Tanto desiderate… quasi un tabù per chi non le coltiva in serra.
Cattleya, questa parola porta sovente la nostra fantasia nelle intricate e calde giungle Amazzoniche continuamente invase da acquazzoni tropicali, oppure evoca la necessità di costosissime serre dove poter coltivare questa affascinante orchidea.
Il mito della Cattleya è nato nei secoli scorsi in Inghilterra dove in quei tempi solo i ricchi potevano permettersi la coltivazione di quelle strane orchidee provenienti dalle Americhe. In realtà il mito esiste ancora!

Pot. Carrousel ‘Crimson Triumph’
Molti appassionati di orchidee sprovvisti di serra, considerano le Cattleyae troppo difficili da coltivare.
Con questo post cercheremo di sfatare tale tabù.
In natura le Cattleyae dispongono di temperature calde durante il giorno, che calano significativamente con le brezze notturne.
Uso volutamente l’epiteto “Cattleyae” per comprendere, sia le tante specie del genere, che la vastissima gamma di incroci artificiali, infragenere e intergenere.
Fra le specie originarie che hanno dato vita agli ibridi in commercio, solamente poche provengono dalle pianure tropicali, molte vivono in regioni più fredde, come ad esempio le pendici della Cordigliera delle Ande ed altre vengono da zone semi desertiche dell’America centrale.
Coltivare le Cattleyae
Per poter coltivare con successo le Cattleyae anche in “casa” è indispensabile:
1 – Scegliere varietà a fioritura estiva o autunnale.
2 – Acquistare piante con etichette che ci consentano di conoscere le loro origini tassonomiche, elementi indispensabili per coltivarle bene.
3 – Individuare zone luminose all’interno alla propria abitazione, verande, pareti finestrate oppure logge, da attrezzare per la loro coltivazione.
3 – Disporre di spazi esterni (giardini o terrazze) dove poter allestire una elementare struttura ombreggiante, per coltivare le piante durante la stagione calda.
In serra è più facile tenere sotto controllo umidità e temperatura, fuori serra si hanno meno problemi con le temperature notturne estive.
Bagnature
La frequenza delle bagnature dipende dalle condizioni meteorologiche, dal microclima creato e dal tipo di composto usato. Può variare da giornaliera in estate quando le piante sono sistemate all’esterno, per arrivare anche a intervalli quindicinali in inverno.
E’ consigliabile effettuare le bagnature al mattino per consentire alle piante di asciugarsi prima della notte. Inoltre è buona norma lasciar asciugare il composto dei vasi (verificare che il substrato sia appena umido sotto lo strato superficiale), prima della bagnatura successiva.
Quando non si è sicuri che serve bagnare, attendere il giorno dopo e mantenere l’aria umida, inoltre è sconsigliabile bagnare le piante nelle ore calde perché si possono procurare indebite scottature delle foglie.
Coltivazione in vaso con substrato di bark
Per tanti motivi, la maggior parte dei coltivatori usa corteccia di pino di varia pezzatura a seconda della dimensione delle piante: grossolana per piante adulte e finemente sminuzzata per piantine giovani.
Seppur di uso comune, trovare buona corteccia non è sempre facile, pertanto conviene organizzare acquisti di gruppo e farsi una scorta, piccola o grande, per i futuri rinvasi.
La corteccia di pino che si trova in commercio (sacchi da 13 Kg) non è più vaporizzata a caldo come una volta e quindi presenta impurità di vario genere, polvere e resina. Per questi motivi ed anche per farle assorbire acqua (i rinvasi con corteccia secca favoriscono la disidratazione delle piante appena rinvasate), non è consigliabile usare la corteccia senza sottoporla ad una serie di trattamenti.
Operazioni di preparazione del bark
La più importante è senza dubbio quella di lasciare in acqua per parecchi giorni la corteccia, svuotando uno o più sacchi in un contenitore capiente e mescolandola periodicamente per agevolare il deposito delle impurità.
La fase di “ammollo” consente anche di ammendare e rendere più efficace il bark stesso.
Per ogni sacco messo ammollo si consiglia di integrare l’acqua con:
Urea – 130 grammi
Dolomite – 35 grammi
Solfato di potassio – 25 grammi
Solfato di ferro – 35 grammi
Solfato di rame – 10 grammi
La corteccia va lasciata in ammollo in questa miscela per 10 giorni. Questo trattamento fornisce alcuni nutrienti ai pezzi di corteccia e ne riduce l’acidità.
Alcuni coltivatori in vena di sperimentazioni, aggiungono altri materiali alla corteccia, come ghiaia, polistirolo (patatine), vermiculite, carbone per alleggerire il composto. Si tratta di varianti per ottenere il giusto e personale equilibrio di coltivazione.
