Archivio mensile:Gennaio 2005

Schomburgkia, Laelia o Cattleya?: scheda e curiosità

Nota: le notizie e le descrizioni di ogni post del blog sono supportate da ricerche sulla lettratura esistente e sul web, ma si riferiscono esclusivamente a esperienze di coltivazione su orchidee presenti nella mia collezione.
Eventuali errori o incompletezze possono essere rimediati dalla vostra collaborazione.

Schomburgkia, Laelia o Cattleya?

Descrivo queste due specie botaniche con il nome “Schomburgkia”, ma devo dire che fra appassionati preferiamo chiamarle con il sinonimo “Laelia”: come si può notare, anche in un genere relativamente piccolo, le Laeliae, i tassonomi ed i botanici sono riusciti a creare qualche problema.

Collezione Guido De Vidi. Foto 15.01.05. Tutti i diritti sono riservati.
Schomburgkia superbiens (Lindl.) Rolfe 1917.

Sinonimi: Bletia superbiens (Lindl.) Rchb. f. 1862 – Cattleya superbiens (Lindl.) Beer 1854 – Laelia superbiens Lindl. 1840

Questa specie è così chiamata in onore di Richard Schomburgk, botanico tedesco scopritore d’orchidee ed esploratore della Guiana Britannica del 1800.
In Guatemala viene anche chiamata: La Vera De Senor San Jose (Il bastone di San Giuseppe, probabilmente per il lungo stelo fiorale, solido e curvo all’apice).

I luoghi d’origine della Schomburgkia superbiens sono le ampie foreste umide e piovose del Messico, Guatemala, Honduras e Nicaragua.
E’ una specie epifita/litofita e vive aggrappata ai rami degli alberi oppure su pareti rocciose ad altitudini tra 800/2000 metri.

La Schomburgkia superbiens è una orchidea di grandi dimensioni che si sviluppa in modo simpodiale, formando grossi gruppi di pseudobulbi oblunghi fusiformi, un po’appiattiti, con una o due foglie lanceolate ed un esteso apparato radicale carico di lunghe e solide radici.
All’apice degli pseudobulbi crescono gli steli fiorali ( lunghi 100 – 130 centimetri) con molti boccioli avvolti da brattee acuminate che aprendosi, mostrano grandi fiori color rosa oppure bianchi, nella forma alba. I fiori appaiono a Gennaio e sono profumati.

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Collezione Guido De Vidi. Foto 15.01.05. Nome comune del cultivar:Laelia gloriosa ‘MATTEO’
Tutti i diritti sono riservati.
Schomburgkia fimbriata (Vell) Hoehne 1952.

Questa specie è così chiamata in onore di Richard Schomburgk, botanico tedesco scopritore d’orchidee ed esploratore della Guiana Britannica del 1800.

Sinonimi: Bletia crispina Rchb. f. 1862 – Bletia gloriosa (Rchb.f) Rchb.f 1862 – Laelia gloriosa (Rchb.f) L.O.Wms. 1941 – Schomburgkia crispa Lindley 1844 – Schomburgkia gloriosa Rchb. f. 1860 – Schomburgkia marginata Hkr. 1840 – Schomburgkia marginata var immarginata Hkr. 1840

I luoghi d’origine di quest’orchidea sono, il Venezuela, la Guyana, il Surinam, la Colombia e l’Ecuador e vive come pianta epifita da clima caldo, a 200 – 800 metri d’altitudine.
La Schomburgkia fimbriata si sviluppa in modo simpodiale e forma pseudobulbi turgidi caratterizzati da vari nodi ai cui apici crescono 2 – 3 foglie strette, oblunghe, coriacee e leggermente ottuse.
Le appariscenti infiorescenze ( 5 – 6 centimetri) con sepali e petali crespati di colore giallo senape, e labello cereo maculato di rosa, spuntano numerosi ( 10 – 15) sulla parte terminale di un lungo stelo (100 – 120 centimetri), in gennaio.

In coltivazione si consiglia di sistemare quest’orchidea in zona calda, luminosa, spaziosa e ventilata. Può essere coltivata in vasi, ma si ottengono buoni risultati, anche appendendo 4 – 5 pseudobulbi adulti a radice nuda, su sostegni verticali.

