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Orto Botanico di Padova e visita alle Phal. dei Fratelli Menin

Ripropongo un bellissimo reportage… scritto un lustro fa! Sembra ieri.

Il sabato dell’orto: una bella giornata di cultura, amicizia ed allegria.
La giornata, interessante e coinvolgente è scivolata velocemente. Per i più lontani l’avventura è cominciata ancora con il buio e, complice l’indesiderata nebbia, si è verificato qualche ritardo: ad ogni modo, il gruppo del Club si è compattato in sintonia con i programmi.
La neve caduta i giorni precedenti ed i deboli raggi di sole, che filtravano a fatica tra la nebbia Patavina, rendevano ancor più incantati gli aerali esterni dell’Orto.
A camminare infreddoliti, lungo i viali dell’Orto botanico di Padova eravamo quasi una cinquantina di visitatori del gruppo “Orchids Club”.
L’interesse di noi orchidofili era rivolto soprattutto alla serra delle orchidee, ma la bravura di Roberto (curatore delle serre e per l’occasione, nostra guida) ha catturato la generale attenzione e ci ha accompagnato in un viaggio affascinante, carico di cultura, storia e magica atmosfera tra le piante dormienti dell’Orto.

HORTUS SIMPLICIUM
Un viaggio carico di storia, architettura e botanica, lungo quasi mezzo millennio.

Ieri, davanti a noi c’era un partimonio storico ambientale di primaria importanza, che possiamo considerare l’origine di tutti gli orti botanici del mondo, la culla della scienza, degli scambi scientifici e della comprensione delle relazioni tra la natura e la cultura. Un patrimono sotto l’egida dell’Unesco, che ha largamente contribuito al progresso di numerose discipline scientifiche moderne, in particolare la botanica, la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacia.

Cenni storici
L’Orto botanico di Padova, fondato nel 1545 su un terreno dei Monaci Benedettini di Santa Giustina è il più antico Orto Botanico Universitario del mondo, tuttora esistente. Fu istituito su delibera del Senato della Repubblica Veneta per la coltivazione delle piante medicinali, che allora costituivano la grande maggioranza dei “semplici”, cioè di quei medicamenti che provenivano direttamente dalla natura.
Proprio per questa ragione i primi Orti botanici furono denominati “Horti simplicium”.
Regnava allora grande incertezza circa l’identificazione delle piante usate in terapia dai celebri medici dell’antichità e frequenti erano gli errori ed anche le frodi, con grave danno per la salute pubblica.
L’istituzione di un Horto Medicinale, sollecitata da Francesco Bonafede che ricopriva la Cattedra di “Lettura dei semplici”, avrebbe permesso agli studenti un più facile riconoscimento delle vere piante medicinali. Per questo scopo, il primo “custode” dell’Orto, Luigi Squalermo detto Anguillara, vi fece introdurre e coltivare un gran numero di specie (circa 1800).
Non esistono documenti che attestino la paternità del progetto dell’Horto medicinale, mentre è documentato il coinvolgimento nei lavori di esecuzione dell’architetto bergamasco Andrea Moroni, in quel tempo impegnato nella costruzione di importanti edifici pubblici e religiosi, come il Palazzo Moroni.
La forma trapezoidale del terreno a disposizione condizionò la pianta dell’Orto. Fu creata una struttura circolare con un quadrato inscritto, suddiviso in quattro quadrati più piccoli e da due viali perpendicolari. Pochi anni dopo la fondazione, nel 1552, fu costruito un muro circolare di recinzione (da cui anche i nomi di Hortus sphaericus, o Hortus cinctus, oppure Hortus conclusus), per impedire i continui furti notturni delle preziose piante medicinali coltivate nell’Orto.
La struttura architettonica dell’Orto subì in tempi successivi modifiche e arricchimenti, che però non alterarono in modo sostanziale il disegno originario.
Successivamente vennero anche realizzate serre in muratura, in sostituzione delle “conserve” mobili utilizzate in precedenza; una di queste serre ottocentesche conserva ancora l’originale struttura interna con eleganti archi e colonnine in ghisa.
Con l’aumentare dell’importanza dell’Orto si resero necessari spazi attrezzati per lo studio della botanica e fu perciò costruita un’aula ad emiciclo della capienza di cento studenti, detta “teatro botanico”, tuttora in uso per lezioni e riunioni. Sul cornicione del “teatro botanico” furono collocati i busti di eminenti studiosi: al centro quello di Francesco Bonafede, promotore dell’istituzione dell’Horto medicinale, e quelli di Giuseppe Pitton de Tournefort, Carlo Linneo, Antonio Bernardo de Jussieu e di Marcello Malpighi.

