Archivio mensile:Gennaio 2020

Scaphosepalum swertiifolium

Foto 1.

Il genere: Scaphosepalum appartiene ad una delle più strane sottotribù delle Pleurothallidinae. Produce infiorescenze lunghe, graziose e spesso verrucose.
Il genere è stato fondato nel 1888 da E. Pfitzer, ma già nel 1850, HG Reichenbach descrisse la stessa specie come Masdevallia verrucosa. L’origine del nome di genere deriva dal greco “scaphos” in riferimento alla forma dei sepali.
Attualmente, il genere Scaphosepalum comprende circa 49 specie note, distribuite dal centro America alla Bolivia e presenta la sua massima biodiversità nelle montagne andine del centro-nord (Ecuador e Colombia). Questo fenomeno biologico è molto interessante ed un gruppo di studiosi sta lavorando su vari campioni ed areali diversi, per spiegare la relazione fra l’aumento della varietà di specie e l’altitudine. Alcune specie di Scaphosepalum occupano habitat ristretti, mentre altre colonie convivono in maniera “simpatica” in zone più estese, con diversi tipi di orchidee.
Il genere Scaphosepalum, (vedi foto n° 1 a sinistra) si distingue da tutte le altre Pleurothallidinae, soprattutto per la posizione e la forma dei fiori, che non sono invertiti (non resupinati) e nella maggior parte delle specie, i sepali laterali sono (fusi a forma di sinsepalo) e dotati di due osmophore (peculiarità per altro presente in quasi tutte le Pleurotahallidinae con la funzione di secernere profumi o essudati per attrarre gli impollinatori. Queste si trovano nelle code sepaline, che variano notevolmente in dimensioni e forma, nelle varie specie. La maggior parte delle specie conosciute sono epifite, ma altre sono terrestri.

Una specie:
Scaphosepalum swertiifolium (Rchb.f.) Rolfe J. Bot. 28: 137 (1890). Sinonimi:
Masdevallia swertiifolia Rchb.f. Gard. Chron., n.s., 14: 390 (1880).
Scaphosepalum platypetalum Schltr., Repert. Spec. Nov. Regni Veg. Beih. 7: 75 (1920).

Nota:
Vista la notevole varietà di forme, questa specie è stata recentemente oggetto di ulteriore “spezzatino”, e da ciò sono apparse sottospecie, es. Scaphosepalum swertiifolium subsp. exiguum Luer & R.Escobar, Monogr. Syst. Bot. Missouri Bot. Gard. 26: 91 (1988) e nuovi nomi di specie?
Alcuni autori, hanno “giocato” con il cambio di qualche vocale sul nome di specie accettato, e al Kew Gardens fra l’altro si legge: altri nomi a nuove forme?

Foto n°2

Descrizione della specie
Inizialmente descritta da Heinrich Gustav Reichenbach nel 1880 come Masdevallia, questa specie è stata successivamente trasferita nel genere Scaphosepalum da Robert Rolfe nel 1890. Vive come epifita tra le umide foreste montane ad altitudini che variano da 600 a oltre 2000 m. E’ endemica in due Paesi, Colombia ed Ecuador, ed i suoi fiori sono molto variabili di colore, dimensione e forma. Le piante sono alte circa 15 -20 cm, con foglie oblanceolate di color verde vivo.
L’origine del nome “swertiifolium” fa riferimento alla forma delle sue foglie (vedi foto n°2 a sinistra), vagamente somiglianti a Swertia perennis L. Sp. Pl.: 226 (1753), per altro, pianta dicotiledone non appartenente nemmeno alle Orchidaceae. Quindi viva la fantasia del botanico che l’ha descritta!

