Collezione di orchidee… non basta la parola

Le varie foto del post rappresentano due specie in coltivazione nella collezione rio Parnasso fioritura 30.11.2016 – nella foto in evidenza: Acampe praemorsa

Si passeggiava fra le orchidee della mia collezione, insieme ad un’amica orchidofila, ad un certo momento lei esordì:
“Guido, quando una coltivazione di orchidee può essere definita collezione”– non riuscii subito a rispondere, anzi, non risposi proprio e la domanda rimase nell’aria finché ci fermammo davanti ad un grande esemplare di Acampe carico di minuscole infiorescenze maculate e poco appariscenti.
020La pianta a sviluppo monopodiale, si era da tempo abbarbicata con le sue grosse radici, fra le maglie del pannello ‘cooling’ di raffrescamento della serra, colonizzandolo in tutta la sua dimensione. Ed è stato così che mi venne l’ispirazione per la risposta della quale era debitrice la mia amica: “Vedi Anne, prima mi chiedevi quale fosse la sottile differenza fra coltivazione e collezione di orchidee, guarda questa pianta, ricordo quando mi fu donata una piccola divisione e ormai vive da vari anni in serra, ma i suoi piccoli fiori, insignificanti, e la sua morfologia invasiva ed ingestibile, non la rende particolarmente desiderabile al grande pubblico, ecco Anne, quando in una coltivazione trovano ospitalità anche esemplari, seppur non pregiati, ma carichi di storia, quella è una collezione”

Con questo prologo a metà fra il sentimentale e l’ouverture, abbiamo fatto buon gioco per iniziare a raccontare qualcosa su questo genere di orchidee.

Il genere
Acampe Lindley 1853 Sottofamiglia Epidendroideae, Tribù Vandeae, Sottotribù Aeridinae.
Acampe è un genere composto da circa 7 specie epifite, a sviluppoi monopodiale, distribuite dall’Africa tropicale, India, Cina, sud est Malesia, Indonesia, Filippine, fino alla Nuova Guinea.

Le specie:
Acampe carinata (India e Himalaya-Hainan).
Acampe cephalotes (Assam)
Acampe ochracea (India in E. Himalaya e Indocina)
Acampe pachyglossa (S. Somalia, S. Africa, W. Oceano Indiano).
Acampe praemorsa (India, Sri Lanka).
Acampe rigida (Trop. & Subtrop. Asia, Nuova Guinea).
Acampe thailandica (Tailandia).

Specie tipo: Acampe rigida [Buch.- Ham. ex J.E.Smith]P.F. Hunt 1970
Sinonimo: Acampe multiflora [Lindley]Lindley 1853
Il nome Acampe deriva dalla parola Greca akamptos, che significa “rigido”, riferendosi ai piccoli fiori, fragili e turgidi.
Piante a crescita molto lenta, di medie dimensioni, in natura formano grandi masse vegetative con spesse foglie laterali e distiche.
img_0233Le varie specie del genere Acampe producono corte infiorescenze dotate di piccoli fiori fragranti, gialli con striature marroni; sia i petali che i sepali sono molto fragili e simili fra loro.
Il labello a forma di sacco è bianco, orlato con marcature rosse alla sua base. La colonna carnosa è corta e contiene due masse polliniche cerose.
Queste orchidee a causa delle loro grandi dimensioni e dei piccoli fiori sono coltivate raramente.

img_0231Forse la specie più presente nelle collezioni è conosciuta come Acampe papillosa, però questo nome è accreditato incidentalmente, quello accettato è altresì Acampe praemorsa, ecco alcune notizie su questa specie:

Acampe praemorsa (Roxb.) Blatt. & McCann, J. Bombay Nat. Hist. Soc. 35: 495 (1932).
Sinonimi:
Acampe papillosa Lindl., Fol. Orchid. 4: 2 (1853), nom. illeg.
Saccolabium papillosum Lindl., Edwards’s Bot. Reg. 18: t. 1552 (1833), nom. illeg.
Rhynchostylis papillosa Heynh., Alph. Aufz. Gew. 2: 594 (1846), nom. illeg.
Gastrochilus papillosus Kuntze, Revis. Gen. Pl. 2: 661 (1891), nom. illeg.

Orchidea epifita, monopodiale, può essere trovata lungo la fascia Himalayana fino al Vietnam nelle foreste di latifoglia ad altitudini di 700 – 800 metri. In alcuni luoghi è anche nota come orchidea tigre, probabilmente a causa del fatto che i petali hanno marcature simili alle strisce rosso brillante prominente della tigre.
Acampe papillosa predilige climi caldi ed umidi: le condizioni colturali sono simili a quelle delle Vanda.
Pianta di dimensioni consistenti, fiorisce in autunno formando pannicoli compatti di piccoli fiori fragranti, labello bianco, petali e sepali color ocra pallida maculati di porpora.

