Campylocentrum grisebachii

Alcune specie del genere sono senza foglie, affascinanti e misteriose

Nelle foto sottostanti è rappresentata una specie assai misteriosa: Campylocentrum grisebachii Cogn.
Pianta in fiore nella collezione rio Parnasso.
E’ apparsa per la prima volta nelle mostre italiane di orchidee, nel marzo 2016 a Pordenoneorchidea. Anche e non solo per la sua particolare conformazione morfologica (priva di foglie), questa orchidea voleva simboleggiare la metafora della vita che trionfa a prescindere. E’ passato qualche anno e la leggiadra Campylocentrum della foto, vive ancora nella collezione rio Parnasso, ormai assunta a simbolo di chi sogna.E’ stata la specie “vedette” dell’evento orchidofilo Pordenoneorchidea, da quel marzo 2016 molte cose sono cambiate. In peggio.
Questa orchidea voleva simboleggiare una nuova esperienza associativa. Non è andata per il verso giusto, ma le aspirazioni di allora rimangono pur sempre valide anche senza quel manipolo che ha inteso affossarle per meri interessi di bottega.


Campylocentrum grisebachii

Relativamente rare, ma più numerose di quanto si possa pensare, sono le orchidee le cui radici riescono a svolgere le funzioni di fotosintesi altrimenti intraprese dalle foglie. Queste piante si caratterizzano per l’assenza di foglie, o nel migliore dei casi ridotte a minuscole presenze. La morfologia di queste orchidee evidenzia un esteso apparato radicale aereo con la funzione di “pneumatode” dal greco pneuma “respiro” – gruppo di cellule dotate di spirale ed ispessimenti su parete secondaria, a formare una velamen che agisce come via aerea per lo scambio del gas indispensabile alla respirazione od alla fotosintesi (ventilazione di particolari tessuti che agiscono come stomi consentendo in tal modo alle radici fotosintetiche ad eseguire lo scambio di gas necessario per supportare la fotosintesi). In comune con altre orchidee epifite c’è il rivestimento velamen, che protegge la struttura dello strato radicale interno ed acquisisce nutrienti e acqua per la pianta.

Orchidee senza foglie
Orchidee epifite senza foglie sono endemiche in tutte le zone tropicali e subtropicali. Esse sono poco comuni nelle collezioni, ma meritano la nostra attenzione anche se i fiori sono generalmente piccoli e insignificanti.
Per coltivare con successo le orchidee senza foglie bisogna garantire buona luce al loro apparato radicale, indispensabile alla loro fotosintesi, ma nel contempo è utile garantire un ambiente sempre umido e fresco durante la stagione estiva.

Genere Campylocentrum
Questo genere comprende circa 90 specie e si trova a partire dalla Florida attraverso l’America Centrale, Caraibi e Sud America settentrionale. E’ raramente presente nelle collezioni hobbistiche, in quanto abbastanza difficile da coltivare, a causa della sua richiesta di alta umidità durante tutto l’anno.
Campylocentrum grisebachii sin. Campylocentrum burchellii è una delle specie più rappresentative di quanto appena enunciato. Il genere Campylocentrum comprende più o meno 90 specie (il numero esatto è oggetto di dibattito fra diversi tassonomisti) è endemico nel sud della Florida ed è presente anche verso zone settentrionali del Sud America: 15-20 specie del genere Campylocentrum sono senza foglie.

Etimologia del nome di genere
Il nome di questo genere deriva dalla latinizzazione di due parole greche, kampýlos, che significa “curvo” e kéntro, che significa “centro”, riferendosi alla struttura del labello dei suoi fiori. La specie tipo è Campylocentrum micranthum (Bentham, 1881) anche se Lindley nel 1835 descrisse il primo esemplare, ora appartenente al genere Campylocentrum come Angraecum Bory (Lindley, 1835). C’è un alone di incertezza attorno alla descrizione originaria, Robert Dressler conviene che il campione di Lindley, presente al Kew, è coerente con la forma del Guatemala di questa specie.