L’infiorescenza è costituita da un lungo stelo strisciante che produce fiori in successione, lungo 10 -20 cm e sospeso in aria. Caratteristica questa che consente alla pianta di mantenere lo stelo fiorito anche più di un anno.
I fiori sono di colore molto variabile, dal rosa bianco pallido, al viola o rosa rosso. Nella loro struttura piena, i fiori misurano 12-16 mm , ma gli apici delle code possono raggiungere anche i 4-5cm di lunghezza. I cuscini piatti, rivolti in avanti variano di colore, i sepali laterali sono di colore pallido, a volte striati oppure maculati di rosso, rosa, viola e marrone. Le code assumono una posizione orizzontale, leggermente curvata all’ingiù. Il sepalo dorsale è concavo alla base, con puntini dello stesso colore dei cuscini. I petali triangolari sono di colore giallo. Il labello forma un angolo diritto, a costine nella parte centrale, con l’apice a forma di ventaglio. Viste le diverse forme presenti in natura, il collezionista che ama le miniature può coltivare diverse varietà di colore.
Scaphosepalum swertiifolium cresce rapidamente ed è molto facile da coltivare, ma durante la stagione calda, nelle coltivazioni abortisce molti fiori.

Cymbidium tracyanum

Prologo
Quando si sente pronunciare per la prima volta la parola “orchidea” il pensiero va facilmente al fiore di un Cymbidium. Per la verità, da qualche anno questo affascinante genere è messo un po in disparte dagli appassionati per lasciar posto alle meno ingombranti Phalaenopsis, più economiche e fiorifere tutto l’arco dell’anno. Però nel cuore di ogni collezionista di orchidee rimane sempre il suo Cymbidium…quella prima orchidea tanto desiderata e finalmente acquistata. Direi che l’idea di legare l’inizio della nostra passione ad una profumatissima pianta di Cymbidium fiorita è anche più poetica, rispetto alla ormai invadente Phalaenopsis ibrida.

Cymbidium tracyanum Rolfe 1890

Si dirà , ma come, non è più utile iniziare il tema partendo dalla tribù, dal genere e dalle specie?- Sì, ma trovo che sia più coinvolgente iniziare il discorso sui Cymbidium andando subito a curiosare dentro la storia e le immancabili controversie tassonomiche di una specie affascinante: Cymbidium tracyanum.
A tal riguardo mi ha particolarmente incuriosito un articolo apparso sul bollettino AOS del Settembre 1980, scritto da Andy Easton, durante la lettura dell’argomento sono emerse delle discrepanze descrittive rispetto la struttura del mio Cymbidium tracyanum, tanto da indurmi ad effettuare qualche approfondimento. Come spesso accade in questi casi, si pensa a qualche errore oppure ad un’altra specie o addirittura ad un ibrido.

