Nella foto di copertina: Dendrobium thyrsiflorum Rchb.f 1875
Chissà se siete stati a visitare la mostra orchidofila di San Donà di Piave! Quella organizzata dalla Federazione Italiana Orchidee. Sì? Bene, e chissà se avete notato queste 4 nelle foto, se vi sono sfuggite vi racconto qualche cosa di loro: buona lettura.
Dendrobium thyrsiflorum Rchb.f 1875 Questa specie è raggruppata per affinità, al D. farmeri, D. guibertii, D. densiflorum e D. griffithanum.
Le specie di questo gruppo, vista la loro propensione all’incespimento, conviene coltivarle in vasi con composto di corteccia, ma si possono sistemare anche su zattere. Continua a leggere→
Il collezionista di orchidee, a metà fra Frankenstein e Prometeo.
Il collezionismo in tutte le sue sfaccettature è un po’ mania, follia forse, sì perché non ci sono spiegazioni logiche alle forti passioni che ossessionano la mente del collezionista.
Il collezionismo orchidofilo poi, è l’esasperazione di quanto scritto sopra. Il passato è pieno di annedoti, di sotterfugi, di vere e proprie saghe per il possesso di quella pianta che ancora manca. Si racconta di persone normali, stimati professionisti, colti in fragrante a staccare un pezzettino di orchidea che non avrebbero potuto possedere per vari motivi.
Ma la vita, si sa, dipinge scenari dove non tutto è nero, ed è così che, nel mondo del collezionismo orchidofilo spesso trionfa la condivisione che è l’antitesi del possesso.
Con il passare del tempo, nelle collezioni di orchidee prendono forma i miti, nascono le storie e tutto si plasma in un’unica sinfonia, dove la vita e la morte, la vecchiaia e le malattie delle piante, danno struttura metafisica a quello che ti sta davanti.
Quel mondo che tu hai creato, modellato e fatto vivere, riesce a comunicare con te, sentimenti di gioia e di dolore.
“Dialoghi”: Guido, la tua vecchia collezione è un libro aperto, vedi ad esempio quella Vanda appesa in alto, sì proprio quella che già nel 1997 era un grande esemplare, ecco guardala, vedi come è spennacchiata ora, piena di rughe, ebbene, immagina quanta storia ti saprebbe raccontare, solo se tu la sapessi ascoltare. Lei ti racconterebbe di tutti i suoi figli, delle sue crisi e di tante altre brutte storie. Ecco, guarda da vicino la foto, vedi la vespa che sta pasteggiando sui suoi fiori, che fine gli hai fatto fare?
Vanda coerulescens ‘Rosetta’ Griff. 1851 MO/EOC 1997. Puntuale come ogni anno a fine Aprile, lei è gia pronta con i suoi fiori azzurri, per ora ancora socchiusi, a farti gli auguri di buon compleanno.
Ti fece fare un gran figurone quella volta a Ginevra nel 1997. Potremmo anche scrivere che per suo merito fu l’Italia a far bella figura, ma questo è un altro discorso, volenti o nolenti, già consegnato alla storia.
Cara Vanda delle passioni, anche quest’anno riesci a fare miracoli. Per fortuna che insieme a te, pianta madre, stanno crescendo splendidamente anche due tuoi figli, eccoli.
Il gruppo di orchidee ora noto con il nome Tolumnia era un tempo chiamato Oncidium sezione Variegata o comunemente denominato “Oncidium equitant”. Le foglie sono disposte a coppie sovrapposte, equitant per l’appunto (dal latino a cavallo).
A complicare le cose ci pensarono i tassonomi circa 20 anni fa quando separarono Onc. onustum dal genere Oncidium.
Le ibridazioni fra le varie specie di Tolumnia sono relativamente recenti (le prime sono datate non più di 60 anni o giù di lì), ciò nonostante, la loro velocità di crescita e di fioritura hanno già permesso agli ibridatori di ottenere ottimi risultati. Tutte le specie sono endemiche nei Caraibi, qualcuna vive addirittura in una sola isola. La maggior parte delle varietà usate nelle ibridazioni vivono in climi intermedi e crescono come epifite sui rami esposti alla luce ed al movimento dell’aria. L’habitat, seppur ad elevata umidità, dovuta alle piogge giornaliere, grazie al movimento d’aria costante dagli alisei, consente alle le piante di asciugare in breve tempo.
La chiave per la buona coltivazione degli oncidium equitant è quella di consentire leggere asciugature fra le bagnature.
Zelemnia Midas ‘Willow Pond’ AM/AOS
L’ibrido rappresentato nelle foto, a suo tempo registrato come Oncidium Midas (Red Belt x onustum), ha seguito tutte le evoluzioni tassonomiche, con qualche problema in più: Oncidium Red Belt diventò Tolumnia, ma Onc. onustum divenne Zelenkoa onusta, qundi l’incrocio è ora chiamato Zelemnia Midas: combinazione di Zelenkoa e Tolumnia.