Fare attenzione con l’uso di materiali inerti tipo polistirolo, potrebbero essere stati trattati con sostanze chimiche dannose.
Dimensione dei vasi
Per le Cattleyae è consigliabile usare vasi non molto alti, in tal modo si evita di dover usare materiale inerte di drenaggio sul fondo ed inoltre sono più stabili. Il giusto diametro dei vasi è garanzia di ottimo equilibrio fra bagnature ed asciugature: normalmente si applica la regola dei 2-3 centimetri di composto fra il bordo del vaso e gli pseudobulbi.
Il vaso ideale rimane sempre quello di cotto, ma presenta alcuni elementi negativi, asciuga troppo velocemente il substrato, le radici si attaccano alle pareti ed inoltre assorbe i sali minerali, per questi motivi da qualche tempo sono preferiti quelli di plastica.
Concimazioni
La regola maestra è, spesso e poco. Si va da metà dose di quella consigliata, ogni due bagnature ad un ulteriore diluizione da somministrare ogni bagnatura. Per i neofiti che si cimentano con queste orchidee, una volta al mese può essere sufficiente.
Volendo si può anche alternare concimazioni inorganiche con quelle organiche e, a seconda dei periodi, intervenire con fertilizzanti di diverso equilibrio NPK.
Qualche occasionale applicazione di solfato di magnesio (sali Epsom) può portare del beneficio alle Cattleyae: due cucchiaini in una caraffa d’acqua possono bastare.
L’importanza di conoscere i nomi delle piante in coltivazione
Tutte le orchidee in vendita dovrebbero essere corredate di apposito cartellino riportante dei dati di identificazione, ma purtroppo non sempre è così. Una pianta senza i suoi dati tassonomici perde già da subito gran parte del suo valore.
Con il capitolo che segue faremo un po di storia per capire l’importanza di quanto enunciato sopra.
Ibridi di Cattleya che hanno fatto storia
Lc. Bonanza
Quando nell’Ottobre del 1943, il famoso ibridatore americano B.O. Bracey, impollinò i fiori di C. Prospector “Grandee” con Lc. Cavalese “n° 206” non aveva forse idea dell’enorme successo che quell’incrocio avrebbe ottenuto in futuro..
I primi “seedlings” fiorirono sul finire degli anni 40 e subito destarono enorme sensazione nel modo orchidofilo di allora, sensazione che rimase viva per diversi anni, durante i quali Lc. Bonanza fu l’orchidea più premiata al mondo.
Tuttavia, oltre alla bellezza dei fiori, questo incrocio ebbe e continua ad avere molta fama perché è un’orchidea tetraploide e quindi molto ricercata per la nuove ibridazioni.
Il vantaggio di utilizzare piante tetraploidi in incroci deriva dalla capacità di influenzare i loro figli ai quali trasferiscono tutte le loro migliori qualità. L’utilizzo di Lc. Bonanza nelle ibridazioni è stato uno dei più grandi successi di tutti i tempi, al punto che è praticamente impossibile parlare di ibridazioni di Cattleye senza sottolineare il contributo di questa splendida pianta. Con più di 1.200 ibridi diretti ed indiretti, i loro geni sono presenza costante nei migliori incroci di colore porpora. Fra i molti ibridi famosi la regina è Blc. Mem. Crispin Rosales, che con Blc. Norman’s Bay costituiscono le piante il più importanti nella ibridazione delle Cattleye porpora.
Blc. Norman’s Bay (Bc. Hartland x Lc. Ishtar), negli anni 60 è stata una pianta molto premiata, ha ricevuto diversi premi AOS, compresi due prestigiosi e difficili FCC con i cloni ‘Lucile’ 94 punti su 100 e ‘Low’ 92 punti. Oltre ai premi ottenuti, questo ibrido ha prodotto ottimi discendenti, che a loro volta hanno conquistato premi significativi.
Blc. Norman’s Bay è stata prodotta in Inghilterra nel 1946 da Stuart Low Orchids,
Prima della seconda guerra mondiale, la produzione di orchidee in Inghilterra era all’avanguardia, sia specie che ibridi. Le migliori piante madri esistenti al mondo si trovavano tutte in Gran Bretagna, ma con l’avvento della guerra, molti collezionisti inglesi si dovettero disfare delle loro collezioni e presto il centro dell’orchidofilia mondiale si spostò negli USA. I più importanti produttori americani approfittarono per acquistare le migliori ibridazioni.
Blc. Norman’s Bay fu uno degli ultimi incroci generati dall’orchidofilia inglese. Una volta salpato l’Oceano Atlantico, questa orchidea riscontrò subito grande successo. Attualmente esistono oltre 1600 ibridazioni con progenitore Blc. Norman’s Bay.