Storia del nome di specie
Tanto per cominciare, la prima incertezza riguarda l’esatta ortografia dell’epiteto di specie (il nome di specie è stato dato in onore del coltivatore che per primo presentò questa nuova specie fiorita), che alcuni autori ascrivono a AH Tracey, mentre altri a HA Tracy.
A prima vista queste sottolineature possono sembrare insensate pignolerie, ma non è così. Approfondire questi aspetti serve a far capire come sia facile usare nomi sbagliati in future ibridazioni. La descrizione iniziale di questa specie si trova in Gardeners’ Chronicle, ns, c. 8, pag 718-9, del 20 Dicembre 1890 con il nome di Cymbidium tracyanum in onore del suo proprietario Mr HA Tracy. L’anno dopo in Williams’ Orchid Grower’s Manual , 7a Edizione (1891), appare la descrizione della stessa specie ma con il nome del suo proprietario AH Tracey e quindi Cymbydium traceyanum, lavoro copiato successivamente da Veitch nel suo Manual of Orchidaceous Plants (1893). Al tempo, queste due pubblicazioni erano come la bibbia per i botanici, coltivatori ed ibridatori di orchidee, molto consultate e copiate nei lavori successivi (anche dal famoso Veitch a quanto pare), con inevitabili proliferazioni di errori postumi.
Qual’è l’esatta denominazione? Una sola ovviamente, ma quale?
L’esatta ortografia del nome è “tracyanum” e per poterlo sottoscrivere con certezza bisogna andare a scomodare il necrologio a Henry Amos Tracy, apparso su Gardeners’ Chronicle 27 Agosto 1910, (n.s., v. 48, p. 169), dove, fra l’altro si può trovare molto materiale interessante su Henry Amos Tracy stesso.
Amos Tracy muore il 10 Agosto del 1910 all’età di 60 anni, quando gestiva ormai da 25 anni il suo vivaio amatoriale “Orchid and Bulb Nursery”, Amyand Park Road, Twickenham. Egli è stato membro molto attivo della Royal Horticultural Society Orchid Committee, alla quale portò il suo contributo nonostante le sue precarie condizioni di salute, anche nei suoi ultimi anni di vita, conclusasi a causa di un ictus.
Tracy fu a suo modo, un anticipatore dei tempi nel mondo del collezionismo orchidofilo. Egli è stato importatore e venditore di orchidee e di altre piante. La sua politica commerciale si è però caratterizzata per essere decisamente controcorrente rispetto alla tendenza Vittoriana dell’epoca, che considerava la coltivazione di orchidee un esercizio aristocratico e costoso. Più che un commerciante di orchidee, possiamo immaginare Tracy come uno dei primi promotori dell’amatorialità e della loro divulgazione di massa. Sicuramente fu molto amato dai collezionisti dell’epoca, perché da lui potevano trovare orchidee a prezzi molto popolari e soprattutto ottimi consigli per la coltivazione, che in quei tempi presentava molte più difficoltà di ora.

Cymbidium tracyanum: comparazione dei fiori con le illustrazioni iniziali
Per avere ragionevole certezza sulla corrispondenza tassonomica di una specie in esame è utile risalire alle illustrazioni iniziali.
L’operazione non è sempre agevole, spesso non si dispone di adeguata bibliografia scientifica ed in certi casi le illustrazioni datate (opera grafica di artisti all’uopo incaricati) lasciano molti dubbi.
Analizzando la foto del fiore di Cymbidium tracyanum in esame si nota molta discordanza, sia fra le varie illustrazioni iniziali, che fra queste ed il fiore in analisi. Esempi:

(foto n°1)
L’illustrazione di cui e corredato l’articolo apparso sul bollettino AOS (foto 1) raffigura una struttura di fiore assai diversa da quelle presenti in “Williams’ Orchid Grower’s Manual (foto 2), in Veitch’s Manual, of Orchidaceous Plants (foto 3).

(foto n°2)
A prima vista appare chiaramente che i fiori disegnati nelle due pubblicazioni sono diversi fra loro e non assomigliano nemmeno alla struttura morfologica del nostro fiore.
A tal proposito torna utile leggere una annotazione di Rolfe (Orchid Review, v. 19, p. 39-40)

(foto n°3)
Secondo Rolfe, il cultivar presentato da Tracy è stato l’unico esemplare di Cymbidium tracyanum esposto in pubblico fino al mese di gennaio 1895, quando una seconda pianta fiorita è apparsa in una mostra.
Di conseguenza – sostiene Rolfe – le due illustrazioni pubblicate rispettivamente nel 1891 e nel1893, devono per forza rappresentare quel cultivar premiato con FCC/RHS

