Paphiopedilum stonei

Piccolo viaggio dentro la storia di questa specie

Collezione Guido De Vidi – foto 14.11.06 – diritti riservati
Paphiopedilum stonei (Hook.) Stein
Una specie molto bella, delicata e troppo spesso tenuta in secondo piano dagli amanti dei Phaphiopedilum, a vantaggio di specie più famose, quali il P. rothschildianum, P. sanderianum ed altre di recente scoperta.

Io coltivo questa specie da molti anni e fra noi si è instaurato un rapporto di reciproca considerazione; lei vegeta lentamente così come natura le ha insegnato e da qualche anno fiorisce regolarmente in autunno.

L’altro ieri ho fotografato la mia pianta di P. stonei per pubblicarla sul blog, ma ora che mi accingo a costruire il post, provo incertezza sul percorso da dare alle notizie; potrei limitarmi alla solita descrizione con qualche cenno sulle esperienze di coltivazione, ma sento che il mio argomentare deve dare vita, storia e spessore culturale a questa bellissima orchidea.

Misteri e miti
Il mondo affascinante delle orchidee è fatto anche di misteri, avventure e miti, ed allora abbandoniamo per un momento i classici canoni descrittivi e scaviamo nel tempo, alla scoperta di aneddoti legati alle nostre orchidee, ad esempio le avventure fantastiche dello scopritore del Paphiopedilum stonei: Hugh Low.

Hugh Low nasce a Clapton, Inghilterra il 10 Maggio 1824 e la sua infanzia trascorre tranquilla nella azienda paterna (un orticultore scozzese) dove prende corpo la sua conoscenza e passione per le piante.
Hugh Low , affascinato dai racconti del misterioso Sud Est Asiatico, poco più che ventenne parte per la sua prima spedizione coloniale verso le zone sconosciute del Borneo.

Hugh è un personaggio molto importante in quel gruppo di avventurosi raccoglitori botanici europei del diciannovesimo secolo, che con le loro spedizioni nei luoghi più sconosciuti del pianeta, tanto hanno contribuito alla conoscenza botanica.

Di quel periodo avventuroso dobbiamo ricordare anche Charles Parish, cappellano militare in Birmania, poi diventato grande conoscitore e raccoglitore di orchidee per il Kew Garden, citiamo ad esempio la famosa (Vanda coerulea) e sir Joosep Hooker futuro direttore del Kew sulle orme del padre, autore di viaggi avventurosi in Himalaya (1847 – 1850) durante i quali ha anche conosciuto le dure prigioni dello Sikkin dove si è trovato faccia a faccia con la morte.
Queste e tante altre avventure sono il frutto dell”orchid mania” che in quel periodo invadeva l’Inghilterra Vittoriana e l’Europa coloniale intera.
Hugh Low approda nel Borneo verso il 1844 e vive 2 anni di intense avventure nelle zone più remote dell’isola, in simbiosi con le piante e con le popolazioni autoctone.
Inizialmente Low esplora la zona del Sarawk dove scopre molte nuove specie di orchidee, fra le quali anche il nostro Paphiopedilum stonei, che sono regolarmente inviate alle principali coltivazioni inglesi dell’epoca.
Come accennato sopra, in occasione dei viaggi in Sarawak, Low scopre nuove specie di Nepanthes, Coelogine asperata, Coelogine pandurata, Dendrobium lowii, Paphiopedilum lowii e tante altre. Il suo nome è legato a molte specie fra le quali anche al Cymbidium lowianum.

Fra le grandi imprese compiute da Low va ricordata la sua scalata (primo Europeo) del monte Kinabalu (4101 m) sopra il mare della Cina del sud, la vetta più alta fra la Nuova Guinea e l’Himalaya.
La particolare predisposizione di Hugh Low verso le popolazioni del Borneo crea le pemesse per una sua carriera politica istituzionale e nel 1876 assume incarichi amministrativi nella colonia Britannica, che lasciano un segno molto positivo nel miglioramento dell’economia agricola dell’Isola. Nel 1889 si ritira a vita privata. Nel libro A History of the Orchid si scrive di Low “un bene raro ed importante per l’orchidologia”.
Hugh Low muore in Italia ad Alassio, il 18 Aprile del 1905.