Vivono nell’Orto patavino alcune piante notevoli per la loro vetustà, normalmente indicate come alberi storici.

Il curatore delle serre esotiche sta illustrando la “Palma di Goethe”

All’interno dell’Hortus sphaericus si possono ammirare una palma di S. Pietro (Chamaerops humilis L.) che è attualmente la pianta più antica dell’Orto in quanto messa a dimora nel 1585 e resa famosa da Goethe, alla quale dedicò anche alcuni scritti ed opere scientifiche, un ginkgo (Ginkgo biloba L.) del 1750 ed una magnolia (Magnolia grandiflora L.) probabilmente piantata nel 1786 e ritenuta la più antica d’Europa.
Altri alberi storici si trovano nell’Arboretum realizzato dalla seconda metà del Settecento, ad opera dei Prefetti Giovanni Marsili e Roberto de Visiani, situato all’esterno del muro circolare. In quest’area fu inserita anche una collinetta artificiale (“Montagnola” o Belvedere) con sentieri sinuosi secondo un disegno di parco romantico all’inglese.
Si trovano in questi spazi un gigantesco platano orientale (Platanus orientalis L.) del 1680 con il fusto cavo ed inoltre un cedro dell’Himalaya (Cedrus deodara (D.Don) G.Don fil.), molto meno vetusto del precedente e quindi non ancora considerato albero storico, ma importante perché si tratta del primo esemplare di questa specie introdotto in Italia (1828).
Alberi interessanti – anche se non storici – sono gli annosi Cipressi calvi (Taxodium distichum (L.) Rich.) originari delle paludi della Florida e della Louisiana, inseriti lungo il canale Alicorno presso il ponte di ingresso (Ponte delle Priare) ed una Metasequoia (Metasequoia glyptostroboides Hu& Cheng), specie conosciuta solo come fossile fino al 1942, poi trovata vivente nella Cina Occidentale. I suoi semi sono stati diffusi in tutto il mondo e un individuo vive dal 1961, nel quarto medicinale presso la porta Sud, accostato alla cinta muraria dell’Ortro.
In vicinanza della porta Nord, è vissuto fino al 1984 un venerando esemplare di Agnocasto (Vitex agnus-castus L.) la cui presenza in Orto è testimoniata dal 1550.

Abbiamo visitato anche le serre tropicali, e…la serra delle orchidee.
Alla vista della serra delle orchidee, per noi orchidofili è stato come scoprirle quasi nascoste per caso fra altri importanti generi vegetali. La collezione dell’Orto botanico, curata con passione e bravura da Roberto, ci ha fatto vivere sensazioni quasi reverenziali: le specie di orchideee presenti, seppur abbastanza comuni nelle nostre collezioni, assumono una portanza unica… loro abitano in luoghi famosi ed importanti.
C’erano diversi esemplari di Phapiopedilum, non molte specie per la verità e quasi tutte a foglia verde lanceolata (da serra fredda tipo P. insigne), ma fra queste ha attirato la mia attenzione una pianta con tre getti a foglie maculate Paphiopedilum delenatii Guillaumin …..il curatore ha detto che è una pianta in affidamento, frutto di un sequestro della polizia doganale Aeroportuale.

