Archivi categoria: Terza pagina

Storia, scienza e cultura delle orchidee.

Orchidee selvagge… le emozioni del collezionista

La foto di copertina:
Dendrobium sulcatum Lindl.
Collezione Guido De Vidi – foto 25.02.09

A CACCIA DI ORCHIDEE
giungla_fioreNomi come William John Swainson (1789-1855) evocano epoche, avventure, sotterfugi e miti legati alla scoperta di nuove specie di orchidee.
Ai nostri giorni, complice la “globalizzazione” dei mercati, è molto più facile vivere l’emozione della raccolta… basta andare a “caccia” fra i banchi dei venditori sudamericani o asiatici, sempre più spesso presenti nelle fiere europee.
Le orchidee che arrivano in Europa dai paesi extracomunitari, dovrebbero passare al vaglio di attenti controlli, ma da quel che si vede sui bancali dei venditori, molto materiale non proviene da semine e da coltivazioni. Che questo sia male o bene non sta a me valutarlo, ma tant’è, e pare che questa opportunità procuri notevole piacere ai novelli “cacciatori ” di orchidee.
I moderni emuli di Swainson, Gardner, Paxotn, Bungeroth e altri, si dividono in due categorie: solitari (agiscono in solitudine e poi chiedono consigli), “forumisti” o “Facebookomani” brutti termini per indicare i frequentatori di forum e social network su internet.
Perfetto, si dirà, ma la maggior parte delle “prede di caccia” – poche troveranno una serra ad accoglierle – andrà ad abitare in soggiorno, in piccoli terrari, in verande o più semplicemente su davanzali, quindi sorge spontanea la domanda: come se la caveranno?
In questa frenesia dell’acquisto di orchidee selvagge, prende corpo anche un fenomeno particolare; siccome i venditori extra europei, finite le mostre, non tornano in patria con l’invenduto (dovrebbero rimettere in moto la burocrazia dei permessi), quel che rimane sui loro banchi di vendita, diventa bottino di qualche venditore nostrano.
Sempre più spesso, i “cacciatori” di orchidee selvagge, tornati a casa, mostrano le foto delle loro prede su Facebook o sui loro forum di frequentazione. Una bella rappresentazione, non c’è che dire, ma per entrare a pieno titolo nella affascinante atmosfera delle orchidee selvagge, facciamo un salto nel tempo ed andiamo a rileggere cosa scriveva Rebecca Tyson Northen , a proposito delle orchidee provenienti dalla giungla, nel suo libro “Le orchidee”:

ORCHIDEE DELLA GIUNGLA
di Rebecca Tyson Northen

giungla_4 … “L’esperienza più emozionante, dopo quella di vedere crescere le orchidee nel loro habitat naturale, è quella di riceverle fresche dalla giungla. Potete comprarle da persone che vanno, per professione o per hobby, a raccogliere piante nelle loro regioni di origine e farvele spedire direttamente al vostro indirizzo, subito dopo essere state prese dai rami degli alberi. Quando aprirete la scatola e tirerete fuori le piante, resterete colpiti dal numero delle forme e dalla varietà dei tipi e, mentre le rigirerete tra le mani, la vostra immaginazione vi porterà lontano, ai luoghi dove queste piante sono nate. Attaccati ai mozziconi di radici saranno probabilmente rimasti pezzi di corteccia degli alberi dove le piante crescevano; una piantina di piccole dimensioni potrà arrivare ancora abbarbicata al ramo da cui è stata raccolta. I rizomi assumono strane forme quando crescono avvinghiandosi a un ramo o si sviluppano sopra un ceppo o intorno a una biforcazione. Una pianta grande può ospitare,tra le proprie radici, una piantina da seme o un esemplare più piccolo di un’altra varietà. Adattare queste Piante ad un vaso metterà alla prova la vostra abilità. Gli esemplari che stavano crescendo arrampicati ad un tronco si presteranno a essere collocati su di una zattera di felce arborea o un pezzo di legno al quale sarà stata ancorata della fibra d’osmunda. Invasare le piante, prenderne cura, vedere che si adattano all’ambiente e che riprendono la crescita, come se non avessero mai lasciato la loro patria natale, sarà per voi un’esperienza di grande soddisfazione…omissis…
giungla_5 Scoprire quanti e come vari sono gli habitat dove vivono le orchidee è molto emozionante. Osservare dall’alto, da un aeroplano, le grandi foreste umide e nebbiose, o, ancor meglio, da una grande vallata, farà comprendere appieno il significato del nome con cui noi le definiamo, «cloud forest» cioè foreste di nuvole. Dato che l’aria calda proveniente dal basso tende ad innalzarsi, l’umidità si condensa in una successione di nubi (cloud) che galleggiano tra gli alberi. Le chiome rotondeggianti degli alberi più alti svettano al di sopra del mare di verde formato dalle chiome degli alberi più bassi; e questo ha attribuito a queste foreste l’altro appellativo, di foreste «storied», cioè a diversi piani. Alle altitudini meno elevate i «piani» possono essere tre o quattro, vi sono cioè tre o quattro diversi livelli di altezze d’alberi; a maggiori altitudini soltanto due. Potrete scorgere questi livelli da vicino, andando in automobile attraverso la foreste, o avvicinandovi da un’area dove il bosco è stato diradato.
giungla_1 Entrate nella foresta per poterla osservare «dal di dentro». Il suolo è ricoperto da una folta massa di felci e di altre piante tolleranti dell’ombra. Aracee sono abbarbicate ai tronchi e ai rami più bassi, liane spariscono nel fogliame degli alberi e radici che sembrano corde pendono dalle piante epifite che crescono in alto. Gli immensi e massicci ceppi degli alberi più grossi sono quasi interamente rivestiti di vegetazione: ma se voi cercaste di attraversare questo mare di foglie, urtereste e inciampereste nelle loro superfici coperte di muschio.
giungla_3
Nella debole luce ogni cosa luccica per l’umidità. Non troverete che poche orchidee, o forse non ne troverete alcuna in queste fitte foreste; la maggior parte di esse vive sulle cime degli alberi, fuori dalla vista e dove è difficile raggiungerle Ma troverete orchidee che vivono più in basso, nei resti dei tronchi morti, bordi di radure, dove la luce riesce ad arrivare sino al suolo. Vi sono poi le boscaglie, formate da alberi piccoli, ricche di specie di orchidee.
Queste boscaglie si formano come seconda vegetazione, dopo disboscamenti, oppure sono dovute a speciali condizioni climatiche. Rive soleggiate e pendii ripidi che costeggiano le strade offrono alle orchidee un luogo dove potersi stabilire. E’ strano a dirsi, si tratta sempre di piante epifite, per la maggior parte, le cui radici viaggiano attraverso gli strati che coprono il suolo, senza mai penetrare nel terreno; troverete le stesse specie d’orchidee sugli alberi vicini. Ed anche in piantagioni di caffè abbandonate o in quelle di alberi da frutta: le orchidee si saranno insediate sugli alberi piccoli, provenienti dalle foreste circostanti. Talvolta avrete la fortuna di scoprire un tesoro là dove i giganti della foresta sono stati abbattuti per l’incetta di legname pregiato o per altre ragioni. Quando un grande albero cade, molte piante epifite che lo abitavano vengono distrutte e divelte dai rami, ma alcune si salvano e rimangono abbarbicate, dandovi la possibilità di raccogliere esemplari che solitamente vivono a 60, 70 metri da terra. Nell’America latina famiglie di indigeni abitano le montagne vivendo dei piccoli appezzamenti di terreno che strappano alla foresta. Dove un’area è appena stata disboscata, potrete sovente trovare piante intatte sui resti degli alberi caduti ed anche salvarne qualcuna appena danneggiata. Le piogge torrenziali dilavano molto presto i terreni esposti, così da privarli delle sostanze fertili e, di conseguenza, le famiglie sono costrette a spostarsi ogni pochi anni; queste piccole zone disboscate sono dunque piuttosto frequenti.
Talvolta la vegetazione cambia bruscamente da luogo a luogo. Un esempio classico lo si incontra quando ci si muove da una zona alta a una zona bassa; ogni poche miglia si avverte un piccolo ma sensibile cambiamento, dal freddo crudo delle regioni elevate, attraverso fasce che si fanno gradualmente sempre più calde, sino alla calda zona costiera.
giungla_2 Lungo il percorso, gli alberi si trasformano da povere piante basse e strapazzate dagli elementi atmosferici in magnifici esemplari che si fanno man mano sempre più vigorosi ed alti. Piante d’orchidee sono rare alle altitudini più elevate, si fanno più frequenti e sono presenti in più varietà nella fascia attorno ai 3000 metri, diventano numerosissime tra i 2000 e i 1000 metri e si fanno via via nuovamente più rare verso il livello del mare…
omissis …”Per buona parte dell’America latina la costa atlantica è più lussureggiante di quella pacifica, a causa dei venti dell’Atlantico, che sono umidi. Lungo una catena di montagne, potrete incontrare una foresta umida, rivestita di muschio, dal lato atlantico e pochi metri più in là, sull’altro fianco della catena, una foresta arida. Piante assai diverse abitano queste due diverse aree. La conformazione del suolo governa le correnti d’aria e le vie di scorrimento delle acque, creando in questo modo molti tipi di microclimi. Le depressioni e le paludi, le cadute d’acqua e i fiumi, le pareti rocciose attraverso le quali l’acqua filtra o quelle asciutte ed esposte al sole, ciascuna area ha la propria comunità di piante. Le zone di nebbia sono controllate dalle correnti d’aria. In un luogo la nebbia può coprire un’intera vallata ad una stessa ora esatta ogni giorno; all’una e mezzo può esserci il sole e il sereno, alle due potreste non essere in grado di vedere la strada davanti a voi. In un altro luogo la nebbia può infiltrarsi da una fessura tra i monti, dalla costa atlantica, per riversarsi sulla strada e giù verso il versante pacifico come se venisse emessa dalla bocca di un tubo, bagnando ogni cosa al suo passaggio e lasciando invece intatte le aree al di qua e al di là. Alcune regioni hanno stagioni asciutte e stagioni umide ben definite, altre soltanto stagioni con più o meno pioggia. Nelle zone dove la pioggia è scarsa per diversi mesi, ci si stupisce di come piante epifite possano sopravvivere finché non ci si rende conto che si mantengono in vita per mezzo dell’umidità contenuta nell’aria, che è molto alta…omissis
giungla_0“Nelle foreste umide, gli alberi sono ricoperti di muschi e di licheni colorati: rosa, giallo e d’argento, che si intrecciano alle radici delle epifite. In questi soffici cuscini di vegetazione le orchidee estendono le loro radici. Dopo aver osservato questo delizioso substrato dove crescono e aver avuto percezione della dolcezza dell’aria, sembra miracoloso pensare che le piante possano adattarsi a vasi di strani materiali e sopportare i cambia¬menti delle condizioni che forniamo loro artificialmente. Nelle foreste asciutte le radici sono spesso, abbarbicate alla nuda corteccia e ci fanno così comprendere come possano adattarsi alla coltura in vaso e all’ambiente della serra. Talvolta si trova una piantina che pende per una radice dal fusto di una liana o dalla radice di un’altra epifita. È evidente che deve trovare nutrimento per mezzo di sostanze che vengono dilavate dai rami superiori, ma ci si stupisce molto di come abbia potuto un povero seme rimanere in quel posticino un tempo abbastanza lungo per poterle dar vita e farla crescere senza esserne asportato! I tronchi degli alberi possono essere coperti da giovani piantine che nascono dai semi caduti piante che vivono negli strati super: Stranamente, un albero può avere decine di piante della medesima specie, mentre gli alberi vicini non averne alcuna di quella specie, ma un grande assortimento di altre forme. Vi sorprenderà e vi imbarazzerà il fatto di scoprire che ne sapete riconoscere solo pochissime… omissis…
giungla_8
…”Si sono formati comitati da parte di molte società d’orchidee, nella speranza di arrivare a stabilire un piano d’azione. Si è ritenuto di arrivare a una soluzione proibendo la raccolta di piante selvatiche, ma ciò è ben poca cosa in confronto alla devastazione portata dal di sboscamento di intere foreste. Alcuni paesi hanno proibito l’esportazione di orchidee, ma normalmente non hanno proibito la raccolta da parte dei cittadini, i quali operano la stessa distruzione degli stranieri e sovente non conoscono neppure il reale valore di una pianta. Ora, gruppi di esperti di alcuni paesi stanno lavorando nella direzione della conservazione delle specie, valorizzando i tipi d’orchidea delle loro terre.

