Aranda Happy Beauty, C.Y.Mok 1978 (RHS)
Ibrido ottenuto incrociando Aranda Christine × Vanda Bonanza.
Il nome del cultivar rappresentato nelle foto è coltivato nella collezione rio Parnasso con il nome: Aranda Happy Beauty ‘Rosetta’
Sapevi che le orchidee rosa rappresentano il simbolo dell’amore, dell’innocenza e dell’affetto?


Le orchidee Aranda sono ibridi tra i generi Arachnis e Vanda, che combinano le migliori caratteristiche di ciascuna per consistenza, colore e forma. L’orchidea Vanda fornisce il colore e la forma, e l’Arachnis contribuisce con petali sottili e ricurvi e una crescita rapida.
Substrato di coltura: scegli un mix di bark grossolano, in gran parte pezzi di corteccia e un po’ di muschio di sfagno. Garantisci un perfetto drenaggio e un buon flusso d’aria intorno alla pianta.
Manutenzione: assicura temperature mai al di sotto di 18°C. Annaffia e nebulizza regolarmente e concima ogni due settimane con fertilizzanti ecquilibrati. Bagna giornalmente durante l’estate e 2-3 volte a settimana in inverno. La pianta beneficia anche di fog nebulizzato ogni giorno.
Ricordi oltre le orchidee.
Il secolo breve era finito da qualche mese e noi dell’Associazione Trieneta Amatori Orchidee, eravamo alle prese con l’organizzazione della seconda edizione di PordenoneOrchidea, quella del padiglione giallo.
Eravamo tutti un po’ più giovani, sia come età ma anche come collezionisti di orchidee. Organizzare grandi spazi espositivi è stata un’impresa improba ma pienamente riuscita grazie anche la collaborazione del garden Flover di Bssolengo (VR).
In quel tempo, l’ATAO era guidata dal compianto Enzo Cantagalli di Pieris, grande figura del collezionismo orchidofilo italiano, forse uno dei primi coltivatori amatoriali del nord – est, sicuramente un grande maestro di vita, al quale tutti abbiamo attinto consigli e bei momenti di socializzazione.
La scenografia dell’esposizione del 2000 prendeva corpo con fatica, a quei tempi erano poche le orchidee coltivate nelle serre amatoriali del Triveneto, fra le quali spiccava per perfezione quella del Dr. Cantagalli, semi interrata e vagamente di stile Vittoriano, stipata di orchidee. Ancor oggi rimane vivo lo stupore che provai quando Enzo si presentò in fiera con le sue piante da esporre, fra le quali spiccava per eccellenza un esemplare di Dendrobium cobbiaum in piena fioritura.
Fu premiata e ammirata, quella pianta, ma dopo andò in crisi e a distanza di qualche anno il nostro Presidente mi regalò una divisione che coltivo tutt’ora con passione e i vari cultivar nati nel frattempo in onore del suo coltivatore ancestrale li ho battezzati con il suo nome: Dendrochilum cobbianum ‘ENZO’.
Nelle foto: Miltonia phymatochila, fioritura – collezione rio Parnasso – le orchidee di Guido.
Oncidium phymatochilum, Phymatochilum brasiliense, Oncidium oppure Miltonia? Per ora Miltonia.

