Arthrosia hygrophila (Barb.Rodr.) Luer
Carlyle August Luer, Monogr. Syst. Bot. Missouri Bot. Gard. 105: 249. (2006).
Specie descritta nel 1877 da Barbosa Rodrigues come Pleurothallis hygrophila, più tardi, nel 1881 è stata descritta anche come Pleurothallis barbacenensis, oggi entrambi suoi sinonimi.
Anche questa specie ha attraversato tutte le riorganizzazioni della sottotribù della Pleurothallidinae. Nel 2001 fu trasferita nel genere Acianthera da Pridgeon e Chase, nome attualmente accettato dal Royal Botanic Gardens. Pochi anni più tardi (2004), Carlyle Luer la sistema nel genere Specklinia, sempre Luer nel 2006 crea il nuovo genere Arthrosia per raggruppare specie la cui caratteristica principale è legata al callo situato sulla base del labello. Questo callo è ancorato alla colonna attraverso una cavità posta alla sua base, da cui il nome di matrice greca ‘arthron’, in riferimento ai termini medici artrite e artrosi.
Arthrosia hygrophila è una pianta di piccole dimensioni a sviluppo cespitoso. Epifita, vive sugli alberi nei pressi dei corsi d’acqua permanente. E’ endemica in zone ombreggiate e umide della foresta pluviale atlantica del sud-est del Brasile ad altitudini di 1000-1300 metri e precisamente nella Provincia di Misiones nel dipartimento di San Pedro, ma è anche molto abbondante nel sud della provincia. Produce vegetazioni (fusti-foglie) alte più di 10 cm. lanceolate e rigide, a volte con pigmentazioni color vinaccia, caratteristica più evidente nelle colonie esposte a maggiore luminosità.
Produce infiorescenze racemose che si prolungano fino all’altezza delle foglie, portanti da 3 a 10 fiori traslucidi di colore verdastro-giallognolo.
L’etimologia del nomne di specie: ‘hygrophila’ è il risultato della composizione di due parole greche, ‘hygros’ (umidità) e ‘phileo’ (amare); va da se capire che questa specie ama luoghi umidi. Fiorisce in autunno.
Archivio mensile:Dicembre 2014
Orchidofili italiani in ordine sparso
Sembra quasi una maledizione, ma l’associazionismo orchidofilo italiano fatica a darsi quella dimensione, che competerebbe ad un paese importante come l’Italia.
Mio malgrado sono un po’ la memoria storica di questo stato di cose; non tanto per i miei meriti o demeriti, ma per il semplice fatto di aver frequentato attivamente l’ambiente orchidofilo italiano sin dai suoi albori.
Storia
Il collezionismo vissuto come condivisione di esperienze di studio e di conoscenza delle orchidee non ha molta storia in Italia. A differenza di altri paesi europei, l’Italia non ha vissuto l’epoca coloniale, con tutte le sua implicazioni, non da ultima la presenza organizzata di botanici e scienziati, nei paesi esotici e del nuovo mondo.
Non appartengono a noi italiani, se non marginalmente ed in epoca recente, le storie misteriose di ego e di possesso, vissute in epoca Vittoriana in altre parti del mondo.
Ed è così che, mentre in Gran Bretagna, Francia, Belgio, Spagna e Portogallo, nei secoli scorsi si viveva la febbre dell’esotico con le orchidee a farla da padrone, qui da noi ci si dava ancora da fare per completare l’unità d’Italia.
Questa “fotografia” suona da chiaro esempio anche nei nomi dei botanici e delle piante da loro scoperte, per cogliere la marginalità della scienza e della botanica italiana in quel magico momento storico.
Per questi motivi l’aspetto economico che traeva linfa dallo spasmodico e crescente interesse per le nuove essenze esotiche importate in Europa da quei lontani e misteriosi paesi, in Italia è rimasto inevitabilmente marginale, se non inesistente. Solo nel tardo diciannovesimo secolo, saranno presenti anche da noi, coltivazioni di essenze esotiche in ambiente protetto. Emblematica in tal senso è la prima serra riscaldata di Villa Albrizzi Franchetti a Preganziol (TV), ora purtroppo andata completamente in sfacelo a causa dell’incuria dell’istituzione pubblica che ne ha rilevato la proprietà.
