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Orchidee di Maggio

Io coltivo… tu coltivi, orchidee, naturalmente

Com’è strano il mondo degli orchidofili. Visto da fuori sembra difficile, se per caso ti trovi ad assistere a qualche conversazione fra collezionisti non puoi esimerti dal pensare che in fondo son tutti un po “così”. Drammatizzano, ammirano, discutono animatamente sui sistemi di coltivazione e ne scoprono sempre di nuovi.
Per fortuna ci sono le orchidee a mettere d’accordo tutti… soprattutto quando sono in fiore.

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Queste foto sono di incoraggiamento per l’orchidofilo “sfigato”, quello che ci mette tutta la sua buona volontà, ma le orchidee proprio non ne vogliono sapere di dargli anche una seppur minima soddisfazione.
Chi la dura la vince.
Nota:
Leggi questi post Laelia purpurata, Vanda teres, Cattleya violacea x forbesii

Pordenoneorchidea 2009 – 10a edizone

Allestimento ed esposizione a cura di Orchids Club Italia

Ortogiardino, il Salone dell’ortoflorovivaismo in calendario alla Fiera di Pordenone da sabato 7 a domenica 15 marzo 2009 compie 30 anni…nel 1999 nasceva anche Pordenoneorchidea.
Sembra ieri quando, ormai 10 anni orsono, la direzione della fiera di Pordenone ci chiese di organizzare una esposizione di orchidee nel contesto della ormai consolidata “Ortogiardino”.
Ebbe un grande successo quella prima edizione. Quell’esposizione si avvalse della splendida coreografia, preparata per l’occasione dalle maestranze della Flover di Bussolengo con fontane e scorci di foresta tropicale.

pordenoneorchideaSono trascorsi 10 anni, l’esposizione è ormai un appuntamento consolidato, meta di visitatori provenienti da vari Paesi della Mitteleuropa.
Questa 10a edizione torna alle origini, rinasce il “Giardino delle orchidee”.
E’ nostra intenzione far respirare ai visitatori, atmosfere di altri tempi: quelle dell’Europa dell’Ottocento in particolare, epoca nella quale iniziò a diffondersi un’ammirazione sempre più vasta per le orchidee esotiche, irresistibili oggetti del desiderio che arrivavano nei giardini e negli orti botanici europei da ogni parte dei nuovi mondi, circondati da un alone di mistero. Era un periodo in cui le orchidee tropicali sembravano fatte apposta per rispondere alla mania esotica dell’Inghilterra Vittoriana: fiori sensuali, strani, spettacolari, grandi come mai se n’erano visti in precedenza; oppure minuscoli come preziose miniature, sembravano fatti apposta per accendere l’immaginario della società più opulenta dell’epoca. Raffinata ed elegante sarà anche l’edizione 2009 della mostra mercato dedicata a questo affascinante fiore allestita da Orchids Club Italia. Qui i visitatori di Ortogiardino potranno ammirare le specie più rare e preziose, ma anche acquistarle e, seguendo i preziosi consigli degli esperti, provare a farle crescere e fiorire in casa propria.

PROGRAMMA

Sabato 7 Marzo ore 10 – Padiglione n° 5 – inaugurazione del Giardino delle orchidee con la presenza di commedianti e musicanti in costumi settecenteschi.

Orchidee in concorso
Giudici di Orchids Club Italia valuteranno le orchidee in esposizione applicando il metodo americano (punteggio 1-100) ed assegneranno 3 premi:
1 – The best in show
2 – Grand Prix International Orchid Festival 2009
3 – Oscar della coltivazione

La bottega artistica
Padiglione n° 5 nello spazio “Pordenoneorchidea” è allestito un laboratorio dove poter dipingere le orchidee in esposizione.
Tutte le mattinate dei giorni feriali, chi intende partecipare può presentarsi nella bottega dell’arte, munito di attrezzature e strumenti per dipingere a tecnica libera. L’organizzazione metterà a disposizione le orchidee “modelle”.

