Nageliella purpurea

Nageliella purpurea [Lindley]L.O.Williams 1940.

Sinonimi: Domingoa purpurea (Lindl.) Van den Berg & Soto Arenas 2007; Hartwegia comosa Lindley ex Pfitz. ?; Hartwegia purpurea Lindley 1837.

Specie epifita di piccole dimensioni, proveniente da Messico, Guatemala, El Salvador e Honduras dai livelli del mare fino a 1500 metri. Vive sui rami orizzontali e muschiosi di alberi sulle colline rocciose. Fiorisce nei mesi estivi; i fiori si aprono successivamente per mesi e continuano a formarsi dai vecchi steli. Quindi, non vanno tagliati alla fine della stagione di fioritura, perché i vecchi steli rifioriranno anche l’anno prossimo.
Bella anche come vegetazione dal fogliame maculato! Questa specie è da clima intermedio caldo ma è altamente tollerante e resistente alle temperature, presenta foglie molto belle e rigide. I piccoli, leggiadri fiori rosa-viola fioriscono a mazzetto sulla parte apicale di uno stelo sottile lungo fino a 50-60 cm. Questa pianta è ricercata dai collezionisti di orchidee per la sua qualità unica di lunga durata delle fioriture in successione, anche sui suoi vecchi steli, anno dopo anno.
Si consiglia la coltivazione su zattere di sughero o felce di albero, oppure su cestini di legno con umidità moderata, leggera tutto l’anno.

Blc. Waikiki Gold ‘Lea’ HCC/AOS

Collezione rio Parnasso.
Blc. Waikiki Gold = Blc. Pink Surprise x C. forbesii (1978) Registrato da Tharp, (Hawaii – Honolulu) A. (Miyamoto’s).
Un ibrido molto popolare dal quale sono stati ricavati vari cultivar interessanti: Blc Waikiki Gold ‘Lea’ HCC/AOS – Blc Waikiki Gold ‘Easter Morn’ HCC/AOS – Blc Waikiki Gold’Pink Spot’.
Soprattutto i fiori del cultivar ‘Lea’ esprimono con vigore le tinte pastelloe le preziose tonalità dorate del labello.

Incrocio rifiorente, anche tre volte l’anno.
L’intensità e le tonalità del colore dei fiori variano a seconda della stagione di fioritura. Determinanti sono temperatura e luminosità.

Note genealogiche
Come si può notare, uno dei due genitori di questo incrocio è una specie C. forbesi. L’altro genitore Blc. Pink Surprise porta con se una storia genealogica assai lunga (10 generazioni) di ibridazioni distribuite in oltre 100 anni. Ecco i primi progenitori: C. dowiana – C. bicolor – C. warscewiczii – L. cinnabarina – B. digbyana – C. eldorado – L. xanthina , con una dominanza della C. dowiana (5 volte) e della B. digbyana (3 volte).

Note di coltivazione
Blc Waikiki Gold ‘Lea’ è un’orchidea bifoliata di medie dimensioni con pseudobulbi a canna alti 20 – 25 cm.
Incespisce molto facilmente e ramifica velocemente il rizoma orizzontale, pertanto conviene coltivarla in vasi di medie dimensioni (14 – 18 cm di diametro).
Vive bene anche su zattere, in tali situazioni rimane di dimensioni leggermente più piccole.
Richiede temperatura da serra intermedia calda, buona luce, ma non diretta, bagnature e fertilizzazioni costanti durante tutto l’anno con le solite attenzioni invernali.

Dendrobium aloifolium

Orchidea in coltivazione nella collezione rio Parnasso.
Dendrobium aloifolium (Blume) Rchb.f.
Genere
Il genere Dendrobium appartiene alla famiglia delle Orchidaceae ed è uno dei più numerosi della famiglia stessa.
E’ composto da circa 1.100 specie distribuite dal Giappone a Tahiti, dalla Nuova Zelanda e Australia all’India e alla Cina, in tutta la Malesia ed alla Nuova Guinea.

