Tanto desiderate… ma quasi un tabù per chi non le coltiva in serra.
Cattleya, questa parola porta sovente la nostra fantasia nelle intricate e calde giungle Amazzoniche continuamente invase da acquazzoni tropicali, oppure evoca la necessità di costosissime serre dove poter coltivare questa affascinante orchidea.
Il mito della Cattleya è nato nei secoli scorsi in Inghilterra dove in quei tempi solo i ricchi potevano permettersi la coltivazione di quelle strane orchidee provenienti dalle Americhe. In realtà il mito esiste ancora!
Collezione Guido De Vidi-foto 04.02.08
Pot. Carrousel ‘Crimson Triumph’
Molti appassionati di orchidee sprovvisti di serra, considerano le Cattleyae troppo difficili da coltivare.
Con questo post cercheremo di sfatare tale tabù.
In natura le Cattleyae dispongono di temperature calde durante il giorno, che calano significativamente con le brezze notturne.
Uso volutamente l’epiteto “Cattleyae” per comprendere, sia le tante specie del genere, che la vastissima gamma di incroci artificiali, infragenere e intergenere.
Fra le specie originarie che hanno dato vita agli ibridi in commercio, solamente poche provengono dalle pianure tropicali, molte vivono in regioni più fredde, come ad esempio le pendici della Cordigliera delle Ande ed altre vengono da zone semi desertiche dell’America centrale.
Coltivare le Cattleyae
Per poter coltivare con successo le Cattleyae anche in “casa” è indispensabile:
1 – Scegliere varietà a fioritura estiva o autunnale.
2 – Acquistare piante con etichette che ci consentano di conoscere le loro origini tassonomiche, elementi indispensabili per coltivarle bene.
3 – Individuare zone luminose all’interno alla propria abitazione, verande, pareti finestrate oppure logge, da attrezzare per la loro coltivazione.
3 – Disporre di spazi esterni (giardini o terrazze) dove poter allestire una elementare struttura ombreggiante, per coltivare le piante durante la stagione calda.
In serra è più facile tenere sotto controllo umidità e temperatura, fuori serra si hanno meno problemi con le temperature notturne estive.
Bagnature
La frequenza delle bagnature dipende dalle condizioni meteorologiche, dal microclima creato e dal tipo di composto usato. Può variare da giornaliera in estate quando le piante sono sistemate all’esterno, per arrivare anche a intervalli quindicinali in inverno.
E’ consigliabile effettuare le bagnature al mattino per consentire alle piante di asciugarsi prima della notte. Inoltre è buona norma lasciar asciugare il composto dei vasi (verificare che il substrato sia appena umido sotto lo strato superficiale), prima della bagnatura successiva.
Quando non si è sicuri che serve bagnare, attendere il giorno dopo e mantenere l’aria umida, inoltre è sconsigliabile bagnare le piante nelle ore calde perché si possono procurare indebite scottature delle foglie.
Coltivazione in vaso con substrato di bark
Per tanti motivi, la maggior parte dei coltivatori usa corteccia di pino di varia pezzatura a seconda della dimensione delle piante: grossolana per piante adulte e finemente sminuzzata per piantine giovani.
Seppur di uso comune, trovare buona corteccia non è sempre facile, pertanto conviene organizzare acquisti di gruppo e farsi una scorta, piccola o grande, per i futuri rinvasi.
La corteccia di pino che si trova in commercio (sacchi da 13 Kg) non è più vaporizzata a caldo come una volta e quindi presenta impurità di vario genere, polvere e resina. Per questi motivi ed anche per farle assorbire acqua (i rinvasi con corteccia secca favoriscono la disidratazione delle piante appena rinvasate), non è consigliabile usare la corteccia senza sottoporla ad una serie di trattamenti.
Operazioni di preparazione del bark
La più importante è senza dubbio quella di lasciare in acqua per parecchi giorni la corteccia, svuotando uno o più sacchi in un contenitore capiente e mescolandola periodicamente per agevolare il deposito delle impurità.
La fase di “ammollo” consente anche di ammendare e rendere più efficace il bark stesso.
