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Storia, scienza e cultura delle orchidee.

Saranno famosi

E’ in libreria “L’ingorgo”, ovvero la Regione mai raccontata

Ho letto “L’ingorgo” il libro scritto tutto d’un fiato dall’amico Tommaso Cerno, mi è piaciuto e desidero proporlo alla vostra attenzione.
Tommaso, giornalista e promettente narratore, insieme a Giulio ed a tante altre amiche ed amici udinesi fa anche parte di Orchids Club Italia, per questo mi concedo la licenza di questo post inusuale.
Inusuale fino ad un certo punto però. Sì perché Tommaso ha in serbo una sorpresa intrigante…che per il momento rimane segreta.
In bocca al lupo Tommaso!

Retroscena inediti di mezzo secolo di autonomia speciale del Friuli Venezia Giulia svelati da Tommaso Cerno in un libro.
“Un viaggio nei palazzi del potere, fra cene degli inganni e patti scellerati. Un viaggio fra ex Dc decaduti, forzisti rampanti, falsi autonomisti e leghisti senza scrupoli”. E’ così che Tommaso Cerno, giornalista del Messaggero Veneto, definisce il suo nuovo attesissimo libro, “L’INGORGO. Da Berzanti a Biasutti, da Cecotti e Tondo all’era di Illy.

Padri padrini e padroni della Regione autonoma” edito da Ribis
Un viaggio fra i segreti di mezzo secolo di autonomia speciale. Perché conoscere la politica della propria terra serve a conoscere meglio se stessi. Sulla base di testimonianze inedite, racconti mai svelati, retroscena dei palazzi del potere e con uno stile semplice, diretto e appassionante da cronista sul campo, Tommaso Cerno racconta in questo libro episodi lontani e vicini della storia del Friuli Venezia Giulia, la Regione che più di tutte in Italia affronta un appuntamento elettorale senza precedenti, generando un ingorgo non solo di liste e di poltrone, ma anche di idee e di progetti.

Dal fondatore della Regione Berzanti, al presidente del Terremoto Comelli, fino ai tradimenti democristiani e alla guerra ancora aperta fra Biasutti e Santuz. E poi gli anni della Lady leghista Alessandra Guerra, la prima donna a salire sul soglio presidenziale di piazza Unità, e dello scienziato Cecotti. Fino all’era di Riccardo Illy, il re triestino del caffè diventato il primo governatore eletto dal popolo del Friuli Venezia Giulia e dell’onorevole Tondo che sogna la Regione. In questo viaggio nei Palazzi, Cerno suggerisce un filo conduttore per rileggere tutti i grandi fatti della politica regionale.

Tommaso Cerno è nato a Udine nel 1975. Giornalista professionista è vice caposervizio della cronaca regionale. Si occupa di politica in Friuli Venezia Giulia dal 1993, quando all’età di diciotto anni, ha cominciato le collaborazioni con il Gazzettino. In televisione, a Tmc, ha curato con Carmine Fotia le trasmissioni “Intorno al Giallo” e “Intorno al Delitto”, occupandosi dei più grossi casi di cronaca nera del Nord-est dagli anni ’70 al mostro di Terrazzo. Rientrato da Roma dove ha studiato e collaborato con il governo italiano nel settore delle comunicazioni, nel 2001 è approdato al Messaggero Veneto, il principale quotidiano del Friuli Venezia Giulia.
Nel 2007 ha collaborato con l’inviato di Repubblica, Antonello Caporale, al libro “Impuniti. Storia di un sistema incapace, sprecone e felice” edito da Baldini&Castoldi. Dallo scorso anno cura anche un blog di politica e attualità sul sito del giornale.

Dio disse: e rete sia!