La specie
Questo genere è diviso in 15 sezioni (Seidenfaden & Wood, 1992). Dendrobium aloifolium appartiene alla sezione Aporum, caratterizzata da foglie carnose e laterali appiattite che si sovrappongono alla base, disposte in due file ordinate su entrambi i lati di steli sottili e appiattiti. Dendrobium aloifolium fu descritto da Carl Blume come Macrostomium aloefolium nel 1825 e successivamente trasferito nel genere Dendrobium dal professor Heinrich G. Reichenbach nel 1861 (Cootes, 2001). L’epiteto specifico fa riferimento alle foglie (similari alle aloe) di questa specie.
Dendrobium aloifolium si trova sulla maggior parte dell’Asia sudorientale e cresce in foreste pianeggianti, dal livello del mare a 500 m. di altitudine. Questa orchidea è forse una delle più comuni specie di Dendrobium nella sezione Aporum nel sud-est asiatico.
Tuttavia, la perdita di habitat, la frammentazione e il degrado, in particolare delle foreste di pianura, minacciano le orchidee in tutta la loro gamma: questa speciee, data per estinta a Singapore è stata da poco riscoperta e reintrodotta (Chong et al., 2009)

Morfologia
La morfologia di quasta specie evidenzia steli appiattiti, lunghi 40-60 cm e penduli quando sono sviluppati. La parte basale, lunga 15-20 cm, ha foglie appiattite lunghe 25 mm e diametro 7 mm, oblique, acute e sovrapposte. La parte apicale del gambo, lunga circa 15 cm, è coperta solo da foglie di rivestimento, e di solito porta i fiori. I fiori sono lunghi circa 4 mm e larghi. La sua dorsale è lunga meno di 2 mm e larga 1 mm. I petali sono più piccoli dei sepali, con entrambi i colori bianchi e riflessi all’indietro subito dopo l’apertura. Il labello è lungo circa 3,5-5,4 mm.

Coltivazione
Dendrobium aloifoliumè un’orchidea di facile coltivazione in serra. Desidera temperature calde e umidità sostenuta. Essendo una specia a foglia persistente non richiede particolaro periodi di riposo. Può essere coltivata sia in vaso che su cestini, oppure su zattere di legno.
I suoi minuscoli fiori bianchi spuntano anche sulle parti apicali degli steli, che in assenza di fioritura sembrano rinsecchiti.

Sant’Anna, 26 luglio, una storia, tante storie

L’uva di Sant’Anna

Storie e ricordi.
I miei ricordi d’infanzia non spaziano nella vita opulenta dell’aristocrazia, ma emergono da uno stentato palcoscenico fatto di vita umile e servile. Siamo in quel Veneto povero, contadino, sul finire degli anni 40 del secolo scorso; io ero piccolo, non superavo i 5 anni di età. La mia famiglia viveva lavorando un piccolo fondo, nemmeno 4 campi di terreno, a mezzadria. Poco frumento, poco mais, e poca uva per fare il vino da dividere a metà con il padrone.

La mia casa
La casa dove vivevo non era dotata di corrente elettrica, sarebbe arrivata con il “miracolo economico degli anni 60” la “luce” era data da lumi a petrolio, il gabinetto era fuori, vicino alla concimaia. Poche stanze, essenziali e risultava difficile distinguere gli spazi dedicati agli animali, e quelli esclusivi di uso domestico, tutto girava in funzione della sopravvivenza famigliare. L’apoteosi dell’uso promiscuo avveniva in primavera con la coltivazione dei bachi da seta.
Nella stalla c’erano due mucche ed un asino, quello era l’unico “vano” della casa ad essere riscaldato (dal fiato degli animali), luogo prediletto nelle lunghe e fredde notti invernali, dove si trascorrevano le serate a fare “filò”; ricordo che si stava bene.