Finita la visita (ore 12.30 circa) ci siamo dati appuntamento per la meritata siesta in una trattoria della bassa Padovana per poi andare in visita alle serre dei F.lli Menin.
La pausa conviviale è stata una piacevole occasione per fraternizzare. Questa volta eravamo in tanti e molte amiche ed amici si incontravano per la prima volta.
L’immancabile Prosecco di Cartizze del brindisi iniziale, la buona cucina e le tante cose da dirci con i piedi sotto la tavola ci hanno sorpreso alle 15 e 30 ancora in Ristorante.

Caffé veloce e via di corsa alle vicine serre, dove ci stavano attendendo i titolari.
L’Azienda dei Fratelli Menin produce Orchidee (soprattutto Phalaenopsis) e Lilium; si articola in 45.000 metri quadri di serre riscaldate.
Giunti nella prima serra, che funge praticamente da magazzino di carico scarico, uffici ed officina, siamo stati sottoposti ad una simpatica operazione di “decontaminazione”.
L’ambiente delle serre deve essere il più possibile protetto da agenti batterici e fungini esterni e pertanto l’accesso di persone estranee deve avvenire con cautela.
A titolo cautelativo abbiamo indossato dei grembiuli, abbiamo coperto le scarpe con del tessuto non tessuto e ci siamo strofinati le mani con una sostanza gelatinosa anti spore fungine.
Così conciati abbiamo iniziato a seguire il ciclo vegetativo delle Phalaenopsis (fiore all’occhiello della coltivazione aziendale).

Serre a temperatura costante 28° nella fase di crescita delle Phalaenopsis
Le piantine di Phalaenopsis giungono dai loro fornitori (olandesi penso) già seminate in contenitori comuni, quando hanno ormai un anno d’età.
Sono trapiantate in vasi di plastica trasparenti e sistemate in bancali semoventi, dove iniziano un ciclo di circa 40 settimane dedicate allo sviluppo.
In questa loro fase di vita, rimangono ad una temperatura costante di 27 – 28 gradi centigradi con il 60 – 70% d’umidità relativa e sono sottoposte ad un ciclo luminoso giornaliero di 13 ore con 6000 lux medi.
Un programma computerizzato registra ed elabora costantemente i dati di sviluppo (implementati ancora con l’ausilio di operatori esterni) stabilisce volta per volta le necessità alimentari, idriche e luminose delle piante.
A breve il programma sarà completamente automatizzato attraverso l’inserimento di sensori nelle piante, che rileveranno in tempo reale lo stato complessivo dello sviluppo.
La nostra guida poneva l’accento con passione sul concetto, che l’intero ciclo dello sviluppo non deve mai subire rallentamenti: ogni trauma ( siccità, acqua troppo fredda, luce ecc) influisce negativamente.

Solamente acqua piovana o trattata con osmosi inversa
Per questi motivi è usata quasi esclusivamente acqua piovana (tutti i tetti delle serre sono dotati di gronde raccoglitrici, che trasportano l’acqua delle piogge in capienti vasche di raccolta), nei casi di mancanza di quella piovana è usata acqua trattata con il processo d’osmosi inversa.
Allo scopo di evitare indesiderati stress alle piante, l’acqua di bagnatura è portata alla stessa temperatura dell’ambiente: 26 – 28 gradi.

La fase del freddo
Terminato il ciclo di crescita delle Phalaenopsis, queste, sono spostate in serre fredde per 9 settimane, in gergo “in frigo” a temperatura oscillante tra i 15 ed i 18 gradi e sottoposte a luce pilotata non inferiore ai 13.000 lux medi giornalieri.
E’ questo il periodo dello stress freddo e secco (l’umidità ambientale può e deve diminuire rispetto a prima) in cui le phalaenopsis sono indotte alla fioritura; è anche il momento decisivo del raccolto: più gemme fiorali sono indotte ad ingrossarsi, più steli cresceranno e le piante acquisteranno più valore commerciale.
A questo punto le Phalaenopsis sono pronte per inondare il mercato; quelle dell’Azienda Menin sono sicuramente resistenti e presentano fioriture molto durature.

