Gongora galeata storie e racconti.

“Il fascino delle orchidee”.
Frase spesso abusata e sempre evocata per manifestare, lo stupore e l’attrazione, che provano coltivatori e studiosi di questa grande famiglia vegetale.
Per viverle – le sensazioni – bisogna che gli ingredienti ci siano tutti. Devi essere un coltivatore – diceva un mio amico – uno con le mani “sporche” di bark, devi anche essere sufficientemente curioso da cogliere l’importanza dell’approfondimento scientifico, e non da ultimo, devi conoscere la storia, le passioni, le invidie e tutte le follie che hanno intriso e che continuano a impregnare il loro mondo.
Ed ecco che, da una semplice foto di un esemplare di Gongora galeata, in fiore nella tua collezione, può prendere corpo il desiderio di “guardare” dentro alla sua storia, dimensione metafisica che le orchidee ti offrono con generosità e se hai voglia di catturare la fantasia, al posto di scrivere un paragrafo per uno scontato e freddo manuale sulla coltivazione delle orchidee, nascerà un bel racconto.

La storia
Da quando esplose la “febbre delle orchidee”, l’intrigante mondo dell’orchidofilia ha costantemente alimentato la fantasia di scrittori e di botanici, tante, a volte incredibili, ma sempre affascinanti sono le storie che hanno accompagnato la scoperta di nuove specie e la lotta per il loro possesso. Anche il genere Gongora ha la sua “brava” storia da raccontare.
Siamo nella seconda metà del 18° secolo, il panorama del potere coloniale in Europa vede in prima fila, Inghilterra, Francia e Spagna e le esplorazioni scientifiche nei loro possedimenti “oltremare” alimentano la competizione e diventano simbolo di prestigio fra le dinastie regnanti, imparentate, e spesso anche in guerra, fra loro.
Ed è così che il francese A.R.J. Turgot, primo ministro di Luigi XVI, nel 1775, decise di lanciare una spedizione scientifica nei territori spagnoli in Sud America (Perù e gran parte di ciò che sono ora Bolivia, Cile, Argentina ed Ecuador) per sostituire le collezioni di Joseph de Jussieu, ormai quasi tutte perdute. In quell’occasione De Jussieu consigliò Turgot di incaricare Joseph Dombey, medico e botanico, allievo di suo fratello Bernard, come capo provvisorio della spedizione.

Joseph Dombey (Mâcon, France, 20 February 1742 – Montserrat, West Indies, May 1794)
Fu consultata la Spagna. A quel tempo in quel paese regnava Carlo III, zio di Luigi XVI re di Francia. Forse per il fatto di essere legato da vincoli di sangue con la casa reale francese, il Re accettò, ma pose condizioni capestro: comando generale della spedizione alla Spagna e due rappresentanze scientifiche spagnole insieme a Dombey. Inoltre, tutto il materiale raccolto (tre campioni per specie) dovrà essere recapitato presso i giardini botanici di Madrid. Dombey avrebbe ricevuto un campione per ogni specie raccolta, solo in subordine, e cono l’impegno che i suoi disegni e le sue descrizioni botaniche sarebbero rimaste depositate presso i giardini botanici di Madrid.
Saranno Ruiz e Pavon, ad affiancare Dombey, due farmacisti senza alcuna esperienza botanica e Ruiz, seppur molto più giovane del medico francese, diventerà comandante della spedizione. La spedizione lasciò l’Europa nel mese di ottobre 1777 e sbarcò a Lima nel mese di aprile 1778. Giunti in Perù, apparvero subito evidenti alcuni problemi per Dombey: pagamento a proprie spese del suo equipaggiamento, e rifiuto di Ruiz e Pavon a fare disegni per lui. Non cominciò bene la spedizione. Nonostante i problemi, dopo qualche mese (marzo 1779), Dombey inviò in Europa la prima raccolta di esemplari e ne seguì una più consistente, ma la nave fu catturata dagli inglesi (all’epoca in guerra con la Francia e la Spagna) e tutto il materiale fu venduto all’asta a Lisbona. Paradossalmente, l’intera collezione messa all’asta, fu acquistata da commercianti spagnoli. Doveva durare 4 anni, la spedizione, ma il perdurare della guerra e altri impedimenti posticiparono il rientro in Europa a Dombbey, che giunse a Cadice il 12 febbraio del 1785 con parte della sua raccolta di piante.
La rimanenza, che doveva essere consegnata agli spagnoli, era rimasta a Lima per essere spedita in Spagna insieme a quanto raccolto da Ruiz e Pavon. Purtroppo la nave che trasportava questi materiali naufragò al largo del Portogallo con tutte le piante a bordo. Della spedizione in Perù, rimase solamente il materiale che Dombey recapito ai giardini botanici di Madrid, e per altro nella disponibilità degli spagnoli. Pur di portare in Francia il frutto della sua spedizione, Dombey si impegnò a non pubblicare nulla del suo lavoro, prima del ritorno di Ruiz e Pavon dal Perù; un pretesto degli spagnoli che consentì loro di copiare tutte le sue note e le sue descrizioni. Dombey fece ritorno nella sua Parigi, il 13 ottobre 1785 con un misero “bottino”, solamente un terzo di quanto raccolto in Perù.

