Archivio mensile:Novembre 2004

BENVENUTO PRESIDENTE

Oggi, la Marca Trevigiana accoglie Carlo Azeglio Ciampi.
Per la prima volta un Presidente della Republica onorerà i caduti della Grande Guerra nel teatro delle sanguinose battaglie del Piave. L’isola dei morti a Moriago della Battaglia, fu il primo avamposto dell’ esercito italiano che spianò la strada per la riconquista della sponda sinistra del Piave, era il 30 ottobre 1918, questo sfondamento pagato con migliaia di morti, segnò l’inizio della Vittoria per l’unità d’Italia. Benvenuto Ciampi, vale la pena di ricordare le tragedie della guerra per aver sempre presente quanto vale la pace

Dopo tanti anni, nel silenzio di quei luoghi sacri, in primavera spuntano deliziose orchidee, ecco il racconto pubblicato in Aprile su questo sito.

ORCHIDEE PER I NOSTRI EROI
Nella notte tra il 26 ed il 27 ottobre 1918, sotto la pioggia battente, reparti di Arditi della prima Divisione d’Assalto, partendo dal Montello, attraversarono su precari ponti di barche, il Piave in piena e misero piede su un banco di sabbia, fortificato e difeso ad oltranza dagli Honvéd dell’undicesima Divisione Austroungarica. La battaglia fu cruenta e costituì una fase decisiva nel contesto della Battaglia di Vittorio Veneto che portò al vittorioso epilogo della Grande Guerra. Quel lembo di terra sabbiosa, intrisa del sangue di tanti Eroi di entrambi gli schieramenti, in seguito prese il nome eloquente di “Isola dei Morti”.
Oggi la località è stata adibita a parco e zona verde, con un cippo commemorativo, dedicato agli Arditi caduti, e l’attigua Chiesetta consacrata alla Madonna del Piave.
Nell’ambito dì una ricerca, iniziata alcuni anni fa, sulla presenza ed entità delle orchidee spontanee del Veneto ed essendomi proposta un’ indagine accurata della sponda sinistra del Fiume Sacro alla Patria, è stato per me logico ed agevole ‘approdare’ all’Isola del Morti. La zona si trova a circa due chilometri e mezzo a sud di Moriago della Battaglia su terreno erboso a substrato calcareo, formatosi dalle alluvioni del Piave. Il paesaggio vegetale è molto variabile e possiamo incontrare degli ambienti molto diversi caratterizzati all’alternanza di entità vegetali e floristiche. Dai viali realizzati a raggerà con vertice il piazzale monumentale, si passa alla pineta incolta o al boschetto di latifoglia, per imbatterci poi in aree umide e, successivamente, in prati semi aridi, dove abbondano le Stipa eriocaulis (Lino delle Fate) che localmente vengono chiamate “mamai” ed alle quali viene dedicata un’annuale festa primaverile. La ricchezza e la variabilità di questo habitat ha permesso l’evolversi di ben ventuno specie di orchidee, fatto estremamente eccezionale per un territorio, tutto sommato, abbastanza limitato.
Nei boschi ombrosi possiamo riconoscere la Neottia nidus-avis, il Limodorum abortivum, tra le poche orchidee prive di clorofilla, e la Listera ovata, volgarmente chiamata Giglio verde. Ai lati dei viali si rinvengono le Cephalatera, nelle forme tipiche Damasonium e longifolia e le comuni Platanthera chiovanta e bifoliaOphrys apifera subsp. tilaventina (foto a sinistra)
Nei prati soleggiati vegetano l’Anacamptis piramidalis, la Gymnadenia conopsea e le Orchis tridentata e coriophora. Nei radi boschetti di latifoglia troviamo l’Orchis militaris e la Dactyihoriza fucsi, qui rara, altrove molto comune, ed ai loro margini la precoce Orchis morio e le tardive Epipactìs helieborine, muelleri ed atrorubens, mentre la zona umida ospita l’Epipactis palustris.
Ophrys fuciflora (holoserica)
Ma le vere principesse di quest’insolito regno, sono le splendide Ophrys che possiamo contemplare un po’ ovunque e che ci ammaliano con le loro forme fastose e gli incantevoli colori. Così accanto all’Ophrys insectifera, detta Fior mosca per la forma del suo labello. e all’Ophrys apifera, chiamata comunemente Vesparia, incontriamo abbondantissima l’Ophrys holoserica, vera ed incontrastata star di questa sfilata di dive. All’ Isola dei Morti, riveste notevole importanza scientifica il secondo ritrovamento, in ambito mondiale, di una nuova sottospecie di Ophrys apifera, chiamata tilaventina, dall’antico nome latino del fiume Tagliamento (Tilaventum), presso cui fu rinvenuta per la prima volta, in provincia di Pordenone.
Questo esplodere incontrastato di meravigliose entità floristiche nella pace di questo luogo consacrato, potrebbe farci ipotizzare che Madre Natura abbia anch’essa voluto rendere omaggio ai nostri Caduti con quanto di meglio previsto dal suo …repertorio.

A cura di Luisa De Savi, del Gruppo naturalistico “Sperciglanus”
Previo contatto con De Vidi Guido è possibile visitare il parco verde, con guide.

