“La creatività non sta nel trovare nuovi paesaggi, ma nell’avere occhi nuovi.”
(Marcel Proust)“
…..i cinque giorni di folle passione, del giovane Ugo Foscolo…..
La patrizia veneziana, Isabella Teotochi Albrizzi, segnò profondamente, le vicende mondane e culturali del fine Settecento veneziano. Isabella, fu una delle donne più ricche di brio, vitalità e spregiudicatezza della sua epoca e sono famosi, gli avventurosi amori di questa procace nobildonna: la Temira cantata dal Pindemonte, la Laura della prima stesura dell’ Ortis di Foscolo.
Il suo salotto e la splendida villa sul Terraglio conobbero presenze come quelle di Chateaubriand, di Vivant Denon (il padre del Louvre), di Byron, Canova e di Walter Scott.
Complesse vicende seguono il destino della giovane nobildonna che visse nella Venezia viziosa e decadente di fine Settecento, fino al matrimonio con il N.H Albrizzi celebrato dopo l’annullamento del primo, con il nobiluomo Antonio Marin.
Non sarà tuttavia questo un rapporto esclusivo, nella tumultuosa vita sentimentale di Isabella. Nel 1795 Isabella, dopo aver conosciuto le attenzioni di Denon, si apre all’amore per un ragazzo che ha la metà dei suoi anni: il diciassettenne Ugo Foscolo.
Il giovane, di indole bizzarra e di carattere non certamente facile, è incantato dal sorriso di Isabella che lo rendeva amabile e faceto.
Isabella, donna intelligente e matura, aveva scorto oltre il povero sembiante, il genio del giovane; ne descrisse infatti, più avanti negli anni la figura nei seguenti termini: «(..) volto e aspetto che ti eccitano a ricercarne e conoscerne l’animo e l’ingegno. L’animo è caldo, forte e disprezzator della fortuna e della morte.
L’ingegno è fervido, rapido, nutrito di sublimi e forti idee; semi eccellenti in eccellente terreno coltivati e cresciuti (..) all’imperioso amore concede talvolta un filo ond’essere ritenuto; ma filo lungo, debole, mal sicuro contro l’impetuoso torrente di più maschie passioni».
Isabella dopo la sentenza di annullamento del matrimonio, accoglie il giovane Foscolo nel suo appartamento ed egli la ricorderà sempre come la donna dalla dolce bellezza che lo aveva accolto quasi senza veli nel suo letto: «….una Dea dalla lunga e rada camicia non allacciata, dalle spalle ignude, dal braccio bianchissimo e tondeggiante e dal petto voluttuosamente difeso da una candida pelle, dai ricci sparsi or sul collo, or sul seno, quasicché quelle liste dorate, dovessero servire all’occhio inesperto di guida».
In effetti come racconta Alvise Zanon, intimo amico del Foscolo, Isabella era una giovane bellissima, nata come lui nelle isole greche, amica di poeti e letterati, divorziata, che pure aveva ceduto alla sua adorazione e per pochi giorni: cinque per l’esattezza! -era stata sua.
Dopo averlo iniziato ai misteri dell’amore, l’aveva garbatamente allontanato, col viatico di molti savi consigli sul modo di trattare le donne e recitare nella vita la commedia dell’amore. Poco dopo l’incantevole dama era passata a nuove nozze. «Posso dunque gloriarmi di aver udito i primi cenni dell’amara storia che avrei poi ritrovato nelle doloranti pagine dell’Jacopo Ortis» diceva Zanon.
Il Foscolo infine così ricorda la sua iniziazione all’amore da parte di Isabella: «A questa sacerdotessa di Venere ho consacrato le primizie della mia gioventù…!».
Intanto, nella serra stile Vittoriano, sistemata ad est del grande parco della Villa e riscaldata da una grande stufa a legna, (la prima serra riscaldata in Italia), crescevano rigogliose molte piante esotiche, fatte arrivare appositamente da tutte le parti del mondo per rendere ancor più ameni, piacevoli ed esotici, gli ampi spazi circostanti.