All’evidenza, fra Dombley e gli spagnoli non ci deve essere stato buon spirito di collaborazione, forse più semplicemente, sul versante francese c’era meno disponibilità economica. Ed è per questo che nel 1785, per Dombley l’avventura era già finita, mentre Ruiz e Pavon erano ancora in Perù a raccogliere essenze arboree nei paragi di Huanuco, ma la sfortuna colpì ancora: un incendio al campo base mandò in fumo il frutto di mesi di raccolta, nonché i diari e quasi tutte le descrizioni delle piante. Ruiz e Pavon tornarono in Spagna a mani vuote, nella primavera del 1788.
Le prime pubblicazioni sulla spedizione, uscirono dopo 5 anni dal loro rientro in Spagna, e si basarono esclusivamente sui materiali, sulle descrizioni e sulle note di Dombley, rimasti nella disponibiltà degli spagnoli, ma poco credito fu dato a lui, solamente una fugace menzione nella prefazione.

Il Genere Gongora
Ed è così che viene costituito il nuovo genere Gongora, fra dimenticanze e qualche confusione, nel Prodromus del 1794 con un disegno dei fiori di G. quinquenervis (t. 25), ma senza alcuna descrizione di queste parti.

Questo genere è stato nominato in onore di Don Antonio Caballero y Gongora, viceré di Nuova Granada (ora Colombia ed Ecuador) e successivamente Vescovo di Cordoba, governatore del Perù durante le spedizioni di Ruiz & Pavón.
Il genere Gongora comprende oltre 60 specie ed appartiene alla sottotribù Stanhopeinae Bentham (secondo la classificazione di Dressler) o Gongorinae (secondo il sistema di Schlechter), insieme a circa 20 altri generi strettamente correlati, come Coryanthes Hooker, Stanhopea Frost ex Hooker, Sievekingia Reichb. f. e Cirrhaea Lindley.
Rod Rice (2002) ritiene che il genere, sia composto addiritura da circa 65-70 specie note, e alcune ancora da identificare. La distribuzione del genere Gongora è limitata alla fascia Neotropicale (Centro e Sud America). Due specie (Gongora atropurpurea e Gongora maculata) si trovano su Trinidad (che è floristicamente simile al Sud America). In nessuna delle altre isole caraibiche è presente il genere Gongora. La distribuzione in Sud America è su entrambi i lati delle Ande, dalla Colombia verso l’Ecuador, e sulle pendici orientali dell’estremo sud del Perù e della Bolivia. Poche specie sono presenti in Venezuela, Guyanas e Brasile.
La specie tipo è Gongora quinquenervis, descritta da Hipólito Ruiz Lopez & J.A. Pavón (1794) in “Prodromus Florae Peruvianae et Chilensis”.

