Phalaenopsis… basta la parola? Non sempre!

Foto di copertina: Phalaenopsis bellina, collezione rio Parnasso.

Un genere di orchidee ormai entrato prepotentemente nelle nostre case, qualche notizia per conoscerlo meglio.

phalaenopsisFenomeno di massa
Fiorerie, Garden, IKEA, ed ogni Centro Commerciale, pullulano di orchidee imprigionate da nastri, vasi di ceramica e cellophane, pronte per l’invasione natalizia delle nostre case.
Generalmente sono ibridi opportunamente selezionati e coltivati per uso “commerciale”. L’accezione del termine “commerciale” va inteso come consumo di massa, oppure usa e getta.
Certo, è difficile tracciare un solco fra collezionismo orchidofilo ed uso commerciale, a volte la scintilla dell’inamoramento con le orchidee scatta proprio con l’acquisto di una varietà commerciale. Non sempre è così. Ogni anno, milioni di orchidee, dopo aver ingentilito pro tempore i nostri spazi, vanno a finire nei cassonetti dei rifiuti.
In Italia la vendita di piante fiorite di orchidee diventa fenomeno di massa verso gli anni 70 del 20° secolo, ed allora a farla da padrone era il Cymbidium, facile da coltivare anche senza serra, ma ingombrante. Insieme ai Cymbidium, ibridi ovviamente, si potevano trovare Zygopetalum, qualche varietà di Paphiopedilum. Nel periodo delle feste Natalizie anche bellissime piante fiorite di Paphiopedilum insigne.

Curiosità
I primi coltivatori italiani di orchidee su scala commerciale erano quasi tutti liguri. Si sà che i liguri sono bonariamente noti per la loro nomea di “tirchi”. A tal proposito ricordo un aneddoto molto simpatico e significativo, realmente accaduto qualche decennio fa. Eravamo ai tempi nei quali si coltivavano i Paphiopedilum insigne per essere venduti come piante fiorite, ed è così che un noto coltivatore di Chiavari, per risparmiare sul consumo di gasolio, decise di diminuire di due gradi la temperatura delle sue serre zeppe di Paphiopedilum insigne da far fiorire per Natale. Risparmiò sul costo del gasolio, ma le piante fiorirono a metà gennaio, quando era finita la richiesta del mercato.

Phalaenopsis hieroglyphica [Rchb.f] Sweet 1969
In quegli anni le piante di orchidee costavano abbastanza, soprattutto le Phalaenopsis. Anno dopo anno i costi di produzione diminuirono al punto da assegnare alle Phalaenopsis il primato delle vendite ed ancor oggi sono loro le regine nelle nostre case: non c’è foto, video o interno con vista, che non metta in mostra una o più composizioni di Phalaenopsis.

Orchidee anonime
L’orchidofilo auspica che le piante in vendita siano almeno cartellinate con il loro nome e cognome, purtroppo è un desiderio utopico. Con la massificazione e la globalizzazione del commercio, le loro origini genealogiche si perdono velocemente e volutamente sin dalle prime fasi di vita.
Da qualche anno il mercato propone anche piante in fiore della tribù delle Vandaceae, ma questa è un’altra storia che racconteremo in un altro post.

Phalaenopsis
Dopo anni di intense e mirate sperimentazioni ibridatorie, attualmente le piante fiorite di Phalaenopsis, fra gli altri pregi offrono un ulteriore valore aggiunto alla loro commercializzazione: durata dei fiori, facilità e velocità riproduttiva, compattezza delle piante e non da ultima, relativa facilità di coltivazione anche in casa, tutti fattori che rendono molto popolari queste orchidee al punto da essere considerate quasi banali. Spesso le piante fiorite di Phalaenopsis sono proposte al mercato in anonimato, cioè senza una loro identificazione binomiale, in Italia non è facile trovare un’offerta qualificata.
In molti Paesi Europei c’è una radicata tradizione in tal senso. Si producono ottimi lavori scientifici, e sono presenti venditori specializzati e collezionisti quasi esclusivi di
Phalaenopsis specie ed anche ibridi.