PROCEDURE PER IMPORTARE LE ORCHIDEE
Tutte le piante che entrano nel paese devono subire un’ispezione ed essere sottoposte a un trattamento; ciò avviene per incarico dei Servizi dipendenti del Ministero dell’Agricoltura, reparto di quarantena, che esistono nei diversi uffici doganali nelle località di frontiera. Questa è una misura di protezione per voi come per il paese. Ogni giorno il personale addetto all’ispezione riscontra parassiti su piante importate, che potrebbero diventare un serio pericolo per la vegetazione, se si lasciassero entrare nel paese e se si permettesse loro di riprodursi. È molto meglio escludere nemici possibili piuttosto che combatterli, una volta che si siano insediati. Grazie a questi servizi di vigilanza, i coltivatori d’orchidee si trovano oggi a non dover più affrontare malattie e parassiti che un tempo costituivano un problema. Importare orchidee significa sia acquistarle da collezionisti che ve le spediscono, sia raccoglierle durante un viaggio in un paese straniero e poi eseguire l’invio.
Se fate un viaggio di questo genere, è nel vostro interesse spedire le piante che avete acquistato attraverso l’ufficio doganale di un posto di frontiera. Potreste programmare il vostro rientro per un posto di frontiera che vi conviene e ritirare voi stessi le piante dall’Ufficio di Quarantena. Normalmente, l’ispezione e il trattamento vengono eseguiti per il giorno successivo all’arrivo e, in questo modo, le piante arriverebbero nella vostra serra sicuramente prive di malattie.
Non è facile per voi, talvolta scoprire immediatamente la presenza di un’infezione. Alcuni insetti scavano gallerie nel rizoma o negli pseudobulbi e vi depongono le uova; anche se al momento gli insetti non sono visibili, possono svilupparsi in un secondo tempo. Gli insetti più piccoli possono celarsi nelle brattee che rivestono il rizoma o le foglie. Ed anche se vi riuscisse di far entrare le piante nel paese senza sottoporle a ispezione, potrete più tardi rimpiangere di non averlo fatto. Se vengono trovate piante nel vostro bagaglio, queste vengono confiscate. La procedura di importazione regolare è così semplice e comoda, che tutti dovrebbero trarne profitto.
La Legislazione italiana prevede che per poter importare piante di orchidee queste devono essere accompagnate, oltre che da fattura o documento che ne comprova il valore commerciale, da certificato fitopatologico rilasciato nel paese d’origine dagli Enti a ciò preposti e da una dichiarazione ufficiale rilasciata dal venditore e vidimata nel paese d’origine dalla quale risulti che le piante in oggetto non sono comprese nelle liste di specie in via di estinzione.