(foto n°4)
Però, come si può vedere nella foto 4, i disegni delle illustrazioni precedenti divergono enormemente anche con questo disegno apparso più tardi sulla rivista Orchid World, v. 5 pag.22 . In questo caso, la rappresentazione grafica del fiore si avvicina maggiormente a quello in esame e rappresentato nella foto iniziale. La spiegazione probabile per tutte queste inesattezze è che i due artisti incaricati a riprodurre la morfologia dei fiori abbiano avuto poco tempo per abbozzarli. La pianta è stata venduta tre giorni dopo l’apertura dell’esposizione e quel che più conta, ai disegnatori non è stato concesso di togliere nessun fiore per poterlo riprodurre con calma ed attendibilità. Forse per l’insensibilità botanica dell’acquirente di quella nuova specie fiorita, ora non disponiamo di pubblicazioni esatte e quindi non raffrontabili come esempi tipici dei Cymbidium tracyanumu attuali…il tutto per 75 Ghinee. Nel frattempo comincio ad avere qualche dubbio …forse la pianta in esame potrebbe essere un ibrido, mi preoccupano le punteggiature orizzontali sui sepali inferiori (dovrebbero essere più continue e marcate)…mah, vedremo.

Cymbidium tracyanum, forme, varietà e ibridi.
Volendo dare un po di valenza alle prime illustrazioni di questa specie ed anche osservando diverse fotografie dei suoi fiori, possiamo ragionevolmente supporre che esistano due forme diverse di Cymbidium tracyanum. Una con fiori consistenti, petali e sepali larghi con maculature orizzontali brune su sfondo che va dal verde pallido al rossastro, l’altra con petali e sepali più stretti, fiori con meno sostanza e tendenzialmente più luminosi. Probabilmente è limitativo immaginare solamente queste due forme, molte altre varietà intermedie saranno state individuate in oltre 100 anni dalla scoperta della prima pianta.
Da quel lontano 1890, oltre a qualche possibile ibrido naturale, molti incroci artificiali sono stati creati con genitore C. tracyanum, per questo è assai difficile risalire alle origini, anche perché non molto è stato scritto su questa specie.
Il C. tracyanum è spesso confuso con altra specie (Cymbidium iridioides ex giganteum), c’è chi sostiene che C. tracyanum sia il risultato finale di un percorso evolutivo del C. iridioides, ma la confusione non si ferma qui. Nel “Journal of the Royal Horticultural Society, v. 28, p. ccliv” si legge che nella riunione “R.H.S. Orchid Committee del 15 Dicembre 1903, J.T. Bennett-Poe, Esq., V.M.H., (Coltivatore: Mr. Downes) esibisce una pianta di Cymbidium con il nome di (Cymbidium Tracyano-giganteum).
Nella Sander’s List of Orchid Hybrids, nel 1946 si fa menzione di un Cymbidium Bennett-Poei, elencato come ibrido primario fra Cymbidium tracyanum e Cymbidium giganteum (= iridioides). Solamente nel 1959 il Cymbidium Bennett-Poei è inserito nella “Hand-List of Orchids in the Royal Botanical Gardens, Kew” come ibrido prodotto in coltivazione.
Pertanto, una stessa pianta la troviamo con due nomi diversi, siglati in epoche differenti: Cymbidium Tracyano-giganteum nel 1903 e Cymbidium Bennett-Poei nel1930. Può anche essere, che il Cymbidium Bennett-Poei creato artificialmente, rappresenti una forma intermedia fra il Cymbidium tracyanum e Cymbidium iridioides. Queste disquisizioni fanno capire quanto sia intricato il percorso delle ibridazioni e soprattutto delle corrette registrazioni. Nella letteratura dell’inizio 900 troviamo notizie di ibridi naturali del C. tracyanum. Molto noto è stato Cymbidium i’ansonii, ora considerato specie o forse una varietà del Cymbidium lowianum. Possiamo continuare ma ci imbatteremmo sicuramente in altre discordanze, ad esempio: il Cymbidium i’ansonii è stato considerato per molto tempo un ibrido naturale fra Cymbidium lowianum e Cymbidium tracyanum, soltanto quando è fiorito il vero ibrido artificiale fra queste due specie si è potuto stabilire che le cose stavano diversamente.

