Orchidee: il fascino della semina

Semine ed incroci: dialogo con i lettori

….da un commento di Stefano, estasiato nel vedere questa bella Cattleya aclandiae.

.….”Bellissima pianta, è uno tra i primi fiori che ho visto entrando nella tua serra e sono rimasto a bocca aperta. Mentre tornato a casa era una delle piante che più mi tornava in mente e ne parlavo con Giulio. Davvero fantastica!!! Non ho parole!!! Bravo! ciao ciao. ma secondo te incrociata con la C. schilleriana (che io diverse volte ho confuso con la C. aclandiae) cosa si otterebbe? Ciao ciao.”
Cattleya aclandiae Lindl. 1840 Sottogenere Aclandia Withner 1989

Sinonimo: Epidendrum aclandiae (Lindl.) Rchb. f., Walpers Annales Botanices Systematicae 6:312,1861.
Etimologia: il nome è stato dato in onore di Lady Acland.

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Riprendo questo commento di Stefano per scrivere due righe su uno degli aspetti più affascinanti delle orchidee: la fecondazione e la semina delle orchidee.
La riproduzione delle orchidee da seme è sempre motivo d’interesse e di mistero.
La prima domanda che ti senti rivolgere da amiche ed amici che visitano le tue orchidee, di solito è la seguente: tu hai mai creato nuovi incroci?
Il povero coltivatore amatoriale sapendo che nell’immaginario collettivo si da molta importanza alla creazione di nuove e misteriose orchidee, risponde sì, dando in tal modo importanza alla domanda del visitatore, che rimane soddisfatto di trovarsi al cospetto di un nuovo Nero Wolfe.
Noi sappiamo che le orchidee si prestano a facili manipolazioni e, se nei secoli scorsi era sicuramente affascinante riuscire a riprodurre “ex novo” ibridi artificiali, cosa rimane ai nostri giorni di quell’epopea? Oggi è ancora così affascinante e scientificamente utile, fare gli apprendisti stregoni artigianali con le ibridazioni fai da te?
A mio avviso è passato il periodo pionieristico in cui le sperimentazioni si realizzavano spartanamente, ora la scienza, la biologia e la tecnologia operano con metodologia e programmazione, pertanto, le semine improvvisate non sono più l’ambito traguardo del collezionista.
Non di rado capita di sentir raccontare da neofiti coltivatori, le stupende avventure delle loro semine e si rimane stupiti.
Ora, impollinare un fiore d’orchidea non è il massimo delle difficoltà e poi, con qualche supporto tecnologico si può anche far germogliare i semi. Prima di effettuare delle impollinazioni è sempre utile porsi la domanda: quello che sto per fare è già stato fatto da altri?
Ecco Stefano, alla tua domanda “ cosa si otterrebbe incrociando (C. aclandiae x C. schilleriana), mi verrebbe da rispondere – “nella mia collezione c’è una bella C. aclandiae, ed inoltre c’è la stupenda C. schilleriana con tanto di medaglia EOC 2000”, possiamo quindi provare”.
Il guaio è che si arriva già tardi e non soltanto a livello sperimentale, in commercio sicuramente ci saranno già dei discendenti registrati con tanto di nome e distribuiti commercialmente da anni.
Ecco qualche risultato, fra l’altro non li considero neanche migliori delle specie che li hanno generati.

Cattleya Peckhaviensis (C. aclandiae X C. schilleriana)
…”This compact growing primary hybrid bears dark glossy brown flowers with red spots and a brilliant purple lip.
C. Peckheviensis (C. schilleriana ‘JEM’ x C. aclandiae ‘JEM’)
Compact growing “black” spotted Cattleya with bronzy background and purple lips”.

Con queste mie osservazioni non intendo sminuire l’importanza di studiare e sperimentare il processo biologico della semina delle orchidee, anzi ritengo che sia utilissimo poterlo fare anche a livello amatoriale, ma con metodologia e con precisi obiettivi scientifici. Ad esempio dando vita a gruppi di ricerca sulle orchidee coltivate nelle nostre collezioni, per censire i pregi, l’origine, la qualità e vigorosità, non ultima anche la rarità delle varie specie. L’obiettivo primario non dovrà essere commerciale, ma essenzialmente un contributo alla riproduzione di specie in pericolo d’estinzione.
Nel nostro piccolo, Orchids Club Italia sta procedendo in questo senso.

6 pensieri su “Orchidee: il fascino della semina

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  2. Marco UD

    Concordo in pieno anche io, è una considerazione molto importante per chi ha la passione delle orchidee. Gli incroci sono spesso molto belli con miglioramenti rispetto alle specie che li generano, ma penso che possano anche essere una minaccia per queste ultime perché ne limitano la diffusione. Inoltre, le specie hanno un valore più grande, non economico s’intende, sono piante che ha prodotto la natura da sola senza “ritocchi”. Per questo quando mostro a qualcuno le mie piante non dico “queste sono specie botaniche” ma dico “queste sono specie che esistono realmente in natura”. Spero che sia una cognizione che la gente inizi a valorizzare un pò in tutti i campi perché al giorno d’oggi ce n’é bisogno.

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  3. Alberto_g

    Si parla spesso di Biodiversità, bandiera di Istituti di ricerca, di Università e quant’altro. Quanti sono? Pochi se li rapportiamo ad appassionati coltivatori di tutto il mondo, che operano senza scopo di lucro, anzi…Io credo che la migliore ‘BANCA’ siano proprio quei coltivatori che con ostinazione e preseveranza coltivano nelle proprie serre esemplari unici e rari e che saprebbero fare altreattanto bene con specie in via di estinzione. Ma questo rimarrà solo un sogno, ahimé! D’altra parte Istituti Nazionali all’avanguardia hanno operato in maniera diversa. Kirstenbosch qualche anno fa vendette circa 2000 piantine della nuova specie di Clivia, C. mirabilis, scoperta da poco, in un unico sito; questo prima che la richiesta da parte di tutti i collezionisti del mondo la facesse scomparire per sempre e nelle mani di pochi, sicuramente speculatori.
    La coltivazione delle orchidee, così come per altre piante, dovrebbe essere finalizzata a questo. La pressione del marketing di ibridi la capisco ma non la condivido. Non dico di avere solo piante con dati di località, ma la scelta verso le specie credo che sia un obbligo per chi ama le piante e la natura in genere. E non è vero che siano più difficili!
    Alberto

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  4. Gianni

    Bravo Guido,
    le ultime quattro rige rispettano le nostre buone intenzioni di mantenere in vita e riprodurre specie rare e pregiate.
    ciao a tutti
    Gianni

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