L’amico Tommaso, giovane giornalista graffiante è diventato un blogger…evviva!!
Tommaso Cerno è anche “orchidofilo di riflesso”, sì perchè condivide questa passione con Giulio, artista dal cuore sensibile, quasi evanescente.
Il fantastico mondo delle orchidee ha sollecitato la penna di Tommaso e presto potremo leggere il suo romanzo “giallo – noir”, con protagoniste le maliarde tropicali…

Tommaso presenta così il suo blog

…”L’ottavo giorno Dio disse: prendete il mondo e mettetelo in rete. Ed ecco fiorir di siti e di blog. Ma che senso ha per un giornalista e per un lettore discutere su un blog collegato al Messaggero Veneto? Che cosa vive nello spazio telematico che non viva già sulla carta? E che ruolo ha la carta nel dare vita a questa finestra virtuale? La risposta non è facile. Si tratta di strumenti di comunicazione molto diversi, che cambiano continuamente, come la società che cercano di raccontare. Quello che posso dire è cosa vorrei io che fosse questo blog. Uno spazio libero (che non significa anarchico) di discussione, dibattito e -perché no -uno spazio di sfogo e di denuncia. Un luogo aperto dove raccontare i DETTAGLI, appunto, del quotidiano. Quei dettagli che prendono vita quando il giornale ha già informato ed esaurito il suo compito di osservatore animato e cosciente che, senza bavagli per nessuno, rende pubblici i fatti su cui l´opinione pubblica forma la propria valutazione, i propri orientamenti. Quei dettagli che, partendo da aspetti minori, parlano invece della generalità del Friuli Venezia Giulia e dell´Italia, dell´Europa e del mondo intero che, proprio grazie a Internet, incrocia in ogni casa local e global e rende sempre più complesso il rapporto con il territorio in cui si vive.
Ho diviso i post che leggete in categorie. Non rigide, ovviamente.

Politica&dintorni cercherà di raccontare i retroscena delle decisioni, aprire dibattiti sui temi caldi regionali e non, discutere e approfondire quei dettagli della vita delle istituzioni che – a volte con rumore a volte in silenzio – cambiano la vita di tutti noi

Costumi&frivolezze parlerà invece di abitudini, mode, correnti e controcorrenti, gossip, risvolti curiosi della comunità in cui viviamo, dal Friuli, all´Italia, al resto del mondo

Letture&paure parlerà di libri letti e di libri invece vissuti, nel senso di storie, esperienze, angosce, fallimenti e vittorie della vita quotidiana

Ritratti&racconti ospiterà biografie apocrife, sputtanamenti vari, foto inedite (ringrazizo fin d´ora per il contributo), gaffe e vendette private

Omo&etero parlerà, infine, di sessualità, diritti, orientamenti di una società che cambia anche nel nostro Friuli e che chiede a tutti di riflettere, interrogarsi e guardarsi dentro.

Si tratta di DETTAGLI, come vedete. Niente di più

Orchidmania: storie, miti e misteri.

Sensuali e misteriose come i luoghi della loro provenienza
Storie fantasiose, passioni sfrenate, un amore febbrile, una vera e propria mania; per gran parte dell’Ottocento il vecchio continente e sopratutto l’Inghilterra, vennero travolti da un’ammirazione incontenibile per le orchidee esotiche.
Irresistibli oggetti del desiderio arrivati da ogni parte dei nuovi mondi, nei giardini e negli orti botanici europei nella seconda metà del Settecento, circondati da un alone di mistero trasformatosi in entusiasmo sfrenato di gran lunga superiore a quello suscitato un paio di secoli prima dalla “tulipano-mania”.

Fiori sensuali
Nella foto a sinistra possiamo ammirare l’Angraecum magdalenae Schltr. & H. Perrier. (1925)

In quel periodo, le orchidee tropicali sembravano fatte apposta per rispondere alla mania esotica dell’Inghilterra Vittoriana. Fiori sensuali, strani, spettacolari, grandi come mai se n’ erano visti in precedenza oppure minuscoli come preziose miniature, accesero l’immaginario della società più opulenta dell’epoca.
Le inedite fragranze dei fiori delle orchidee esotiche, estasiavano le nobildonne che nelle occasioni mondane, non esitavano ad esibire le rarità appena giunte dalle colonie.

Piante misteriose

Ad eccitare la fantasia si aggiungevano le radici delle specie epifite, che invece di nascondersi nella profondità della terra pendevano sospese nell’aria come per incanto, e poi quelle bacche piene di una misteriosa polvere impalpabile: la scoperta, in seguito, che si trattava solo di una miriade di minuscoli semi non cambiò di molto l’impressione originaria, visto che per molto tempo non si riuscì assolutamente a farli germinare.