Ben poco rimane da aggiungere a quello che ha scritto Rebecca. Quei tempi però son finiti, ora è tutto più complicato.
La fibra d’osmunda, xaxim ed altre fibre non sono più reperibili (protette dal CITES) e quindi oggi si ricorre ad altre soluzioni: bark, sfagno, carbone, torba e materiali rocciosi vari.
L’amore con cui Rebecca Tyson ha scritto questo capitolo dedicato alle orchidee da collezione, lo rende sempre attuale e le sue raccomandazioni dovrebbero farci riflettere prima di fare acquisti con leggerezza, magari ponendoci prima, una semplice domanda: nel mio ambiente, quante probabilità di sopravvivenza ha l’orchidea che sto per acquistare? Ci sarebbero meno “funerali di orchidee” e qualche collezionista in più in giro per l’Italia.

Note:
1 – La parte del post scritta in corsivo è tratta dal libro “Le orchidee” capitolo 21 Orchidee della giungla da pag 407 a pag 423 – di Rebecca Tyson Northen – Rizzoli editore – prima edizione 1981 (purtroppo prima ed anche ultima!)
2 – Le foto del post sono state scattate nella “giungla” della mia serra.. come a dire: se non puoi andare nella giungla, fa in modo che la giungla sia vicina a te 😉

Orchidee, funghi e grigliata novembrina

002009 Domenica 3 Novembre, una di quelle giornate che vorresti cancellare dal calendario – almeno per me, che il mese di novembre non dovrebbe esistere – perché buia, uggiosa e maledettamente corta, sono andato alla ricerca di qualche “supporto psicologico” ed ecco cosa ne è venuto fuori:
– grigliata di spiedini alla brace.
– lungo il Rio Parnasso una bella famigliola di chiodini.
012 004 – sul giardino, davanti alla loggia di casa, ancora chiodini… e così la cena è garantita.
– nel nuovo prototipo di serra, ecco in fiore, la meraviglia delle meraviglie: Vanda coerulea f. rosea… oserei dire l’unico esemplare presente nelle collezioni italiane!!
Per oggi è andata bene… domani si vedrà.
Vanda coerulea f. rosea, una specie che fa diversa la tua collezione. Omaggio del grande Enzo, quella volta, ricordo che disse: “tieni un pezzo tu Guido, non si sa mai, così sono sicuro che vivrà anche dopo di me! – Mai più profetica fu la sua frase! – Enzo se nè andato da pochi giorni e lei è ancora bella e splendente a sua testimonianza.
Su esempio di Enzo, appena posso, distribuisco divisioni e piante della mia collezione a tanti appassionati.
Nb): chi desidera visitare “ORCHIDEA”, il prototipo di serra per la coltivazione amatoriale di orchidee, può farlo quando lo desidera: telefonare a 3495444568.

