Orchidee a San Valentino… Flover, basta la parola

Bellissimo esemplare di Coelogyne cristata della collezione “Gianni Faccioli” esposta all’edizione 2011 della festa delle orchidee al Flover.

Notizia flash per mobilitare le amiche e gli amici di Orchids Club Italia e tutti gli appassionati orchidofili che seguono questo blog.

…e con il 2012 sono 23 gli anni volati via insieme alle mostre di orchidee organizzate al Flover per San Valentino, festa degli innamorati.
Quell’idea – lungimirante – di dedicare spazio e protagonismo alle associazioni orchidofile in occasione di eventi legati al commercio dei fiori ha fatto scuola nel tempo, ora è quasi una moda per i Garden, ma il n° 23 può essere appeso solo sul petto di quei giovani e baldi orchidofili veneti di allora, gruppo del quale mi onoro di far parte.

Tutti un po’ più giovani allora, si direbbe oggi: eravamo sul territorio – e per l’appunto – i giovani titolari del FLOVER, colsero la nostra vocazione e ci misero a disposizione spazio ed organizzazione. Nacque la prima Festa delle orchidee a San Valentino.
L’andare degli anni scivolò veloce insieme alle mostre, sempre belle ed originali.
Anche quest’anno sarà presente Orchids Club Italia, ospite ed organizzatore dell’esposizione botanica, insieme agli amici del gruppo Giardino jacquard di Schio (VI) ed agli amici dell’Associazione Trentina Orchidee, che per l’occasione mette a disposizione il grande vascello di Orchids and Wine. A titolo personale parteciperanno alla festa delle orchidee anche altri collezionisti italiani.
Sarà presente anche il produttore tedesco Roellke – per le prenotazioni questo è il link
…le date?. dall’11 al 15 Febbraio 2012…vi aspettiamo

Orchidari… figli delle “scatole magiche” di Ward

Se hai problemi di spazio in serra, se hai finito i soldi per mantenerla, se sei in crisi perchè le tue orchidee battono i denti dal freddo, non farti prendere dal panico…vai sul piccolo, costruisciti una “scatola magica”…

Chiamalo orchidario, terrario o con altro termine, tutto parte da Ward
Questo post è dedicato a chi coltiva le orchidee in casa e spesso si è dovuto attrezzare nei modi più “rocamboleschi” per garantire alla propria collezione un luogo adatto alla crescita e alla fioritura. Per chi non ha la fortuna di poter realizzare una serra o destinare un’appendice della propria abitazione alla propria “fitopassione”, un jardin d’hiver dove immergersi in un angolo tropicale, rimane un piccolo luogo dove concentrare il proprio sguardo verso la natura, a volte talmente piccolo che al suo interno in epoche passate ci si divertiva a creare riproduzioni di veri e propri paesaggi in miniatura o architetture in scala ridotta popolate di vegetali: il terrario.
I moderni terrari hanno subito un’evoluzione meno estetica e più tecnologica di un tempo, da scatola chiusa sostenuta da strutture ricamate di ferro battuto si sono trasformati in ambienti ventilati con impianti di illuminazione artificiale.
Ma come e quando nacque il terrario e chi scoprì il miracolo della coltivazione sotto vetro?
A fare questa scoperta fu il dott. Nathaniel Bagshaw Ward (1791-1868), quest’uomo, che ha il merito di aver cambiato il mondo botanico così drasticamente, rimane l’ennesimo personaggio-ombra che emerge dalle nebbie della Londra vittoriana. Non pensiate che questa sia la solita frase retorica, dietro alle sue scoperte si nascondono una serie di evoluzioni storiche senza le quali il mondo moderno sarebbe decisamente diverso da quello che noi conosciamo.
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Paphiopedilum coltivati in contenitori retinati “museruole”

Da un’idea del bravo orchidofilo Alessandro Valenza, il quale coltiva qualche specie di Paphiopedilum su cestini di plastica retinati a forma di rete incrociata, ho pensato di sperimentare la sistemazione di una pianta, autocostruendomi una museruola che normalmente si usa per le Stanopeinae, che neccessitano di supporti con grandi fori.
Pertanto, per sistemare un ceppo di Paphiopedilum del gruppo “Parvisepalum” cioè quel gruppo che produce lunghi rizoni dai quali si formano i nuovi germogli, ho costruito un cestino a maglie di rete, con filo di ferro plastificato.

Come costruire una museruola

Procurarsi filo di ferro plastificato di 2 sezioni, una abbastanza rigida ed un’altra più sottile, quel tanto da permattere la manipolazione e l’attorcigliatura.
1 – Costruire un anello di 2 cm di diametro, usando il filo di ferro più grosso (foto sopra a sinistra).
2 – Predisporre 8 – 9 spezzoni di filo più sottile di circa 60 cm. caduno (foto sopra in centro).
3 – Attorcigliare, uno alla volta, tutti gli spezzoni attorno all’anello (vedi foto sopra a destra e sotto a sinistra).

Ora possiamo iniziare ad attorcigliare i fili di ferro su se stessi – sempre due giri – andando a formare delle maglie – vedi quelle delle reti di recinzione. Nel primo giro di attorcigliature bisogna tenersi obbligatoriamente stretti, a partire dal secondo giro, per creare la curvatura del cestello bisogna aumentare la dimensione della maglia ad ogni giro.
Proseguire aumentando la dimensione fino a lasciare 5 cm per la legatura all’anello superiore.
Costruire un anello con filo grosso rigido, la cui circonferenza si svvrapponga a quella creata dall’ultimo giro della maglia costruita. Attorcigliare tutti i fili sottili attorno al filo grosso ed eliminare eventuali abbondanze vedi le foto varie.

A questo punto il cestello “museruola” è ultimato.
Allo scopo di trattenere il composto della pianta da invasare, rivestire la parte interna della museruola con il reticolo formato dalle resistentissime guaine fogliari, che avvolgono i fusti delle palme – Trachycarpus fortunei – se reperibili da soggetti demoliti, o con altre retinature di varia natura, vedi foto sopra.
La pianta da rinvasare è stata estratta, mantenendo compatto il suo composto, che ho tolto rovesciandola sotto sopra e ripostandola nel cestino. Ho ripinguato il composto mancante ed ecco il risultato delle operazioni:

Con questa sistemaziuone i lunghi rizomi della pianta possono distribuirsi per far tranquillamente uscire i nuovi germogli anche dai lati. Il cestello va appeso con dei fili telefonici doppi, tenuti insieme da un un gancio di filo di ferro grosso.
Per verificare la bontà dell’operazione ci diamo appuntamento alla prossima stagione vegetativa e possibilmente con la vista di una buona fioritura.