Nel mese di luglio del 2015 scrivevo sul blog: “Quel vecchio capitello di Pero sta crollando. Le poche testimonianze storiche e culturali ancora presenti (seppur ingabbiate da ingiustificabili edifici privati) sta crollando sotto l’incuria ed il peso del tempo. Questo è il capitello (o quel che ne rimane), che un tempo segnava l’incrocio ora chiamato Piazza Cesare Battisti a Pero.
E’ una strana storia quella che vede questa edificazione votiva, probabilmente eretta dopo il mille dai frati benedettini, dimenticata da Dio e dalla gente di Pero. Non sta a me vedere il problema sotto l’aspetto fideistico, io sono laico, o meglio “credente agnostico”, quello che mi angoscia e mi rende triste è verificare come siamo cambiati in peggio. In quei luoghi, ora abbandonati e vuoti, non più di 60 anni fa, pulsava il paese vivo, fatto di momenti di vita semplice e condivisa. Il capitello era posto al limite della riva destra della strada che giungeva da Breda, il Rio Parnasso passava a sud lambendo il caseggiato che fungeva da osteria e drogheria. Il corso d’acqua, allora costeggiava la riva sinistra di un’nica via di comunicazione, che attraversava l’abitato composto da qualche casa con tetto di canne palustri e tre più strutturate, resiudi della presenza benedettina, più qualche casa padronale pur sempre di fattura minimale, e conduceva alla Chiesa di S. Giovanni, ubicata ad ovest del paese: Pero di sopra lo chiamavano allora, per distiguerlo da Pero di sotto, più basso e paludoso. Ed è proprio per bonificare la parte centrale del paese attraversata dal Rio Parnasso, carica di paludi e risogive, che sul finire del dicianovesimo secolo, il suo corso fu portato più a sud (più in alto) dando così forma all’attuale via Silvio Pellico, allora denominata Via levada (elevata, per l’appunto). Il mio ricordo più intenso va al 1950, quando in occasione dell’anno santo la Madonna Pellegrina, giunse nel suo pellegrinare anche a Pero, i giovani del paese, (ai miei occhi di bambino di 6 anni), forti e coraggiosi, salirono fino in cima a due platani secolari altissimi, posti ai lati del capitello, per collocare due stelle illuminate da lampadine elettriche, aventi lo scopo simbolico di indicare la via alla processione della Madonna. Poca cosa, si dirà, ma se lasciamo andare anche quel poco che rimane, si estingue tutto di noi. Spero che le istituzioni locali mi leggano, non fosse altro per evitare che questo mio grido di dolore venga spazzato via dal vento dell’oblio.
Il miracolo. Le istituzioni locali non diedero segni di vita e quel capitello sembrava destinato a sparire, ma avenne un miracolo. Nel 2019 la proprietà dell’intero immobile, già osteria, ristorante e ipermercato, cambiò di mano. Il nuovo propietario conosceva a fondo la storia di quei luoghi. La conoscva per essere nato a pochi metri e per aver vissuto la sua infanzia tra quelle mura e quelle strade. Si percepiva che quella testimonianza del nostro comune passato, non sarebbe andata distrutta e fu salvata. Il capitello violentato e nascosto per anni fra le macerie di magazzini vari, fu riportato all’antico splendore dei tempi andati.
Furono rimessi a dimora perfino i due platani che tanti ricordi facevano rimbalzare nelle nostre menti. Sì nelle nostre menti perchè ci sono storie di comune infanzia fra me e Baccini Gisulfo (Nino o Nineto per gli amici d’infanzia), il nuovo propietario che volle il restauro ed il recupero di questa significativa testimonianza del nostro passato. Ora Nineto non è più fra noi, il destino se l’è portato via sul finire del 2019. Ebbe appena il tempo di sedersi su una delle due panchine, per pensare, chissà, forse per godersi momenti di vita andata, o semplicemente per riposare. Grazie Nino.
Grazie, nel mio piccolo cerco di salvare la nostra storia.
Grazie, bella testimonianza di ciò che sta succedendo un po’ in tutta Italia ai giorni nostri…
Speriamo che questi posticini vengano nuovamente valorizzati.