Per ogni sacco messo ammollo si consiglia di integrare l’acqua con:
Urea – 130 grammi
Dolomite – 35 grammi
Solfato di potassio – 25 grammi
Solfato di ferro – 35 grammi
Solfato di rame – 10 grammi
La corteccia va lasciata in ammollo in questa miscela per 10 giorni. Questo trattamento fornisce alcuni nutrienti ai pezzi di corteccia e ne riduce l’acidità.
Alcuni coltivatori in vena di sperimentazioni, aggiungono altri materiali alla corteccia, come ghiaia, polistirolo (patatine), vermiculite, carbone per alleggerire il composto. Si tratta di varianti per ottenere il giusto e personale equilibrio di coltivazione.
Fare attenzione con l’uso di materiali inerti tipo polistirolo, potrebbero essere stati trattati con sostanze chimiche dannose.
Verissimo la luce è indispensabile, filtrandola opportunamente nei periodi caldi.
A testimonianza di quanto siano piante adattabili posso dirvi che durante l’inverno io le coltivo su un davanzale a sud sole diretto e calorifero sotto … fate voi … fioriscono!
Ciao Mariagrazia, importante che le radici siano sane, certo che con il rinvaso sicuramente saranno rotte.
Se rinvasando hai lasciato tutte le radici intere è bene rifarlo pulendo il più possibile le radici rotte e/o secche o marcite.
Per il momento non bagnare e se puoi manda una foto.
Va bene ai lati della finestra, attenta che non va bene il sole diretto.
fammi saper
Guido
ciao Elena ho visto le foto e farò un post proprio partendo dalla tua mail, così riprendiamo il tema delle phalaenopsis…che interessa molto: il post Phalaenopsis mille foglie ha ormai 84 commenti.
La cattleya tienila con il substrato quasi asciutto e spruzza le foglie: per il rinvaso è meglio aspettare ancora un mese.
PS) -per inviare foto non mi dispiace affatto, piuttosto è un lavoraccio per te, ma se parcheggi le tue foto su un album pubblico puoi fare direttamente il link nel commento.
Ciao e grazie per la fiducia in questo blog
Guido
carissimo Guido, stavo cercando notizie di un amico, ma per mia fortuna ho trovato delle informazioni che cercavo proprio sulle cattleie.. guardando le foto ho visto che le mie hanno le radici bianche .. quindi non va bene, le ho rinvasate perchè zuppe d’acqua, ma il tuo post mi ha fatto capire che ancora ho sbagliato.. che faccio.. attendo oppure preparo del nuovo bark e poi le ritravaso..
grazie.
ps pensavo di appenderle ai lati della finestra perchè abbiano maggior calore e ventilazione.. potrebbe andar bene?
grazie mille
mgrazia
Ciao Guido, come sempre arrivi a “ciccio”, ho una Cattleya acquistata da circa due anni, mio marito se ne era innammorato appena l’aveva vista e noi assolutamente digiuni dei trattamenti delle ochi ce la siamo portata a casa.
Bellissima, profumatissima, naturalmente senza nessuna cognizione in merito non sapevo più come trattarla. L’ho messa in cucina (non ridere, in cucina ho una vetrata ed è la mia piccola serra). Sta in un vaso di plastica abbastanza grande ma quello che mi lascia perplessa è che il suo “terreno” è spugna, si la spugna verde che si usa per fare le composizioni floreali, ora questa è diventata tutta scura, la pianta sta bene, cresce e mette molti pseudobulbi nuovi ma non fiorisce, dietro la veranda la sua temperatura è sicuramente calda di giorno e la notte scende di parecchi gradi, aspetto la primavera come consigli tu oppure, viste le condizioni della spugna travaso subito? Sto leggendo tutti gli articoli degli anni passati per trovare notizie sulle maliarde che posso tenere in casa o meno vista la mania che mi sta prendendo sempre più. Hai ricevuto le mail riguardanti la Phal fiorita? Purtroppo devo inviartele via e-mail e non so se ti dispiace ma sono talmente orgogliosa dei risultati ottenuti grazie a te che dovevo farti partecipe delle mie piccole grandi vittorie.
Grazie ancora di tutto
continua sempre così
Elena