Dendrobium secundum… le stagioni della vita, una visita in serra

…siamo a fine Maggio, stiamo quasi per entrare nel mese di Giugno – mese splendido per antonomasia – ed invece fuori piove e fa freddo. Pioggia, a volte scrosciante e poi sottile quasi come la nebbia, si diverte a giocare con le pozzanghere disegnate sul prato ormai stagnante per essersi bevuto troppa acqua. Anch’io ho fatto una buona scorta di acqua piovana, sì, purtroppo l’acqua della mia fontana è troppo calcarea e sporca eccessivamente le piante quando è usata per far nebbia.
L’eccessivo deposito di calcio sulle foglie si è manifestato da quando ho installato l’impianto “fog”; probabilmente con le normali bagnature l’acqua che cade sulle piante scivola giù e porta con se anche le particelle di calcio, mentre con la nebulizzazione:
– l’eccessiva micronizzazione delle particelle d’acqua (pompa a 70 bar), consente loro di evaporare e di separarsi dal calcio, che cade indisturbato sopra tutto quel che trova.
– col tempo sia aumentata la quantità di calcare nella mia acqua (nell’ambiente degli esperti in trattamento acque si dice che nelle falde freatiche della pianura Padana sia notevolmente aumentata la presenza di sostanze calcaree), ma non dispongo di prove documentate in questo senso.
Bene, fatta la dovuta digressione tecnica, torniamo a “bomba”, fuori continua a piovere… ma dentro nella serra non piove ed allora facciamoci un bel giro, ci sono delle belle fioriture da vedere.

Dendrobium secundum… le stagioni della vita
Ecco la prima piacevole sorpresa. Osservando la foto a sinistra, che mostra un bellissimo esemplare (particolare) di Dendrobium secundum in fiore, si può cogliere il senso della vita, o meglio le stagioni della vita: l’inizio, l’epoca dell’amore e della fertilità e la fine, il tutto è la parodia della vita.
Osservate bene, vedrete i keiki (le orchidee da bambine), nuova vita nuove piccole piante, poi sarete piacevolmente
rapiti dalla delicatezza dei piccoli e numerosi fiori degli steli, ed infine, poco più in su, un vecchio stelo fiorale secco, ormai senza scopo se non quello di ammonire: nelle stagioni passate ammiravi me – sembra dire – ed ora sono cosa brutta da eliminare, ma nel mio paese dove vivo in natura, nessuno mi butta via… rimango al mio posto a ricordare le stagioni della vita.

Bando alla nostalgia… proseguiamo la visita.

Vanda tessellata………………… Stanhopea trigrina………………….. Dendrobium secundum

Cattleya violacea Dendrobium bullenianum sin. topaziacumCoelogyne pandurata
Appuntamento alla prossima visita, con soggetto a richiesta…se volete 😉

Feeling… storie con passione


Il freddo sta giungendo da nord e questa notte le temperature sono scese sotto lo zero termico. Brutta notizia per i “poveri” collezionisti amatoriali di orchidee esotiche. Brutta notizia anche per me, purtroppo!! I costi di mantenimento della mia collezione, in questi ultimi anni sono saliti in forma esponenziale, tanto da costringermi a ridurre drasticamente le temperature notturne e diurne della serra (300 metri quadri da riscaldare).
La prima azione che ho attivato questa mattina, dopo il caffè ovviamente, è stata quella di controllare la situazione in serra. Erano da poco passate le otto ore ed in serra il termometro segnava 11° come da programma, di lì ad un’ora il termostato avrebbe commutato sui 15° e non uno in più. Questo è quello che le mie finanze si possono permettere, il resto lo deve fare il sole… pare che le piante, pur di rimanere con me, accettino la situazione. Paradossalmente qualche pianta sta addirittura meglio.
Alle otto del mattino era ancora freddo fuori, l’erba del giardino era tutta dipinta di bianco dalla brina; la prima brinata della stagione. Dentro in serra si stava un po’ meglio, qualche raggio di sole ancora basso all’orizzonte riusciva già a penetrare attraverso i vetri, e andava ad illuminare un manipolo di piante fra le quali Phalaenopsis leuchorroda (vedi foto a sinistra) abbarbicata ad una parete della serra. Con le sue radici così tenacemente attaccate ai ruvidi blocchi di cemento, quella pianta sembrava volesse invitarmi a raccontare la sua storia.
Tutte le orchidee della mia collezione custodiscono la loro storia, a volte piacevole, in certi casi intrigante, oppure amara, proviamo a ricordarne qualcuna.
Phalaenopsis leuchorroda , sì iniziamo proprio da lei.