Campylocentrum grisebachii (epiteto di specie in onore del botanico tedesco Grisebach (1800).
E’ una specie miniatura senza foglie, endemica in Brasile, Bolivia, Argentina e Paraguay. Cresce in ambienti umidi, ombrosi, sui rami più bassi degli alberi di legno duro. Non è raro trovare le piccole piantine di questa specie, abbarbicate sulle vegetazioni delle viti incolte (vedi campione della foto). I fiori sono piccoli, dal giallo pallido al colore bianco, con i sepali e petali liberi, e piccolo nectario sul retro del labello: i fiori sono piacevolmente profumati.

Coltivazione
La buona coltura delle varie specie di Campylocentrum consiglia di sistemare le piante con le radici aeree in modo che possano assolvere con facilità a tutte le funzioni alimentari della pianta. Nel loro habitat naturale c’è molta luce, con temperature intermedio calde con alto tasso di umidità (70% o più), accompagnato da abbondanti precipitazioni nella stagione delle piogge (normalmente dopo la fioritura). In risposta agli aumentati livelli di umidità, le piante inizieranno a formare nuove radici sia dalla base della pianta, o dagli apici radicali esistenti. Durante questa fase di crescita, l’applicazione regolare dei fertilizzanti aiuterà a sviluppare una pianta robusta. In autunno si consiglia di lasciar asciugare la pianta per un giorno o due tra le annaffiature per simulare le condizioni che si verificano in natura. In inverno, l’acqua deve essere applicata con parsimonia. E’ essenziale un buon movimento dell’aria onde evitare marcescenze ed attacchi fungini alle piante. Le varie specie di Campylocentrum fioriscono generalmente in primavera con lo sviluppo del fiore che inizia nel tardo inverno, periodo molto delicato durante il quale è neccessario porre molta attenzione a che la pianta non inaridisca né marcisca da troppa acqua. La maggior parte delle specie sono piacevolmente fragranti.

Pabstiella bradei

Pabstiella bradei , (Schltr.) Luer 2007 (Kew)

Sinonimi omotipici

Pubblicata per la prima volta in Monogr. Sist. Bot. Bot del Missouri. Gard. 112:119 (2007) L’areale nativo di questa specie è il Brasile (da San Paolo al Paraná). È un’epifita e cresce principalmente nel bioma tropicale umido.

Dimensioni miniaturizzate, a crescita da calda a fredda, con ramcauls eretti avvolti da 3 guaine a forma di tromba, ravvicinate, ricurve, con margini pelosi, foderate di viola e port anti una singola guaina apicale, eretta, largamente lanceolata, verde oliva scuro.

Cypripedium calceolus, miti storie e leggende

Molti nomi d’orchidea si richiamano alla matrice culturale Latina, ma le fondamenta provengono dalla mitologia Greca. Per dare una risposta a quest’enunciazione, prendiamo ad esempio: Cypripedium e Paphiopedilum. Venere è la dea dell’Amore e della bellezza, leggeremo più avanti che la stessa divinità durante la civiltà greca si chiamava Aphrodite. La prima leggenda è legata al Cypripedium calceolus, orchidea terricola Europea, da tutti conosciuta come “scarpetta di venere”.
Narra la leggenda che Venere, durante una passeggiata insieme con Adone, fu sorpresa da un violento temporale. I due cercarono riparo, ma lo spazio esiguo del luogo dove trovarono riparo ed il desiderio di stare vicini, oltre a procurare un piacere reciproco, fece perdere una scarpetta alla divinità.
Passata la tempesta cercarono la scarpetta, ma non la trovarono perchè nel frattempo fu macchiata da un “mortale” che era corso a raccoglierla. Prima che fosse possibile raccogliere la scarpetta di Venere, questa si trasformò in un fiore di cui il petalo centrale o “labello” fu modellato a forma di scarpetta, mantenendo anche il colore dell’oro con cui era stata fatta.


Il botanico svedese Carl Linnaeus, studiando la pianta alla quale doveva assegnare un nome, si ricordò della leggenda di Venere e della sua scarpetta perduta. Decise di chiamarla Cyprid (isola di Cipro sacra a venere) e pedilom che in greco significa (scarpa, sandalo, pantofola. L’epiteto calceolus proviene da “calcea” una forma del latino tardo settentrionale, derivata dal latino “calceus” (la scarpetta di cuoio fine che si indossava nelle case oppure nella commedia teatrale) che a sua volta sembra derivare da “calx”, tallone.