Osservando gli steli fiorali di questa specie, è veramente difficile stabilire il suo genere di appartenenza.
Di questo problema se ne sono accorti anche vari tassonomi e botanici.
Ad esedmpio Eric A. Christenson colloca questa orchidea addirittura in un nuovo genere monotipo; la notizia è apparsa su Richardiana (rivista trimestrale francofona edita dall’associazione Tropicalia) Vol V – n°4, ottobre 2005, pagine 194 – 196.-
Eterne storie di disquisizioni tassonomiche che mettono in crisi coltivatori e collezionisti amatoriali, sempre in lotta con i nomi delle loro orchidee.
Vediamo di ricostruire il percorso storico di questa specie.
La storia
Siamo nella prima metà del 1800, periodo fecondo per la scoperta di nuove specie di orchidee. E’ il tempo durante il quale, vari raccoglitori in loco, inviano agli erbari europei grandi quantità di materiale vegetale e molte nuove specie di orchidee. Purtroppo, capita spesso che la confusione prenda il sopravvento: certe descrizioni di quel periodo sono ancora da chiarire sui loro luoghi di provenienza, ad esempio, la specie che stiamo analizzando, John Lindley la ricevette, sia da Loddiges, che dal reverendo Clowes appassionato orchidofilo di Liverpool. John Lindley, forse per l’incertezza dei luoghi di provenienza, in quell’occasione non lasciò traccia di descrizioni delle piante inviate da Loddiges, mentre nel 1847, descrisse il materiale del reverendo Clowes ed in suo onore assegnò alla nuova specie il nome: Miltonia clowesii, rinominandola l’anno successivo, Oncidium phymatochilum, in riferimento alle pronunciate carenature del labello dei suoi fiori.
Prima descrizione e registrazione:
Oncidium phymatochilum Lindl. Gard. Chron. (1848) 139. (basionimo della specie)
La specie rimane con questo nome fino a quando la biochimica inizia ad avvalersi del DNA delle piante per approfondire la loro struttra molecolare. Ed è così che nel 2001, Norris Williams e Mark Chase spostano Oncidium phymatochilum nel genere Miltonia: Miltonia phymatochila (Lindl.) N.H.Williams & M.W.Chase Lindleyana 16(4): 284 (2001).
Nella pubblicazione di trasferimento di genere, Norris Williams e Mark Chase hanno evidenziarono la dominannza di uno stretto rapporto genetico con il genere Miltonia, nonostante le evidenti differenze morfologiche. Il mondo della tassonomia ufficiale rimase molto sorpreso di questa pubblicazione e sin da subito si insinuò il dubbio se fosse valsa la pena di costituire un nuovo genere mono specie. Nel 2005, Eric Christenson, con la sua pubblicazione su Richardiana 5(4): 195. 2005, colloca questa spece in un nuovo genere e gli assegana il nome: Phymatochilum brasiliense. Va precisato che ad oggi non vi è generale consenso (respinto dal Kew) su questo nome.
Riassumendo: questa specie non è più compresa nel genere Oncidium in quanto è più affine ai generi Miltonia, Aspasia, Brassia e Ada, i più importanti della sottotribù Oncidiinae, tribù Cymbidieae.
A me piacerebbe il nome assegnato da Christenson, ma ad oggi il nome accettato è: Miltonia phymatochila.
Descrizione
Specie epifita a sviluppo simpodiale (cespitosa). E’ endemica in Messico, Guatemala e in vari Stati del Brasile nelle zone alte della Foresta Atlantica: Rio de Janeiro, São Paulo, Espírito Santo, Minas Gerais e Pernambuco. Cresce nelle foreste ben ventilate da 600 a 1300 metri di altitudine, preferisce vivere sui rami spessi degli alberi, ma con luce poco filtrata.
L’origine del nome di specie deriva dalle vistose “pustole” coriacee ed evidenti, cresciute alla base del labello. E’ un’orchidea da clima caldo, con pseudobulbi fusiformi, appiattiti, foderati alla base e con un’unica grade foglia apicale lanceolata di colore rossastro. Questa bellissima specie fiorisce in primavera e produce lunghi steli fiorali penduli, ramificati, con numerosi fiori dal labello bianco, petali e sepali fasciati di colore verde e marrone.

Coelogyne flaccida: Questa specie è diffusa, tra gli amanti di questo genere, forse di più della Coelogyne cristata con la quale condivide le cure per la coltivazione; cresce nelle foreste pluviali nella fascia Nord dell’area continentale ad altitudini che vanno dai 900 ai 2000 metri.

Produce una grande quantità di fiori come si può ammirare nella foto, a fine Inverno, inizio Primavera. I fiori cerosi color crema sono generalmete una decina infiorescenza e si aprono simultaneamente.

Molti testi indicano i fiori come profumati; in realtà l’odore forte e penetrante che essi producono è assai simile all’urina di cavallo, tanto che rende impossibile tenere in casa questa specie quando è in fioritura.

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