La Carta di Soave: quello che l’AIO doveva essere.

Per i più giovani orchidofili italiani, che cercano di capire come funziona l’associazionismo in Italia, questo articolo porterà un contributo storico sul mondo italiano delle orchidee. Come sta di salute l’orchidofilia e l’orchidologia in Italia? Rispetto agli albori il panorama non è che sia cresciuto, sia in termini di qualità piuttosto che di numeri. Le grandi collezioni storiche oggi non si vedono più; né private né tantomeno pubbliche (orti botanici e/o garden di prestigio internazionale), per converso la realtà amatoriale italiana è frastagliata e di dimensioni minime. L’associazionismo italiano, non ha saputo far tesoro di quel fermento che aleggiava sul finire degli anni ottanta in varie realtà italiane, forse per inezia magari per quella maledetta convinzione che con le orchidee si fanno soldi o si acquisisce prestigio, spesso effimero se non supportato da vera spassionata disponibilità e spessore scientifico. Ed è così che si materializzano gli arrampicatori, o nati dirigenti che emergono dal nulla. Il risultato è sotto glio occhi di tutti. Ma quando e come prende forma l’associazionismo orchidofilo in Italia.Tutto inizia negli anni 80 con la nascita della SIO (Società Italiana Orchidee) fondata da un commandante dell’Alitalia con la passione per le orchidee. Non è che succedessero tante cose, la SIO vivacchiava, ma presto iniziarono gli scontri fra vecchia e nuova scuola che culminarono con un lento sfacelo della SIO, la quale passò di mano in mano di vari commercianti finchè entrò in uno stato di dormienza pluriennale: ciò nonostante in quel periodo la SIO rimase riferimento per l’orchidologia Italiana.Ed è così che in questo clima un gruppetto di intelletuali romani provò a raccogliere l’eredità infranta, cercando di rilanciarne l’attività; si venne a creare una sorta di limbo che non mancò di iniettare un certo dinamismo. E’ stato questo clima unitario e propositivo che gettò le basi sulle quali rinacque l’AIO. Si iniziò a pensare ad un futuro organizzato su scala nazionale, nel pieno rispetto dell’associazionismo locale, con la vocazione e l’auspicio di produrre anche utili lavori scientifici: con questo spirito nacque la Carta di Soave, documento guida di quello che avrebbe dovuto fare la nuova associazione.

Le cose, all’evidenza non andarono così. Di quella esperienza rimane poco. Sicuramente è mancato un salutare turnover dirigenziale. Non è mai troppo tardi, un po’ di aria fresca in AIO potrebbe essere la chiave di volta per un auspicato rilancio della storica associazione

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