Descrizione della specie

Collezione Guido De Vidi – foto 14.11.06 – diritti riservati
Paphiopedilum stonei (Hook.) Stein
Questa specie è stata descitta nel 1862 da Hooker in Curtis’s Botanical Magazine, 88: t. 5349 (1862), basandosi su piante raccolte nel Borneo da Hugh Low ed inviate alla collezione John Day in Inghilterra dove è fiorita per la prima volta in Europa.
Successivamente, Stein la descrive nel suo Stein’s Orchideenbuch, 487 (1892)

Il nome alla pianta è dato in onore di Robert Stone, giardiniere delle serre di John Day.

Esistono varietà particolari quali latifolium e platytaenium, quest’ultima è forse la più desiderata dai collezionisti.
Il P. stonei var. platytaenium è il risultato di un singolo clone fiorito per la prima volta nelle serre di John Day (1867) che nel tempo ha mantenuto una mutazione pelorica geneticamente stabile: Fowlie (1986) suppone che sia un ibrido naturale con P. lowii o P. hookerae.

Il Paphiopedilum stonei ama buona luminosità e temperature calde. Fiorisce in Novembre sui getti del secondo o terzo anno (prima della fioritura dovrebbe richiedere un pò di fresco ed asciutto).
Il composto di coltivazione deve essere vaporoso e sempre umido.
In natura cresce su rocce calcaree nelle sedimentazioni di humus o negli anfratti di muschio sugli alberi a 500 – 1000 metri di altitudine.
E’ una pianta endemica della regione di Sarawk (Borneo), sottoposta al monsone di Nord Est che procura un periodo caldo ed asciutto ( 30 gradi di giorno e 18 di notte) ed un periodo fresco (25 gradi di giorno e 15 di notte). La regione è continuamente bagnata e l’umidità relativa è sempre abbondante.

Nota:

Le notizie e le descrizioni di ogni post del blog sono supportate da ricerche sulla letteratura esistente e sul web, ma si riferiscono esclusivamente a esperienze di coltivazione su orchidee presenti nella mia collezione.
Eventuali errori o incompletezze possono essere rimediati dalla vostra collaborazione.

12 pensieri su “Paphiopedilum stonei

  1. Matteo-fi

    Anche io non posso fare a meno di incitarti di nuovo Guido nella stesura di un libro! Qui ci vuole un Rebecca Tyson Northen all’italiana!!!;-) E chi meglio di te, amatore di tutti i generi possibili di orchidee, può dire la sua?

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  2. Vincenzo

    Sono d’accordo con Gianni e Antonio, ma se Guido dovrà mettersi una mano sul cuore noi TUTTI dovremo, di buon grado, mettere una mano al
    portafogli (tanto per dare “una mano”).
    So bene quanto sia impegnativa l’edizione di un libro; Per cui, Guido, tu
    impagina che noi, spero con l’impegno di tutti, pensiamo al resto.
    Non vorrei essere, per questo, tacciato di presunzione ma credo vivamente e spero di interpretare il pensiero ed il volere di tutti gli utenti di questo impareggiabile blog.
    Forza e coraggio Guido fa vedere, non a noi che ti apprezziamo, ma ai detrattori di cosa SEI e siamo capaci di fare unendo le forze.
    Grazie, comunque vadano le cose.
    Cordialità, Vincenzo.

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  3. matteo

    ciao Guido! sn sempre d corsa ultimamnete, do un occhiata d corsa al blog e ogni tnt riesco a leggermi qlc post…qui c voleva un commento! cm sai nn amo i paphio(anzi nn mi piacciono proprio tranne pochi rarissimi casi) ma devo dire che quelli d questo gruppo hanno il loro fascino…poi vista la lentezza d crescita t meriti tnt complimenti x la fioritura(ma soprattutto x la grande pazienza!!!)
    ciao

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  4. antonio

    Sono d’accordo con te Gianni,
    Guido al libro ci dovrebbe pensare seriamente, anche se mi rendo conto che gli chiediamo ancora un grosso sforzo.
    Credo che possa essere molto utile una guida riassuntiva cartacea da consultare velocemente e che raccolga per genere e specie i tanti preziosi particolari storici, tassonomici e di coltivazione che sono stati da lui scritti in questi quasi tre anni di blog.
    Rimarrà un manuale per tutti gli appassionati di orchidee che gli saranno infinitamente grati.
    Ciao Antonio

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  5. Gianni

    Guido,
    come al solito sei insuperabile, per costanza e fantasia, mi sa che queste cronache che scrivi regolarmente bisognerebbe metterle assieme e scriverne un libro.

    ciao

    Gianni

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