Alcuni esempi:
Blc. War Chant
Blc. Pamela Farell
Blc. Mem. Roselyn Reisman
Blc. Herons Ghyll
Blc. Dark Waters
Blc. Patricia Purves
Blc. Oconee
Blc. Mem. Crispin Rosales
Blc. Mem. Ralph Placentia
Divertiamoci con i nomi di cartellino
Blc. Lucky Strike ‘Golden Ring’= Lc. Bonanza x Blc. Memoria Crispin Rosales, incrocio creato da Sander’s nursery nel 1966
Blc. Memoria Crispin Rosales ‘Costa Mesa’ AM/AOS) = Lc. Bonanza x Blc. Norman’s Bay, incrocio creato da Bracey’s nursery nel1959
Blc. è l’abbreviazione di Brassavola, Laelia, Cattleya, che sono i generi utilizzati in ibridazione per la produzione di questo incrocio. Le lettere maiuscole dei nomi stanno ad indicare che siamo in presenza di un ibrido.
‘Costa Mesa’ è il nome clonale per questa particolare pianta.
AM/AOS riporta l’ Award of Merit, assegnato a questo clone dall’American Orchid Society.
In altre combinazioni possiamo vedere cartellini con la scrittainiziale Slc. in questi casi nell’ibridazione, al posto della Brassavola è stata usata la Sophronitis.
I fiori ottenuti da queste ibridazioni sono il frutto di ricerche per dar loro fragranza, consistenza e soprattutto sensualità, elementi molto in voga negli anni 60.
Allora, il fiore di “Cattleya” costoso e ricercato, era confezionato in teca trasparente per essere regalato a una donna da conquistare o da farsi perdonare, ma più semplicemente anche per manifestare sentimenti amichevoli.
I genitori di questo incrocio sono molto famosi e successivamente è stato anch’esso usato per generare ottimi discendenti:
Blc. Lucky Strike x Blc. Oconee ‘Mendenhall’ AM/AOS – Blc. Lucky Strike ‘Gold Ring’ AM x Blc. Tubtim Sayam ‘Surin’ AM – Blc Lucky Strike x War Chant ‘Siam Ruby’ – Blc. Lucky Strike Warchant x Lc. Waianae Sunset “Pokai” – Otaara Jaane Fumiye (Ctna.Keith Roth x Blc.Lucky Strike) ed altri ancora.
A proposito di “Otaara”, si tratta di incrocio intragenerico fra Brassavola, Broughtonia, Cattleya, Laelia e Sophronitis.
Quando i progenitori di un incrocio appartengono a più di tre generi, la registrazione porta il nome del suo primo ibridatore.
Nel caso in esame la richiesta di registrazione di nuovo incrocio è stata presentata dalla ditta “I.Ota & Greatwood” con la proposta di assegnare il nome di del titolare della ditta “Isamu Ota”, da cui ‘Otaara’ in Orch. Rev. 90 (1069): p. 6, 8 (Nov. 1982) .
Potinara: combinazione di 4 specie (Brassovola, Laelia, Cattleya e Sophronitis), così nominata in onore del Dr Potin.
Rolfeara: in questo caso sono state usate 3 specie (Brassovola, Cattleya e Sophronitis)… esistono almeno altre 60 combinazioni di Cattleya utilizzata con altre specie.

Otaara Ernest Iwanaga ‘fuku’ (Blc Frances Y. Hoschimo x Ctna Keith Roth) registrato il 21 Novenbre 1988.
Le foto evidenziano l’evoluzione delle ibridazioni, che col passare degli anni producono fiori sempre più piccoli, numerosi e di colore più intenso.


Nomi di specie e di ibridi naturali
E’ opportuno ricordare che i nomi di specie sono scritti in corsivo e con iniziali minuscole: Cattleya intermedia, Cattleya aurantiaca, Cattleya bowringiana, Cattleya mossiae ecc. Le varietà naturali sono indicate con la sigla var. e l’eventuale nome clonale virgolettato semplice. Alcuni esempi: Cattleya intermedia var. alba , Cattleya loddigesii var. Alba, Cattleya loddigesii var. coerulea ‘Blue Sky’.
Le ibridazioni naturali, quelli che si verificano in natura sono contraddistinti da un ‘X’ prima del nome.
Esempio: C. Xhardyana, ibrido naturale di C. dowiana x C. warscewiczii.