La storia
Dalle prime specie scoperte più di 250 anni fa, queste delicate orchidee hanno percorso molta strada evolutiva. La storia delle Phalaenopsis è ricca di interessanti pagine botaniche e di varie avventure intriganti, la cui conoscenza può contribuire a guardare con occhio più attento queste deliziose orchidee.

Il genere
Parte delle notizie esposte in questo post sono liberamente tratte dal web e da questi libri: “Phalaenopsis” di Olaf Gruss e Manfred Wolff e “Phalaenopsis A Monograph” di Eric A. Christenson. Quest’ultimo propone anche una revisione tassonomica del genere, della quale non tutto il mondo scientifico è d’accordo (inserimento dei generi Kingidium e Doritis nel genere Phalaenopsis).

Il genere Phalaenopsis comprende circa 60 specie incluse nella tribù delle Vandae.
Gran parte delle specie sono epifite, raramente litofite e sono tutte endemiche nel sud est asiatico (India dell’est, varie isole dell’Oceano Pacifico, Filippine e sud Australia.
Le specie epifite si sviluppano abbarbicate ai rami ed ai tronchi degli alberi, mentre quelle litofite crescono attaccate alla superfice delle rocce coperte di muschio.
Il genere Phalaenopsis è composto da piante a sviluppo monopodiale con fusti corti e foglie succulente dalle cui ascelle crescono gli steli fiorali.
Queste orchidee amano luce soffusa e temperature calde: in natura si rilevano mediamente 24° di notte per arrivare fino a 30° di giorno.
Nelle coltivazioni, la minima temperatura tollerata può scendere anche a 18° notturni, ma preferibilmente è bene stabilizzarla attorno ai 18°-20° notturni.

Le origini
Phalaenopsis amabilis [L.] Blume 1825
Phalaenopsis amabilis: diffusa da Sumatra e Java a sud delle Filippine, Nuova Guinea e nel Queensland. E’ la specie tipo per il genere.

Il genere Phalaenopsis è stato istituito nel 1825 dal botanico olandese Dr. Karl Ludwig Blume.
Ad ogni buon conto, l’arrivo in Europa di questo interessante gruppo di orchidee, risale a circa due secoli prima.
La stessa orchidea era stata già raccolta nel 1653 da Georg Eberhard Rumphius, Direttore della ditta olandese Amboin, che la disegnò e la descrisse con il nome “Angraecum album majus” in “Herbarium Amboinense”, ma il suo lavoro fu pubblicato solamente nel 1750, 48 anni dopo la sua morte.

Quindi la prima descrizione di un membro di questo genere, scritta da Rumphius nel sesto volume del suo “HERBARIUM AMBOINENSE”, è pubblicata nel 1750. Due anni più tardi in “Herbarium Amboinense” appare la notizia, che Pehr Osbeck, (della compagnia navale svedese operante nelle indie orientali) trovò nuovi esemplari della stessa orchidea descritta anni prima da Rumphius.
Pehr Osbeck invia una delle piante raccolte, anche al famoso botanico svedese Carl Von Linnè, suo maestro, che la classifica con il nome di “Epidendrum amabile”. Allora, tutte le orchidee epifite erano raggruppate nel genere Epidendrum.
Più tardi, Roxburgh la trasferisce nel genere Cymbidium, a cui è più strettamente collegata. Finalmente nel 1825 il Dr. Blume nella sua BIJDRAGEN, stabilisce un nuovo genere per collocare questa affascinante orchidea: derivando il nome generico dal greco phalaina “falena” e opsis, “apparenza”, per la somiglianza dei fiori bianchi alle falene delle giungle tropicali.