Specie o ibrido?
Tornando al nostro fiore presentato inizialmente, sul quale abbiamo posto dei seri dubbi sulla sua identità, dopo una giornata di ricerche puntigliose e di comparazioni con varie illustrazioni, penso di poter spezzare una lancia in favore della sua appartenenza alla specie C. tracyanum. Dopo aver confrontato il fiore della pianta in esame con le foto presenti in questo link, ritengo che le marcature sui sepali, seppur molto meno continuative rispetto alla norma, non possano essere elevate a indizio significativo per non considerarla appartenente alla stessa specie : vedi foto sotto e sopra. Le differenze sono troppo insignificanti per indurre l’ipotetico ibridatore a registrare il suo lavoro. Nemmeno un ibrido naturale può risultare così simile alla specie, probabilmente siamo in presenza di una forma specifica, magari anche rara?
Concludendo questo capitolo, a ristoro del lungo lavoro di ricerca svolto, propongo di chiamare questo cultivar: Cymbidium tracyanum ‘rio Parnasso n°1’

Le notizie a seguire inducono ulteriormente a considerare specie il Cymbidium in esame:

Descrizione tratta da “Lucien Linden, A. Cagniaux e G: Grignan: “Les Orchidées exotiques et leur culture en europe”. Prima edizione. Bruxels e Parigi: chez
l’auteur, 1894. pag 684?
…”
Traduzione: L’ultima acquisizione del genere è il Cymbidium Tracyanum. Questa superba specie, alla quale si può paragonare solo il C. grandiflorum, ha fatto la sua apparizione nel 1890 in lotto di C. Lowianum importato da M. Tracy; l’unica pianta fa attualmente parte della collezione del barone Schroeder. I petali e i sepali sono qiallo pallido, striatie punteggiati di cremisi; il labello è giallo crema, maculato di cremisi sul lobo anteriore ricurvo con linee cremisi sui lobi laterali.

La foto a sinistra raffigura un esemplare di Cymbidium tracyanum presente nelle collezione di Alberto Fanfani.
La struttura morfologica del fiore, corrisponde a quella della pianta in esame.

Foto tratta dal libro di Alberto Fanfani “Orchidee” (scheda 389) edito da Arnoldo Mondadori.

“Parte di questo post è tratta dall’articolo CYMBIDIUM TRACYANUM – di Greig Russell, disponibile in
http://www.geocities.com/pennypoint9/tracy.html, usato con permesso
dell’autore.”

Dendrochilum stenophyllum

Dendrochilum stenophyllum :fiori.

Dendrochilum stenophyllum L.O.Williams, Philipp. J. Sci. 80: 300 (1953)
Sottogenere: Acoridium
Sezione: Acoridium
Basionimo: Acoridium angustifolium Ames 1937.
Questa specie è stata originariamente descritta da Oakes Ames come Acoridium angustifolium. L.O Williams l’ha trasferita successivamente nel genere Dendrochilum. Il cambio nome si è reso necessario in considerazione del Dendrochilum angustifolium (Borneo), descritto in precedenza. Ad ogni buon conto, il nome di specie fa sempre riferimento alla morfologia delle foglie “stenophyllum” – foglie strette. Origine di endemicità: LUZON (isola o intero gruppo di isole a nord delle Filippine), a circa 1000 metri di altitudine.

Dendrochilum stenophyllum: pianta.

Descrizione
Pianta
Specie epifita da clima intermedio a sviluppo simpodiale cespitoso. Gli pseudobulbi semifusiformi si formano compatti su su un breve rizoma: misurano 1.8-2.8cm in lunghezza e 0,2 centimetri di diametro. Durante la fase di crescita, gli pseudobulbi sono coperti da 4-5 catafilli (foglie squamiformi, con funzione protettiva, povere o prive di clorofilla) mentre sono in crescita, al loro apice e formano una sola foglia semipicciolata e scanalata per tutta la sua lunghezza, con l’apice acuto. Le foglie sono lunghe 18-20cm e larghe 0.2-0.3.

Infiorescenza
Semi-arquata, si forma all’apice del nuovo pseudobulbo, misura circa 20cm e porta 30-40 fiori che si alternano in forma distica distanziati 1,5mmm fra loro.