Gongora Galeata
Sono trascorsi ormai più 30 anni, quando nel 1830, nelle serre di Conrad Loddiges (Inghilterra), fiorisce un’orchidea proveniente dal Messico, nel 1831 John Lindley la descrive come Maxillaria Galeata, ma nel 1833 Lindley stesso, crea il nuovo genere Acropera e vi risistema la sua Maxillaria Galeata, rinominandola in onore di Loddiges come Acropera loddigesii. Il travaglio tassonomico di questa specie non è ancora terminato, nel 1858, Reichenbach figlio include nel genere Gongora, anche le specie del genere Acropera e la nostra “povera” orchidea messicana fiorita nella collezione Loddiges assume il nuovo nome Gongora Galeata (Lindl.) Reichb.f. “Acropera” sarà mantenuto come un sottogenere di Gongora, che comprende sei specie, tutte originarie dell’America centrale. Di questo sottogenere, G. Galeata è la specie tipo.

Le api euglossine
Si è scritto in altri post, che tutte le orchidee appartenenti al gruppo delle Gongorinae sono note per il loro fiori insoliti e persino bizzarri, dotati di ghiandole “osmophore” che producono composti volatili aromatici, che sono raccolti dai maschi euglossini (imenotteri, Apidae).

Gongora galeata (Lindl.) Rchb.f. (1854)-SEZIONE Acropera
Basionimo:
Maxillaria galeata Lindl. (1831)
Sinonimi:
Acropera loddigesii Lindl. (1833)
Acropera luteola Drapiez (1840)
Acropera atropurpurea Heynh. (1846)
Acropera fuscata Heynh. (1846)
Acropera luteola Heynh. (1846)
Acropera pallida Heynh. (1846)
Acropera purpurea Heynh. (1846)
Acropera sulphurea Heynh. (1846)
Acropera flavida Klotzsch (1851)
Acropera citrina Rchb.f. (1854)
Gongora galeata var. loddigesii (Lindl.) Autran & T. Durand (1896)
Gongora fuscata (Heynh.) Gentil (1907)

Botanici e tassonomi si sono sprecati per trovare un nome a questa orchidea, non solo per le loro solite diatribe, forse anche per la grande varietà della tonalità dei loro fiori, che va dalla forma alba al giallo scuro quasi porpora.
La foto a sinistra mostra la varietà a fiori gialli, spesso confusa con altre specie, ad esempio Gongora cassidea.

Gongora galeata è una specie epifita originaria del Messico, raramente litofita o terrestre. Vive a quote alte (600 – 1800) sui pendii delle foreste piovose e nebbiose. Gradisce temperature intermedie e luce soffusa in ambiente ventilato. Stante la sua propensione al geotropismo negativo è utile coltivare questa specie in cestini di legno, oppure ancorarla ad un ceppo legnoso con un letto di sfagno fra le sue radici.
Garantire un periodo semi-secco durante la stagione invernale.
Questa orchidea, generosa e poco esigente, fiorisce in tarda estate ed i suoi fiori emanano fragranza simile ai fiori d’arancio.

3 pensieri su “Gongora galeata storie e racconti.

  1. lucia tosti

    e sempre un piacere dell’anima leggere le tue storie. riesci a far immaginare i tentativi dei pionieri in quelle zone del perù e altro dove sono stata. che vita avventurosa per queste creature sempre più magiche. grazie guido e grazie pure per la faticaccia immane della serra. sarà sicuramente eccezionale perché ci hai riversato la tua esperienza di una vita . sono soprattutto gli insuccessi che insegnano penso almeno a me succede così. ma la tenacia non mi manca e pure la voglia di imparare. un saluto affettuoso da nonna lucia. chissà se un giorno riuscirò a venire da te per conoscerti di persona.

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    1. Guido Autore articolo

      Grazie nonna Lucia! Che belle le tue parole, a metà fra la commozione e l’entusiasmo, grazie e chissà che il destino non ci dia una mano e ci faccia incontrare!

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