Bulbophyllum lobbiiLindley, Edwards’s Bot. Reg. 33: t. 29 (1847) appartiene alla sezione Sestochilos[Breda] Bentham & Hkr. 1883
Il nome gli fu dato inonore di Thomas Lobb (1811 – 1894) botanico e collezionista inglese di orchidee del sud-est asiatico nelle nurseries di Veitch, la pianta fu scoperta dallo stesso Lobb nell’isola di Java nel 1846.
Morfologia e distribuzione E’ una pianta epifita unifoliata originaria del Borneo, Assam, Tailandia, Myanmar, Laos, Cambogia e Malesia pennisolare attraverso l’Indonesia, ad altitudini che vanno dai 700 ai 2.000 m., nelle foreste montuose, cresce sui tronchi e sui rami principali degli alberi. Il fiore emana un tenue profumo speziato. La pianta, che si sviluppa lungo un rizoma, è costituita da bulbi carnosi, leggermente piriformi del diametro di circa 2,5 cm. che sorreggono un’unica grande foglia (dai 15 cm.).L’infiorescenza si sviluppa dal rizoma sotto l’ultimo pseudobulbo maturo, quindi appena sotto il penultimo, raggiungendo un’altezza di circa 20 cm. e porta un’unico grande fiore di medio-grandi dimensioni (l. 6,5 x h. 8 x p. 3,5 cm.) che può avere caratteristiche cromatiche diverse.
Il fiore pare attirare l’insetto pronubo più con il movimento del labello che con i colori, la parte frontale di petali e sepali (come si evince dalle fotografie) è rigata, mentre la parte posteriore del sepalo dorsale è anche densamente puntinata di macchioline marroni.
Nemaconiastriata , (Lindl.) Van den Berg, Salazar & Soto Arenas 2007
GenereNemaconia
Nemaconia Knowles & Westc. Flor. Cab. ii.(1838). Etimologia del nome di genere: dal greco nema atos (filamento) e akon, onotos (dardo o lancia) in riferimento alle foglie lineari ed estremamente lanceolate. E’ un genere di orchidee generalmente epifite, imparentato con Helleriella, Isochilus e Ponera, con cui forma la piccola sottotribù delle Ponerinae, collocata nella tribù Epidendreae. Queste piante sono caratterizzate da steli a forma di canna, foglie strette e allungate, oltre ad avere fiori relativamente piccoli, radici spesse e carnose specializzate per immagazzinare i nutrienti al posto degli steli.
Il genere Nemaconia nasce dalla descrizione di N. graminifolia, specie che per le sue caratteristiche simili a Ponera è stata considerata parte di questo genere e trattata per molti anni come Ponera graminifolia. Nota:Ponera è un genere botanico proposto e descrtto da John Lindley, pubblicato in The Genera and Species of Orchidaceous Plants 1113–114. 1831, basandosi sulla descrizione della specie Ponera juncifolia. Il nome del genere è in riferimento al fatto che i fiori di questa specie sono molto piccoli rispetto alle dimensioni delle piante. Fritz Hamer scrive nel suo libro The Orchids of El Salvador: “Il botanico inglese John Lindley nominò il genere Ponera nel 1831 e lo basò sulla parola greca poneros = miserabile, buono a nulla, molto probabilmente perché il i fiori nella maggior parte delle specie sono piccoli e poco appariscenti”.
Studi postumi sul DNA hanno mostrato che diverse specie di Ponera erano imparentate con P. graminifolia e formavano un gruppo più legato ad essa che alle altre specie di Ponera. Per questi motivi furono formalmente trasferite nel genere Nemaconia, nel 2007 da studiosi capeggiati dal botanico Miguel Angel Soto Arenas. Nota: Miguel Ángel Soto Arenas (1963-2009) grande botanico e orchidologo messicano, tragicamente assassinato durante un tentativo di furto del suo camion a casa sua, in Messico, il 27 agosto 2009.
Specie trasferite nel nuovo genere Nemaconia; Poneradressleriana Soto Arenas (1990), Ponera esilia Dressler (1968), Ponera glomerata Correll (1941), Ponera graminifolia (Knowles & Westc.) Lindl. (1839), Ponera Juncifolia Lindl. (1831) – specie tipo – Ponera longipetala Correll (1941), Ponera pellita Rchb.f. (1880), Ponera striata Lindl. (1842)
Nemanconia striata; pianta di taglia media o grande, senza pseudobulbi. Morfologicamente si pesenta con lunghi steli dotati di foglie caduche che producono infiorescenza terminale su un lungo stelo. I sepali e il piede della colonna formano un mento. Il fiore produce quattro masse polliniche. Specie endemica nella foresta atlantica sud-orientale del Brasile, nonché in Messico, Belize, Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua, Costa Rica, Panama, Colombia, Ecuador, Bolivia e Venezuela nelle foreste tropicali di pianura, foreste pluviali e savane. Orchidea epifita, richiede temperature da calde a fresche. A volte litofita su scogliere calcaree. Forma fusti sottili, frondosi verso l’apice e sottesi da guaine fogliari verrucose. Fiorisce in autunno su un’infiorescenza solitaria o fascicolata.
Polystachya pubescens è originaria del Sud Africa. Questa specie vegeta bene nelle fosse di arenaria, sia nelle depressioni poco profonde dove si raccolgono i resti di foglie e terra decomposte, ma anche sugli alberi dove possono essere completamente esposte al sole.
Polystachya pubescens chiamata anche Polystachya dai capelli fini, Dendrorchis pubescens, Epiphora pubescens, Lissochilus sylvaticus, Polystachya lindleyana, è una specie descritta da Heinrich Gustav Reichenbach nel 1863.