Fiori
I fiori sono bianchi con il lobo mediano del labello di colore verde; non sono profumati. Il sepalo dorsale è a forma lanceolata-oblunga con l’apice acuto, lungo 2.5-3.2mm e largo 0.7-0.9mm. I sepali laterali misurano 2.5-3.3mm di lunghezza e 0.9-1.1mm di larghezza. I petali misurano 2.3-2.9mm di lunghezza e 1.0-1.1mm di larghezza. I petali sono glabri ed hanno margini interi con venature. Il labello è trilobato e steso in avanti in forma eretta. Nei luoghi di endemicità sono state viste piante fiorite nel mese di settembre. Nelle coltivazioni dell’emisfero nord, questa specie fiorisce durante l’inverno e la primavera.

Coltivazione
Dendrochilum stenophyllum può essere coltivato anche su supporti in legno (zattere o tronchetti), ma la sistemazione in vaso facilita l’incespimento. Questa specie desidera temperature miti e non richiede particolari periodi di riposo. Bagnature e fertilizzazioni nella norma con concime equilibrato 20.20.20.

Specie simili
Dendrochilum graminifolium
Dendrochilum perplexum var. montanum
Dendrochilum perplexum var. perplexum
Dendrochilum louisianum (si veda questa pagina per le differenze)

Nota
Leggi anche questi articoli:
Dendrochilum
Dendrochilum tenellum
Dendrochilum-convallariaeforme-var-convall

Coelia bella

Fantastica fioritura in itinere: fiori in bocciolo.
Fiori quasi aperti.

Il genere Coelia
Numero di specie:
Coelia bella.
Coelia macrostachya.
Coelia triptera.
Coelia guatemalensis
Coelia densiflora

Quattro specie – C. macrostachya, C. bella, C. guatemalensis e C. densiflora – erano precedentemente incluse nel genere, Bothriochilus; a seguito di prove morfologiche e molecolari sono ora comprese nel precedente genere Coelia, creato da Lindley J. (1830) in “The Genera and Species of Orchidaceous Plants 36”- con Coelia triptera (Sm.) G.Don ex Steud. come specie tipo.
Coelia è un genere composto da circa 5 specie distribuite dal Messico alle Indie Occidentali al Guatemala, Honduras, El Salvador e Panama, per lo più epifite, ma anche terrestri e litofite a sviluppo simpodiale con pseudobulbi ellissoidi e/o ovoidi avvolti da guaine cartacee, portanti foglie subcoriacee, lunghe fino a 60 cm. I fiori vistosi, dal bianco al rosa, nascono dalla base degli pseudobulbi in racemi eretti.

La specie
Coelia bella (Lem.) Rchb. f. 1861
Coelia bella è originaria del Messico, Guatemala, Honduras, Belize e Costa Rica. Cresce direttamente sulla terra (raramente epifita) ad un’altitudine di 500 a 1500 metri sul livello del mare. Coelia bella anche chiamata Bifrenaria bella, Bothriochilus bellus, fu descritta da Heinrich Gustav Reichenbach nel 1861.
Coelia bella produce infiorescenze erette, basali, lunghe fino a 15 cm, con vari fiori profumati. I fiori sono fondamentalmente bianchi, con punte viola sui tepali e il labello giallo giallo, emanano un gradevole aroma di marzapane.
Coltivazione
Luce:
Coelia bella cresce in ambienti luminosi, nelle coltivazioni casalinghe la posizione ideale è una finestra orientata a sud-est o est, ma avendo attenzione a non esporre la pianta alla luce diretta del sole.
Temperatura:
Questo tipo di orchidea desidera temperature moderate: la temperatura estiva non dovrebbe superare i 25° C durante il giorno e 18 ° C di notte; t con uno sbalzo termico fra giorno e notte non inferiore a 6-7° C.
Umidità:
Coelia bella ha bisogno di un ambiente con umidità relativa da 50 a 70%. L’aria troppo secca influisce negativamente sullo sviluppo della pianta e la sua crescita.
Substrato, e rinvaso:
Coelia bella si consiglia di coltivarla solo in vaso con un substrato sempre umido, miscela di bark, torba (fino al 60%), carbone di legna e muschio di sfagno.
Il rinvaso è consigliato solo nei casi di evidente compattazione del substrato, il momento migliore per il trapianto è il periodo immediatamente successivo alla fioritura e fino al momento in cui i nuovi germogli iniziano a sviluppare il nuovo apparato radicale.
Bagnature e fertilizzazioni:
Durante la fase di sviluppo questa pianta necessita di annaffiature frequenti e abbondanti, facendo attenzione che non si crei ristagno d’acqua. Il substrato tra le bagnature dovrebbe asciugarsi bene, ma non rimanere più di due giorni in uno stato completamente asciutto.