A caccia di rarità
A complemento dell’esposizione saranno presenti vari stand di produttori di orchidee da collezione, italiani e stranieri… non mancheranno le orchidee fiorite in vendita.
Per festeggiare la decima edizione di Pordenoneorchidea, sarà allestito l’angolo delle scoperte selvagge, dove potrete scoprire ed acquistare divisioni di orchidee della collezione Guido De Vidi, comprese quelle pluripremiate in expò internazionali. Occasione unica per arricchire la vostra collezione con divisioni di piante adulte e acclimatate in Italia da molti anni.
A questo indirizzo potete inviare una piccola lista dei vostri desideri… chissà che qualche cosa non si trovi.

Vi aspettiamo numerosi.
Orchids Club Italia

San Valentino 2009 20 anni di orchidee alla Flover di Bussolengo (VR)

flover_09Sono già passati 20 anni, sembra un secolo fa o forse ieri. Un secolo fa perché allora di mostre in giro ce n’erano ben poche e per vedere orchidee botaniche in fiore, bisognava avere la fortuna di visitare le poche collezioni esistenti.
Ieri perché è ancora vivo il ricordo della telefonata di un amico (co-fondatore insieme a me dell’ATAO), il cui tenore annunciava l’invito come associazione ad organizzare un’esposizione di orchidee alla Flover di Bussolengo, erano i primi giorni del 1989.
Iniziò così la serie di esposizioni organizzate in occasione della festa di San Valentino, alla Flover di Bussolengo.
Oggi in giro per i garden è facile vedere orchidee ed è abbastanza consueto trovare occasioni di acquisto da venditori ambulanti invitati alla vendita dai gestori dei garden, ma poter visitare spazi espositivi messi a disposizione dai titolari dei garden alle associazioni è un po più difficile.
In questo senso va fatto un plauso ai gestori della Flover di Bussolengo per aver saputo coinvolgere ed affiancare l’associazionismo orchidofilo ad eventi legati all’immagine commerciale dell’orchidea. Questo in tempi non sospetti.
>flover_09_1Da diversi anni, raccogliendo il testimone abbandonato dall’ATAO, l’organizzazione dell’esposizione di orchidee è a cura della nostra Associazione (Orchids Club Italia), che per l’occasione presenta le orchidee dei propri soci, orchidee ovviamente non in vendita.
La nostra Associazione coglie questo evento per incontrare i propri soci, per chiedere loro la collaborazione necessaria all’allestimento e per dare consigli ai visitatori.
E’ in questo contesto che, a latere dell’esposizione si articola la vendita di orchidee gestita esclusivamente dall’organizzazione commerciale del garden, compresi gli esperti che danno consigli per gli acquisti.
Forse questo evento sarà considerato di secondo piano dai cacciatori di orchidee a tutti i costi, loro avranno altre occasioni per dar fondo al portafoglio, ma tu che ami il mondo delle orchidee a prescindere, non potrai mancare… noi saremo li ad accoglierti.
Leggi questo post

