Conoscere e coltivare i Paphiopedilum 5

Bagnature e rinvasi, come e quando.

Quando bagnare le piante.
La prima domanda che un neofita rivolge al coltivatore esperto di Phapiopedilum è di solito la seguente: quando e quanto devo bagnare i miei Paphiopedilum?

Il coltivatore esperto di turno fa buon viso a cattiva sorte e tergiversando, risponde come le sacerdotesse Greche con gli oracoli, al tempio di Delfi: “dipende dal clima e da…. ecc”. In verità questa domanda buttata lì a bruciapelo, infastidisce il coltivatore perché non può dare una risposta soddisfacente, senza dover fare tutta una serie di valutazioni colturali e dei vari modi di annaffiatura.

Il requisito fondamentale da rispettare con le bagnature è quello di non lasciare mai asciugare il composto del substrato.
Come si può ben capire, il mantenimento della costante umidità del substrato, varia in funzione della formulazione del composto, della dimensione dei vasi, dell’alloggiamento della pianta, della posizione della serra e dello stato dell’apparato radicale (radici sane ed in pieno sviluppo, oppure radici ferme o deteriorate).
Ciò detto, potete ben capire quanto è difficile stabilire dei tempi precisi; ad ogni buon conto nelle coltivazioni domestiche, per capire se i nostri Paphiopedilum hanno sete, si può anche procedere al controllo manuale ed approssimativo del peso dei vasi.

Altra regola utile è quella di aumentare la frequenza delle annaffiature proporzionalmente al clima stagionale: massime in estate, molto ridotte in inverno, con particolare attenzione per le piante con il substrato e le radici in crisi.

Considerandola semplicemente come indicazione generale, possiamo affermare che durante la stagione calda bisogna bagnare almeno ogni due giorni e nel restante periodo, una volta la settimana.
Nel dubbio che la pianta sia asciutta non indugiate, bagnatela!

Alla presenza di piante con le radici compromesse, tenetele leggermente all’asciutto; così facendo si sollecita la ricostituzione dell’apparato radicale.

Si consiglia inoltre di bagnare nelle prime ore della giornata e con mattinate soleggiate, questo per consentire alle piante di asciugare le foglie prima delle ore notturne.

Ovviamente, nulla vieta di bagnare anche di notte, in tal caso bisogna prestare attenzione a non spruzzare acqua sulle foglie, in quanto l’asciugatura durante le ore notturne fresche ed umide è molto rallentata: l’acqua stagnante tra le ascelle delle foglie giovani, è veicolo di marcescenze.

Come bagnare i Paphiopedilum.>
Il sistema ideale sarebbe quello di bagnare ogni singola pianta, avendo cura di agire solamente sul composto, ripetendo l’azione finché il substrato è ben fradicio.
Questo sistema è praticabile, quando le piante in collezione sono relativamente poche.
Nelle coltivazioni di Paphiopedilum in serra, l’operazione “bagnatura” che inevitabilmente consiste in una doccia generalizzata, si fa un pochino più complessa e richiede una certa accortezza.

Ovviamente i nostri Paphiopedilum convivono in serra con altri generi di orchidee e molto spesso in situazioni di sovraffollamento, bisogna pertanto evitare di commettere due errori in contemporanea: lasciare all’asciutto qualche pianta e procurare altresì, inopportuni ristagni d’acqua sui colletti dei nuovi germogli.

E’ importante quindi attrezzarsi con un getto doccia non molto violento e usandolo con padronanza, agire tra i vasi, quasi a voler cercare le parti a vista del composto.
Durante quest’operazione manuale, al fine di poter stabilire il tempo di permanenza del getto d’acqua sopra ogni vaso, l’occhio del coltivatore deve scandagliare l’esistente.
Terminata l’operazione della bagnatura, tornerà molto utile fare un controllo generale allo scopo di eliminare con soffi decisi, eventuali ristagni d’acqua sui colletti dei germogli.

