Archivio mensile:Giugno 2005

Orchidee in Villa

“La creatività non sta nel trovare nuovi paesaggi, ma nell’avere occhi nuovi.”
(Marcel Proust)“

…..i cinque giorni di folle passione, del giovane Ugo Foscolo…..

La patrizia veneziana, Isabella Teotochi Albrizzi, segnò profondamente, le vicende mondane e culturali del fine Settecento veneziano. Isabella, fu una delle donne più ricche di brio, vitalità e spregiudicatezza della sua epoca e sono famosi, gli avventurosi amori di questa procace nobildonna: la Temira cantata dal Pindemonte, la Laura della prima stesura dell’ Ortis di Foscolo.

franchettiIl suo salotto e la splendida villa sul Terraglio conobbero presenze come quelle di Chateaubriand, di Vivant Denon (il padre del Louvre), di Byron, Canova e di Walter Scott.

Complesse vicende seguono il destino della giovane nobildonna che visse nella Venezia viziosa e decadente di fine Settecento, fino al matrimonio con il N.H Albrizzi celebrato dopo l’annullamento del primo, con il nobiluomo Antonio Marin.
Non sarà tuttavia questo un rapporto esclusivo, nella tumultuosa vita sentimentale di Isabella. Nel 1795 Isabella, dopo aver conosciuto le attenzioni di Denon, si apre all’amore per un ragazzo che ha la metà dei suoi anni: il diciassettenne Ugo Foscolo.

Il giovane, di indole bizzarra e di carattere non certamente facile, è incantato dal sorriso di Isabella che lo rendeva amabile e faceto.
Isabella, donna intelligente e matura, aveva scorto oltre il povero sembiante, il genio del giovane; ne descrisse infatti, più avanti negli anni la figura nei seguenti termini: «(..) volto e aspetto che ti eccitano a ricercarne e conoscerne l’animo e l’ingegno. L’animo è caldo, forte e disprezzator della fortuna e della morte.
L’ingegno è fervido, rapido, nutrito di sublimi e forti idee; semi eccellenti in eccellente terreno coltivati e cresciuti (..) all’imperioso amore concede talvolta un filo ond’essere ritenuto; ma filo lungo, debole, mal sicuro contro l’impetuoso torrente di più maschie passioni».
Isabella dopo la sentenza di annullamento del matrimonio, accoglie il giovane Foscolo nel suo appartamento ed egli la ricorderà sempre come la donna dalla dolce bellezza che lo aveva accolto quasi senza veli nel suo letto: «….una Dea dalla lunga e rada camicia non allacciata, dalle spalle ignude, dal braccio bianchissimo e tondeggiante e dal petto voluttuosamente difeso da una candida pelle, dai ricci sparsi or sul collo, or sul seno, quasicché quelle liste dorate, dovessero servire all’occhio inesperto di guida».

In effetti come racconta Alvise Zanon, intimo amico del Foscolo, Isabella era una giovane bellissima, nata come lui nelle isole greche, amica di poeti e letterati, divorziata, che pure aveva ceduto alla sua adorazione e per pochi giorni: cinque per l’esattezza! -era stata sua.
Dopo averlo iniziato ai misteri dell’amore, l’aveva garbatamente allontanato, col viatico di molti savi consigli sul modo di trattare le donne e recitare nella vita la commedia dell’amore. Poco dopo l’incantevole dama era passata a nuove nozze. «Posso dunque gloriarmi di aver udito i primi cenni dell’amara storia che avrei poi ritrovato nelle doloranti pagine dell’Jacopo Ortis» diceva Zanon.
Il Foscolo infine così ricorda la sua iniziazione all’amore da parte di Isabella: «A questa sacerdotessa di Venere ho consacrato le primizie della mia gioventù…!».