In più, le orchidee arrivavano da luoghi dei quali si conoscevano a stento i nomi e le coordinate geografiche, un mondo che per l’Europa era ancora in gran parte da scoprire: vivevano nel cuore di giungle tropicali popolate da animali feroci, percorse da rumori sinistri, e molti erano anche fermamente convinti dell’esistenza, in quegli angoli remotissimi, di piante capaci di divorare esseri umani.
Circolavano con insistenza voci inquietanti che riferivano addirittura la presenza di orchidee carnivore: una credenza rafforzata dalla vendita, a un’asta londinese, di un Dendrobium abbarbicato a un teschio umano, una bizzarria scovata da un cacciatore di piante in una zona impervia della Nuova Guinea.

All’epoca, le orchidee esotiche se le potevano permettere soltanto gli aristocratici, nelle loro costosissime serre

All’inizio dell’Ottocento le orchidee esotiche si potevano trovare negli orti botanici oppure nelle lussuose residenze di qualche aristocratico che poteva permettersi giardinieri e serre costosissime, come ad esempio William George Spencer Cavendish, sesto duca del Devonshire, che per soddisfare una passione nata davanti a un esemplare di Oncidium papilio esposto in una mostra londinese, spedì nell’Assam, John Gibson, famoso cacciatore di orchidee dell’epoca.
Questi, risalendo il corso del Brahmaputra e dei suoi affluenti, riuscì a trovare un centinaio di specie che poi spedì nella nebbiosa residenza del duca a Chatsworth, per essere custodite nella fantastica serra costruita dal capogiardiniere, Joseph Paxton.
Un paradiso tropicale che suscitò l’ammirazione di tutti, perfino della regina Vittoria e del principe Alberto, che in una gelida serata invernale del 1843 lo visitarono in carrozza scoperta e alla luce di ben 12.000 lampade predisposte proprio per l’occasione.

Oncidium bifolium a Chiavari: un bel racconto Italiano

Storia di emigrazioni, e di orchidee

Era da tanto tempo, che sentivo parlare di grandi piante d’Oncidium coltivate all’aperto in Liguria, ma prima d’ora non avevo mai avuto modo di approfondire la notizia…sì perchè a dire il vero mi è sempre sembrata una mitizzazione più che una notizia verosimile.
E’ tutta vera, invece! L’altro ieri ho toccato con mano (come si suol dire) la mitica pianta secolare di Oncidium bifolium ed ora vi racconto la sua storia.

Fiori di Oncidium bifolium (foto sopra)

Stranamente, l’avventura Italiana dell’Oncidium bifolium è legata ai flussi migratori nel Sud America dei secoli scorsi.
In vari periodi, vaste fette della nostra popolazione hanno cercato fortuna o più semplicemente sussistenza, emigrando in diversi paesi del mondo; moltissime son le associazioni di “Italiani nel mondo”.
La Liguria e soprattutto la cittadina costiera di Chiavari, nei secoli scorsi fu anch’essa terra d’emigranti, specie nel continente sudamericano. Traccia dei movimenti migratori rimangono negli alberi genealogici dei chiavaresi e nelle molte vie dai nomi inequivocabili (Corso Buenos Aires, Corso Montevideo, Corso Valparaiso, Corso Lima…)

Chiavari, capovalle della Fontanabuona, situata nel Golfo del Tigullio è tuttora definita “la città più argentina d’Italia”. Sui quotidiani locali le notizie sui paesini dell’entroterra si trovavano spesso nella stessa pagina insieme con quelli di Buenos Aires o Valparaiso. Le strade, le piazze, gli edifici pubblici della zona portano ancora oggi nomi sudamericani, e nei circoli e nei caffè dei paesi liguri gli “americani” si riunivano per parlare spagnolo e celebrare la festa dell’Indipendenza dell’Argentina.
Gli “americani” così chiamati, erano i tanti emigranti di ritorno, sia quelli che l’”America” non l’avevano trovata, sia quei pochi, che invece avevano fatto fortuna.

