CRONACA Pag. 13 Venerdì 2 Aprile 2004
Guido De Vidi, titolare della raccolta di orchidee più grande d’Italia, al Sancarlino ha illustrato le specie più amate dal geniale investigatore
Il delicato rapporto tra Nero Wolfe e il fiore degli dei.
Anita Loriana Ronchi
Che Nero Wolfe, il geniale investigatore nato dalla fertile mente di Rex Stout, adori le orchidee, è fatto risaputo. Impossibile immaginarlo se non in accostamento ai due grandi amori della sua vita: il «fiore degli dei» e la buona cucina. Ma se questo celebre orchidofilo della letteratura poliziesca ondeggia (considerata la mole) fra gli spazi della sua serra di carta, nella vita reale a fargli compagnia sono tanti appassionati di questo splendido regalo della natura. Guido De Vidi, nella sua residenza in provincia di Treviso, è titolare della raccolta di orchidee più importante d’Italia: 4mila qualità provenienti da tutto il mondo, che ottengono l’effetto di ricreare una sorta di foresta equatoriale. «Eh, sì… le piante parlano da sole. Se anche le descrivessi per ore, non riuscirei mai a rendere il fascino che emanano e il piacere che si prova coltivandole», esordisce De Vidi davanti al pubblico del Sancarlino, dove ha animato la performance «Le maliarde tropicali: piccola storia, miti e curiosità sulle orchidee amate da Nero Wolfe» nell’ambito del quarto Festival del giallo (in corso fino a domani), cui è intervenuta anche la giornalista Annamaria Botticelli. Supportato da una scenografia allestita con gli esemplari più rari e preziosi del suo vivaio personale, fra cui spicca la superba Cattleya di colore vermiglio, il collezionista spiega che, contrariamente a quanto si tende a pensare, si tratta di piante «molto evolute» per quanto riguarda l’apparato riproduttivo, bisognose di poche cure e strutturate in maniera tale da resistere a situazioni climatiche estreme. Sfatata la leggenda della loro fragilità, resta da puntualizzare la loro origine, che nel diciannovesimo secolo colpì l’immaginazione degli aristocratici disposti a mantenerle in costosissimi giardini privati. Come quello di William Gorge Spencer Cavendish, sesto duca del Devonshire, che, letteralmente ammaliato da un «Oncidium papilio», spedì nell’Assam un famoso cacciatore di orchidee dell’epoca. La maggior parte delle specie arrivano da Vietnam, Thailandia, Sud-est asiatico e Madagascar. Molte sono «ibridi intergenetici», frutto cioè di incroci talvolta arditi, che hanno permesso di acquisire ben 30mila tipologie registrate (più altre 40 o 50mila che non lo sono) e di realizzare così un universo floreale «che non finisce mai di stupire» osserva l’appassionato, che ha avuto prestigiosi riconoscimenti per la sua attività, fra cui sette medaglie e una menzione all’Esposizione internazionale di Copenaghen. Le «maliarde» catturano lo sguardo per varietà di colori, particolarità, dimensioni (alcune gigantesche, altre piccole come miniature). Hanno nomi «colti»greca o latina: non sorprende, perciò, che un individuo raffinato come Nero Wolfe ne apprezzi la presenza, tanto più che la serra – nota De Vidi – è ambiente che rilassa e perciò favorisce la concentrazione. Un bellissimo esemplare stimolò anche la curiosità di Charles Darwin il quale, un secolo e mezzo fa, colse lo spunto che lo portò a nuove scoperte nel campo degli insetti.
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