Intanto, nella serra stile Vittoriano, sistemata ad est del grande parco della Villa e riscaldata da una grande stufa a legna, (la prima serra riscaldata in Italia), crescevano rigogliose molte piante esotiche, fatte arrivare appositamente da tutte le parti del mondo per rendere ancor più ameni, piacevoli ed esotici, gli ampi spazi circostanti.
Ruderi

stanhopea_tigrina_superba_pianta _madre Stanhopea tigrina var. nigroviolacea Morren 1845

Forse le orchidee arrivarono in epoca successiva alle avventure amorose del Foscolo e verso la seconda metà del diciottesimo secolo si poteva già ammirare fra le altre, un bellissimo esemplare di:

Sul finire degli anni 80 del secolo scorso, il giardiniere della Villa Albrizzi-Franchetti, quasi a voler mantenere in vita le esclusività botaniche della villa, mi consegnò l’ultimo piccolo ceppo di questa orchidea misteriosa, che curai subito con molta passione: eccola in fiore l’ultima testimone di forti passioni ed amori andati.
“Parte delle notizie sono liberamente tratte dal giornale di Vicenza del 29 Maggio 2004.”

Il Genere Stanhopea è stato stabilito da sir William Hooker nel 1829, con la descrizione della Stanhopea insignis.

Famiglia: Orchidaceae
Sottofamiglia: Epidendroideae
Tribu: Maxillarieae
Sottotribu: Stanhopeinae
Etimología: In onore di Philip Henry Stanhope, presidente della Società Medico-Botanica di Londra (1829-1837).
Pubblicato in: Botanical Magazine 56: t. 2948. 1829.
Il genere delle Stanhopea composto da circa 42 specie è originario della fascia centro/sud dell’America, a partire dal Messico fino al Brasile.
Secondo Jenni Rudolf, valente tassonomista delle Stanhopee e autore di varie monografie, ritiene questo genere alleato ai seguenti generii: Acineta (erythroxantha; superba); Acropera (Gongora); Archivea; Braemia; Cirrhaea; Coryanthes; Endresiella (Trevoria); Gongora; Horichia; Houlletia (H. brocklehurstiana); Kegeliella; Lacaena; Lueddemannia; Lycomormium; Paphinia; Peristeria (P. pendula); Polycycnis; Schlimia; Sievekingia (S. rhonhofiae); Soterosanthus; Stanhopeastrum (Stanhopea); Trevoria; Vasqueziella.

Le specie del genere Stanhopea e di altri generi relativi, quale Gongora, sono impollinati dai maschi delle api euglossine o “api delle orchidee”.
Le “api delle orchidee” iridescenti e brillanti, si sono guadagnate questo nome per la capacità dei loro maschi di estrarre un’essenza profumata dalle orchidee. La fragranza serve loro per attrarre le femmine nella fase del corteggiamento. Da queste api dipende l’impollinazione di diverse specie di orchidee.

Le Stanhopee sono fra le più affascinanti orchidee dell’intera famiglia delle orchidacee. I motivi principali sono senza dubbio la particolarità, la dimensione, la struttura dei suoi fiori e non da ultimo la magia della loro impollinazione.
I fiori sono enormi e possono raggiungere anche i 14 cm. Si formano nella parte inferiore della pianta scendono penduli e si librano liberamente nell’aria con le loro grandi figure bizzarre quasi come delle creature d’altri mondi.
In certe specie, lo stelo fiorale pendulo può raggiungere anche i 25 cm di lunghezza e contenere fino a dieci fiori. I fiori hanno una fragranza molto forte, e piccante. Anche se i fiori sono di breve durata, hanno il pregio della rifioritura annuale. Queste meraviglie della famiglia delle orchidee, come si è già detto, vivono naturalmente dal Messico al Brasile e sono molto facili da coltivare nelle collezioni.
Un altro aspetto molto affascinante e sconosciuto di queste orchidee è la loro impollinazione. I grandi fiori sono impollinati dalle api maschio delle euglossine. Due specie d’api Euglossine, Euglossa meriana ed Euglossa cordata, sono ormai famose come “le api delle orchidee.”
Sono attratte ai fiori dal loro profumo pungente. Questi fiori sono creazioni incredibili della natura nelle loro forme e strutture complesse per ottenere l’impollinazione.
Queste orchidee attraggono le api con il loro profumo e servendosi di uno sviluppato meccanismo, le intrappola in percorsi obbligati che alla fine garantiscono l’impollinazione.
I fiori ovviamente rendono alle api maschio il loro bocconcino di nettare che poi attraverso secrezione ghiandolare trasformano in fragranza utile per attrarre le loro femmine.
L’ape termina solitamente la sua ispezione cadendo nella colonna del fiore a forma di lungo becco (foto a sinistra), l’unica possibilità d’uscita rimane quella di un percorso stretto, situato appena sotto l’antera e lo stigma della colonna. L’ape maschio, volando via dal fiore visitato, porterà con se i pollinia saldamente fissati posteriormente fra le ali.
L’ape maschio, sempre a caccia di nettare per le sue orgie amorose, visita un altro fiore ed inizia nuovamente la procedura, soltanto, che questa volta uscendo, trasferisce il pollinia che sta trasportando, allo stigma femminile ed impollina così il fiore. I fiori sono di breve durata ed all’evidenza con un sistema così efficace d’impollinazione, se lo possono permettere. E’ utile ricordare che la fioritura è sempre un dispendio d’energia.