Echeggiando questa idea, Ernst Hugo Heinrich Pfitzer, oltre un secolo dopo, dispose le orchidee asiatiche sudorientali con il fiore a forma di scarpa, in un nuovo genere chiamato Paphiopedilum, una combinazione fra le parole Paphos e Pedilon.
Quando Pfitzer decise di assegnare a questo genere di orchidee il nome di Paphiopedilum si ispirò pure lui alla mitologia greca e precisamente ad alcune divinità mitologiche: Aphrodite, divinità greca dell’amore, che con la sovvrapposizione della civiltà romana a quella greca, assume poi il nome di Venere.
Varie leggende mitologiche convergono su un evento traumatizzante e nello stesso tempo carico di significati:
….“Fu proprio nella spuma del mare che ribolliva lì davanti, fra gli scogli intorno alla grande roccia di Petra Tou Romiou, che Aphrodite prese forma la prima volta, apparendo subito di una tale bellezza da stupire persino gli Dei. Quando il Caos e l’Universo si unirono, narra una leggenda, nacque il tempo: Kronos
Questa immagine straordinaria già evoca il mistero della creazione con un significato ed una immagine filosofica inquietante. Esiodo trasse da questo episodio il mito del tempo che si ribella al cielo e Kronos armato di una falce evira suo padre Urano (il cielo) e getta nelle onde le spoglie della sua virilità perché non procreasse ancora. Abbandonate nel pelago, le spoglie fecondatrici del cielo, vagarono lungamente nei flutti sino a che non presero forma sulle rive di Cipro presso Paphos concretizzandosi nella più bella e più importante manifestazione,dell’universo:
La bellezza e l’amore uniti insieme”…

Altra leggenda mitologica racconta invece che…”Nella Città di Paphos, teneva la sua corte “Bacco” il dio del vino.


Bacco, divinità molto focosa, per impreziosire le cerimonie e le feste di corte esibisce spesso ai suoi ospiti molte giovani nubili e belle, rimanendo però sempre vigile sulle sue ancelle.
Sembra che in un’occasione, Orchis, divinità minore, ospite a corte del dio Bacco, abbia avuto l’impertinenza di prestare troppe attenzioni alle giovani presenti.
Chi conosceva “Bacco” sapeva che non era consigliabile comportarsi con spavalderia a corte ma Orchis, ignaro, continuò a manifestare il suo particolare interesse, finché “Bacco” in preda all’ira ordinò di evirare Orchis e di gettare le parti della sua virilità, lontano dove mai avessero da toccare terra.
Per questo furono gettate in mare, ma una parte toccò terra e lì nacque le prima orchidea, invece le spoglie mascoline finali del giovane Orchis vagarono nelle acque e dall’unione con le onde spumeggianti del mare ebbe origine Aphrodite. Il nome Paphos deriva da Paphinia che è giusto il secondo nome di Aphrodite”…
Aphrodite o Paphinia, è figlia di “Orchis”, padre di tutte le orchidee, ed i Paphiopedilum sono oggi, uno dei tanti generi di orchidee sparsi per il mondo.

Oncidium incurvum

Oncidium incurvum , Barker ex Lindl. 1840 (Kew)

Oncidium incurvum Barker ex Lindl 1840.

Pubblicato per la prima volta su Edwards’s Bot. Reg. 26(Varie): 75 (1840). L’areale nativo di questa specie è il Messico (da Veracruz al Chiapas). È un’epifita pseudobulbosa e cresce principalmente nel bioma tropicale umido. Presente in Messico e Nicaragua nelle foreste nebbiose sempreverdi e nelle foreste pluviali di alta montagna ad altitudini comprese tra 1300 e 2150 metri.

Epifita di piccole e medie dimensioni, da clima fresco, con con pseudobulbi compressi, da ovoidali a ellissoidali, nervati, avvolti basalmente da diverse guaine fogliari e da 1 a 3 foglie apicali, strettamente lineari-ellittiche, subcoriacee, da acute ad ottuse. I fiori si formano in autunno inverno su un’infiorescenza basale, da eretta a dolcemente arcuata su più pseudobl, a pannocchia con brattee strette, triangolari, scariose che nascono su uno pseudobulbo maturo e hanno molti fiori debolmente profumati.Informazioni fornite da Jay Pfahl, autore dell’Internet Orchid Species Encyclopedia (IOSPE).