Durante l’escursione, le amiche ed amici presenti hanno posto domande a raffica…nei loro sguardi traspariva sorpresa e smarrimento, davanti a tutte quelle orchidee in ottima salute.
Le due domande d’obbligo riguardavano la concimazione e la frequenza di bagnatura, cruccio e angoscia di tutti gli orchidofili.

Le concimazioni vengono somministrate ad ogni bagnatura, in quantità e titolazione stabilita volta per volta da uno staff tecnico, dopo aver elaborato i dati di crescita rilevati dal programma computerizzato.

Le bagnature non hanno una cadenza fissa e sono altresì decise da tre tecnici che dopo aver ispezionato autonomamente lo stato del substrato, si consultano e prendono una decisione a maggioranza. I riferimenti da valutare riguardano il peso dei vasi (di plastica trasparente), il colore delle radici ( ancora verdi = non bagnare, bianche = valutaziona favorvole alla bagnatura) e non da ultimo, la fase di coltivazione: periodo di sviluppo piuttosto che condizione di stress freddo e secco per la stimolazione delle gemme fiorali.

Si dirà, cosa centra tutta questa prosopopea sulla coltivazione intensiva…con il collezionismo delle orchidee? Non molto per la verità, ma serve sicuramente a farci conoscere di più, la vita di tutte le orchidee cosiddette “commerciali”. Serve anche a capire quanto sono duttili le nostre orchidee, che riescono a vivere…ed anche bene, anche in condizioni estreme.

Appuntamento all’EOC di Padova
La giornata è terminata verso le 18… immancabilmente, a tarallucci e vino. Ci siamo scambiati affettuosamente i saluti e nel cuore abbiamo conservato tanta voglia di ritrovarci…guarda caso ancora a Padova, all’EOC fra un mese.

Alcune notizie relative all’Ortobotanico sono tratte liberamente dal sito: www.ortobotanico.unipd.it

MOSTRA DI VIGONZA… successo oltre le aspettative

All’inaugurazione, atmosfera d’altri tempi… e le orchidee gioiscono!

vigonza_inglesi_800Esposizione deliziosa. Forse la migliore di questa prima parte dell’anno.
Coreografia impeccabile, orchidee belle e rare, oltre 100 esposte!
Siamo veramente forti.
Il parco circostante ti dà quella piacevole sensazione di pace e l’austera costruzione del castello ti porta con la mente ad atmosfere di tempi andati.
No, non siamo nello Yorkshire. Siamo a Peraga, frazione di Vigonza, cittadina collocata a nord est di Padova.
Angela e Claudia, due ragazze in perfetto stile country inglese dipingono di colore la cerimonia di presentazione della mostra.
Intanto all’interno, in attesa dell’arrivo delle autorità, i nostri soci stanno godendosi in esclusiva la loro bella esposizione. Noi abbiamo dato una sbirciatina, così tanto per curiosare e per potervi mostrare una piccola anteprima. Domani presenteremo un bel servizio completo.

Comunicazione:
E’ confermato, Domenica siete tutti attesi alla mostra per un rilassante intermezzo luculliano (ore13) sul parco del castello… soci e non soci. Naturalmente come ormai consuetudine, Lucullo vi vuole ben riforniti di “peccati di gola”

Alcune foto scattate il 22 Maggio… … solo poche immagini di una rassegna davvero superlativa, la mostra rimarrà aperta fino a Domenica sera… vi consigliamo di non perderla, i vostri occhi e la vostra anima saranno ampiamente gratificati.