I requisiti colturali delle Stanhopea devono garantire luminosità diffusa e non luce del sole diretta, che brucerebbe le foglie. Preferiscono temperature intermedie (16c) durante la notte (24c) durante il giorno. Devono avere temperature fredde di notte per iniziare le formazioni del fiore. Per evitare che le punte delle foglie si secchino, non lasciare mai asciugare il substrato delle piante.
Ridurre le bagnature durante l’inverno. L’umidità dovrebbe essere mantenuta fra 50% – 80% con la buona ventilazione. Il fertilizzante dovrebbe essere usato ad intervalli normali durante il periodo della crescita, che per molte specie avviene l’anno prima.
Una delle cose più importanti da ricordare nella preparazione dei contenitori del rinvaso è il geotropismo negativo di quasi tutte le specie di Stanhopea (infiorescenze pendule fuoriuscenti dal composto) e quindi le piante andranno sistemate con sfagno o fibra d’osmunda in cestini di rete e/o di legno con grandi fori di 3-4 cm, che permetteranno l’uscita degli steli fiorali.
Non sempre è reperibile l’osmunda (anzi quasi mai) ed allora bisogna arguire l’ingegno. Si può anche usare una miscela di corteccia, carbone di legna e perlite preventivamente messa a bagno per evitare incipienti ed indesiderate essiccazioni e per evitare che il composto esca attraverso i grandi fori del cestino, conviene proteggere la parte forata con vari fogli di giornale, finché le nuove radici della pianta non si sviluppano.
Fertilizzazioni equilibrate più frequenti in estate… ogni regola sulle frequenze è valida, basta tenere conto, che le Stanhopee non sono grandi mangiatrici.
Stesso discorso per i rinvasi, di regola vanno fatti ogni 3 anni, ma se desiderate ottenere dei grossi esemplari potete anche posticipare di parecchio, ad ogni modo va rilevato che un eccessivo invecchiamento della pianta procura alla stessa l’auto soffocamento degli steli fiorali che trovano sempre più fatica ad uscire attraverso l’intricato apparato radicale.

Laeliae: cerchiamo di mettere un pò d’ordine

Laeliae?, sophronitis?, divise in sezioni?, rupicole….proviamo a capirci e cominciamo con una sorpresa!
POST COMPLETATO – 22.06.05
L’idea di mettere un pò d’ordine nelle Laeliae della mia collezione, nasce dall’inaspettata fioritura di una miniatura rupicola, scoperta l’altro ieri in serra.
La miniatura, con due piccoli fiori rosa dai labelli color giallo luminoso, pur trovandosi in una zona della serra quasi inaccessibile, sì è fatta notare senza esitazione. Sì! Ultimamente le mie piante sì son dovute organizzare quasi da sole ed ormai gridano aiuto a squarciagola, ma ancora tengono duro!!
Tolto il vasetto da 10 centimetri di diametro per leggere il nome e per scattare qualche foto, ho notato che gli unici dati presenti riportavano una data (98), il nome del genere () ed un altro nome proprio (Marco)….poca cosa direte voi; il colore del cartellino e quanto scritto, hanno in ogni modo consentito di ricostruire la storia di questa specie deliziosa.
Questa pianta è stata acquistata prima del 1998 da Marco, giovane appassionato persosi nelle nebbie del collezionismo, che ad ogni modo, prima di abbandonare la coltivazione ha portato nella serra di Ivan quel che rimaneva della sua collezione, compresi due piccoli pseudobulbi senza nome.
La collezione di Ivan, bella e qualificata, non ebbe lunga vita, una buona dose dei tanti problemi che quotidianamente minano le coltivazioni degli appassionati di orchidee, lo costrinse a sospendere la coltivazione e molte delle sue piante trovarono alloggio nella mia collezione e fu così che, oltre 3 anni or sono arrivarono i piccoli pseudobulbi protagonisti di questo post.