IDENTIFICARE LA POLISTACHIA PUBESCENS
Specie endemica nelle coste vicino a Port Elizabeth, nella provincia orientale di Cape, fino a Durban nel Natal, nel nord. Inoltre, si trova anche nelle foreste dell’entroterra, ad altitudini di 900 m, dallo Swaziland a Louis Trichard nel Transvaal settentrionale.
Si tratta di una specie epifita o talvolta litofita di piccole dimensioni, a crescita da fredda a fredda, che raggiunge un’altezza di 10-16 cm, con pseudobulbi raggruppati, strettamente conico-piriformi, alti 2-6 cm e larghi 1,0-1,5 cm, portanti da 2 a 3 Foglie apicali, ligulate, inegualmente bilobate apicalmente, lunghe 5-10 cm e larghe 1,0-2,3 cm, articolate alle guaine fogliari basali.
Polystachya dai capelli fini fiorisce su un’infiorescenza eretta, apicale, lunga 24 cm, racemosa, pubescente, con 7-12 fiori, che è più lunga delle foglie, che sorge su uno pseudobulbo maturo, con fiori che si aprono. I fiori si aprono gradualmente nell’arco di diversi mesi, ma di solito sull’infiorescenza ci sono fiori aperti contemporaneamente. I fiori hanno un diametro di circa 2 cm e sono così invertiti che il petalo dorsale è rivolto verso il basso. Sono di colore giallo dorato brillante e il labello e la metà inferiore dei petali esterni presentano strisce rosse o rosso-marroni contrastanti.
Coltivazione
La temperatura media del giorno estivo è di 25-26°C, della notte 18-19°C, che dà una differenza giornaliera di 7°C. La temperatura media del giorno invernale è di 21°C, della notte 9-11°C , dando una differenza giornaliera di 10-11 ° C.
Umidità:
La Polystachya a pelo fine necessita di un’umidità del 70-75% per gran parte dell’anno, che scende quasi al 65% per 2-3 mesi invernali.
Substrato:
Polystachya pubescens viene solitamente coltivata in piccoli vasi o cestini pieni di terriccio sciolto, che si asciuga rapidamente e che trattiene una certa umidità dopo l’irrigazione. Molti coltivatori utilizzano con successo miscele a base di corteccia. Queste piante possono anche essere coltivate saldamente attaccate alle zattere di felci arboree. Se le piante sono su zattere o cestini, è necessario garantire un’elevata umidità e in estate annaffiare almeno una volta al giorno. In caso di clima eccezionalmente caldo e secco, potrebbe essere necessario annaffiare più volte al giorno. Il rinvaso, il montaggio o la divisione dovrebbero essere effettuati quando le nuove radici iniziano a crescere.
Fertilizzante:
Si consiglia di applicare settimanalmente una dose di 1/4-1/2 di fertilizzante per orchidee. equilibrato o ad alto contenuto di azoto dalla primavera a metà estate e poi un fertilizzante ad alto contenuto di fosforo fino all’autunno.
Periodo di riposo:
In inverno, la quantità di acqua per la Polystachya pubescens dovrebbe essere ridotta e consentire loro di asciugarsi leggermente tra un’annaffiatura e l’altra. Tuttavia, non possono rimanere senza acqua per un periodo più lungo. L’occasionale nebulizzazione mattutina tra un’annaffiatura e l’altra dovrebbe proteggere le piante dall’eccessiva disidratazione.
Eravamo sul finire degli anni 60 e per noi giovani, l’appellativo 2001 simboleggiava il nostro futuro, radioso e lontano nel tempo. Era il tempo dei Beatles, Rolling Stone, e Bob Dylan cantava Blowin in the Wind, la generazione nata dopo la seconda guerra mondiale cercava di uscire dal torpore della politica dominante, vitalità che si materializzava attraverso varie forme di partecipazione sociale e culturale. Era il periodo del fermento e della utopia, in Italia e nel mondo. Era il tempo delle guerre americane nel sud est asiatico: Corea, Vietnam, ed altri focolai minori. Il mondo era fatto a blocchi, quello americano dalla nostra parte e quello sovietico a ricordarci l’eredità della seconda guerra mondiale.
Blowin in the wind – Bob Dylan
…” quante strade deve percorrere un uomo prima che si possa chiamare uomo? e quante spiagge deve vedere una colomba bianca prima di potersi riposare nella sabbia e quante volte devono volare le palle di cannone prima che vengano cancellate? la risposta, amico mio, sta soffiando nel vento… la risposta sta soffiando nel vento”…
Vietnam anno zero – Olio su tela 80×70 – Autore Guido De Vidi.
L’impegno sociale Il circolo Giovani 2001 fu una fucina di idee, di cenacoli artistici, e di impegno sociale. I temi ed i problemi sociali di quel periodo storico, trovavano anche spazio nelle rappresntazioni dell’arte figurativa. La foto sopra, ferma il dramma di quel periodo (la guerra in Vietnam), magistralmente impressionata in un quadro ad olio. Il set della politica mondiale a quel tempo era catalizzato dalla disastrosa avventura della guerra americana in Vietnam e di lì a poco in Italia, si sarebbero materializzati anche gli anni del terrorismo nero e rosso. Il mio piccolo paese, amministrato da sempre dalla DC, assisteva indenne al nostro “purtroppo” vano impegno giovanile per il cambiamento della politica. Trovammo comunque asilo nello spazio metafisico dell’arte e della cultura ed è così che iniziò quella virtuosa e prolifica pagina della nostra gioventù, che fra l’altro ci mise anche al riparo dalla ondata utopica che portò molte vite all’autodistruzione.
Il genere Pabstiella Brieger & Senghas comprende circa un centinaio, di specie per lo più sudamericane, la maggior parte limitata alle foreste atlantiche di Brasile sud-orientale.