A riguardo del nome di specie va registrata una nota riportata in “Taxon, Vol. 34, No. 4 (Nov., 1985), pp. 688-690
doi:10.2307/1222216”
in cui si scrive: Acampe papillosa Lindley, nom. illeg. (Orchidaceae)
G. Panigrahi
Riassunto delle motivazioni:
“Acampe papillosa Lindley is an illegitimate name for A. praemorsa (Roxb.) Blatt. and McCann and A. carinata (Griff.), comb. nov. based on Saccolabium carinatum Griff. is proposed for A. papillosa auctt. non Lindley. Incidentally, A. multiflora (Lindl.) Lindl. is treated as conspecific with A. rigida (Smith) P. F. Hunt, in conformity with J. D. Hooker (1890), Seidenfaden (1977) and Jayaweera (1981).”

Cattleya gaskelliana: regina di giugno


Cattleya gaskelliana non è piaciuta subito, alla prima asta di Londra, il suo venditore non realizzò i guadagni che immaginava.
Fra appassionati orchidofili spesso si usa andare con il pensiero ai bei tempi delle continue scoperte di nuove orchidee (fine diciannovesimo secolo) nella Londra delle case d’asta dove vari importatori di orchidee mettevano in vendita interi lotti o nuove specie di orchidee appena giunte da oltre oceano. Più che spazi commerciali, le case d’asta erano delle vere e proprie esposizioni di orchidee fiorite, visitabili da chiunque ne fosse interessato.
007 Cattleya gaskelliana Rchb.f 1883
Quell’ambiente, a metà fra l’interesse per usi commerciali e la spasmodica compulsione del possesso di nuove specie di orchidee, è stato il set che ha visto apparire per la prima volta in Europa, Cattleya gaskelliana

Di quei tempi la Stevens’ Rooms, ubicata al n° 38 di King Street Covent Garden, era una delle case d’asta più importanti di Londra. JC Stevens si forniva di orchidee dall’importatore Frederick Sander. Eravamo agli inizi del 1883 quando alla Stevens’ Rooms, Sander inviò una nuova specie di Cattleya scoperta dal raccoglitore Seidl. Il nomne C.gaskelliana fu dato da Sander, in onore del suo buon cliente, Holbrook Gaskell, di Woolton – Liverpool – titolare di una delle più belle collezioni di orchidee nel nord dell’Inghilterra.

La nuova specie fu messa all’asta un Giovedì della prima settimana di marzo 1883. In quell’occasione il pubblico poteva ammirare due fiori recisi dal vivo e la pianta in fioritura. La nuova specie appare sul Gardeners’ Chronicle il 10 Marzo 1883, la settimana dopo l’asta, e la recensione è buona: rispetto alle specie già note C. mendelii, C. gigas e C. warneri, Cattleya gaskelliana mostra significative novità.
Per altro, già nel Gardeners’ Chronicle del 24 Febbraio 1883, HG Reichenbach diede notizia, con un breve commento su un fiore inviatogli da Frederick Sander.

Pur con la buona pubblicità, l’asta non diede i frutti sperati su questa nuova specie: i potenziali acquirenti non erano del tutto convinti che si trattasse di una nuova specie.
Ed è così che Cattleya gaskelliana rimase semi sconosciuta e poco ricercata dai collezionisti inglesi, al punto che non è nemmeno citata nel Gardeners’ Chronicle di gennaio 1884, quale nuovo vegetale importato nel 1883.

Tuttavia, il riscatto di Cattleya gaskelliana non tarda ad arrivare, con le prime fioriture, molti coltivatori di orchidee da fiore reciso si accorgono di una caratteristica importante della nuova specie di Cattleya: il periodo della sua fioritura.

Va ricordato che quelli erano i tempi in cui i grandi fiori di Cattleya andavano per la maggiore, soprattutto come fiori recisi, ed era indispensabile averne a disposizione tutti i mesi dell’anno. Il ciclo di fioritura delle specie fino ad allora conosciute, lasciava un buco da metà maggio a inizio Giugno e Cattleya gaskelliana fiorisce proprio in quel lasso di tempo.
Bastò questo particolare per dar grande valore alla specie, fino ad allora considerata alla stregua del brutto anatroccolo, presto l’interesse per la sua coltivazione aumentò considerevolmente, tanto da vederla presente in tutte le collezioni europee.
La Royal Horticultural Society ha assegnato a C. gaskelliana 3 FCC e 6 AM.

Descrizione della specie
Cattleya gaskelliana è originaria del Venezuela, dove cresce come epifita e/o litofita da 2.300 a 3.300 metri sul livello del mare nella parte orientale della costiera montuosa, la Cordillera de la Costa. E’ endemica in tre province del Venezuela, nord-est Anzuategui, nel sud Sucre, e nel nord Monagas. I suoi habitat naturali variano da tropicali, foreste pluviali umide, alle zone un po’ più secche dove riesce a vivere sulle rocce, quasi in pieno sole. Purtroppo, le raccolte indiscriminate di un tempo hanno portato la specie quasi all’estinzione e in alcuni areali non è più così abbondante come era una volta.

