Dendrobium farmeri descritto da Paxton, Joseph pubblicato in Paxton’s Magazine of Botany 15 : 241 1849
Dendrobium farmeri var alba descritto da von Regel, Eduard August pubblicato in Gartenflora 17 : 321 1868
Dendrobium, nome composto, deriva dalle parole greche: dendro “albero” e bios ”vita”. Il genere Dendrobium, è composto di oltre 1000 specie che si differenziano per dimensione, per varietà della fioritura e per comportamento vegetativo.
Dendrobium farmeri var. alba – collezione Guido De Vidi
Molti collezionisti rimangono stregati da questo genere di orchidee e non di rado dedicano l’intera collezione, quasi esclusivamente alle varie specie di Dendrobium. Le varietà giunte in coltivazione hanno consentito di fare molte esperienze di ibridazioni e soprattutto con l’impegno dei coltivatori hawaiani, si sono ottenuti dei risultati incredibili ed affascinanti. Le varietà di forme dei Dendrobium e dei loro fiori, superano qualsiasi immaginazione, per raffinatezza ed unicità: si va dalle strutture filiformi, alle forme tozze degli pseudobulbi, mentre i fiori si mostrano con toni degni delle tavolozze dei migliori pittori, dal rosa pallido al viola intenso oppure ai colori rosso e giallo intenso per arrivare al bianco delicatamente segnato di giallo nella gola del labello. Il genere è diffuso in tutta l’Asia orientale e nelle Isole del Pacifico, dall’Himalaya, attraverso la Birmania, Malesia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda, Australia e Filippine.
Qualche specie vive in regioni dove la stagione calda è seguita da temperature relativamente fresche e secche, altre, dove le temperature e le precipitazioni sono medesime tutto l’anno ed altre ancora, dove sono soltanto le frequenze delle precipitazioni, a variare durante le stagioni dell’anno.
Data l’estrema varietà di habitat delle varie specie, la coltivazione è molto problematica perché bisogna dare a ciascuna pianta il suo specifico trattamento. Questa variabilità delle condizioni di vita dei Dendrobium, ha attribuito loro una fama di piante difficili e capricciose, e viste le cose con l’occhio del coltivatore è probabilmente giustificata. Almeno le specie dei climi monsonici a stagione secca sono sicuramente le meno indicate per un neofita.
In coltivazione, i Dendrobium, vanno divisi in 6 gruppi, diversificati per temperature, periodi di bagnature e fertilizzazione. Focalizziamo l’attenzione sul gruppo più ostico: quello dei climi monsonici secchi. All’inizio si affermava che le cure dei coltivatori hawaiani hanno prodotto dei buoni risultati: infatti le loro ricerche d’ibridazione con genitori famosi tipo il Dendrobium nobile, hanno creato ibridi spettacolari, molto resistenti ed attraenti sotto l’aspetto commerciale. Il mercato attuale è invaso da ibridi dalle varie tonalità e forme, prodotti soprattutto dalla Ditta hawaiana Yamamoto. Tutta quest’estesa gamma di varietà, va collocata nel gruppo delle piante che necessitano di un periodo di fresco e secco. Gli ibridi cosiddetti “ Yamammoto” sono a foglia decidua ed i vecchi fusti già fioriti, producono delle piccole vegetazioni, che appena formano nuove radici, possono essere staccate per fare nuove piante. Altra maniera per ottenere nuove piante è la divisione tramite incisione tra i nodi dei vecchi fusti in pezzi di 4-5 cm, che saranno poi sistemati in un letto di sfagno umido oppure corteccia d’abete finemente sminuzzata, in attesa del loro germoglio. Generalmente le piante dei Dendrobium non amano grandi vasi e gli ibridi di comune reperimento che derivano dalla specie del D. nobile e di quelle affini, oppure dal Dendrobium phalaenopsis (specie sempreverde), amano tutti questa regola.
In sintesi, i Dendrobium che mostrano la fioritura a piccoli grappoli lungo tutto il fusto maturo, hanno bisogno di un periodo di riposo (molto breve) post fioritura. Dopo la ripresa vegetativa che coincide con la stagione calda, durante la quale si formano e si sviluppano i nuovi fusti sino alla maturazione (periodo di massima fertilizzazione e d’abbondanti bagnature), deve seguire il classico momento di riposo freddo e secco, durante il quale si riducono quasi del tutto le bagnature.
In questa fase la pianta è sottoposta ad uno stress salutare, i fusti di stagione perdono tutte le foglie nel giro di 15-20 giorni ed è a questo punto, che simulando il ritorno delle piogge, si riprendono le annaffiature, si aumenta la temperatura e si fertilizza abbondantemente, nell’attesa che dai nodi degli pseudobulbi s’ingrossino le gemme fiorali: se non si segue questo ciclo, le gemme produrranno soltanto nuove vegetazioni.