Composti per il rinvaso dei Paphiopedilum.
Nel variopinto mondo delle orchidee, non c’è nulla di più intricato della giusta soluzione per il loro substrato di coltura.

I prodotti per realizzare i vari composti sono legati alle diverse zone di coltivazione e quindi alla facilità di reperimento di materiali esistenti in loco.
Sentiremo parlare di, sfagno (muschio acquatico), di bark ( corteccia di pino), fibra d’osmunda ( esteso groviglio radicale di una felce chiamata osmunda regalis), torba, corteccia di cocco sminuzzata, pietra vulcanica, carbone vegetale, roccia calcarea, terra cotta sminuzzata, ecc.
Sono tutti prodotti dai nomi affascinanti, messi al servizio della fantasia dei coltivatori e spesso sembrano più miracolosi quelli più difficili da reperire.
La nostra fantasia nella realizzazione dei composti per orchidee è messa a dura prova proprio con i Paphiopedilum che essendo orchidee semi terricole, sono relativamente più esigenti delle sorelle epifite ( devono trovare essenzialmente nel substrato di coltura, i loro elementi nutritivi).
Non me la sento di elencare tutte le combinazioni, mi limito ad illustrare la mia soluzione, raccomandando di interpretare i miei consigli ed adattarli alle vostre esperienze di coltivazione. Dopo anni di preparazione dei composti per i miei Phapiopedilum, ancor oggi, quando mi accingo ad iniziare la fatidica miscelazione, c’è sempre qualche dubbio che m’induce ad apportare qualche piccola modifica.
La scelta di base parte dalla questa considerazione: utilizzo di materiali facilmente reperibili, che consentano di realizzare c c composto soffice, drenante e che contenga i minerali necessari al nutrimento dei Paphiopedilum.

Prodotti e loro miscelazione
1) – 35% corteccia di pino di media e piccola pezzatura, messa preventivamente a bagno in acqua per almeno tre giorni.
2) – 35% torba di sfagno molto filamentosa.
3) – 20% agriperlite, eolite, pomice equamente miscelate (può anche essere usato solamente uno dei tre componenti, sempre 20% in percentuale totale).
4) – 10% materiale calcareo grossolano, rocce o sassi preventivamente triturati ( sabbia o ghiaino).

Il tutto va depositato in un contenitore capiente per poterlo mescolare energicamente e ripetutamente: a questo punto il composto è pronto per l’uso.
Ultima annotazione: è possibile variare le percentuali secondo la dimensione dei vasi e delle piante (ad esempio per vasi grandi è consigliabile aumentare percentuale e dimensione del bark)

Quando rinvasare.
La regola generale direbbe almeno ogni due anni, nei periodi di sviluppo delle piante e cioè, in primavera (marzo –giugno), oppure in autunno (settembre – ottobre).
In piena estate è sconsigliabile toccare le piante perché sono stressate dal caldo: stesso discorso per motivi opposti, durante la stagione fredda.
Volendo entrare un po’ più nel dettaglio possiamo stabilire che i Paphiopedilum vanno rinvasati quando:

1) – le radici si comprimono troppo all’interno del vaso, al punto da rendere inefficaci le annaffiature.
2) – eccessivo invecchiamento del substrato di coltura.
3) – problemi all’apparato radicale.

Per chiudere l’argomento dei substrati, vi ripropongo la sequenza fotografica del rinvaso del mio Phapiopedilum parishii:

…….Sequenza d’operazioni, per il rinvaso di una pianta di: Paphiopedilum parishii:

Pianta da rinvasare, con chiari sintomi di substrato in crisi.
La pianta, pur essendo stata rinvasata l’anno scorso, a causa della torba scadente usata nel composto, presentava un substrato eccessivamente compattato, con ristagno eccessivo d’acqua.
Prima operazione:
Svasatura, analisi dell’apparato radicale e valutazione per un’eventuale divisione della pianta. La decisione risulta abbastanza facile, perché nelle piante di Paphiopedilum, i ceppi, si presentano già divisi, basta separare le radici dal composto e da eventuali marcescenze, il resto arriva da solo.