La maggior parte delle forme di C. gaskelliana sono di colore lavanda chiaro con il labello leggermente più scuro che spesso ha una macchia viola e gola gialla oro al centro. Ci sono anche Cattleya gaskelliana forma semi alba, e forma coerulea come la caratteristica ‘Blue Dragon’. Cattleya gaskelliana ha contribuito in modo significativo alla creazione di ibridi “blu”, a cominciare dalla famosa Cattleya Ariel ‘coerulae’ fatta da Sir Jeremiah Coleman nel 1915. Senza C. gaskelliana, non ci sarebbe stata alcuna Cattleya Suzanne Hye e nessuna Cattleya Bow Bells. Cattleya Bow Bells è un incrocio tra un ibrido primario di C. gaskelliana, Cattleya Suzanne Hye (gaskelliana alba x mossiae alba) e Cattleya Edithiae. Cattleya Edithiae è un incrocio tra la stessa C. gaskelliana e Cattleya trianaei, quindi c’è un sacco di C. gaskelliana in C. Bow Bells. L’American Orchid Society ha assegnatoi due premi a cloni alba di C. gaskelliana: ‘White Magic Key’, HCC/AOS, e ‘patrimonio White’, AM/AOS.

Coltivazione
C. gaskelliana è una pianta molto facile da coltivare, può essere tenuta in vaso oppure su zattera. Inizia il suo nuovo sviluppo nel mese di febbraio e lo termina a metà maggio. Le annaffiature vanno fatte con parsimonia nella fase iniziale dello sviluppo, per essere poi aumentate fino alla maturazione. Nel limite del possibile è utile che il substrato asciughi fra le annaffiature.
A differenza di Cattleya mossiae e Cattleya trianaei, che riposano un paio di mesi prima della fioritura, Cattleya gaskellianafiorisce subito dopo la maturazione dei nuovi pseudobulbi. Come la maggior parte di altre specie del genere, C. gaskelliana richiede molto sole e aria per crescere e fiorire bene.
Cattleya gaskelliana normalmente produce da tre a cinque fiori. Dopo la fioritura primaria, a volte c’è una seconda fioritura a distanza di alcuni giorni.

Xylobium variegatum

Il Genere
Xylobium Lindley 1825
Genere pubblicato in Bot.Reg,. 11 (1825) , sub t. 897 .
Sottofamiglia: Vandoideae
Tribu: Maxillarieae
Sottotribù: Bifrenariinae
Genere: Xylobium
Etimologia del nome: dal greco xylon, legname o ceppo; bios, vita

Questo genere comprende circa 25 specie epifite e/o terrestri. Le varie specie sono distribuite dal Messico al sud est del Brasile ad altitudini comprese fra i 600 ed i 2300 metri; la maggior parte si trova nella regione andina. Le specie producono steli fiorali basali dotati di molti fiori di vario colore a seconda della specie (dal colore crema al viola screziato).
Il genere è caratterizzato da pseudobulbi allungati dotati di tre foglie terminali.
L’infiorescenza è basale, produce grappoli di fiori di piccola o media dimensione, con petali e sepali di uguali misure, labello trilobato e una colonna cilindrica senza ali con base prominente. Il fiore ha quattro masse polliniche .
A sinistra (foto di Carlo Zaldini) si vede l’insetto impollinatore che trasporta i pollinia di un fiore di Xylobium appena visitato.
Le orchidee di questo genere sono assai graziose anche senza fiori e per questo decisamente consigliate anche ai coltivatori casalinghi. Il genere Xylobium è alleato con il genere Lycaste.

Descrizione della specie: Xylobium variegatum.
Pur essendo una specie di facile coltivazione, a causa dei suoi fiori relativamente piccoli e dello spazio che occupa (la sua struttura morfologica ricorda da vicino quella del genere Stanhopea), non è facile trovarla nelle collezioni di orchidee.
Volendo spezzare una lancia in favore di questa specie inusuale, va sottolineata la sua propensione ad essere sempre fiorita: praticamente in ogni periodo dell’anno c’è sempre una o più infiorescenze in fiore.
Un esemplare di questa specie è in coltivazione nell’Orto Botanico dell’Università degli studi di Firenze sin dal 1889.

015Xylobium variegatum (Ruiz & Pav.) Garay & Dunst., Venez. Orchids Ill. 2: 342 (1961).
Sinonimi:
Maxillaria variegata Ruiz & Pav., Syst. Veg. Fl. Peruv. Chil.: 222 (1798).
Dendrobium variegatum (Ruiz & Pav.) Pers., Syn. Pl. 2: 524 (1807).
Dendrobium carnosum C.Presl, Reliq. Haenk. 1: 102 (1826).
Cyrtopera scabrilinguis Lindl., Gen. Sp. Orchid. Pl.: 189 (1833).
Maxillaria supina Poepp. & Endl., Nov. Gen. Sp. Pl. 1: 39 (1836).
Xylobium houttei Jacob-Makoy ex Mutel, Mém. Soc. Hist. Nat. Strasbourg 3(1): 16 (1840).
Maxillaria scabrilinguis Lindl., Edwards’s Bot. Reg. 30(Misc.): 71 (1844).
Xylobium scabrilingue (Lindl.) Rolfe ex Gentil, Pl. Cult. Serres Jard. Bot. Brux.: 194 (1907).
Xylobium supinum (Poepp. & Endl.) Schltr., Orchis 7: 24 (1913).
Xylobium carnosum (C.Presl) Schltr., Repert. Spec. Nov. Regni Veg. Beih. 9: 160 (1921).
Xylobium variegatum, originariamente descritto come Maxillaria variegata Ruiz & Pavón è la specie tipo. Il nome di genere deriva dal greco xylon, legno, e bios, vita, a indicare il suo fusto legnoso.
Etimologia del nome di specie fa riferimento alla irregolarità e variabilità dei fiori.
013Specie epifita da clima temperato fresco. Vive nelle foreste umide in Costa Rica, Suriname, Venezuela (Azoàtegui, Aragua, Carabobo, Miranda), Colombia, Ecuador (Los Rios, Napo, Tungurahua), Perù, Bolivia (Pasco, Oxapampa), Bolivia (Cochabamba, Ayopaya, Santa Cruz), Brasile (Bahia), ad altitudini di 600 – 1800 m.
Produce steli fiorali basali di 10-15 cm. portanti da 10 a 20 fiori (1,5 x 1,5 cm.) color crema con la punta estrema del labello spruzzato di marrone.
014 A causa delle infiorescenze basali e relativamente corte, i fiori si notano con difficoltà, ma durano oltre 20 giorni in buono stato.