Altre indicazioni riportate dai cartellini sono i premi ottenuti: AM, HCC e FCC, respettivamente, Award of Merit, High Class Certificate e First Class Certificate seguiti dalla sigla della società che li rilascia, ad esempio AOS ( American Orchid Society, AOC (Australian Orchid Council), RHS (Royal Horticultural Society), e così via.
Il valore del riconoscimento ottenuto è direttamente proporzionale all’importanza della associazione che lo rilascia.
Il rinvaso
Come e quando intervenire
Il rinvaso e/o divisione delle Cattleyae va fatto ogni due anni o quando il substrato è deteriorato oppure quando la pianta è talmente sviluppata da uscire lateralmente dal vaso.
Per iniziare le operazioni è buona regola tener conto di due fattori: la buona stagione (primavera estate) e la fase vegetativa della pianta.
Purtroppo non sempre queste due prerogative coincidono, ad ogni buon conto e fatte salve le emergenze è assai sconsigliabile qualsiasi intervento in autunno/inverno.
Nelle foto a sinistra sono evidenziate due situazioni che richiedono manutenzione: substrato decomposto e fuoriuscita della nuova vegetazione dal vaso (notate che in entrambi i casi, la pianta è in fase vegetativa).
Sterilizzazione degli attrezzi da lavoro
Gli attrezzi contundenti con i quali si interviene sulla pianta vanno accuratamente sterilizzati prima dell’uso effettuando un energico passaggio sulla fiamma a gas oppure immergendoli in soluzioni disinfettanti).
A tal proposito è sempre valida questa raccomandazione: quando incontri un coltivatore che opera sulle orchidee senza sterilizzare gli attrezzi ti conviene scappare velocemente.


Come dividere la pianta
Le divisioni delle cattleyae creano sempre patemi d’animo perché non si sa mai prendere la giusta decisione.
La prima regola fondamentale è quella di mantenere minimo tre pseudobulbi maturi per divisione, oltre alla nuova gemma vegetativa.
Nella foto a sinistra si sta dividendo la parte della pianta già fuoriuscita dal vaso, notate che rimangono insieme tre pseudobulbi più la nuova vegetazione. Fatte le operazioni di “potatura” e tolta la pianta dal vaso, si procede alla pulizia delle radici ed all’eliminazione del vecchio substrato.
In questo caso l’apparato radicale era già molto sviluppato e la nuova vegetazione abbastanza formata, pertanto si è dovuto procedere all’accorciamento delle radici ed alla conseguente protezione delle ferite con un fungicida.
Negli interventi di pulizia e di ridimensionamento bisogna essere molto decisi e drastici: radici rotte e/o necrotizzate provocano future marcescenze e infezioni.
Malattie e parassiti
Il peggiore dei parassiti è la cocciniglia “boisduval scale”
Piccole infestazioni possono essere trattate con irrorazioni di acqua e alcool metilico 50%, infestazioni più estese vanno trattate con miscelazioni di olio bianco e malation o imidacloprid.
negli ambienti orchidofili si suol dire “Le orchidee piacciono ai collezionisti ma alle lumache ancor di più” effettivamente sono un bel problema risolvibile con “Mesurol M Plus”, un pellet lumachicida a base di metaldeide.
Attacchi fungini: la miglior cura è la buona coltivazione, nel caso di infestazioni si può intervenire con qualche prodotto a base di solfato di rame oppure con principio attivo “mancozeb”
Altre Informazioni Culturali
Le Cattleyae crescono bene quando sono sottoposte ad una variazione giornaliera di temperatura. Uno sbalzo termico da 12C a 26C è molto meglio di una temperatura costante di 20C. Questo è il motivo per cui è difficile farle crescere nella vostra casa. Un livello ottimale di umidità relativa può attestarsi su 60%. Evitare il sole diretto e luoghi dove in inverno l’aria riscaldata è secca.
In ambienti casalinghi chiusi si ottengono buoni successi sistemando le Cattleyae ad est dove possono prendere qualche raggio di sole, avere una variazione di temperatura ed una moderata umidità.
Fioritura
Gli steli fiorali delle Cattleyae si formano solo sui nuovi pseudobulbi. La maggior parte delle fioriture autunnali comparirà una volta che il nuovo pseudobulbo è maturato, le piante a fioritura invernale o primaverile hanno bisogno di un periodo di riposo. Alcune piante formano guaine fiorali singole o doppie, altre formano le infiorescenze direttamente all’apice dello pseudobulbo.
Non allarmatevi se le guaine fiorali diventano scure, i fiori spunteranno ugualmente, purché non marciscano a causa di ristagno d’acqua.
Preziosi consigli, ottimo! Ma con le zattere come muoversi? Ne ho 2 che sembrano vogliano invadere casa tante radici che non trovano più posto nel sughero, come fare?