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Orchidee a Sacile 4a edizione

Domenica 19 Aprile dall’alba al tramonto

Mostra Sacile 2008 -foto Vincenzo Ghirardi
Anche quest’anno la primavera Sacilese accoglierà le orchidee. In questa 4a edizione le orchidee rare delle nostre collezioni saranno in compagnia delle deliziose Tillandsie di Carlo Ivano e Gabriella.
L’esposizione curata da Orchids Club Italia rientra fra quelle che noi definiamo “Just a wonderful day!”… proprio una bella giornata.
La mostra di Sacile è l’esempio di quanto scritto sopra. Una bella giornata con le orchidee dei nostri soci esposte nella splendida cornice della Loggia Comunale, occasione di proficui colloqui con il pubblico sempre numeroso ed anche momento di raduno di tanti soci del Club.
Sacile – foto Vincenzo Ghirardi
Sacile è una ridente cittadina di provincia (PN), espressione del nord est italiano, carica di storia, di arte e di benessere, ma non gode della vicinanza di grosse metropoli tipo Milano o Roma, quindi la nostra presenza in queste piccole realtà di periferia assume ancor più valore divulgativo.
Le appassionate e gli appassionati collezionisti orchidofili troveranno anche il tradizionale angolo dei desideri (orchidee e tillantsie particolari, divisioni a radice nuda, piccole ed inusuali miniature), mirabilmente definito da una nostra amica orchidofila: il piacere della caccia.
Vi aspettiamo per vivere insieme… “Just a wonderful day!”

Orchidee selvagge… le emozioni del collezionista

La foto di copertina:
Dendrobium sulcatum Lindl.
Collezione Guido De Vidi – foto 25.02.09
Notizie su questa specie le trovi su questo post

giungla_fiore A CACCIA DI ORCHIDEE
Nomi come William John Swainson (1789-1855) evocano epoche, avventure, sotterfugi e miti legati alla scoperta di nuove specie di orchidee.
Ai nostri giorni, complice la “globalizzazione” dei mercati, è molto più facile vivere l’emozione della raccolta… basta andare a “caccia” fra i banchi dei venditori sudamericani o asiatici, sempre più spesso presenti nelle fiere europee.
Le orchidee che arrivano in Europa dai paesi extracomunitari, dovrebbero passare al vaglio di attenti controlli, ma da quel che si vede sui bancali dei venditori, molto materiale non proviene da semine e da coltivazioni.
Che questo sia male o bene non sta a me valutarlo, ma tant’è, e pare che questa opportunità procuri notevole piacere ai novelli “cacciatori ” di orchidee.
I moderni emuli di Swainson, Gardner, Paxotn, Bungeroth e altri, si dividono in due categorie: solitari (agiscono in solitudine e poi chiedono consigli), e “forumisti” brutto termine per indicare i frequentatori di forum su internet (il tam-tam attraverso internet produce la “caccia” di gruppo), quest’ultimi con l’occasione si godono anche il piacere di dare un volto ai compagni di messaggistica sui forum.
Perfetto, si dirà, ma le prede di caccia – poche troveranno una serra ad accoglierle – la maggior parte andrà ad abitare in soggiorno, in piccoli terrari, in verande o più semplicemente su davanzali, come se la caveranno??
In questa ricerca delle orchidee selvagge prende corpo anche un fenomeno particolare; siccome i venditori extra europei non tornano in patria con l’invenduto (dovrebbero rimettere in moto la burocrazia dei permessi), quel che rimane sui loro banchi di vendita diventa bottino di qualche venditore nostrano… le prede d’oltre oceano saranno vendute da loro in altre fiere.
Intanto, i “cacciatori” di orchidee selvagge, tornati a casa mostrano le foto delle loro prede su Facebook o sui loro forum di frequentazione.
Una bella rappresentazione non c’è che dire, ma per entrare a pieno titolo nella affascinante atmosfera delle orchidee selvagge, facciamo un salto nel tempo ed andiamo a rileggerci Rebecca Tyson Northen , a proposito delle orchidee provenienti dalla giungla, nel suo libro “Le orchidee” scriveva:
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