Xylobium variegatum può essere coltivato sia in vaso con composto organico molto drenante oppure anche su cestello sospeso. Bagnature regolari con un leggero rallentamento nella stagione fredda, luce soffusa e fertilizzazioni ogni due settimane.

Eulophia streptopetala

Da un po’ di tempo sono entrate nelle collezioni varie specie di Cypripedium. Fra i collezionisti di orchidee è diventata quasi una mania o meglio, uno status symbol. Ora la tecnologia della semina asimbiotica si è affinata e qualche produttore propone nei mercati queste orchidee con buon successo. I collezionisti, soprattutto quelli senza serra o, paradossalmente, alle prime armi, sono attratti perché questo tipo di coltivazione da loro l’impressione di una certa facilità. Con quali risultati non si sa, non ci sono statistiche e magari, come spesso capita, il mondo dell’orchidofilia è assai reticente nel mettere in pubblico le sconfitte.
Il collezionismo delle orchidee terricole però è vasto, e non sempre i venditori riescono a soddisfarlo.

Con questo post desidero spezzare una lancia in favore di una specie africana, dai fiori molto affascinanti e poco presente nelle collezioni: Eulophia streptopetala.

Eulophia streptopetala Lindley 1828
Sinonimi: Lissochilus krebsii Rchb. f. 1847. Eulophia paivaeana, Summerhayes 1953. Lissochilus krebsii Rchb.f 1847. Lissochilus paivaeanus Rchb. f. 1865. Lissochilus streptopetalus, Lindley 1833.

La specie
Specie terricola a sviluppo simpodiale endemica in Africa tropicale, da est verso sud e verso ovest ad altitudini che vanno da 100 a 2500 metri sul livello el mare. Cresce nei boschi e nei prati, in terreni ben drenati, ma umidi ed esposti ad un po’ di sole filtrato.
Il ceppo vegetativo è strutturato da pseudobulbi a foglia caduca, alti anche più di 7 cm., da foglie che possono arrivare ai 30 cm.di altezza, e da fiori di un colore giallo pallido su steli alti fino a 90 cm.

Gli pseudobulbi sono ben sviluppati e quasi del tutto fuori terra. Le grandi foglie lanceolate sono dotate di nervature e durante la fase della fioritura non sono ancora completamente sviluppate. Le infiorescenze portano molti fiori rivolti verso il basso; sepali giallo-verde con macchie viola sulla parte esterna, più marcate all’interno; petali giallo brillante esternamente e giallo crema internamente. Il labello è giallo con i lobi laterali viola e lo sperone rosso porpora.
In coltivazione la fioritura inizia a tarda primavera e continua per diversi mesi. I fiori sono di circa 2 cm. di diametro.

Pare che nello Swaziland (Sudafrica) questa orchidea sia utilizzata come medicina per non meglio precisate cure delle malattie infantili.

Qualche nota sul genere Eulophia
E’ un genere terrestre, occasionalmente epifita e/o litofita. Una piccola minoranza (ad esempio Eulophia petersii) si è evoluta per sopravvivere in climi desertici.
Lo stelo fiorale si forma lateralmente su un pseudobulbo o dalla base di una protuberanza basale (a volte solo un nodo del rizoma). Foglie e steli fioriti sono su germogli separati; nel genere Eulophia gli pseudobulbi sono una rarità. Le foglie sono quasi sempre plicate e latifoglie. Le infiorescenze nascono dalla base del rizoma o pseudobulbo, a volte a breve distanza dalla nuova vegetazione. Fiori si aprono in successione o sequenzialmente.
I petali quasi uguali ai sepali, nella migliore delle ipotesi un po’ più ampi.

