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IN INVERNO, UN POMERIGGIO DI GENNAIO 2018 NELLA COLLEZIONE RIO PARNASSO
Tassonomisti, che noia!
Tanto per cominciare dobbiamo subito fare i conti con le solite piroette tassonomiche: la specie, registrata inizialmente con il nome di Laelia superbiens da Lindley nel 1840, è stata successivamente inclusa nel genere Schomburgkia, per tornare ancora fra le Laelia.
La confusione che regna in questo genere è ben spiegata nel post ” Farewell Schomburgkia” dell’AOS.
Quindi, d’ora in poi dovremmo dimeticarci quel suono gutturale per certi versi difficile da pronuciare e da scrivere –Schomburgkia – per lasciare posto a Laelia, decisamente più bello che ricorda le vestali?
Il genere Schomburgkia è sparito. Le specie del Sud America sono spostate nel genere Laelia e quelle amanti delle formiche (con pseudobulbi vuoti) sono ora nel genere Myrmecophila. Withner, analizzando quest’ultima sistemazione tassonomica utilizza ancora Schomburgkia per tutte loro nel 1992 Volume III of The Cattleyas and Their Relatives” dove fra l’altro si legge: La scelta di usare il genere segregato (Myrmecophila) per i taxa formati dalle formiche, o di mantenerli del tutto all’interno di Schomburgkia, mi sembra relativamente arbitrario”. Prosegue proponendo di tenerli tutti a Schomburgkia e di affrontare le differenze a livello sub-generico.
Non ci resta che aspettare e nel frattempo, per chi può, continuare a godersi le sue splendide fioriture.
Descrizione della specie
Schomburgkia superbiens specie molto rara nelle collezioni e di difficile reperimento nei normali circuiti di vendita.
Schomburgkia superbiens (Lindl.) Rolfe 1917.
Sinonimi: Bletia superbiens (Lindl.) Rchb. f. 1862 – Cattleya superbiens (Lindl.) Beer 1854 – Laelia superbiens Lindl. 1840
Questa specie è così chiamata in onore di Richard Schomburgk, botanico tedesco cercatore di orchidee ed esploratore della Guiana Britannica.
In Guatemala è anche conosciuta con il nome popolare di: La Vera De Senor San Jose (Il bastone di San Giuseppe), probabilmente per il lungo stelo fiorale, solido e curvo all’apice.
Schomburgkia superbiens vive nelle ampie foreste umide e piovose del Messico, Guatemala, Honduras e Nicaragua. E’ una specie epifita/litofita e vive aggrappata ai rami degli alberi oppure su pareti rocciose ad altitudini tra 800/2000 metri.
Schomburgkia superbiens è un’orchidea di grandi dimensioni a sviluppo simpodiale. Lungo un solido rizoma si formano grossi gruppi di pseudobulbi oblunghi fusiformi, un po’ appiattiti, con una o due foglie lanceolate ed un esteso apparato radicale carico di lunghe e grosse radici.
Dagli pseudobulbi (alla base delle foglie) crescono gli steli fiorali (lunghi 100 – 130 centimetri) ai cui apici si formano molti boccioli avvolti da brattee acuminate, che aprendosi mostrano grandi fiori color rosa oppure bianchi nella forma alba. I fiori appaiono a Gennaio e sono profumati.
Laelia superbiens in sito
Questa foto è assai emblematica a riguardo della strutturazione morfologica delle specie in rapporto alle condizioni ambientali in cui vivono. In coltivazione, nelle nostre regioni temperate, le condizioni climatiche sono diverse da quelle di endemicità della nostra specie e quindi torna utile confrontare le caratteristiche vegetative della stessa specie, presente nella mia collezione. Vediamone alcune.
Laelia superbiens in coltivazione
Come si può notare nella foto a sinistra, gli pseudobulbi sono più allungati e le foglie sono più grandi, e più scure rispetto a quelle della specie in sito.
Ad ogni buon conto, la pianta vive bene e prospera con tranquillità.
Quali elementi possono aver agito sulla pianta, per differenziare a tal punto la sua morfologia?
Sicuramente la quantità di luce.
Condizioni di coltivazione nella mia collezione.
Fedele al principio di coltivazione empirica, in questo caso oserei dire – costretto dagli spazi ad una coltivazione di fortuna – la pianta è stata per anni ancorata ad una colonna portante della serra nella parte più alta possibile, verso il cielo ed a radici nude, ora è sistemata in una capiente cassetta di plastica con letto di bark.
Effettivamente, le dimensioni di questa specie non lasciano scampo al collezionista perennemente in conflitto con gli spazi di coltivazione.
La sistemazione appena descritta, costringe la pianta a sviluppare un rigoglioso apparato radicale che, non trovando alcun appiglio prossimo, si allunga a dismisura (radici lunghe 70 – 80 centimetri) alla ricerca di ancoraggi.
L’allungamento degli pseudobulbi, penso sia causato da una somma di fattori ambientali:
– parametro “luce (quantità nel tempo) + alimentazione”, sicuramente diverso da quello rilevabile in sito.
– esteso apparato radicale, sicuro avamposto di alimentazione e di assorbimento d’acqua.
Queste diversità ambientali rendono meno decisiva la funzione di riserva degli pseudobulbi, che pertanto si ingrossano e si bracchizzano di meno rispetto a quelli della sorella in sito.