L’orchidea in questione è la Laelia longipes.

Collezione Guido De Vidi foto 18.06.05-Diritti riservati
Laelia longipes Rchb.f 1863 sottogenere Parviflorae sez. Liliputinae Withner 1990.
L’origine del nome deriva dal lungo peduncolo che sostiene i fiori.
Sinonimi: Bletia longipes (Rchb.f) Rchb.f 1863 – Sophronitis longipes (Rchb. f.) C. Berg & M.W. Chase 2000

La Laelia longipes è una miniatura brasiliana, “rupicola”, litofita, che vive ad altitudini di circa 2000 metri.
Questa orchidea si sviluppa simpodialmente con pseudobulbi oblunghi a forma conica al cui apice si forma una sola foglia eretta, carnosa, rigida, glittica, di colore verde scuro.

Analizzando questa specie ci si trova subito davanti ad una serie d’incertezze che creano confusione. Parleremo più avanti della suddivisione in varie sezioni del genere “Laeliae” per il momento diremo che le (Laeliae rupicole) sono incluse nella Sezione (Parviflorae) ed in questa Sezione trova posto la nostra specie.

La Laelia longipes, come si è visto è stata descritta da Reichenbach, pochi anni dopo Rolfe l’ha descritta con il nome di Laelia lucasiana, ma poi ha cambiato opinione ed ha infine stabilito che la sua pianta era effettivamente la “longipes”.

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Orchid – Residence

Documenti: appassionati ingegnosi!

Amiche ed amici del blog, questo post vi presenta il lavoro e l’ingegno di appassionati Italiani che, rimboccandosi le maniche tentano di dare una dimora accogliente alle loro orchidee.

Il materiale che pubblico è stato messo a disposizione da amici, con la speranza di realizzare uno scambio di esperienze, che tornino poi utili alla soluzione dei problemi di tutti gli orchidofili.

La coltivazione amatoriale delle orchidee, lo sappiamo bene, fa quotidianamente i conti con varie problematiche, che partono dai costi generali….piante, prodotti di coltivazione e…non da ultimo si scontrano con la creazione degli spazi dove collocare le piante (orchidari, serre, ecc.).

Probabilmente queste considerazioni non interessano i collezionisti con disponibilità economiche tali da potersi permettere serre professionali, giardinieri e quant’altro….chissà se in Italia ce ne sono!
Ad ogni modo la divulgazione del collezionismo delle orchidee passa soprattutto attraverso una buona dose d’impegno autodidatta, mutualità delle informazioni e la percezione d’essere parte di un’avventura collegiale.

Purtroppo devo inserire poche e foto e per giunta non eccessivamente grandi per non appesantire il blog e come potete notare, sempre per rendere snello il godimento di tutti i post, metto le foto dopo il rimando ”leggi tutto il post”.
Voi mi direte: Guido, cambia macchina, siamo in troppi e non ci stiamo più dentro!!
E’ vero! Iniziando questo diario, proprio non lo immaginavo. Le spese di mantenimento di questo spazio web senza la pubblicità sono completamente a mio carico e paradossalmente, i costi crescono proporzionalmente alla sua notorietà. Io sono felice e tanto basta.
Una soluzione per rendere questo blog l’agorà di tutti noi, potrebbe essere quella attivata da Salvatore con la sua pagina esterna al blog, che una volta linkata diventa parte del post.

Luciano, c’è posta per te…vai a leggere in fondo al post, ciao guido.
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Milioni di “falene”

Com’è vissuta la bella Phalaenopsis, prima di giungere sul tuo davanzale?