Note storiche
La prima descrizione è stata fatta su una pianta coltivata nel South Lambeth (Londra), dove era giunta a William Griffin (appassionato collezionista di piante bulbose) dal Capo di Buona Speranza e dalle Indie Orientali, insieme ad altri bulbi.
Inizialmente a quella pianta fu assegnato il nome di Griffinia. I riferimenti della vita di William Griffin sono scarsi, nella sua collezione di bulbose, i tuberi di orchidee arrivavano quasi per caso, gli interessi vegetali di Griffin erano generalisti e spaziavano in tutto il panorama delle bulbose, ma quella pianta fiorita nel 1821 colpì enormemente Robert Brown , botanico che si recava spesso da Griffin.
Brown non aveva dimesichezza con la tassonomia, gli studi tassonomici erano un ricordo della sua età giovanile e rimase molto perplesso nel descrivere quella bella orchidea fiorita. Egli ravvisò una stretta somiglianza con qualche specie del Sud Africa e con altre provenienti dalle Indie (Limodorum e Cymbidium ), per questo pensò di poter collocare questa specie nel genere Lissochilus, ma successivi approfondimenti suggerirono che, sia Cymbidium giganteum SW. 1799 (ora Eulophia speciosa ) e Limodorum virens (ora Eulophia epidendraea) non potevano far parte di quel genere, e pertanto si decise di costituire ex novo un genere per raccogliere queste specie.

Queste osservazioni furono perfezionate l’anno dopo da Lindley, che costituì il genere Eulophia, nome suggerito dallo stesso Brown, introducendo anche una seconda specie (Eulophia guineensis) come tipo di genere.
Eulophia guineensis proveniente dalla Sierra Leone, fu introdotta nella collezione di George Don.
Lindley, pur notando che il labello non presentava cresta molto prominente, decise comunque di collocarla nel nuovo genere evocato da Brown. Giova ricordare che Eulophia deriva dal greco eu, che significa “bene”, e lephos, che significa “pennacchio” o “cresta “. In tale fase Lindley incluse nel nuovo genere anche Lissochilus speciosum , come Eulophia speciosa. Il vecchio genere Lissochilusfu poi completamente abbandonato.

Coltivazione
Come evidenziato nella presentazione iniziale, il genere Eulophia non è molto presente nelle coltivazioni, forse solamente una decina di soecie. Le più ricercate sono Eulophia guineensis,e Eulophia petersii che viene spesso coltivata anche dagli appassionati delle piante succulente. Chissà qual’è il motivo della scarsa presenza nelle collezioni, forse sarà causato dalla letteratura che le considera specie di difficile coltivazione.

A grandi linee le Eulophia africane mostrano ampi parallelismi con il genere Disa e sono state collocate in 4 gruppi di coltivazione.

1 – Specie con riposo invernale e periodo estivo piovoso – un grande gruppo che comprende la maggior parte del genere e fa riferimento alle specie endemiche nelle praterie secche – queste piante, nella fase di sviluppo estivo, chiedono luce solare diretta e sarà cura del coltivatore proteggere le radici da indebite bruciature delle radici. Richiedono un periodo di riposo ben preciso dall’autunno alla primavera durante il quale il terreno deve essere mantenuto asciutto le bagnature possono iniziare in primavera appena si formano i nuovi germogli e proseguirà fino nella stagione autunnale quando la pianta lascia cadere le foglie, con la precauzione di concedere una breve asciugatura del composto fra le bagnature. Le temperature durante la dormienza possono scendere fino a 5°C – 10°C mentre nella fase estiva le temperature ideali sono 25° – 30°C diurni e 10°C – 15°C notturni.

2 – Specie endemiche nei prati umidi confinanti con i boschi – la sostanziale differenza con le specie delle praterie secche è la loro necessità di vivere all’ombra e di non lasciare asciugare il composto durante la fase attiva della pianta, per il resto vale quanto scritto sopra.

3 – Specie endemiche nelle foreste – molto meno esigenti delle altre specie e rientrano nello standard medio della coltivazione delle orchidee tropicali. Bagnature regolari senza lasciare asciugare il composto, durante la crescita attiva da primavera all’autunno con temperature da serra intermedia 25°C diurni e 10°C notturni. In inverno sono dormienti come le altre specie del genere.

4 – Specie endemiche in zone con piogge sia estive che invernali – un gruppo molto piccolo di 3 specie: Eulophia aculeata subsp. aculeata, Eulophia litoralis e Eulophia tabularis . In natura queste specie rimangono con la base umida anche durante il periodo della dormienza invernale. In coltivazione è bene porre molta attenzione per evitare marcescenze, si consiglia di tenere il substrao (non asciutto, non bagnato) e di adottare le linee guida del gruppo endemico nelle praterie umide.

Le specie asiatiche ed americane di Eulophia sono più facili da coltivare perché rientrano nei cannoni classici delle orchidee esotiche.
Come si è visto il genere Eulophia è tutto da scoprire, si vedono poco nelle esposizioni e conseguentemente anche le piante con premi AOS sono poche, forse solamente una trentina.
Esiste solo un ibrido intergenerico: Euclades ‘Saint Leger’ (Oeceoclades cordylinophylla x Eulophia guineensis), ed è stato registrato da Vacherot & Lecoufle in Francia.