Nei giorni della merla… orchidee, arte e “a m’arcord”>

Se il tempo fosse un gambero?
La tradizione vuole che gli ultimi tre giorni di gennaio, 29-30-31, siano considerati i più freddi dell’inverno. Molte sono le leggende a ricordare questo periodo dell’anno. La più accreditata racconta che una merla (la leggenda racconta che una volta i merli avevano le piume candide come la neve), per ripararsi dal gran freddo, si rifugiò dentro un camino con i suoi figli di prima covata e uscirono il primo febbraio tutti neri. E neri furono i merli da quel momento in avanti.
Ma perché sono i giorni più freddi dell’inverno? E’ sempre una leggenda a ricordarcelo: gennaio aveva ventotto giorni ed era il mese più freddo dell’anno. Giunto al ventottesimo giorno, un merlo, iniziò a cantare allegramente – “Più non ti curo Domine, che uscito son dal verno”. Gennaio si arrabbiò, e per punire quel merlo “blasfemo” si fece prestare altri tre giorni da febbraio e li rese ancor più freddi.
laelia_flavaEccoci qua al primo giorno di Febbraio del 2009, sono le ore 11 e fuori nevica. La neve l’ha portata un gelido vento di tramontana che ti spacca le tempie. Brutta giornata, oggi, per le nostre orchidee.
Sto cercando di fotografare la mia Laelia flava, fiorita baldanzosamente in questi giorni, ma il buio di questa giornata grigia e fredda, inibisce ogni mio tentativo. Fortunatamente sono i suoi fiori gialli e luminosi a cancellare la depressione.
A dire il vero, oggi è la classica giornata nella quale ti viene facile fantasticare a ritroso nel tempo e nella storia. Possiamo provarci.
Parafrasando una metafora musicale, il “la” mi viene facile scorrendo vecchie foto del mio archivio… scattate qualche annetto fa (1970) in occasione di una mostra di pittura organizzata da quel mitico gruppo di artisti in erba, nato da una mia idea nel “68” e chiamato “GIOVANI 2001”
Eravamo sul finire degli anni 60 e per noi giovani, l’appellativo 2001 simboleggiava il nostro futuro, radioso e lontano nel tempo. Era il tempo dei Beatles e Rolling Stone, la generazione nata dopo la seconda guerra mondiale cercava di uscire dal torpore “clerical-conformista” della politica dominante, vitalità che si materializzava attraverso varie forme di partecipazione sociale e culturale. Era il periodo del fermento e della utopia, in Italia e nel mondo.

L’impegno sociale
vietnam_01Vietnam anno zero – Olio su tela 80×70 – Autore Guido De Vidi
Il quadro vuol stigmatizzare il dramma della guerra in Vietnam.
Il set della politica mondiale a quel tempo era catalizzato dalla disastrosa avventura della guerra americana in Vietnam e di lì a poco in Italia, si sarebbero materializzati anche gli anni del terrorismo nero e rosso.
Il mio piccolo paese, amministrato da sempre dalla DC, assisteva indenne al nostro “purtroppo” vano impegno giovanile per il cambiamento della politica. Trovammo comunque asilo nello spazio metafisico dell’arte e della cultura ed è così che iniziò quella virtuosa e prolifica pagina della nostra gioventù, che fra l’altro ci mise anche al riparo dalla ondata utopica che portò molte vite all’auto distruzione.

La parentesi amena
piave Pomeriggio al Piave con amiche – Olio su tela 80×70 – Autore Guido De Vidi
Erano anche gli anni delle gite domenicali sulle rive dei fiumi. Luoghi romantici e pieni di intimità genuina. Per noi giovani abitatori della zona del Piave, le piccole gite estive della domenica a bordo della mitica Fiat 500, finivano quasi sempre sui prati e nei boschetti ombrosi della nostra bella Marca Trevigiana.
Gli argini del fiume Piave e le sue immense grave, caratterizzate da radure di arbusti e cumuli di sassi che di tanto in tanto lasciavano affiorare freschi torrenti, erano l’ispirazione per i miei dipinti ad olio, nei quali cercavo di cogliere l’armonioso equilibrio della natura.
Tanti anni sono passati e con loro anche molte certezze. Quello che allora era un futuro lontano, ora è quasi un passato remoto… peccato che le nostre aspirazioni di allora, abbiano camminato come un gambero.
Siete d’accordo, non siete d’accordo, scrivetelo prima che ritorni il bel tempo…la famosa leggenda racconta che sarà una bella e calda primavera, se i giorni della merla sono molto freddi.