Epidendrum denticulatum

Eipdendrum  denticulatum è stato descritto da John Barbosa Rodrigues nel 1882 disponendo di un campione con fiori color lavanda e calli bianchi e gialli trovato in fiore nel mese di marzo su un albero nella foresta vicino a Joinville, Santa Catarina.
Epidendrum denticulatum  è un’orchidea a sviluppo simpodiale con fusti a  canna,  nota con il nome popolare di “orchidea crocifisso”;  nelle collezioni spesso viene  confusa con E. secundum.

Primo piano del fiore. 

I fiori non resupinati, formano pannicoli  all’apice di lunghi ed esili steli fiorali.  Come in tutte le orchidee “crocifisso”, il labello è adiacente alla colonna e porta tre lobi, producendo l’effetto di una croce, da cui deriva il nome popolare “orchidea crocifisso”. Distribuzione:
Epidendrum denticulatum vive nelle foreste  secche della Serra do Mar in Brasile. La specie è endemica in un vasto areale che va dagli stati costieri del Rio Grande do Sul, al Pernambuco e nelle foreste del Minas Gerais, ad altitudini da 500 a 1400  m.  E’ un’orchidea  sia terrestre che epifita, abbastanza comune nel suo habitat ed è facile trovarla ai margini delle strade  tra i cespugli. Descrizione:
Epidendrum denticulatum presenta steli eretti a forma di canna, portanti da 10 a 16 foglie coriacee e spesse. Fiorisce quasi tutto l’anno, dalla fine dell’inverno inoltrato, all’autunno successivo. Questo Epidendrum  mostra un’abitudine pseudo-monomodale:  vegetazioni  in continua crescita fino a produrre la fioritura al loro apice. Troppa ombra porterà alla formazione di una massa aggrovigliata di germogli e radici in alto nella pianta, mentre la piena luce del sole contribuirà a bracchizzare le canne, dando così forma ad una pianta più corta e “più ordinata”. Le sue lunghe e sottili radici sono coperte di velamen spugnoso e si estendono attraverso l’aria nel terreno. L’infiorescenza apicale  può rimanere in fiore fino a un anno. I fiori possono essere bianchi, crema, gialli o arancioni, ma più spesso color lavanda. 
Nota: 
La differenza sostanziale fra  E. denticulatum ed E. secundum è il callo: E. denticulatum ha due piccoli calli vicino alla colonna e una lunga chiglia di unione; E. secundum ha un singolo callo molto più grande posizionato di fronte alla colonna. Secondo Almeida e Figueiredo (2003), E. denticulatum  produce il nettare “sui piccioli di gemme, fiori e frutti”, ma non sui fiori. Secondo Pansarin e Amaral (2008), E. secundum ha un nettario nella parte posteriore del tubicino formato dal labello e dalla colonna del fiore. Ad ulteriore specifica va aggiunto che, E. denticulatum è distinguibile da E. ibaguense e  E. radicans, dai suoi fiori non  resupinati.