Encyclia: un genere in continua evoluzione tassonomica

L’intento di questo articolo, era quello di descrivere una piccola pianta cartellinata come Encyclia lancifolia, fiorita in questi giorni nella mia serra. Eccola, la presento subito – foto si intende – sì solo foto, senza nomi e cognomi perchè, dopo qualche consultazione mi son perso in una selva intricata dalla quale ho faticato molto a districarmi. Forse non sono nemmeno riuscito a cogliere compiutamente l’attuale situazione tassonomica del grande gruppo a cui appartiene questa specie… proviamoci insieme.

Nel 1700 tutte le orchidee che vivevano sugli alberi erano Epidendrum
Agli inizi della classificazione binomiale, tutte le orchidee epifite allora conosciute erano classificate con il nome generico (Carolus Linneaus 1763).
Nel tempo, il genere Epidendrum diventò un contenitore tassonomico (oltre 1100 specie) troppo grande e poco omogeneo; in esso erano raggruppate una miriade di orchidee epifite, comprese anche le attuali Cattleya, Laelia.
Con la continua scoperta di nuove specie di orchidee, i botanici, per riordinare tassonomicamente il genere Epidendrum, dovettero dar vita a nuovi gruppi, nuovi generi, sottogeneri e via dicendo.

Nasce il genere Encyclia.
Il genere Encyclia fu costituito nel 1828 dal botanico inglese Sir William Jackson Hooker, con la descrizione di (Encyclia viridiflora.)
Sir William Jackson Hooker, per individuare le orchidee da includere nel nuovo genere, prese come riferimento la forma del labello del fiore. In questo nuovo genere furono raggruppate le specie i cui lobi laterali del labello formavano un cerchio attorno alla colonna centrale. Questa evidente peculiarità morfologica suggerì, per l’appunto, il nome Encyclia, termine derivato dalla parola greca enkykleomai “circondare”.
Alcune specie di Encyclia producono grandi fiori, mentre in altre sono più piccoli e meno appariscenti, ma quasi tutte danno vita a fiori profumati.
Altra caratteristica tipica di molte specie del genere Encyclia è quella di puntare verso l’alto il labello dei fiori.
Le specie del genere Encyclia sono originarie dell’America tropicale e delle Indie Occidentali, ma crescono anche in Messico e in Sud America. Nel loro habitat naturale, queste piante crescono su alberi ed arbusti, e preferiscono climi con evidenti stagioni umide e secche. Alcune specie sono litofite, ma la maggior parte sono epifite.

Riordino del genere Encyclia
Con il trascorrere del tempo e con la scoperta di nuove specie, il genere Encyclia diventa a sua volta un contenitore troppo grande e soprattutto troppo incoerente morfologicamente.
Tuttavia, dobbiamo aspettare fino al 1961 per registrare le prime ristrutturazioni del genere Encyclia, con Dressler che lo suddivide in due sezioni: Encydia e Osmophytum.
Successivamente, Dressler (1971) rivisita ancora strutturandolo in sei sezioni e tre sottogeneri.
Pabst, Moutinho, e Pinto (1981) trasferisce due taxa in Encyclia sez. Hormidium.
Dressler eleva a genere il gruppo Hormidium, includendovi il taxon (Encylia sez. Euchile) Lindl. ex Heynh.
Pabst, Moutinho, e Pinto (1981) trasferisce il taxon (Encydia sez. Osmophytum) in Anacheilium.
Come si può evincere, la situazione tassonomica del genere Encyclia si va sempre più complicando senza, per altro, portare risultati esaustivi.
Proprio per evidenziare la confusione sopra descritta, riepiloghiamo i tentativi: Brieger Nel 1960, separa un gruppo di specie già presenti nel genere Encyclia e le subordina al genere Hormidium. Nel 1961 Dressler considera i generi Encyclia e Hormidium completamente subordinati. Nel 1981 Pabst, Moutinho, Pinto rimescolano alcune di queste specie, nei generi Anacheilium Hormidium. Nel 1993 Dressler li trasferisce di nuovo in Encyclia. Nel 1998 Higgins rivoluziona l’intero l’impianto tassonomico e ripropone il genere Prosthechea. Nel 2002 e 2004, altri studi confermeranno la validità del lavoro di Higgins.

Omogeneità filogenetica
In buona sostanza, Higgins osserva che il genere Encyclia, pur strutturano in tre sottogeneri: Osmophytum, Encyclia, Dinema, mostra grossi limiti di omogeneità filogenetica. Per dimostrare le sue teorie si avvale di nuovi supporti scientifici (DNA) che gli consentono finalmente di “guardare dentro” alla struttura biologica delle piante. Per la scienza tassonomica è una rivoluzione.