Miti e storie
Nella seconda metà del 19° e nei primi decenni del 20° secolo, aumenta la febbre per le nuove scoperte di Phalaenopsis; si racconta di prezzi folli per possedere queste nuove orchidee e si racconta di vere e proprie distruzioni di massa nelle coltivazioni, dovute alle temperature ed alle umidità eccessive delle serre inglesi di quei tempi.
Thomas Moore nel suo libro “Illustration of Orchidaceous Plants” pubblicato nel1857, evidenzia la crescente attenzione degli amatori per le Phalaenopsis, e scrive di un esemplare di Phalaenopsis amabilis straordinariamente bello con moltissimi fiori, esposto in una mostra organizzata dalla “Royal Horticultural Society”.
Nello stesso libro, Moore, sottolinea anche le forti somme sborsate dal Duca di Devonshire per acquistare un esemplare di Phalaenopsis amabilis, pianta pagata 68,5 sterline: 10 anni prima al raccoglitore fruttò solamente un dollaro USA.
In questa fase semi pionieristica è soprattutto la “Royal Horticultural Society” a dare grande impulso alla popolarità delle prime specie di Phalaenopsis in Europa.
Dopo la scoperta della Phalaenopsis amabilis, seguono altre nuove specie: P. schilleriana, sumatrana, cornu-cervi, stuartiana, sanderiana e mariae, che ricevono significativi premi nelle esposizioni Europee.

Phalaenopsis aphrodite (Rchb.f 1862)
Nel 1853 giunge in Europa Phalaenopsis aphrodite e con lei anche il primo ibrido naturale: Phalaenopsis Intermedia (aphrodite x equestris), – P. aphrodite genitore materno e P. equestris genitore paterno.
P. aphrodite è stata spesso coltivata erroneamente come P. amabilis causa l’errore di prima identificazione commesso da parte di Lindley.
Phalaenopsis aphrodite era endemica in una zona geografica molto più limitata della P. amabilis, forse per questo motivo è presto scomparsa in natura.
Questa specie è stata scoperta e descritta per la prima volta da Georg Joseph Kamel (1661-1706), frate dell’ordine dei gesuiti.
Kamel, durante la sua permanenza nelle isole dell’Asia Sud-Orientale, si dedicò anche ad un intenso studio della botanica e fra l’altro produsse un buon lavoro scientifico sulla scoperta della Phalaenopsis aphrodite. Il lavoro di Kamel fu però trascurato da Linnè e nella sua prima lista di “Specie Plantarum”, fra le orchidacee non compare questa nuova specie.
La stessa specie è ritrovata nelle Filippine da Hugh Cuming nel 1836 e inviata nel 1837 al collezionista inglese Rollinsonn nelle cui serre fiorisce in autunno dello stesso anno.
Lindley, studiando questa pianta la scambia erroneamente per la Phalaenopsis amabilis di Blume, e quindi la specie filippina, per molto tempo è comunemente coltivata sotto il nome di quest’ultima, dando vita alla prima fonte di confusione su questo gruppo di orchidee.
Dieci anni dopo, quando iniziarono a giungere in Europa le vere P. amabilis, Lindley commise un secondo e fatale errore: questa volta è convinto di studiare una nuova specie e la descrive con il nome di Phalaenopsis grandiflora.
Questo doppio errore di Lindley è stato e continua ad essere la fonte di impianti tassonomici sbagliati nelle ibridazioni.
Phalaenopsis aphrodite è più bella di Phalaenopsis amabilis, i fiori sono più pieni, anche se leggermente inferiori. Non c’è dubbio che in alcuni degli ibridi in questo genere, la specie effettivamente usata non è sempre stata identificata correttamente, con conseguenti conclusioni erronee sulla riproduzione.
Reichenbach nel 1862 rettifica gli errori (Phalaenopsis aphrodite, Rchb.f., 1862), ma gli inglesi che gestiscono il registro dei nomi non accettano di buon grado le tesi di un tedesco, atteggiamento che ancor oggi procura stati di incertezza agli ibridatori.
Tutti i botanici, inglesi compresi, nel 1960 prendono atto del lavoro di Reichenbach, ciò nonostante le autorità che registrano gli ibridi, continuano ad ignorare il nome Phalaenopsis aphrodite e scrivono altresì P. amabilis.
Oggi sembra superato questo problema, nel 2003 la RHS prende atto che Phalaenopsis aphrodite è specie.