L’esteso apparato radicale e la terete-forma di quest’orchidea, le consentono di sopportare condizioni di caldo e secco senza particolari problemi.
Durante la stagione calda, questa specie va fertilizzata ogni 10 – 15 giorni ed è utile concedere una breve asciugatura fra le bagnature.

Giova ricordare che durante il naturale riposo vegetativo, verificabile dal colore uniforme delle radici ( assenza di pseudo-trasparenza sulle loro punte) e dallo status dormiente delle gemme vegetative, è bene moderare le fertilizzazioni e le bagnature.
Le note colturali riportate, valgono per tutte le specie di Schomburgkia e cioè:
albopurpurea-brysiana-campecheana-chionodora-crispa-exaltata-humboldtii-lueddemannii-
lyonsii-marginata-rosa-splendida-superbiens-thomsoniana-tibicinis-undulata.

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Consigli

I problemi di paolo:

….Alcune delle mie piantine ultimamente mi danno da pensare in particolare la cattleya che sta perdendo le foglie in basso senza essere ne gialle ne secche,solo lo pseudobulbo e leggermente cambiato di colore e piu raggrinzito ma la pianta sembra sana e in riposo (18/21gradi,vicino a una finestra,annaffio quando sento il composto quasi asciutto e fertilizzata 20 giorni fà)il composto forse è un pò esaurito è di quando l’ho acquistata questa estate avevo pensato di rinvasarla e dividerla a primavera. Hai qualche consiglio su come fare x recuperarla?

Le “Cattleye”, siano esse ibridi o specie, non dovrebbero perdere facilmente le foglie. Ci sono però delle varietà medio piccole a veloce incespimento, che invecchiano facilmente e lasciano cadere con facilità le foglie dei vecchi pseudobulbi, questo fenomeno si può manifestare con facilità su piante provenienti da semine o clonazioni ed ancora in fase di crescita ( per capirci, non divisioni di piante adulte).
Ti mostro una foto di Cattleya con le foglie cadute, con il composto vechio di anni e sicuramente da rinvasare, dimmi se la tua situazione corrisponde…. se puoi, mandami una foto.
Nel frattempo, se non noti la presenza di parassiti – cocciniglie ed altro – e se non sono presenti parti molli e/o marcite, rallenta bagnature, sospendi le fertilizzazioni ed aspetta il suo risveglio vegetativo: quando sarà il momento, alla base dell’ultimo pseudobulbo maturo, la prima o seconda gemma dormiente si ingrosserà , comincerà a crescere e formare piccole radici. a quel punto potrai rinvasarla….. nel frattempo preparerò un post sul rinvaso delle Cattleye.
Spero che la tua Cattleya non sia attaccata da agenti patogeni vari, in ogni caso, a titolo preventivo, con la prossima bagnatura metti in acqua anche funghicida rameico e fai un giretto in archivio di questo blog, troverai notizie sui pesticidi.

Phalaenopsis in casa

Quel famoso internodo, secondo terzo o aspettare?

Buongiorno…
mi chiamo Alessia!
Nel mese di Ottobre 2004, mi è stata regalata una Phalaenopsis… aveva molti fiori e anche molto belli…
ora è sfiorita, e molti mi hanno detto di tagliarla sopra al secondo nodo per farla rifiorire… è giusto? Mi potreste dare info su come e dove tagliare? Quanto tempo ci vuole perchè possa nuovamente crescere il ramo floreale? Io per ora la sto annaffiando con acqua non calcarea 1 volta a settimana, e ogni due settimana la concimo con apposito fertilizzante… vorrei riuscire a mantenerla bene anche perchè tengo molto a questa orchidea.


Steli rifiorenti
Alessia pone un problema che assilla tutti i possessori delle mitiche Phalaenopsis.
Le ibridazioni commerciali, hanno reso molto popolare questo genere d’orchidee e si può ben dire che ormai regnano in tutte le nostre case.
Con facili cure, le Phalaenopsis vivono e convivono con le ansie ed i patemi d’animo di tante amiche ed amici, sempre attenti agli spruzzini, temperature, trucchi per umidificare, illuminazioni artificiali ecc.
Per quanto riguarda storia e coltivazione delle Phalaenopsis, vi rimando a questo post , con questo racconto desidero parlare dell’ormai famosa frase: taglio o non taglio al secondo, terzo internodo?