Nota
Per sistemare Onc. onustum in un nuovo genere, i botanici decisero di nominarlo in onore di Harry Zelenko, pittore botanico che ha dipinto tutte le illustrazioni per “Orchids: The Pictorial Encyclopedia of Oncidium”.
La brezza mattutina di fine estate in vicolo Parnasso ti mette di buon umore, poco più di 14° gradi di temperatura, fuori, dentro in serra oltre 15°, per fortuna, ma ormai si deve pensare a far manutenzione alle stufe a gasolio del riscaldamento.
Le orchidee finalmente riposano un po’, qualcuna mostra i suoi fiori, ed è con enorme piacere che, fra le altre, rivedo finalmente in fiore l’Angraecum disticum. Poco più in la, un po’ ammaccata, ma piena di fiori, Pleurothallis emirhoda, omaggio dell’amico Antonio Camani, proseguendo lungo il sentiero delle Vanda, attira l’attenzione un ibrido superbo (Ascocenda Assel Red Gem x (Vanda Aurauwan x Thananchai) e, quasi nascosta da un invadente Epidendrum radicans, un unico fiore di Cattleya bicolor.
Finito il giretto nelle serre, una controllatina alla tribù “esterna” ed ecco gli pseudobulbi della vecchia Stanhopea ‘ISABELLA’ con le gemme dormienti in pieno risveglio: che soddisfazione vederli vegetare dopo anni di dormienza!
Al computer
Intanto il sole si è alzato oltre la siepe, l’uva mostra i suoi grappoli dorati e maturi, ed è inevitabile una tappetta sotto la pergola ad assaggiare il dolce nettare dei suoi acini.
Finita la siesta zuccherina accendo il computer per iniziare la scrittura di questo post, ed ecco che per un attimo si blocca la mia felicità: mi trovo l’ennesimo commento (bloccato) del solito delirante stalking e sporca diari che, tanto per cambiare va a toccare la mia famiglia, per poi proseguire accusandomi di aver commesso errori, compresa anche la distruzione della AIO, che ora invanamente (a suo dire) voglio cambiare.
Passa subito la tristezza, tanto ormai è un reiterato e inocuo refrain di una persona misera, ma questo “fastidio” mi da l’occasione per precisare che non ho alcun ruolo e non intendo averne in futuro nella Associazione Italiana di Orchidologia, sono un iscritto, quindi collaboro ed esprimo (pubblicamente come tutti dovrebbero fare) le mie opinioni in merito… nulla più.
Giova per altro ricordare a tutti che, anche con il mio impegno sono stati raccolti fondi per l’AIO (mostre, ricerca di sponsor, disponibilità di piante a mostre internazionali), e ne vado fiero, però gradirei rispetto!
A tal proposito apprendo con soddisfazione la convocazione di un’assemblea a Schio di tutti i soci AIO, dove si chiede di esprimere il proprio parere su:
– quali sono le cose o le attività della AIO che non mi soddisfano?
– cosa desidero per il futuro?
– proposte migliorative o nuove su servizi per i soci.
Questo è il mio contributo al dibattito (già inserito nel post protetto “A Lucca è finita la vecchia AIO, a Schio partirà la nuova AIO? Discutiamone”
ORCHIDEE IN ITALIA, ritorno al passato forse conviene. (di Guido De Vidi).
Volendo fare un paradigma con la geologia, possiamo pensare l’attuale (A.I.O.), collocata al tempo dei dinosauri.
Anche per questo motivo la condivisione della nostra passione necessita di una radicale “ristrutturazione”. Per mia sfortuna (età), sono uno dei pochi che ha visto passare tutte le “ere geologiche” dell’Associazionismo orchidofilo italiano; la fase attuale sta vivendo diverse contraddizioni, in parte dovute a limiti statutari, e, aspetto assai preoccupante, determinate da crisi di identità e da qualche invasione “barbarica”.
Finalmente ci si pone il problema e l’incontro dei soci A.I.O. a Schio può rappresentare una buona occasione di rilancio del mondo orchidofilo italiano. Questo è il mio piccolo contributo.
La storia
Se diamo un’occhiata al panorama mondiale dell’orchidofilia organizzata, magari limitandoci a prendere in considerazione i tre paesi più significativi (USA, Inghilterra e Germania), in tutti vediamo emergere due epiteti comuni: SOCIETA’ e ORCHIDEE – American Orchid Society – Orchid Society of Great Britain – Deutschen Orchideen-Gesellschaft e.V. (D.O.G.).