Palazzo Rocca – Chiavari.
Palazzo Rocca Costaguta è un‘antica dimora gentilizia il cui nucleo originario fu commissionato dalla famiglia Costaguta a Bartolomeo Bianco fra il 1626 e il 1635.
Palazzo Costaguta, poi Grimaldi, quindi Pallavicini e infine Rocca, dal nome dell‘ultimo proprietario.
Palazzo Rocca fu costruito, come si è già scritto, nel 1629 su progetto dell’architetto Bartolomeo Bianco per conto della famiglia Costaguta; nel’700 fu più volte rimaneggiato dai nuovi proprietari, i Pallavicino e i Grimaldi, e ceduto nel 1903 a Giuseppe Rocca, un chiavarese arricchitosi in Argentina.
Annesso al palazzo omonimo, il parco Rocca (oggi pubblico) si sviluppa lungo la collina, alle spalle della villa. La prima sistemazione organica che lo riguarda risale al XVIII secolo, in occasione dell’ampliamento del palazzo verso levante ad opera dei Grimaldi; ma l’allestimento attuale – progettato dall’architetto genovese Polinice Caccia e realizzato dalla ditta Bernasconi di Cornigliano – è del 1908, e fu voluto dalla famiglia Rocca, che aveva acquistato il complesso pochi anni prima (1903).
In linea con la trasformazione del palazzo – che divenne un’abitazione alto-borghese, arredata con gusto eclettico tardo ottocentesco e dotata di illuminazione elettrica e altre innovazioni tecnologiche – i nuovi proprietari adeguarono anche la fastosa cornice verde della loro dimora ai propri gusti ed esigenze.

Le orchidee tornano con gli emigranti
Giuseppe Rocca, emigrante fortunato, è vissuto per molti anni in Argentina, dove probabilmente ha avuto modo di conoscere ed apprezzare la flora esotica, che poi al suo ritorno ha voluto riprodurre nella sua nuova dimora chiavarese.
Forse lui stesso introdusse nel nuovo parco, insieme alle tante piante esotiche, anche varie specie di orchidee del centro e sud America, compreso il tanto amato Oncidium bifolium.

L’Oncidium bifolium fu sistemato all’aperto nel parco, sui tronchi degli aranci, dove si trovò subito a suo agio.
Molte orchidee cominciarono a diffondersi anche nelle costiere circostanti e in quei tempi non era difficile scorgere ceppi attaccati agli ulivi ed aranci dei giardini.
Con il trascorrere del tempo e con il paziente lavoro dei giardinieri, forse anch’essi emigranti di ritorno, il parco si arricchisce di nuove essenze ed è diviso in diverse aree: il lecceto, le conifere, il camelieto, il palmeto, le piante grasse, il roseto, i bambù, le serre monumentali con le orchidee, il tutto è abbellito con giochi di grotte, laghetti e ponticelli.

Passa qualche anno ed il nostro Oncidium bifolium (una varietà d’alta quota con la caratteristica di mostrare gli steli fiorali con gli pseudobulbi ancora giovani), all’evidenza mostra di saper resistere anche ai seppur miti inverni temperati della costiera Ligure.
Nel frattempo, qualche divisione della pianta (per fortuna), trova posto nel giardino di un bravo giardiniere del parco.

Il Palazzo Rocca diventa pubblico
Il palazzo, agli inizi del 900 è abitato dal nipote del proprietario Giuseppe Rocca, Luigi Daneri, che alla morte, come da indicazioni testamentarie dello zio è destinato a pubblica Galleria d’arte (1912).
Poi il Palazzo Rocca ed annesso parco, diventano proprietà del Comune di Chiavari.
Il tutto è aperto al pubblico dal 1987, Palazzo Rocca Costaguta diventa pinacoteca, secondo le volontà di Giuseppe Rocca a cui si deve, sulla scorta delle trasformazioni già operate dai Grimaldi, l‘attuale aspetto di dimora borghese.
Oggi il percorso si può leggere seguendo un triplice matrice: il museo della città; il museo dell‘abitare e, appunto, la pinacoteca.

Le orchidee del parco non vanno d’accordo con il pubblico
Il nostro Oncidium bifolium, che si era adeguato molto bene al clima Ligure, però non è riuscito a resistere alle attenzioni del pubblico e presto di lui, nel parco di Palazzo Rocca, si son perse le tracce.