Sappiamo che la Phalaenopsis è rifiorente sullo stesso stelo e questo fenomeno crea sempre delle attese fra i possessori di queste orchidee.
Molte specie di Phalaenopsis, in natura, sono in sostanza sempre in fiore.
Nella foto sopra, si può notare lo stelo secondario fiorito al terzo internodo e la parte superiore ancora presente
Gli ibridi commerciali che invadono le nostre case, raccolgono queste caratteristiche genetiche e se le condizioni delle piante lo consentono, dallo stelo principale si formano steli secondari in progressione.
Si tratta quindi di capire se la salute della pianta consente di lasciarle spendere energie nella fioritura continua. In certi casi, per rinforzare la pianta, conviene recidere alla base gli steli, una volta sfioriti.
Fra le varie leggende metropolitane distribuite dai venditori, la più in voga è quella di tagliare lo stelo sfiorito, al secondo internodo: di se, non è un consiglio sbagliato, è solo un fatto estetico, quasi inutile.
E’ inutile perché anche se rimane lo stelo sfiorito intero, sarà la pianta a decidere se e dove produrre i nuovi getti fiorali.
A mio avviso sarà invece utile aspettare che la nostra pianta decida dove rifiorire, una volta che il nuovo stelo avrà maturato i boccioli, si potrà recidere la parte superiore.
Può capitare che lo stelo sfiorito si secchi, in tal caso conviene reciderlo alla base.
Nota finale: qualsiasi operazione va fatta con utensili sterili.

Scheda: fertilizzazione delle orchidee.

Nutrimento delle nostre piante

Orchidee in serra.
Come è capitato a parecchi principianti, quando ho cominciato a coltivare le orchidee ho comprato alcuni libri specializzati, per apprendere i piccoli segreti della loro coltivazione.
Fra i problemi che assillano il coltivatore d’orchidee, c’è ovviamente la corretta alimentazione.
Sin dall’inizio ho capito che le orchidee richiedono una fertilizzazione diversificata secondo il sistema di coltivazione, delle condizioni ambientali e del periodo dell’anno.
Esempi:
– fertilizzazione delle orchidee coltivate in vasi con corteccia d’abete.
– fertilizzazione delle orchidee in modo equilibrato.
– fertilizzazione ricca di fosforo, per favorire la fioritura e la formazione delle radici.
Ho cercato consigli fra i coltivatori e mi sono subito trovato davanti a molte soluzioni fai da te che mi hanno confuso le idee.
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Aerangis biloba

Una deliziosa e stellare Angraecoide africana

Aerangis biloba
E’ una piccola e deliziosa angraecoide epifita, originaria dell’Africa tropicale occidentale “Zanzibar”, vive nelle zone boscose a 7-800 metri d’altezza, ma colonizza anche aree coltivate a caffé. Questa specie a sviluppo monopodiale, forma piccoli ceppi di foglie obovate, bilobate e carnose, di colore verde scuro con piccole punteggiature nere. Lungo racemi penduli lunghi da 10 a 40 centimetri, in inverno/prima primavera, spuntano da 7 a 20 fiori bianchi, di 2.5 centimetri, cerosi, durevoli e profumati durante la notte.

Collezione Guido De Vidi. Foto 06.01.05 – Tutti i diritti sono riservati.
Aerangis biloba (Lindley) Schlecter 1915

Sinonimi: Angorchis biloba (Lindl.) Kuntze 1891 – Angraecum apiculatum Hooker 1845 – Angraecum bilobum Lindley 1840 – Rhaphidorhynchus bilobus (Lindl.) Finet 1907.

Questa orchidea è molto duttile e si adatta facilmente ad eventuali stress causati da periodi asciutti, perché è dotata di un esteso apparato radicale che scende e si confonde con gli steli fiorali vecchi, che hanno la caratteristica di formare nuove piante ai loro apici.
Questa specie africana non richiede particolari periodi di riposo vegetativo e quindi può essere coltivata in ambiente caldo intermedio ad umidità costante, durante tutto l’anno.
Aerangis biloba vive bene sia in vaso con composto di corteccia di pino, sia su zattera di sughero o tronchetto di legno ruvido e duro d’acacia.
E’ utile ricordare che questa orchidea cresce bene in ambiente ventilato e non sopporta substrato di coltura fradicio, ama una periodica fertilizzazione con concime solubile in acqua, 20-20-20, ogni 20 giorni – 0,5 grammi per litro d’acqua.
In coltivazione non subisce particolari attacchi da agenti patogeni, è sufficiente proteggerla da attacchi fungini e/o da possibili colonizzazioni di cocciniglie, lumache, chioccioline e formiche, usando prodotti poco nocivi.