Selezione di cultivar specie e primi ibridi.
I primi decenni del 20° secolo sono caratterizzati dalla coltivazione e dalla selezione delle varie specie giunte in Europa, che come si è già scritto sono: P. aphrodite, amabilis, violacea (Borneo e murtoniana), schilleriana, stuartiana, sanderiana, amboinensis ed equestris.
E’ con queste specie che iniziano le sperimentazioni evolutive, sia alla ricerca di cultivar selezionati, che di ibridazioni volte a soddisfare le esigenze ed i desideri del mercato.
I coltivatori e gli ibridatori, inglesi, francesi e soprattutto americani (negli anni 60 – 70, Irene Dobkin, John Ewing e Charles Beard con i loro ibridi di Phalaenopsis, tutt’ora pietre migliari nel mondo dell’ibridazione), hanno impresso un deciso salto qualitativo, sia alla qualità delle fioriture che alla consistenza delle piante.

Selezione per gruppi di colore e forma
Phalaenopsis con fiori bianchi: la gamma dei colori bianchi, vede protagoniste indiscusse le P. aphrodite e P. amabilis, a partire dalle vecchie forme di P. aphrodite (‘East Bay’, e ‘East Bay Sunshine’) con petali poco regolari per giungere al recente cultivar di P. amabilis ‘Pamela’s Perfection’ AM/AOS, ben strutturata con i petali rotondi, simmetrici e proporzionati.

Phalaenopsis con fiori lavanda: schilleriana e sanderiana.
Fra le migliori Phalaenopsis schilleriana, troviamo i cloni ‘Brazos’ AM/AOS, e ‘Riverbend’s Plum Jam’ AM/AOS, il miglior cultivar in assoluto fra le Phalaenopsis sanderiana è sicuramente il clone ‘Varina’, FCC/CCM/AOS.
Le ibridazioni di queste due specie con le selezioni dei grandi fiori bianchi, hanno prodotto i progenitori delle Phalaenopsis color rosa-lavanda di buona forma ed ottima sostanza che possiamo apprezzare attualmente, uno per tutti è sicuramente Phalaenopsis Abendrot ‘Tammany Rose’ HCC/AOS.

Phalaenopsis con fiori gialli: amboinensis.
L’ utilizzo delle forme “gialle” inizia negli anni 50 e la dominanza del “carotene” crea dei discendenti con colori dei fiori più carichi e variabili.
Un buon clone giallo è Phalaenopsis amboinnensis ‘Spring Creek’, AM/AOS e due ibridi ben riusciti sono: Phal. Universal Princess ‘Evergreen Hill’, AM/AOS, e Templed Hills ‘Helge’s No. 6’, AM/AOS.
Per cogliere il senso, va detto che gli incroci con genitore P. amboinensis mirano soprattutto alla creazione di fiori colore giallo intenso.