Per fortuna, e grazie a quel giardiniere, che molti anni addietro sistemò la famosa divisione nel suo giardino, ora possiamo ancora ammirare il vecchio ed ormai secolare Oncidium.

Grande esemplare di Oncidium bifolium, attualmente proprietà dei Fratelli Giorgi di Lavagna (GE).
Nella foto si può ammirare la dimensione della pianta abbarbicata ad un tronco di arancio, gelosamente custodita da Alessandro Giorgi, appassionato (lui dice ex) e gran conoscitore del mondo delle orchidee.

Un bel mattino, squilla il telefono dell’ufficio dei Fratelli Giorgi (famosa famiglia di vivaisti di Lavagna), all’altro capo del filo, una voce femminile racconta la storia di un’orchidea presente nel suo giardino, attaccata ad un tronco d’arancio ormai morto e chiede se sono interessati all’acquisto.
Alessandro Giorgi, grande conoscitore di orchidee, coglie subito l’importanza della notizia e si raccomanda di non toccare ne dividere i ceppi.
L’arancio con l’ultima testimonianza di un’orchidea esotica vissuta per un secolo all’aperto in Italia è ora custodito nei “Giardini dei Giorgi” a Lavagna.

Visita ai Giardini dei Giorgi
Durante la mia visita alle serre e stante l’abbondanza vegetativa dell’Oncidium, mi son sentito autorizzato a chiedere ad Alessandro se potevo avere un piccolo ricordo: mi è stato risposto un no motivato – “desidero non toccare la pianta” .
In quell’occasione non avevo con me la digitale e pertanto son tornato il giorno seguente per immortalare la pianta con una foto.

La mattina seguente, Alessandro mi racconta la storia a grandi linee e giunto in prossimità della pianta, sposta il grande vaso per metterla in giusta posa e ad un tratto scorge un piccolo ceppo (due pseudobulbi ed un nuovo germoglio) caduto sul composto del vaso: con un gesto di rassegnazione e di amicizia lo rivolge verso di me, ora anch’io ho un piccolo testimone da custodire: grazie ad Alessandro e al destino.

Nota: se avete altre notizie in merito aggiungetele nei commenti, grazie

Non solo orchidee

Qualche anteprima sullo Stand di Orchids Club

Come saranno preparati gli stand dell’EOC di Padova? Le temperature fredde di tutto l’inverno hanno sicuramente creato dei problemi alle collezioni amatoriali. Per quanto ci riguarda, Gianni è in pena per i suoi Paphiopedilum che non intendono aprirsi, e spera di poter portare dalla sua fredda e nevosa Ulm, qualche pianta fiorita da mostrare alle sue ammiratrici orchidofile Italiane.
Graziano ha in serbo una sorpresa…una pianta segreta in piena fioritura! Le mie piante risentono delle ire funeste del Samurai e non vogliono assolutamente prepararsi per l’esposizione: i due Paphiopedilum con oltre 30 fiori hanno già dichiarato forfait insieme ad altri tre esemplari di Dendrobium, e dendrochilum e altre piante interessanti non saranno pronte per il fine settimana.
Con queste premesse sarà una bella scommessa allestire lo stand.
Allora diamo spazio alla creatività, alla fantasia, ai sogni senza confini come il nostro club
Paphiopedilum Alien
Fortunatamente il nostro Club è pieno di risorse culturali ed artistiche: mancano le piante? Niente paura, passiamo alle foto e perchè no, alla vena artistica dei nostri soci pittori.
Ecco che arriva l’ispirazione artistica del nostro amico Giulio Baistrocchi, squisito interprete dell’arte figurativa.

Giulio ama le orchidee e con loro sta ingaggiando un intenso rapporto a tutto tondo: le studia, le colleziona e le interpreta in una sorta di libera licenza artistica quasi al limite del gioco espressivo.
Per lui l’orchidea non è più racchiusa in precisi canoni botanici, ma diventa emozione, stato d’animo in conflitto con i colori forti della sua tavolozza dalla quale escono linee e forme vagamente somiglianti ad espressioni facciali.