Orchidee “estreme”… ed i loro avventurosi scopritori

Nel precedente articolo ci siamo lasciati con l’idea di spulciare sugli stili di vita di qualche specie, che io definisco “estrema”, nel senso che riesce a vivere in condizioni particolari.
Alberto G. nel suo commento al post ha scritto:
…”Giusto per complicare, o semplicemente per comprendere meglio le orchidee, bisogna tener presente che le orchidee hanno un ciclo fotosintetico differenziato che le colloca dal punto di vista metabolico più vicino alle piante di ambienti aridi che non alle classiche piante a foglia (mesofite). Il ciclo CAM infatti non è proprio solo delle piante succulente. In pratica gli stomi si aprono di notte e quindi di notte avvengono gli scambi gassosi. Questo, il ciclo CAM, è una delle tante modalità adattative per ridurre la dispersione di acqua (stomi aperti di giorno).
Interessante l’argomento, e per questo, via e-mail ho sollecitato il suo autore ad approfondire il tema in un nuovo articolo, ma giustamente lui ha risposto – a quanti può interessare?
Certo, il tema non è dei più divertenti, ma l’agorà del nostro blog è molto attenta, preparata e sensibile…proviamo ad introdurre il tema con qualche nota di colore sulla storia e sugli intrecci politici che hanno accompagnato la scoperta di molte specie “estreme”, chissà che poi non si riesca a digerire anche “il ciclo CAM”…

Il fascino della scoperta di nuove orchidee: racconti che hanno fatto storia
Ai nostri tempi, possiamo ancora immaginare l’eroico botanico dei secoli scorsi, sperduto ai tropici, armato di macete, stivaloni, zaino e taccuino per gli appunti a caccia di quelle 2000 specie di orchidee ancora da scoprire? Forse sì, forse è un’epoca finita…ma il fascino della scoperta rimane pur sempre inalterato.
Noi orchidofili, quando leggiamo i dati tassonomici di una specie botanica diamo quasi sempre per per scontata, sia quell’appendice posta alla fine del nome e cognome, a volte semplificata, che il nome della specie o del genere.
Sia l’appendice che il nome, quando quest’ultimo non fa riferimento alla morfologia o alla zona geografica di endemicità, sono facilmente identificabili con i nomi dei suoi scopritori o più spesso dei botanici che hanno descritto la specie. A volte è divertente ed in ogni caso assai istruttivo fare una passeggiata nel tempo e nella storia delle scoperte botaniche di nuove orchidee.
Se vi va, questa passeggiata la facciamo insieme, ripercorrendo a ritroso la storia di questa una bella specie botanica.
laelia_sincorana_1Laelia sincorana Schltr. 1917
Questa specie è stata scoperta nel 1908 dal botanico tedesco Ernest Ule.
Laelia sincorana, Ernest Ule l’ha trovata per la prima volta a 1000-1500 metri di altitudine, durante una sua spedizione nella Serra da Sincora a nord di Bahia in Brasile.
Questa orchidea cresce in ambiente difficile, appena protetta dalla poca ombra degli arbusti di Vellozia e completamente dipendente dal clima delle montagne: nebbia e condensazione delle nuvole presenti sulla Sincora. Forse per questi motivi, Laelia sincorana è moto adattabile a diverse condizioni di coltivazione e quindi nelle collezioni non può mancare.
Per altre notizie sulla specie leggete questi post