FLASH

Messaggio per Michele – VENTILATORI X SERRA

Michele, chiedo scusa per il ritardo con cui leggo il tuo commento di ottobre.
Come puoi vedere, i post che scrivo, passato il mese vanno in archivio e non sempre vado a rivedere se ci sono nuovi commenti. Ho letto casualmente la tua richiesta e sono a tua disposizione.

Il tuo indirizzo di posta elettronica deve contenere errori perchè non riesco ad inoltrarti la mia posta, e quindi comunico con il sito. Se puoi, mandami una e-mail – guido.devidi@infinito.it
Per quanto riguarda la ventilazione ed aspirazione, prova a cercare da qualche rigattiere oppure nelle raccolte di ferramenta ingombrante dei Comuni: puoi trovare qualche apparecchiatura in disuso e depositata per essere riciclata che magari ha dei ventilatori da staccare. Telefonami pure per informazioni 042290870. Cordialmente Guido.

Semina delle orchidee

Semine ed incroci: dialogo con i lettori

….da un commento di Stefano, estasiato nel vedere questa bella Cattleya aclandiae.

.….”Bellissima pianta, è uno tra i primi fiori che ho visto entrando nella tua serra e sono rimasto a bocca aperta. Mentre tornato a casa era una delle piante che più mi tornava in mente e ne parlavo con Giulio. Davvero fantastica!!! Non ho parole!!! Bravo! ciao ciao. ma secondo te incrociata con la C. schilleriana (che io diverse volte ho confuso con la C. aclandiae) cosa si otterebbe? Ciao ciao.”
Cattleya aclandiae Lindl. 1840 Sottogenere Aclandia Withner 1989

Sinonimo: Epidendrum aclandiae (Lindl.) Rchb. f., Walpers Annales Botanices Systematicae 6:312,1861.
Etimologia: il nome è stato dato in onore di Lady Acland.

Leggi anche questo post.

Riprendo questo commento di Stefano per scrivere due righe su uno degli aspetti più affascinanti delle orchidee: la fecondazione e la riproduzione delle per semina.
La riproduzione delle orchidee per semina è da sempre motivo d’interesse e di mistero.
La prima domanda che ti senti rivolgere da amiche ed amici che visitano le tue orchidee, di solito è la seguente: tu hai mai creato nuovi incroci?
Il povero coltivatore amatoriale sapendo che nell’immaginario collettivo si da molta importanza alla creazione di nuove e misteriose orchidee, risponde sì, dando in tal modo importanza alla domanda del visitatore, che rimane soddisfatto di trovarsi al cospetto di un nuovo Nero Wolfe.
Noi sappiamo che le orchidee si prestano a facili manipolazioni e, se nei secoli scorsi era sicuramente affascinante riuscire a riprodurre “ex novo” ibridi artificiali, cosa rimane ai nostri giorni di quell’epopea? Oggi è ancora così affascinante e scientificamente utile, fare gli apprendisti stregoni artigianali con le ibridazioni fai da te?
A mio avviso è passato il periodo pionieristico in cui le sperimentazioni si realizzavano spartanamente, ora la scienza, la biologia e la tecnologia operano con metodologia e programmazione, pertanto, le semine improvvisate non sono più l’ambito traguardo del collezionista.
Non di rado capita di sentir raccontare da neofiti coltivatori, le stupende avventure delle loro semine e si rimane stupiti.
Ora, impollinare un fiore d’orchidea non è il massimo delle difficoltà e poi, con qualche supporto tecnologico si può anche far germogliare i semi. Prima di effettuare delle impollinazioni è sempre utile porsi la domanda: quello che sto per fare è già stato fatto da altri?
Ecco Stefano, alla tua domanda “ cosa si otterrebbe incrociando (C. aclandiae x C. schilleriana), mi verrebbe da rispondere – “nella mia collezione c’è una bella C. aclandiae, ed inoltre c’è la stupenda C. schilleriana con tanto di medaglia EOC 2000”, possiamo quindi provare”.
Il guaio è che si arriva già tardi e non soltanto a livello sperimentale, in commercio sicuramente ci saranno già dei discendenti registrati con tanto di nome e distribuiti commercialmente da anni.
Ecco qualche risultato, fra l’altro non li considero neanche migliori delle specie che li hanno generati.

Cattleya Peckhaviensis (C. aclandiae X C. schilleriana)
…”This compact growing primary hybrid bears dark glossy brown flowers with red spots and a brilliant purple lip.
C. Peckheviensis (C. schilleriana ‘JEM’ x C. aclandiae ‘JEM’)
Compact growing “black” spotted Cattleya with bronzy background and purple lips”.

Con queste mie osservazioni non intendo sminuire l’importanza di studiare e sperimentare il processo biologico della semina delle orchidee, anzi ritengo che sia utilissimo poterlo fare anche a livello amatoriale, ma con metodologia e con precisi obiettivi scientifici. Ad esempio dando vita a gruppi di ricerca sulle orchidee coltivate nelle nostre collezioni, per censire i pregi, l’origine, la qualità e vigorosità e non ultima la rarità delle varie specie. L’obiettivo primario non dovrà essere commerciale, ma essenzialmente un contributo alla riproduzione di specie in pericolo d’estinzione.
Nel nostro piccolo, Orchids Club Italia sta procedendo in questo senso.