Vuylstekeara Cambria

Ibridi famosi

Cambria: ibridi facili da coltivare, ideali per principianti e per essere coltivati in spazi domestici.

La Cambria di Fortunata

….”Sono una neofita ma innamorata delle orchidee ed ho visto le splendide orchidee del sig. Guido alla mostra Orchidee sul Lago tenutasi a Verbania-Pallanza nel 2004, ora ho trovato il suo sito ma non so se questa e’ la sede per porle una domanda sulla Cambria che ho acquistato a Pallanza… Le pongo un accenno: la pianta e’ tenuta in appartamento ad una temperatura media di 20 gradi centigradi, luce presente ma non diretta, innaffiata una volta a settimana per immersione. Sembra godere di buona salute infatti mette foglie nuove, ma su alcune vecchie sono spuntate delle macchie partendo dalla punta (solo una foglia ha una macchia in mezzo, non in punta). Sono nere/nere-gialle, non so come poterla curare e da cosa dipendono. Potrebbe darmi qualche consiglio? La ringrazio x l’attenzione Se questo non e’ il luogo adatto a porre domande mi scuso ma non sapevo come altro fare. Saluti, Fortunata”….

Cambria: un nome per tanti ibridi
Sui davanzali delle nostre case, l’orchidea di nome “Cambria” è altrettanto famosa delle Phalaenopsis.
Cambria però, non è un genere o una specie d’orchidea, bensì un nome commerciale dato per comodità a tutta una serie di ibridi intergenerici complessi.
Tutto ha inizio con un ibrido intergenerico creato nel (1911 – 12) da Charles Vuylsteke, coltivatore ed ibridatore fiammingo.

Questo incrocio intergenerico, che somma le qualità dell’Odontoglossum crispum, della Miltonia e della Cochlioda noetzliana, porta il nome Vuylsteke, – seguito dal suffisso – ara (Vuylstekeara) in onore del suo ibridatore, per l’appunto.

Tutto questo avveniva agli inizi del 20° secolo, ma solamente verso gli anni 30 compare il nome “Cambria”, assegnato ad un successivo incrocio intergenerico, destinato a diventare famosissimo negli anni a venire: Vuylstekeara Cambria ‘Plush’ (= Vuylstekeara Rudra x Odontoglossum Clonius).

Riepilogando, un cultivar (Vuylstekeara Rudra) del il primo ibrido trigenerico creato nel (1911-12) da Vuylsteke (= dontoglossum x Miltonia x Cochlioda), incrociato a sua volta con Odontoglossum Clonius (1931), da vita al grex Cambria, cultivar ‘Plush’.
Più tardi, verso gli anni 60, quando l’ibrido Vuylstkeara Cambria ‘Plush’ riceve un FCC/RHS, scatta la febbre del nome ‘Cambria’

In seguito furono registrati diversi “cultivar” – risultato di vari incroci con i tre generi originari – ognuno dei quali con un nome specifico, ad esempio: Vuylstekeara Cambria ‘Peluche’ FCC/RHS – AOS, Vuylstekeara Linda Isler, Vuylstekeara Monica ‘Burnham ‘, ecc.

Visti i risultati, gli ibridatori sempre alla ricerca di realizzare piante resistenti, fioriture spettacolari e durature, iniziarono a sperimentare incroci con varianti di specie e generi.
I migliori risultati sono stati selezionati, clonati ed immessi nel mercato a grandi quantità, ed ora possiamo trovare diversi cultivar.
Capita spesso che siano indicati con il nome “Cambria” anche ibridi intergenerici più evoluti e complessi, anche con la presenza di altri generi nel loro patrimonio genetico.
A titolo puramente esemplificativo elenco alcuni nomi corretti di ibridi che si trovano normalmente in commercio col nome di Cambria: Burrageara, Wilsonara, Aliceara, Beallara, Crawwhayarara ecc.

