzze” si veda la scheda di Guido