Ruderi
Stanhopea tigrina var. nigroviolacea Morren 1845
Forse le orchidee arrivarono in epoca successiva alle avventure amorose del Foscolo e verso la seconda metà del diciottesimo secolo si poteva già ammirare fra le altre, un bellissimo esemplare di:
Sul finire degli anni 80 del secolo scorso, il giardiniere della Villa Albrizzi-Franchetti, quasi a voler mantenere in vita le esclusività botaniche della villa, mi consegnò l’ultimo piccolo ceppo di questa orchidea misteriosa, che curai subito con molta passione: eccola in fiore l’ultima testimone di forti passioni ed amori andati.
“Parte delle notizie sono liberamente tratte dal giornale di Vicenza del 29 Maggio 2004.”
Il Genere Stanhopea è stato stabilito da sir William Hooker nel 1829, con la descrizione della Stanhopea insignis.
Famiglia: Orchidaceae
Sottofamiglia: Epidendroideae
Tribu: Maxillarieae
Sottotribu: Stanhopeinae
Etimología: In onore di Philip Henry Stanhope, presidente della Società Medico-Botanica di Londra (1829-1837).
Pubblicato in: Botanical Magazine 56: t. 2948. 1829.
Il genere delle Stanhopea composto da circa 42 specie è originario della fascia centro/sud dell’America, a partire dal Messico fino al Brasile.
Secondo Jenni Rudolf, valente tassonomista delle Stanhopee e autore di varie monografie, ritiene questo genere alleato ai seguenti generii: Acineta (erythroxantha; superba); Acropera (Gongora); Archivea; Braemia; Cirrhaea; Coryanthes; Endresiella (Trevoria); Gongora; Horichia; Houlletia (H. brocklehurstiana); Kegeliella; Lacaena; Lueddemannia; Lycomormium; Paphinia; Peristeria (P. pendula); Polycycnis; Schlimia; Sievekingia (S. rhonhofiae); Soterosanthus; Stanhopeastrum (Stanhopea); Trevoria; Vasqueziella.
I requisiti colturali delle Stanhopea devono garantire luminosità diffusa e non luce del sole diretta, che brucerebbe le foglie. Preferiscono temperature intermedie (16c) durante la notte (24c) durante il giorno. Devono avere temperature fredde di notte per iniziare le formazioni del fiore. Per evitare che le punte delle foglie si secchino, non lasciare mai asciugare il substrato delle piante.
Ridurre le bagnature durante l’inverno. L’umidità dovrebbe essere mantenuta fra 50% – 80% con la buona ventilazione. Il fertilizzante dovrebbe essere usato ad intervalli normali durante il periodo della crescita, che per molte specie avviene l’anno prima.
Una delle cose più importanti da ricordare nella preparazione dei contenitori del rinvaso è il geotropismo negativo di quasi tutte le specie di Stanhopea (infiorescenze pendule fuoriuscenti dal composto) e quindi le piante andranno sistemate con sfagno o fibra d’osmunda in cestini di rete e/o di legno con grandi fori di 3-4 cm, che permetteranno l’uscita degli steli fiorali.
Non sempre è reperibile l’osmunda (anzi quasi mai) ed allora bisogna arguire l’ingegno. Si può anche usare una miscela di corteccia, carbone di legna e perlite preventivamente messa a bagno per evitare incipienti ed indesiderate essiccazioni e per evitare che il composto esca attraverso i grandi fori del cestino, conviene proteggere la parte forata con vari fogli di giornale, finché le nuove radici della pianta non si sviluppano.
Fertilizzazioni equilibrate più frequenti in estate… ogni regola sulle frequenze è valida, basta tenere conto, che le Stanhopee non sono grandi mangiatrici.
Stesso discorso per i rinvasi, di regola vanno fatti ogni 3 anni, ma se desiderate ottenere dei grossi esemplari potete anche posticipare di parecchio, ad ogni modo va rilevato che un eccessivo invecchiamento della pianta procura alla stessa l’auto soffocamento degli steli fiorali che trovano sempre più fatica ad uscire attraverso l’intricato apparato radicale.
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