Phalaenopsis inusuali: violacea del borneo (ora bellina) e violacea var. sumatrana.
L’utilizzo della P. violacea nelle ibridazioni non è inteso a produrre discendenti con moltissimi fiori, ma punta soprattutto all’ottenimento di fiori consistenti e con colorazioni particolari.
Ibridazioni recenti hanno prodotto fiori con buona forma e colorazioni fantastiche, ad esempio: Phal. Princess Kaiulani ‘Michael’ HCC/AOS, (amboinensis gialla x violacea alba), e Phal. George Vasquez ‘Eureka’, FCC/AOS, (violacea x luedde-violacea)

Phalaenopsis con punteggiature: stuartiana.
Shaeffers e qualche altro ibridatore francese, dopo parecchi tentativi (inizialmente, la tipica punteggiatura della P. stuartiana si è dimostrata essere una caratteristica genetica molto regressiva e quindi di difficile mantenimento nei suoi discendenti) hanno ottenuto degli incroci con piacevoli punteggiature su sepali e labello.
Se vi capita di acquistare la P. stuartiana cercate questo clone: Phal. stuartiana ‘Dorothy Martin’, AM/AOS.

Phalaenopsis multiflora: equestris.
Fra le varie qualità da ottenere con le ibridazioni di Phalaenopsis, una molto importante e ricercata è il numero dei fiori prodotti dagli steli.
P. equestris è la specie che insieme alla P. amabilis ed alla P. stuartiana, hanno contribuito alla creazioni dei moderni ibridi multiflora.
Due cloni di Phalaenopsis equestris, che hanno rivoluzionato le ibridazioni sono (P. equestris ‘Riverbend’, AM/AOS e P. equestris v. rosea ‘Dorothy Martin’ AM/AOS), il primo sicuramente tetraploide ed il secondo, seppur probabile, non ancora dimostrato.
A questo punto torna utile ricordare che il genere Phalaenopsis si divide in due gruppi principali, uno caratterizzato dal labello diviso in due filamenti finali e l’altro con il labello semplice, compatto e spesso con fiori più piccoli.
La maggior parte degli ibridi moderni multiflora a fiore grande derivano dalle specie del primo gruppo, soprattutto dalla P. amabilis bianca con 5-6 fiori che si aprono in veloce successione, dalla P. stuartiana che produce rami portanti anche un centinaio di fiori, e la P. schilleriana dai toni rosati.
Molto spesso, nella linea genetica delle P. multiflora sono presenti alcune specie del secondo gruppo, come la P. pulchra, la P. violacea, la P. lueddemannianaa o la P. mannii per dare ai fiori una maggiore consistenza o tonalità di colore dal verde al giallo al porpora.

Dagli ibridi multiflora famosi all’invasione di ibridi e meristemi Taiwanesi


Phal. Cassandra x Doritis pulcherrima ‘Faint Blue’
Fino agli anni 60-70, il monopolio delle ibridazioni era circoscritto agli USA con queste aziende protagoniste: Irene Dobkin, John Ewing e Charles Beard.
Gli incroci prodotti da queste ditte sono famosi, ad esempio John Ewing usò spesso la Palaenopsis Cassandra (vecchio ibrido primario – equestris x stuartiana registrato da Veitch nel 1896) nelle sue ibridazioni, ma per vari motivi si sono trovate in difficoltà nel soddisfare le esigenze del mercato asiatico e questo limite segnò la loro involuzione commerciale.

Il mercato giapponese privilegia fiori grandi e bianchi ma a Taiwan e più in generale nella cultura cinese, i colori hanno forti significati (bianco = dolore, giallo = oro e quindi ricchezza e rosso = fortuna), ed è a questo punto che i coltivatori di Taiwan decidono di produrre e commercializzare le Phalaenopsis e dopo aver acquistato quanto possibile dagli USA, iniziano a creare nuovi ibridi di Phalaenopsis e generare quantità enormi di meristemi.

Questo evento segna anche l’iniziò di una nuova confusione tassonomica dovuta all’immissione nel mercato di vecchi ibridi, ma meristemati con nuovi nomi.

Il resto è storia dei nostri giorni e dell’invasione di milioni di Phalaenopsis…rigorosamente anonime.

Le notizie e le descrizioni di ogni post del blog sono supportate da ricerche sulla letteratura esistente e sul web, ma si riferiscono esclusivamente a esperienze di coltivazione su orchidee presenti nella mia collezione.
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