Fatta questa carrellata informativa del significato di “Cambria”, possiamo iniziare a conoscere le esigenze colturali di questo incrocio intergenerico.

Vuylstekeara Cambria
Secondo le condizioni ambientali, può fiorire sia in autunno sia all’inizio della primavera.
Le inflorescenze spuntano dalla base degli pseudobulbi nuovi e portano 3-7 fiori. I fiori generalmente sono spettacolari. Petali e sepali sembrano di velluto, colorati con le bande rosso scuro e bianche sulla loro parte superiore e punti bianchi alla base. Il labello è grande, di solito bianco con i puntini rosso scuro e un gran punto rosso scuro al centro.

Tutti gli ibridi intergenerici di Vuylstekeara, preferiscono luce soffusa, mai il sole diretto.
Per controllare empiricamente la giusta quantità di luce, basta osservare il colore delle foglie: verde rossastro indica troppa luce, verde scuro indica carenza di luce.

Gli ibridi di Vuylstekeara tollerano una vasta gamma di temperature, le condizioni ideali di sviluppo, richiedono 10 -15 gradi centigradi minimi di notte e 20 – 25 medi, di giorno.

Bagnare il composto dei vasi ogni 7-10 giorni. Il composto deve sempre essere umido, in caso di bagnatura eccessiva, concedere una moderata asciugatura prima della successiva annaffiatura. Non tenere il fondo del vaso immerso nell’acqua.

Concimare le piante ogni 20 giorni. Usare fertilizzante solubile bilanciato 20-20-20: 0,5 grammi per litro d’acqua. Prima di fertilizzare le piante, assicurarsi che il composto non sia asciutto, in tal caso bisogna bagnarlo e poi procedere alla concimazione.

Umidità: poiché i genitori sono originari dei climi umidi, è utile ricreare un ambiente simile. Questo si ottiene in vari modi, ad esempio spruzzando le foglie anche più volte il giorno se l’ambiente è asciutto, oppure sistemare il vaso della pianta sopra un sottovaso rovesciato, posto al centro di una vaschetta con argilla espansa umida.
La Vuylstekeara, richiede un minimo d’umidità 40-50%. Con temperature alte, l’umidità relativa ideale, varia fra 55 e 75%.

Questi ibridi preferiscono ambiente ventilato, ma non sopportano bruschi sbalzi termici.

La Vuylstekeara va rinvasata almeno ogni due anni. Come regola generale, il rinvaso fa fatto, quando il nuovo getto misura 4-5 cm. e presenta nuove radici.
Tutto il composto vecchio va rimosso e le radici guaste eliminate, se la pianta è incespica, va divisa a gruppi di 3-4 pseudobulbi. Il composto ideale è costituito da corteccia di pino sminuzzata, miscelata con poca torba di sfagno e agriperlite. Eseguito il rinvaso, finché le nuove radici non riprendono a vegetare e si infilano nella corteccia, il composto va tenuto appena umido, poi si possono iniziare le normali bagnature.

Gli ibridi di Vuylstekeara sono abbastanza resistenti ad attacchi di parassiti è quindi sufficiente, tenere in forma le piante, con una corretta coltivazione. Nell’eventualità d’attacchi parassitari, cocciniglie, acari ecc. s’interviene con prodotti poco nocivi, possibilmente sistemici tipo “confidor”. Il trattamento con “confidor” va effettuato durante la fase vegetativa della pianta, una sola volta per ciclo di sviluppo. Questo prodotto è poco nocivo per l’uomo, il suo principio attivo (a base di nicotina) agisce da inibitore delle cellule cerebrali degli insetti ed essendo sistemico, viene assorbito dalle radici e raggiunge tutte le parti della pianta: eccessivi trattamenti possono procurare assuefazione.
Può capitare di mantenere le radici delle piante troppo bagnate, in tal modo si favorisce la formazione di marcescenze e l’attacco di malattie fungine: non appena si notano marciumi alle radici ai bulbi e/o sulle foglie, conviene un trattamento con fungicida (foglie e radici) ed eliminare le parti molli, scure o comunque deteriorate, con bisturi o coltellini sterilizzati.