Bella domanda!! La poesia che ognuno di noi dedica alla sua orchidea, non accompagna la prima fase di vita delle varie piante cosiddette “commerciali”.
Le Phalaenopsis sono per antonomasia le orchidee maggiormente presenti nelle case degli amanti dei fiori. Costano relativamente poco, le loro fioriture durano fino alla noia…..e poi, non soddisfatti ci si può anche sbizzarrire con gli steli secondari.
Attorno alla tecnica di coltura delle Phalaenopsis, nascono miti e leggende: c’è chi giura di tenerle al freddo e chi invece le tiene in piena luce con il sottovaso. Nei forum delle orchidee le conversazioni sulle Phalaenopsis tengono banco per diversi mesi ed anche in questo blog, di tanto in tanto si sente il bisogno di riprendere il discorso sulle Phalaenopsis.
Il solito distinguo d’obbligo è ovviamente quello fra specie ed ibridi, semplicemente perché la grande produzione commerciale è ampiamente orientata su quest’ultimi.
Penso che solamente in Italia siano annualmente “sfornati” diversi milioni di ibridi, che raggiungono regolarmente le destinazioni ….e l’anno successivo?
La gran parte non giunge al secondo anno di vita, diversi esemplari vivacchiano per due tre anni ed in qualche caso nasce la passione e comincia a consolidarsi l’embrione del futuro collezionista d’orchidee. D’altra parte non può che essere così…. cosa venderebbero i produttori se le piante vivessero e prosperassero tutte?
Come si articola la prima fase di vita delle Phalaenopsis commerciali?
La primissima fase della produzione, avviene nei vari laboratori specializzati (generalmente in Olanda) dove si clonano in grande quantità esemplari di ibridi selezionati.
Le grosse aziende di produzione acquistano i (comunity pot) ovvero contenitori carichi di piccole piantine già svezzate con foglie di 3 – 4 centimetri.
A questo punto inizia la vera avventura della Phalaenopsis.
I contenitori con le piccole piantine sono tenuti in serre umide e calde 25-28 gradi finché crescono a sufficienza, per essere poi rinvasate singolarmente con composto di bark. I vasi con le piccole piantine di Phalaenopsis, sono alloggiati nelle cosiddette serre da vegetazione con temperature costanti di 28 gradi, umidità relativa non inferiore al 70 -80 %, luce non molto elevata e fertilizzazioni cariche di nitrato (N), finché non raggiungeranno la dimensione utile per la prima fioritura che normalmente si ottiene in qualche mese.
Le Phalaenopsis, sviluppate, con le foglie belle turgide e con il vaso (trasparente) pieno di radici, sono sottoposte al cosiddetto periodo dell’induzione fiorale che consiste in un notevole abbassamento delle temperature (possibilmente meno di 15 gradi centigradi giorno e notte!!), in una fertilizzazione contenente più fosforo (P) ed in un aumento della luminosità. In questa fase il produttore di Phalaenopsis commerciali si gioca il suo potenziale reddito: più getti fiorali sono indotti e più alto sarà il prezzo di vendita.
Appena i vari getti fiorali si saranno formati, la temperatura di mantenimento aumenterà fino alla maturazione completa dei boccioli ancora chiusi.
A questo punto inizia il momento di mantenimento e di preparazione alla consegna delle piante fiorite ai vari grossisti che inizieranno a rimpinguare i negozianti di fiori e piante.
Che ne dite? Un po’ meno poetica di quanto si possa immaginare, la Phalaenopsis, senza nome e senza storia.

L’infaticabile Gianni

Il nostro Gianni da Ulm, abitatore dell’avamposto nord, ha inviato agli amici orchidofili dei vari forum e del nostro club, il suo decalogo colturale di giugno ….. caro Gianni io lo prendo pari pari e faccio un bel post