Nel mio caso, la pianta si è divisa in due unità.
Composto per il rinvaso:
35% di corteccia di pino di pezzatura medio piccola – 35% di torba di sfagno abbastanza filamentosa – 15% di terriccio a base di eolite, fertilizzante a lunga cessione, sabbia e d altri elementi – 15% di agriperlite.

Sul fondo dei vasi, quale strato drenante, un po’ di polistirolo, economico ed inerte.
Sistemazione della pianta sul vaso e riempitura con il composto preventivamente preparato: per farlo penetrare fra le radici, uso della punta dell’indice, o più correttamente, di un apposito bastoncino.

Lieve battitura all’esterno del vaso, con il palmo della mano, per agevolare l’assestamento del composto.
Per la definitiva sistemazione del composto fra le radici, messa a bagno del vaso ( nel caso mio, sul ruscello ‘ Rio Parnasso’) e delicata bagnatura della parte superiore del vaso, finchè il substrato è ben fradicio.
Questa operazione è utilissima anche per evitare lo stress secco da rinvaso, ma non è comunque consigliabile, se l’apparato radicale è stato manomesso e presenta ferite da taglio, in questi casi, dopo aver protetto le radici con funghicida, è bene aspettare due giorni, prima di innaffiare la pianta rinvasata.

L’operazione di rinvaso del mio Paphiopedilum parishii, è ultimata, dalla pianta iniziale ho ottenuto due divisioni, pronte per una promettente fioritura, o per essere scambiate con qualche specie che manca alla mia collezione.
I vantaggi di acquistare una divisione, piuttosto di una piantina piccola , magari da semina, sono indubbiamente notevoli: fioritura immediata e garanzia della qualità, avendone gia visti i fiori.
Altro aspetto importante che da valore alla pianta, è quello di poter avere divisioni di piante raccolte ex sito: le semine e le clonazioni, presentano sempre delle incognite.

8 pensieri su “Conoscere e coltivare i Paphiopedilum 5

  1. Fabio

    Ciao Guido mi sabaglio o qui si sta gia iniziando la stesura per qualcosa di più importante??? EH EH EH se è così posso dirti che chi ben comincia….
    Fabio.

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  2. Cinxia

    Grazie Guido. Sono affascinata dalla chiarezza, la competenza e la disponibilità che mostri nei confronti di chi ha tutto da imparare.
    Ah una domanda… io al vivaio ho trovato solo corteccia di pino di pezzatura abbastanza grossa… è possibile usarla magari sminuzzandola?

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  3. Daniele1090

    Scusate, ma non mi sono presentato 😀 Mi chiamo Daniele e ho 14 anni, ho una phalaenopsis che sono riuscito a farla rifiorire, speriamo bene…. ho visto che molti di voi frequentano il forum di Giardinaggio.it… io sono Daniele1090 😉

    Anche se sono ancora un ragazzo e sono alla mia prima orchidea (la classica phalaenopsis, di cui la coltivazione per ora va bene :D)

    Approfitto di questo messaggio, dato che non ho trovato l\’ indirizzo mail di Guido, per chiedere se potresti mettere qualcosa sulla Vanda, mi interessa molto!!! E\’ bellissima 😉 PErò prima vedo come va con la phalaenopsis e per la sua fioritura

    A presto, Dani

    PS: Complimenti per questo splendido sito-forum 😉

    ciaoooo

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  4. Michele

    Il Paphopedilum venustum del secondo post sui Paphiopedilum è veramente impressionante; chissà poi quando sarà fiorito!!
    Vorrei avere un consiglio: oggi ho visto alcuni alberi avviluppati dall\’edera e mi sono ricordato che tempo fa avevo letto che i fusti ricoperti di radici avventizie dell\’ edera possono essere usati come supporto per le orchidee. Tu Guido li hai mai provati?
    Ciao, Michele

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