Collezionismo e mercato
Ma per poter trovare vere e proprie collezioni di orchidee in Italia, bisogna andare alla prima metà del ventesimo secolo: la collezione Sutter in Liguria, Vittorio e Lina Necchi nel pavese (Parco del Ticino), Taglioni (Ducati Bologna), e così via fino ad arrivare agli anni 60-70 con la collezione Natali a Varese.
Ci si domanda come mai è rimasto poco o nulla di questo periodo, che avrebbe potuto essere l’inizio di un crescente impulso al collezionismo orchidofilo italiano.
Forse la risposta va cercata nell’assenza di importatori e produttori a livello professionale di orchidee in Italia: infatti le collezioni sopracitate erano alimentate da produttori stranieri Lecoufle ad esempio, oppure frutto di acquisti occasionali in occasione di viaggi degli interessati nei paesi di endemicità.
Dobbiamo aspettare la seconda metà del secolo scorso per incontrare produttori italiani di orchidee, siano esse “commerciali” o da collezione. Stessa situazione per l’associazionismo inteso come condivisione hobbistica di una passione; sarà Mario Dalla Rosa, pilota dell’Alitalia, con la grande passione per le orchidee, a fondare la prima Associazione orchidofila italiana: SIO (Società Italiana Orchidee).
Ebbe vita breve e travagliata. E’ nota la diatriba con minaccia di querele fra il fondatore Dalla Rosa e “l’aspirante orchidofilo” alla conquista dell’Associazione: Ravanello.
Il risultato di questa diatriba fu lo svilimento dell’Associazione che ondivagò per qualche anno fra le “mani” di vari venditori di orchidee fra i quali Giorgi e Corvi, per vederla poi sparire.
Sulle ceneri della SIO nacque l’AIO, associazione con visione federalista, ovvero quale espressione nazionale di più realtà locali organizzate.
L’AIO ebbe una grande intuizione: partecipare alle attività culturali ed espositive internazionali, questo per darsi una dimensione riconosciuta a livello europeo. Partecipò alle mostre ufficiali europee con poca ma qualificata disponibilità di piante. Fu un successo, tanto che ottenne l’organizzazione del Congresso europeo con relativa esposizione nel 2006 a Padova.
Per un certo periodo, l’AIO ottenne anche un discreto appoggio dai gruppi locali, ma non ci fu mai quel decollo rappresentativo dell’intera Italia, C’era poco per la verità e altrettanto poco emergeva ed è emerso: esisteva già qualche cosa in Lombardia, in Emilia e Romagna, e nel Triveneto, poi alzò la testa anche il Meridione e da ultimo il Trentino.
Purtroppo, senza una motivazione plausibile, rimane una specie di steccato fra gruppi locali e Associazione nazionale. Per cercare di rompere lo steccato e per dare più dinamismo ed operatività, si sperimenta la nuova strada della rappresentatività indipendente: L’AIO è Associazione riconosciuta internazionalmente a rappresentare l’Italia, alla quale possono aderire singoli iscritti e/o Associazioni territoriali.
Cosa funziona e cosa va male.
Potrà sembrare un paradosso, ma si può dire che l’AIO funziona perchè a distanza di anni è ancora viva e vegeta, questo non è un aspetto di poco conto, visto che quasi tutti i gruppi italiani, per non parlare dei coltivatori e degli operatori commerciali del settore, rimangono defilati o vanno in ordine sparso. D’altro canto le cose vanno male quando l’AIO è rifiutata a priori o usata solamente per mere ambizioni di parte o personali, ad esempio per i premi.
Va da se capire che in assenza di un generale ed indispensabile “feeling”, l’AIO non può acquisire prestigio, ma a soffrirne di più sono le Associazioni locali, che in mancanza di circolazione di idee vanno verso l’implosione o la sclerotizzazione periodica.
I gruppi locali che mirano allo splendido isolazionismo risultano sterili di idee ed assomigliano a “rassemblement”, sempre con gli stessi attori, vecchi o invecchiati, rinchiusi in “gabbie” invisibili, mentre lo scambio di esperienze circola liberamente su altre strade.
Nel contempo, e con senso di sollievo, va preso atto che i nuovi strumenti di comunicazione “internet e social” hanno contribuito a far nascere tante e belle collezioni di orchidee, gente giovane e dinamica che fa volare le proprie esperienze. Il futuro dell’orchidofilia italiana dovrà trovare un giusto equilibrio fra il nuovismo tecnologico, la realtà e la rappresentanza fisica in forma associata: un auspico che lancio a quanti già ci sono o che entreranno nel magico mondo delle orchidee