Come nelle cadute rovinose, anche con gli acquisti padovani, le botte affiorano dopo qualche giorno
In questi giorni post EOC, penso che mezza Italia orchidofila sia alle prese con le sistemazioni delle piante acquistate in Fiera a Padova.
Mi pare di capire che i problemi maggiori affiorino con le orchidee dei venditori d’oltre oceano, per capirci, quelle a radice nuda.
C’è poco da dire, ma sono proprio queste, che attirano maggiormente l’interesse del collezionista: ho potuto ben vedere i pellegrinaggi fatti dagli amatori agli stand peruviani, equadoregni, venezuelani e cinesi.
Per noi, che non possiamo permetterci viaggi esotici nelle foreste incantate, è come tuffarci per qualche attimo nella giungla; riusciamo a sentire perfino gli odori.
Quest’anno poi sono arrivate fiasche e piantine fresche di semina del Phragmipedium kovachii, frutto proibito del momento, che tutti noi vogliamo possedere.
Questi ingredienti bastano ed avanzano per poter rappresentare quei giorni padovani, carichi di misteri, di candide bugie, di desideri appagati o repressi, di ansie, di angosce causate dalla paura di non trovare l’orchidea tanto attesa e di smarrimenti finali quando ci si accorgeva che le tasche erano vuote. Qualcuno, per rendere meno pesanti le uscite si è attrezzato con due sistemi di pagamento, euro e dollari. Sì perchè i nostri amici venditori “extracomunitari” accortisi che l’euro valeva più di un dollaro, hanno prontamente trasformato i prezzi da dollari ad euro, ma i numeri scritti sui cartellini sono rimasti uguali ed ecco, che gli acquirenti più smaliziati sono tornati il secondo giorno con rotoli di dollari tirati fuori da chissà quale nascondiglio.
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