Viaggiatori, naturalisti e botanici, avventure in Brasile di fine 1800
Il nostro amico Ernest Ule non ha lasciato traccia del suo nome sulla Laelia sincorana da lui scoperta, ma chi era Ule?
Ernst Heinrich Georg Ule (1854-1915), non solo è stato un grande scopritore e raccoglitore di piante ma il suo nome è legato a centinaia di specie, come descrittore, dalla famiglia delle Bromeliaceae, delle Cactaceae, delle Melostaomataceae a tante altre, ma a nessuna orchidea. Centinaia di specie botaniche hanno l’epiteto ulei, in riferimento a Ule. Anche alcune orchidee: Epidendrum ulei, Epidendrum uleinanodes, Masdevallia ulei. In onore a lui anche Uleiorchis ulei. Il suo nome come raccoglitore è associato anche a funghi della zona brasiliana. Ha scritto un sacco di libri e articoli.
Questo naturalista fu il primo a comprendere la simbiosi fra le formiche e le piante epifite. Nel 1902 scrisse “Sappiamo che le formiche seminano piante da fiore su cespugli e alberi, li fanno crescere e accudiscono a loro, come protezione per i loro nidi. Così facendo costruiscono dei veri giardini pensili che io ho chiamato giardini delle formiche. Le formiche piantano e coltivano queste epifite che altrimenti non potrebbero sopravvivere. In cambio le piante permettono alle formiche di costruire i loro nidi al riparo sia dai violenti acquazzoni che dal sole cocente” Questa sua teoria fu osteggiata violentemente da altri naturalisti contemporanei. Solo nel 1970 fu definitivamente dimostrato quanto Ule aveva compreso.
Storia
Nel Brasile del XIX° secolo, il compito di promuovere il programma della classificazione botanica della flora e della fauna autoctona, era coordinato dal Museu Nacional do Brasil, che trovando difficoltà a reperire esperti locali per la raccolta di materiali, cercò a più riprese la collaborazione di viaggiatori e naturalisti stranieri, residenti nel Paese. Comincia così la grande avventura in Brasile di molti naturalisti, botanici, medici e zoologi di vari paesi europei, assoldati dal Museu Nacional per raccogliere e classificare materiale etnografico locale.
E’ nel 1829, che il Museo contatta l’italiano Riccardo Zani per incaricarlo ad organizzare spedizioni naturaliste in Pará ed in Amazzonia, ma in quel periodo i mezzi a disposizione del museo non consentirono di ottenere grossi risultati e sarà più tardi, nel 1850, che il museo troverà i fondi per assumere specialisti stranieri su una base più regolare.
In questa nuova fase prende forma la prima “generazione” dei grandi viaggi alla scoperta di nuove specie brasiliane. Questa ondata di naturalisti annoverava vari esperti di origine francese residenti in Brasile: Jean Théodore Descourtilz, ornitologo, impegnato a raccogliere reperti in Espirito Santo, dal luglio 1854 fino alla sua morte, avvenuta nel febbraio 1855; Sohier Alfred de Gand, commerciante, naturalista e botanico, incaricato ad esplorare le province di Amazonas, Pará (1855 -1860 – 1861) allo scopo di raccogliere esemplari zoologici; nel 1863 Audemars e Jules de Brassus ricoprono incarichi per effettuare ricerche naturaliste; Arsène Onessim Baraquin cede al Museu Nacional la sua collezione privata di specie dell’Amazzonia e del Parà, ed in cambio riceve il titolo onorario di naturalista.
Nel 1876, con la nomina a direttore del Museu Nacional di Ladislau Netto, inizia a consolidarsi una seconda generazione di naturalisti, di solito Anglossassoni o Tedeschi.
La collaborazione con il Museu Nacional da parte di questa seconda “squadra di naturaliasti” non dura a lungo. Molti di questi, più che impegnarsi nel ruolo di “naturalisti scopritori e viaggiatori” propendono per la conquista di posti direttivi nei vari Musei Provinciali e ben presto (verso il 1890) il contrasto con i loro predecessori diventa insanabile. Questi ultimi non organizzano spedizioni, ma preferiscono costruire la loro carriera professionale presso il museo, e, pur continuando a inviare collezioni e pubblicazioni all’estero, il loro scopo primario è proprio quello di controllare le istituzioni per potervi implementare le loro concezioni scientifiche, forse più moderne e più specialistiche.