I colori sono inventati e le pennellate cercano in tutti i modi di bloccare sulla tela le vibrazioni esotiche, calde e luminose di quei luoghi lontani dove dimorano le orchidee; luoghi familiari a Giulio: la lunga stagione Brasiliana, i suoi ricordi Peruviani ed i sogni Asiatici buttati giù con forza in quella vaga idea di Paphiopedilum Alien.

Laelia Tricoglossum ‘Iris’
Giulio non vuol rimanere imbrigliato nell’orchidea, nel genere e nella specie. Lui vuol spaziare, andare oltre, unire ed inventare, ecco che dalla sua creatività nasce la: Laelia Tricoglossum ‘Iris’.

Questi due grandi quadri li vedrete esposti allo stand di Orchids Club e faranno da preziosa cornice, insieme a figure femminili immortalate nella terracotta magistralmente plasmata da Francesco Del Re.
Ci saranno orchidee? Sì forse… lo deciderà il tempo.

NEWS:15.02.06

Giulio ci accompagna nel suo mondo fantastico.

dettagli della giungla interiore:orchidee rubate

La giungla interiore è una creazione, gestazione di vita turbolenta e multicolore. Ritmico come il carnevale, sincopato e dionisiaco per definizione.Vivamente colorato per esprimere il bisogno di evadere. Ma allo stesso tempo di ribellarsi contro lo squallore estetico e sociale provocato e subito da noi esseri o non esseri; sinceramente poco o forse troppo umani.L’ evasione non è fuga da un mondo antropico in pieno sgretolamento ma una ricostruzione interiore. La giungla non va cercata nel mondo esterno sempre più desertico e cementificato ma nella nostra lacerata persona.Non con ‘saudade’(rimpianto) di tempi passati, ma con un recupero della natura partendo da noi stessi come punto di partenza.Questa ritrovata natura interiore deve prima contagiarci così potremmo espandere questo virus con gioia e vitalità. Le orchidee sono sicuramente un emblema di questa natura fragile ma testarda, colonizzatrice che inspiegabilmente seducono e intimidiscono.Queste figlie dell’aria crescono sulla volta della giungla, difficili da trovare, malgrado le forme misteriose ed i colori appariscenti sono dei dettagli di questa chioma Smeralda, gioielli bramati da coloro che oggigiorno finalmente vengono chiamati i ‘ladri di orchidee’.

Le orchidee in questo caso non sono semplicemente ritratte, o rubate dai loro scrigni, ma create dalla mia immaginazione. Ibridi tra piante e uomini, o generi a parte derivate da alieni . In onore a Guido De Vidi chiamo la prima pianta di un genere da me ribattezzato Alienopedilum Devidensis in onore del suo necessario contributo alla divulgazione del sapere sulle orchidee.Come artista mi prendo il diritto di attribuire nomi, specie, generi.Questo processo funziona inventando varietà di specie già esistenti come nel caso del genere Laelia. Per altro Laelia Tricoglossum Iris è anche una simpatica allusione alla serietà eccessiva dei pittori botanici. Infatti tricoglossum significa lingua pelosa nome poco appropriato ma che denota una certa ironia sull’arbitrarietà di molti nomi botanici. In piccolo c ‘è scritto ne Redouté rien SVP. Il nome dell’ illustre pittore botanico viene storpiato perché il verbo redouter in francese significa avere timore paura. in questo caso significherebbe non abbiate timore per favore. Piccola presa in giro di molta pittura botanica asservita a una scienza che non riesce a spiegare la spiritualità di questo fiore, vero intermediario tra noi e la natura, capace di tirare il peggio o il meglio di noi stessi.

Fragments of inner jungle: stolen orchids.
The inner jungle is a creation, a turbolent technicolor gestation, like the frenzy of brazilian carnival.The syncopated rythms and flamboyant colors are a way to stand against the ugliness created by human beings.Therefore to seek for an inner jungle its not a mere escapism from an overhumanised planet but a way to be centred and focused in our inner self.Nonetheless there is no difference between Nature and our inner nature because the first is contaminated by the latter.Neverthess this contamination is not a sad longing for a cherished bygone time but a reason to be happy