……Cari amici/che vecchi e nuovi, sono diversi giorni che cerco di trovare un paio di parole adatte per il mese di giugno.
I miei ricordi di gioventù mi raccontano che all’inizio di giugno cominciavano le vacanze scolastiche, e il mio corpo sentiva il caldo insopportabile fino ad oscurarmi la vista (a scuola) poi in libertà ore e ore al bagno nel fiume o al mare.
Oggi si parla del riscaldamento globale, ma dove è andato a finire? Mercoledì notte qui ad Ulm (sempre in Germania), ieri c’erano 5,5 ° gradi centigradi ieri, 14 ° al sole; palliduccio però!! Come faccio a dare consigli sul mese più lungo dell’anno e sull’avanzare dei calori estivi?
Bè ci provo ugualmente: Giugno è il mese con le giornate più lunghe dell’anno, l’apice arriva il 20 -21 e poi si ricomincia ad andare verso i cosiddetti mesi bui e corti, però con calma, siamo in giugno.
Per le Orchidee coltivate in casa ci sono diversi metodi per usufruire dell’abbondanza di luce: per la coltura su davanzale o finestra, evitare il pieno sole nelle ore pomeridiane, però non mettendo le piante in mezzo al soggiorno un paio di metri dalle finestre.
Chi ha una veranda la tiene ben arieggiata e con un po’ d’aiuto di un ombrellone o un telo, tenerla ombreggiata, per chi ha un giardino o un balcone (come me) o una terrazza, si mettono le piante in un posto ben ombreggiato e luminoso.
Attenzione agli sbalzi di temperatura verso il 20 di giugno, per chi non mi crede, pensate al Giro nei decenni scorsi, quando si correva in giugno, i più vecchi tra noi si ricorderanno certamente ad un certo Charly Gaul e le sue leggendarie vittorie nelle tappe dolomitiche con maltempo eccezionale. Bè per fortuna ai tempi d’oggi, tutti hanno il termosifone, però non bisogna dimenticare le piante
all’ aperto se fa troppo fresco.
Nel mese di giugno, visto che quest’anno manca il caldo perenne, le nostre care amiche sono in piena crescita e abbisognano di un po’ di cura essenziale, Cymbidium e Vanda abbisognano di fertilizzante ogni seconda annaffiata e con una concentrazione un po’ più alta del normale, le altre un’annaffiata con fertilizzante e due senza, attenzione alle grandinate, agli insetti e altri amici buongustai. Le piante messe in giardino vanno protette rialzandole con un paio di mattoni vecchi o con una griglia rialzata o cose simili.
I mesi estivi portano alle nostre piante molto benessere con la pioggia, la rugiada e il cambio di temperatura dal giorno alla notte portando alle piante la cosiddetta induzione floreale, (il cambio notevole di temperatura fra giorno e notte induce le piante a fiorire, tenendole in casa tutto l’anno a temperature costanti si riduce la possibilità floreale).
Per il resto se avete domande sono a disposizione, però tenete bene in conto che in Italia ci sono almeno 20 zone climatiche diverse e che le circa 400 specie coltivate delle 22000 esistenti abbisognano di cure molto diverse l’una dall’altra, per i principianti, un consiglio anzi due: il primo è la documentazione ottenibile acquistando un paio di libri utili, il secondo, contattatevi e cercate di riunirvi periodicamente e scambiare le vostre esperienze.
Il club fondato da Guido con l’aiuto di Patrizia e Stefano è solo l’inizio, prendete l’iniziativa e moltiplicatevi, le Orchidee meritano la vostra attenzione.
Bacioni a tutti
Gianni

PS)< Carissimi, stanotte ero un pò stanco e mi sono dimenticato un paio di cosine: - se mettete le piante all’aperto ricordatevi di nebulizzare sia al mattino che alla sera.Nelle giornate calde l’umidità relativa scende sotto al 50%. Attenzione: chi ha molto sfagno o muschio nel composto, i merli e gli stornelli e non solo quelli,si riforniscono di materiale per i nidi. E`capitato anche a mè alcuni giorni fà. Foto inviata dall'amico Argentino: Osvaldo Toriggia - Diritti riservati. Laelia purpurata Lindley 1831 Collezione “Osvaldo Toriggia”

Un paio di amici mi hanno chiesto se possono mettere tutte le piante all’aperto: Cattleye e Laelie e tutte le piante con foglie “dure” mettetele fuori senza problemi,la Brassavola o Rhyncholaelia Digbyana anche bene alcune ore al sole, le Phalaenopsis io le lascerei in casa o in serra con tanta luce e ben ventilate, i Dendrobium montani,le Masdevallia, Dracula e così via è meglio lasciarle al coperto in un angolo fresco e ben ventilato, per le Pleione non vi posso consigliare niente perchè non ne ho,…. Iacopo mi sembra l’esperto giusto.

Come ho detto ieri, fra le 22000 Specie, ne abbiamo circa da 400 a 600 in commercio e in coltura, coltivando sul davanzale sia in vaso che su Zattera la scelta è limitata e frà quella trentina o forse cinquanta Specie adatte, bisogna specializzarsi e ridurre la scelta a poche unità.
Io da buon Orchidiota coltivo duecento piante fra una dozzina o una quindicina di specie diverse,se avete altri problemi sono a disposizione.
Bacioni a tutti.
Gianni

Proposta: Nominaton di Gianni quale ALFIERE di “ORCHIDS CLUB” per il mese di giugno…..votate, votate!!!!!