Il primo scienziato straniero ad assumere un posto permanente nel Museu Nacional è stato Lutz Riedel, botanico tedesco e membro della spedizione Russa nel Matto Grosso comandata dal barone Langsdorff nel 1826-1828. Nel 1842 con la divisione in sezioni separate del museo, Riedel ottiene la nomina a direttore della sezione botanica, incarico che mantiene fino alla sua morte nel 1861. Theodor Peckolt, tedesco, è stato il primo capo del Laboratorio di Chimica; Charles Frederick Hartt, un geologo e paleontologo americano, discepolo di Agassiz a Harvard e di un professore dell’Università di Cambridge, succedendo al suo connazionale Orville Adalberto Derby ha diretto la sezione geologica dal 1876 al 1877..
Il tedesco Carlos Schreiner ha iniziato la sua attività nel museo come aiutante naturalista nel 1872, e come viaggiatore naturalista nel 1889, per poi diventare vicedirettore della sezione zoologica nel 1895. Nel 1884, il museo contratta i fratelli Ernst e Gustav Rumpelsberger, rispettivamente come viaggiatore naturalista e assistente di disegno, e finalmente nel 1891 il botanico tedesco Ernst Ule, appare nella scena della vita del Museu Nacional con la nomina di viaggiatore naturalista, e più tardi con l’incarico di vicedirettore della sezione botanica.
Le frizioni con la vecchia concezione centralista del Museu Nacional, trovano valida sponda in Wilhelm Schwacke, Fritz Müller e Hermann von Ihering, zoologi tedeschi che vivono in Santa Catarina e Rio Grande do Sul e che, proprio come Derby, dopo le dimissioni dai loro incarichi nel museo della capitale, cercarono di organizzare in modo più specialistico le attività naturalistiche del paese.
Siamo a cavallo del 1890 e le vicende politiche brasiliane (passaggio dall’Impero alla organizzazione repubblicana) si intrecciano anche con la gestione del Museu Nacional e con i suoi botanici naturalisti.
Tra questi, Müller merita una speciale attenzione. Nel 1864, cinque anni dopo la pubblicazione di Darwin della “Origine della specie”, il naturalista tedesco Fritz Müller (1822-1897) sentì la necessità di scrivere un libro intitolato Für Darwin in difesa della teoria trasformista. Müller fu naturalista di grande valore, i suoi studi sul dimorfismo dei crostacei, sul mimetismo degli insetti, sugli incroci delle piante e sulla loro fecondazione riscossero l’ammirazione di Darwin, che intrattenne con lui una fitta corrispondenza e lo citò ripetutamente nelle sue opere scientifiche e nella Autobiografia.
Nel libro Für Darwin Müller sviluppa una complessa analisi della legge di ontogenesi e del mimetismo (mimetismo Mülleriano). Anche il naturalista inglese Henry Walter Bates, (noto alle donne per la sua collezione di farfalle) famoso per la sua spedizione nella foresta amazzonica con Alfred Russel Wallace, elaborò una teoria del mimetismo che sosteneva la teoria dell’evoluzione per selezione naturale (mimetismo batesiano).
Il lavoro letterario di Müller è stato considerato il primo grande libro teorico-scientifico pubblicato in Brasile. Il libro si basava sulla ricerca sperimentale che Müller aveva effettuato in aree di frontiera a Santa Catarina.
Müller è stato un libero pensatore, emblematico il suo tentativo di alfabetizzare ed educare i contadini locali.
Questa sua attenzione al mondo degli ultimi, gli valse presto il disprezzo dei grandi proprietari terrieri (latifondisti), che si tradusse nel licenziamento dal suo incarico di professore presso il “Lyceu di Florianópolis”.
Durante la sanguinosa sollevazione provinciale del 6 settembre 1895, Müller riuscì a salvarsi fortunosamente, morì in povertà dopo due anni, nel Blumenau, Santa Catarina, il principale insediamento tedesco in Brasile.
Chissà se sarà stato proprio Ule a scoprire questa specie o se piuttosto l’ha solo spedita in Europa…

Ringrazio Alberto G. per le notizie su Ernest Ule inviate ad integrazione del post.