Gli epiteti che danno forma alle sigle delle società sopracitate, già delineano la vocazione divulgativa e rappresentativa del mondo orchidofilo in cui si collocano; a partire dai semplici collezionisti amatoriali, dai botanici, dai coltivatori e dai grandi giardinieri, raggruppati tutti insieme in forma associata: il collezionista di orchidee, il disegnatore botanico, il coltivatore sui davanzali delle finestre, nelle serre ed anche lo studioso che parla di orchidee.
Da dove veniamo
Negli anni 70 del secolo scorso, alcuni pionieri dell’orchidofilia italiana, come Mario Dalla Rosa, fondarono la Società italiana delle Orchidee (SIO). Mario Dalla Rosa, di professione commandante pilota dell’Alitalia, durante i suoi viaggi attorno al mondo ha avuto modo di apprezzare il fascino discreto delle orchidee esotiche, amore che ha cercato di trasmettere ad altri appassionati attraverso quella prima forma associata chiamata SIO. Poi si cambiò esperienza, più avanti capiremo perché, ma le cose non andarono come si era auspicato
Ed ecco che a distanza di una sola cinquantina d’anni, siamo qui ancora una volta a discutere di “rivoluzione” organizzativa. A mio avviso sono due i fattori che hanno impedito la crescita e l’autorevolezza dell’orchidofilia italiana:
1) – I gravi errori, purtroppo endemici, commessi sin nella prima esperienza SIO, quando in molti hanno cominciato a pensare – agendo di conseguenza – che controllando la società delle orchidee, si potessero trarre benefici economici.
E’ il periodo delle scalate per controllare la SIO (delle quali rimane traccia in queste scaramucce epistolari, fatte di diffide e contro diffide ingiallite, degli anni 80), con protagonisti, Ravanello, Giorgi, Corvi, per poi, lasciarla al suo destino all’inizio degli anni 90.
2) – La vocazione marcatamente “intellettualeggiante” della attuale AIO, in buona sostanza pensata solamente quale “strumento” per rilasciare giudizi e per editare materiale scientifico; poco, troppo poco per mantenere in vita e sentire propria una nuova esperienza associativa.
Nelle more dello statuto, che per la verità poco ci obbliga e tanto si interpreta, saltuariamente e per impulso di qualche socio, si è anche vista qualche attività organizzativa (mostre ed eventi), forieri per altro, di introiti economici e di sponsorizzazioni.
E’ mia opinione che, rivista e corretta, la strada giusta che consentirà di raccogliere le nuove istanze del mondo orchidofilo italiano, sia quella di un ritorno al passato, ovvero una organizzazione ben strutturata, e dotata di un’ossatura statutaria ad ampio respiro.
Le proposte
A perfezionamento delle enunciazioni generali fatte nell’introduzione, cercherò di fare sintesi per punti, delle “discipline” o “settori” che potranno costituire le basi per una nuova organizzazione orchidofila nazionale.
1) – Rivista specializzata, possibilmente bimestrale, intesa come veicolo “cartaceo e telematico”, di articoli anteprime, resoconti attuali supportati da documentazioni visive e fotografiche.
2) – Promozione di simposi e relazioni scientifiche sulla conoscenza, in particolare la propagazione di specie in via di estinzione con le semine assimbiotiche, per divisione, e spedizioni in sito con l’obiettivo di proteggere e reintrodurre specie estinte.
3) – Attirare l’attenzione degli appassionati verso le orchidee, organizzando mostre e gestendo giudizi sulle piante in esposizioni in ambito nazionale e internazionale, con l’obiettivo dichiarato di far conoscere nuove specie e divulgare il concetto della salvaguardia di un patrimonio unico al mondo.
4) – Punto di riferimento (non coordinamento) di Gruppi (chiamali, Club o Associazioni locali) da guadagnarsi sul campo con programmi da condividere, iniziative di interesse generale e di rappresentanza in ambito internazionale.
Per attuare questa “rivoluzione” è indispensabile ripensare una nuova casa comune, dove la percezione del cambio di rotta sia reale, a partire dal nome: non più il limite restrittivo rappresentato dall’epiteto “orchidologia” (studio delle orchidee) con “orchidee”, termine più rappresentativo dell’intero comparto, così come si legge in AOS, DOG ed altre sigle.
Vistorta – Sacile (PN) Sguardo a Nord Est, là dove la storia, fatta di tragedie, di orgoglio, e di grandi ideali, ha forgiato genti e comunità speciali.
Il vino, amico fraterno da sempre dell’uomo, ha modulato culture, tradizioni, e nel tempo ha ispirato deliziosi florilegi di poeti e scrittori.
Il nord est italiano, a partire dal trentino per giungere fino alle alture che delimitano i confini orientali, passando per il basso Friuli ed il Veneto, dipinge un unico affresco di nobiltà popolare. E’ in questo scenario che le orchidee “amoreggiano” con il dio bacco. L’occasione di questi incontri fra vino e orchidee si fa propizia con l’ormai consolidato evento vinicolo nazionale: Cantine aperte. Continua a leggere→