Prima separazione
Nel Maggio del 1987, sulla rivista “Phytologia” Vol. 82 n° 5 viene pubblicato il lavoro di Wesley E. Higgins “A reconsideration of the genus Prosthechea”

Nel novembre 1998 Wesley E. Higgins separa – dal genere Encyclia – tutte le specie del sottogenere Osmophytum ed assegna loro, il vecchio nome generico Prosthechea, creato nel 1838 da Knowles & Wascott (P. glauca)
Prosthechea Knowlcs & Westc., Florida. Cab. 2:111. 1838.
Distribuzione: Dal Messico meridionale alla Florida e in tutta l’America tropicale.
Specie tipo: Prosthechea glauca Knowles & Westc. 1838
Sinonimi:
Epithecia Knowles & Westc. 1838
Hormidium Lindl. ex Heynh. 1841
Anacheilium Hoffmanns. 1842
Epicladium Small 1913
Euchile (Dressler & G.E. Pollard) Withner 1998
Pseudencyclia Chiron & V.P. Castro 2003
Panarica Withner & P.A. Harding 2004
Pollardia Withner & P.A. Harding 2004
Questo genere comprende ora, oltre 120 specie, endemiche nelle foreste pluviali fino ad altitudini di 3000 metri.
Etimologia: dal Greco prostheke (appendice), in riferimento alla appendice
di tessuto nella parte posteriore della colonna di Prosthechea glauca (Schultes & Pease 1963).
Pseudobulbi fusiformi, spesso appiattiti. Foglie 1-5, sottili. Infiorescenze scapose o sessili, spesso con una spata prominente. Fiori di solito non resupinati.
Labello a forma di cucchiaio. Colonna di solito gibbosa, senza ali, collegata al tappo antera da un sottile lembo di tessuto. Tutte le specie sono a sviluppo simpodiale con rizomi lunghi (da 1 a 8 cm a seconda della specie) tra gli pseudobulbi. Le radici e le foglie sono sottili, di colore verde chiaro, tenere e temono la luce diretta del sole. Come nelle Cattleya, sulla cima egli pseudobulbi si formano delle spate dalle quali appaiono le infiorescenze corte e non ramificate. Il labello non è lobato.

Genere Prosthechea: la genesi
Come si è già citato, il genere Prosthechea è stato creato da Knowles e Westcott (1838) per includere solo la specie P. glauca. Questo nome creò sin da subito delle perplessità. Knowles e Westcott, analizzando la lista dei nomi generici già registrati “in Index Kewensis”, scoprirono che il nome Prosthechea assomigliava troppo a Prosthesia Blume (Violaceae), già pubblicato nel (1826) e per questo, l’anno seguente (1839) lo cambiarono con il nome generico di Epithecia (The Floral cabinet and magazine of exotic botany, Volume 2).
Confusione sulla confusione, qualche anno più tardi, John Lindley, senza notare che c’era già Epidendrum glaucum subordinato al genere Dichaea, subordinò Prosthechea glauca al genere Epidendrum, trasformandolo in un omonimo valido. Schlechter, successivamente, scambiando una specie per un’altra restaurò il genere Epithecia ed erroneamente lo legò al genere Dichaea, che in realtà non aveva nulla in comune con questo genere.
A causa di questa confusione iniziale, il genere Prosthechea rimase nell’oscurità fino al 1997, quando Wesley Higgins, sulla base di studi di filogenesi, pubblicò la sua recensione:

Wesley E. Higgins rescuscita il nome dormiente
Come si è scritto nel precedente capitolo, le pubblicazioni di Knowles e Westcott rimasero tranquille per più di 150 anni con la loro unica specie P. glauca, finchè W. E. Higgins, (1997[1998]). “A reconsideration of the genus Prosthechea (Orchidaceae)”. Phytologia 82: 370–383 non riprese in considerazione quel vecchio nome di genere, anzi, entrambi i nomi, Epithecia e Prosthechea.
Dal momento che Prosthechea non è un omonimo di Prosthesia, dato che il primo nome era stato pubblicato validamente, W. E. Higgins ebbe buoni motivi per considerare valida la prima pubblicazione del 1838 di Knowles e Westcott (ICBN, 2000), ed illeggittima la seconda: Epithecia (nomen illegitimum).

Viaggio tassonomico del genere Prosthechea
Nel 1839 Lindley costituisce la sezione Osmophytum per piante con fiori profumati e la lega al genere Epidendrum Successivamente, Lindley (1840) trasferisce P. glauca in Epidendrum sottogenere Osmophytum, che assume così il nome di Epidendrum glaucum (Knowles & Westcott) Lindley, mentre Epithecia glauca Knowles & Westcott ne diventa sinonimo. Questa combinazione è (nomen illegitimum) in quanto esiste già un omonimo Epidendrum glaucum Sw., seppur trasferito nel genere Dichaea da Lindley stesso. Nella pubblicazione Folia Orchidaceae (1853), Lindley pose Epidendrum glaucum (Knowles & Westcott) Lindley in Epidendrum sottogenere Encyclium, sezione Sarcochila, e non come precedentemente classificati in Epidendrum sottogenere Osmophytum.
Prosthechea glauca è stata successivamente trasferita nel genere Encyclia come E. glauca (Knowles & Westcott) Dressler & Pollard (1971) ; Encyclia sottogenere Osmophytum (Lindley) Dressler.

Studi scientifici sul DNA
Questa sistemazione tassonomica perde valore con l’inizio degli studi sistematici (determinazione della struttura secondaria dello spaziatore interno trascritto (ITS) che separa le regioni nucleari geni RNA ribosomiale), che evidenziano varie incoerenze morfologiche e monofiletiche del genere Encyclia.
Sul finire degli anni 90 del secolo scorso si arriva alla conclusione morfologica che la Encyclia sottogenere Osmophytum dovrebbe essere elevata a livello generico, perché queste specie sono gemelle del clade Cattleya, Laelia e non di Encyclia sottogenere Encyclia.