Ambienti di vita
Non ricordo la sua provenienza, son trascorsi molti anni dal suo arrivo in serra, inizialmente viveva in un piccolo vaso di plastica e prosperava senza problemi, poi, una bagnatura sbagliata e la complicità della presenza di qualche ferita sul colletto, diede il via ad una batteriosi, che in breve tempo distrusse la pianta.
Della pianta rimase solamente il fusto con una foglia ingiallita, non trovai il coraggio di eliminarla, la spostai in un posto più protetto e soprattutto più controllabile a vista, appoggiata al muro per l’appunto. Restò un anno senza produrre nuove vegetazioni, poi, lateralmente al fusto principale, apparve il primo germoglio e crebbe la prima nuova foglia, la stagione successiva spuntò la seconda foglia, ma due punture di qualche ospite indesiderato infettarono la nuova foglia. Questa volta, l’infezione fu prontamente bloccata eliminando le parti aggredite.
Quest’anno è spuntata una nuova grande foglia accompagnata da un esteso e vigoroso apparato radicale; segnale che tutto va bene…ora attendiamo i fiori.

Il Dendrobium della signora Aung
Il collezionista di orchidee, spesso riceve qualche pianta, magari da amici al ritorno da viaggi in paesi esotici, oppure da orchidofili stanchi e delusi.
E’ capitato anche a me e l’orchidea abbarbicata al muro della mia serra (foto a sinistra) vi racconterà una bella storia di amicizia fraterna… ricordo benissimo il suo arrivo…eravamo nel 2002 quando Toni e Francesca, carissimi amici di famiglia, mi portarono un bel regalino.

Toni e Francesca… il calore dell’amicizia
Toni e Francesca, turisti di qualità – i loro viaggi sono sempre finalizzati alla conoscenza delle culture dei paesi visitati. All’inizio del 2000 programmarono di visitare la Birmania (ora Myanmar).
Durante quel viaggio, Toni e Francesca, visitando un piccolo villaggio sulla strada per Rangon videro un improbabile mercatino di fiori e altre povere cose. Ricordandosi della mia passione per le orchidee, si avvicinarono ad una bancherella per chiedere se ci fossero delle piante di orchidea da acquistare.
Le loro conoscenze orchidofile erano nulle, pertanto si fidarono della Signora Aung (nome dell’esile donna che gestiva la bancherella) e ne acquistarono qualcuna.
La donna chiese 10 dollari USA e rimase molto sorpresa nel vedere i miei amici pagare senza mercanteggiare il prezzo chiesto per quelle poche orchidee acquistate sulla strada che porta a Rangon.
Si sentì tremendamente in colpa la Signora Aung – come mai questi signori non ribattono il prezzo – pensò la donna, vedendo i miei amici allontanarsi dopo aver ringraziato e pagato i 10 dollari richiesti senza discutere – lo fanno tutti i turisti europei – mormorò dentro di sé e per attirare la loro attenzione gridò in inglese – a moment please – e con un inequivocabile cenno del braccio richiamò indietro i miei amici per donargli altre orchidee di varia dimensione e specie, fra queste anche dei piccoli fusti facilmente riconducibili al genere Dendrobium.
Eravamo nell’estate del 2002 e fu così che questa orchidea giunse nella mia serra dalla Birmania.
Sistemai i piccoli fusti su una zatterina che appesi al muro. La pianta colonizzò gran parte del muro e crebbe presto a dismisura, i fusti si allungarono e nella primavera del 2009 mostrarono la loro prima fioritura, che ci permise la sua classificazione botanica: Dendrobium Pulchellum.
Preso dalla gioia ebbi il coraggio di staccare le radici dal muro per portare la pianta all’esposizione di Cattolica… fu la prima e l’unica volta.

Continua… nel prossimo post altre storie: La vedova bianca ed il suo P. rothschildianum sbranato dai cani.