La frutta per noi bambini c’era, ce l’andavamo a raccogliere nei campi e come si suol dire oggi era anche biologica… noi si diceva “salvarega” (selvatica, piccoli frutti): i “pometi” (piccole mele che maturavano a fine giugno) de San Piero, “amoi de San Giovanni” (prunus selvatici che maturavano in corrispondenza della festa di San Giovanni, ed era una bella festa per noi bambini di Pero), piccole pesche che crescevano su alberi stentati, ma sani, ed anche quella mitica uva delle primizie che maturava a fine luglio: l’uva di Sant’Anna che per me era tabù!.
Chissà per quale motivo tutta la frutta era dedicata a qualche santo… non l’ho mai capito, forse serviva di promemoria ai contadini per cadenzare i lavori della terra.

La pergola d’uva.
La casa era posta a mezzogiorno, un grande cortile di terra battuta, il marciapiedi con sassi del Piave e una grande vite di uva Isabella sistemata a pergola, che abbracciava tutto il lato sud.
Ogni inverno quella lunga vite veniva potata con maestria da mio nonno Antonio – “lasciami povera e ti farò ricco” – usava dirmi, mentre sfoltiva i tralci. Per la verità la pergola era formata da due tipi di uva, L’uva Isabella e l’uva di sant’Anna, così nominata perché, il 26 di Luglio, festa di sant’Anna iniziava già a maturare ed era la prima uva, bella, di un colore bianco dorato come l’Isabella che si poteva mangiare.

Ma, quei grappoli d’orati che troneggiavano sopra gli occhi di un bambino, non si potevano toccare finché non erano tutti maturi. La vendemmia, o meglio i migliori grappoli sistemati in una cesta di vimini, erano le primizie da portare alla “siora parona” nella sua villa padronale ubicata vicino alla chiesa del paese.

Solamente dopo questa obbligata ritualità servile (il padrone a fine raccolto poteva madarti fuori di casa), si potevano tagliare i grappoli rimasti, ben pochi e già irrimediabilmente divorati dalle vespe e dai mosconi; rimanevano pochi chicchi utili per deliziare le voglie di un bambino.

Ecco, nonostante siano trascorse tante estati, ogni anno riaffiora questo ricordo dell’uva impossibile da cogliere.
Ora i tempi sono cambiati, non c’è più quella vecchia arpia che aspetta la cesta con le primizie, i supermercati sono pieni di ogni ben di Dio, ma ho ugualmente voluto coltivare l’uva Isabella e l’uva di sant’Anna, e mi sono rifatto anche la pergola, eccola nella foto a sinistra.
Il piacere di cogliere qualche grappolo, seppur con qualche chicco da eliminare, accarezzarli, e godere del loro profumo e sapore, non ha prezzo!

Restrepia purpurea ‘Rayas Vino Tinto’

Descrizione:”Species haec R. brachypus Rchb.f. similis, sed statura floreque minoribus, pedunculis folio purpureo late ovato obtuso dimidiolongis, synsepalo intense purpureo-striatis, labello striato oblongo non pandutato differt”.

Notizie tratte da “ORQUIDEOLOGIA 20 (2),1996.
15. Restrepia purpurea Luer & R. Escobar, sp. nov.
ETIMOLOGIA: Dal latino purpurea, “porpora”, in riferimento al sinsepalo intensamente color viola porpora.

La foto mostra il clone Restrepia purpurea ‘Rayas Vino Tinto’ in coltivazione nella collezione rio Parnasso: omaggio dell’amico orchidofilo Mauro Cappagli, prima fioritura 25.7.2017.
Note: Probabilmente chi ha registrato questo clone ama il buon vino rosso, Chateau Rayas, una cantina francese famosa soprattutto per i vini rossi.
Restrepia purpurea ‘Rayas Vino Tinto’ è molto fiorifera e si presta bene ad essere coltivata in orchidario