Scelta del nome
Poiché il più antico nome generico disponibile, già usato in questo clade è Prosthechea, secondo il ICBN, questo nome ha avuto la priorità.

Le specie
* Prosthechea abbreviata (Schltr.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea aemula (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea alagoensis (Pabst) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea allemanii (Barb.Rodr.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea allemanoides (Hoehne) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea aloisii (Schltr.) Dodson & Hágsater (1999).
* Prosthechea apuahuensis (Mansf.) Van den Berg (2001).
* Prosthechea arminii (Rchb.f.) Withner & P.A.Harding (2004).
* Prosthechea baculus (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea barbozae Pupulin (2004).
* Prosthechea bennettii (Christenson) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea bicamerata (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea boothiana (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea brachiata (A.Rich. & Galeotti) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea brachychila (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea brassavolae (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea bulbosa (Vell.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea caetensis (Bicalho) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea calamaria (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea campos-portoi (Pabst) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea campylostalix (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea carrii V.P.Castro & Campacci (2001).
* Prosthechea chacaoensis (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea chondylobulbon (A.Rich. & Galeotti) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea christyana (Rchb.f.) Garay & Withner (2001).
* Prosthechea cochleata (L.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
o Prosthechea cochleata var. cochleata.
o Prosthechea cochleata var. triandra (Ames) Hágsater (2002).
* Prosthechea concolor (Lex.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea cretacea (Dressler & G.E.Pollard) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea elisae Chiron & V.P.Castro (2003).
* Prosthechea faresiana (Bicalho) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea farfanii Christenson (2002).
* Prosthechea fausta (Rchb.f. ex Cogn.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea favoris (Rchb.f.) Salazar & Soto Arenas (2001).
* Prosthechea fortunae (Dressler) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea fragrans (Sw.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea garciana (Garay & Dunst.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea ghiesbreghtiana (A.Rich. & Galeotti) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea gilbertoi (Garay) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea glauca Knowles & Westc. (1838).
* Prosthechea glumacea (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea grammatoglossa (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea greenwoodiana (Aguirre-Olav.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea hajekii D.E.Benn. & Christenson (2001).
* Prosthechea hartwegii (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea hastata (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea ionocentra (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea ionophlebia (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea jauana (Carnevali & I.Ramírez) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea joaquingarciana Pupulin (2001).
* Prosthechea kautzkii (Pabst) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea lambda (Linden ex Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea latro (Rchb.f. ex Cogn.) V.P.Castro & Chiron (2003).
* Prosthechea leopardina (Rchb.f.) Dodson & Hágsater (1999).
* Prosthechea lindenii (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea linkiana (Klotzsch) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea livida (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998)
* Prosthechea longipes (Rchb.f.) Chiron (2005)
* Prosthechea maculosa (Ames, F.T.Hubb. & C.Schweinf.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea magnispatha (Ames, F.T.Hubb. & C.Schweinf.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea megahybos (Schltr.) Dodson & Hágsater (1999).
* Prosthechea michuacana (Lex.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998)
* Prosthechea micropus (Rchb.f.) W.E.Higgins (2005)
*
Prosthechea moojenii (Pabst) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea mulasii Soto Arenas & L.Cerv. (2002 publ. 2003).
* Prosthechea neglecta Pupulin (2001).
* Prosthechea neurosa (Ames) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea obpiribulbon (Hágsater) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea ochracea (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea ochrantha (A.Rich.) (ined.)
* Prosthechea ortizii (Dressler) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea pamplonensis (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea panthera (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea papilio (Vell.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea pastoris (Lex.) Espejo & López-Ferr. (2000).
* Prosthechea pringlei (Rolfe) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea prismatocarpa (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea pterocarpa (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea pulcherrima (Klotzsch) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea pulchra Dodson & W.E.Higgins (2001).
* Prosthechea punctifera (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea pygmaea (Hook.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea racemifera (Dressler) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea radiata (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea regnelliana (Hoehne & Schltr.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea rhombilabia (S.Rosillo) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea rhynchophora (A.Rich. & Galeotti) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea sceptra (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea semiaptera (Hágsater) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea serrulata (Sw.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea sessiliflora (Edwall) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea silvana Cath. & V.P.Castro (2003).
* Prosthechea sima (Dressler) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea spondiada (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea suzanensis (Hoehne) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea tardiflora Mora-Ret. ex Pupulin (2001).
* Prosthechea tigrina (Linden ex Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea tripunctata (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea trulla (Rchb.f.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea vagans (Ames) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea varicosa (Bateman ex Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea vasquezii Christenson (2003).
* Prosthechea venezuelana (Schltr.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea vespa (Vell.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea vinacea Christenson (2003).
*
Prosthechea vitellina (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
* Prosthechea widgrenii (Lindl.) W.E.Higgins (1997 publ. 1998).
Prossimamente
il post continua con la seconda parte: le specie