Cirrhopetalum picturatum “Villa Franchetti” MO – AIO 97 collezione Guido De Vidi
Purtroppo e per motivi non sempre comprensibili e non sempre casuali, botanici e tassonomi si dilettano a rinominare specie di orchideee già registrate e descritte da altri colleghi. L’evoluzione della scienza dimostra che talvolta, risistemare generi e specie di orchidee è cosa utile, ma il più delle volte sarebbe più conveniente lasciare le cose come stanno.
Collezione Guido De Vidi – inizio fioritura, primi giorni di Aprile – foto 29 Maggio 2004 Cirrhopetalum picturatum Lindley 1840 Nella mia collezione, da molti anni è presente Cirrhopetalum picturatum e come si può vedere dalle foto a fianco, la specie è già diventata un esemplare notevole e, fra l’altro, premiata anche con MO/AIO alla mostra di Villa Franchetti (Preganziol TV nel 1997).
L’incauto acquisto L’altro anno in fiera a Pordenone…affascinato e tratto in inganno dal nome inusuale (Cirrhopetalum eberhardtii) di una pianta messa in vendita al nostro mercatino degli scambi, senza preoccuparmi di consultare qualche testo dei sinonimi me lo sono acquistato. Bulbophyllum eberhardtii ( Gagnep. ) Seidenf. 1992 Con mia sorpresa alla prima fioritura ho scoperto che – Cirrhopetalum picturatum e Cirrhopetalum eberhardtii – sono due diverse classificazioni della stessa specie: la foto a sinistra e questa scheda su www.orchidspecie.com ne sono la prova. Unica consolazione è che il mio inconsapevole errore lo hanno commesso anche quei botanici che nel 1941 descrissero e rinominarono un’ orchidea già classificata un secolo prima.
Aspirazioni idee e fatti, che hanno portato l’EOC del 2006, in Italia.
EOC DI GINEVRA L’Italia amatoriale delle orchidee, in occasione dell’EOC di Ginevra ed anche in seguito, non ha potuto contare in una concreta collaborazione generale, perché? Perchè le menti colte, pur presenti e tanto brave a produrre “trattati”, e ad elaborare “dubbie monografie”, sono sempre assenti, nei momenti di concreto impegno? Io non ho molte risposte e le poche che ho, anche alla luce di attuali e reiterate astiosità , per altro confinate in angusti anfratti virtuali, restano intime. Continua a leggere→
In una splendida mattinata di sole primaverile, si è svolta la seconda lezione del corso pratico sulle orchidee.
Già si respira aria d’amicizia, illuminata per l’occasione, dal cielo blu terso, che si attacca alle cime degli alberi verde vivo.
Il vento e la pioggia della notte, hanno già spazzato via i piumini dei pioppi ed i fiori d’acacia. La stradina del rio Parnasso riceve uno ad uno gli amici orchidofili, puntualissimi al secondo incontro.
Primo ad arrivare è il carissimo amico Antonio, medico di professione, studioso e fine conoscitore del mondo delle orchidee, incaricato per l’occasione, a tenere la lezione sulla tassonomia di questa affascinante famiglia botanica. Camminando lungo la stradina, si ammirano le Bletilla striata in fiore, cresciute spontaneamente lungo la riva del rio Parnasso.
Molti arrivano forniti di pasticcini, spumanti e vini di qualità, ed insieme, “docenti e discenti”, si prova una gran gioia ad incontrarci.
Ci sono anche gli immancabili i sostenitori ed arriva pure Cristian, fresco di laurea in biologia che la prossima lezione ci palerà della vita delle piante.
La seconda lezione del corso, dal tema: “orchidee, a proposito di nomi”, scivola via veloce, fra l’apprezzamento generale e con gli applausi finali per il relatore.
Nella seconda parte della mattinata, si son’fatti esercizi con vasi, tronchetti, cestini e cassettine, si è parlato di vari materiali per coltivare le orchidee e si sono simulati vari prototipi di tutori, che appena “sfornati” dalle mani esperte del coltivatore stagionato, sparivano magicamente, trafugati bonariamente quale campionatura per future esercitazioni e chi non riusciva ad avere i campioni di ganci vari, disegnava le sagome sul blocco degli appunti.
Sul finire della mattinata, sono arrivate le leccornie di cucina e già si mormora che finito il corso sulle orchidee, si farà un corso pratico di cucina.
La redazione di www.orchids.it, ringrazia il dott. Borsato per la sua disponibilità.