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Tanks Steve!
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Un fiore che ha fatto sognare molte ragazze negli anni 60
Collezione Guido De Vidi – foto 13.09.06 – diritti riservati
Blc. Lucky Strike ‘Golden Ring’= Lc. Bonanza x Blc. Memoria Crispin Rosales (1966) Registrato da Sanders, T.
I fiori di Blc. Lucky Strike , sono il frutto di ricerche per dar loro fragranza, consistenza e soprattutto sensualità, elemento molto in voga negli anni 60.
Nei decenni trascorsi, il fiore di “Cattleya” costoso e ricercato, era venduto singolo in teca trasparente per essere regalato alla donna da conquistare o da farsi perdonare, ma più semplicemente anche per manifestare sentimenti amichevoli.
I genitori di questo incrocio sono molto famosi e successivamente è stato anch’esso usato per generare ottimi discendenti:
Blc. Lucky Strike x Blc. Oconee ‘Mendenhall’ AM/AOS – Blc. Lucky Strike ‘Gold Ring’ AM x Blc. Tubtim Sayam ‘Surin’ AM – BLC Lucky Strike x War Chant ‘Siam Ruby’ – Blc. Lucky Strike Warchant x Lc. Waianae Sunset “Pokai” – Otaara Jaane Fumiye (Ctna.Keith Roth x Blc.Lucky Strike) ed altri ancora.
A proposito di “Otaara”, si tratta di incrocio intragenerico, con Brassavola, Broughtonia, Cattleya, Laelia e Sophronitis come generi dei genitori.
Nel caso in cui i progenitori di un incrocio appartengono a più di tre generi, la registrazione porta il nome del suo primo ibridatore.
Nel caso in esame la richiesta di registrazione di nuovo incrocio è stata presentata dalla ditta “I.Ota & Greatwood” con la proposta di assegnare il nome di del titolare della ditta “Isamu Ota”, da cui ‘Otaara’ in Orch. Rev. 90 (1069): p. 6, 8 (Nov. 1982) .
Collezione Guido De Vidi – foto 13.09.06 – diritti riservati
Nella foto a sinistra ecco un clone di Otaara famoso:
Otaara Ernest Iwanaga ‘fuku’ (Blc Frances Y. Hoschimo x Ctna Keith Roth) registrato il 21 Novenbre 1988.
Guardando le due foto del post, si nota chiaramente l’evoluzione degli ibridi, che col passare degli anni presentano fiori sempre più piccoli, numerosi e più carichi di colore.
Nota:
Un’altro genere monotipo di recente costituzione
Collezione Guido De Vidi – foto 11.09.06 – diritti riservati
Dyakia hendersoniana, (Rchb. f.) Christenson 1986.
Sinonimi: Ascocentrum hendersonianium [Rchb.f.] Schlechter 1914 – Saccolabium hendersonianum Rchb.f 1875
Sottofamiglia: Vandoideae
Tribù: Vandeae
Sottotribù: Sarcanthinae
Questa specie è stata inclusa inizialmente nel genere Saccolabium (per la forma a sacco del mento), in seguito si è pensato di poterla considerare una specie del genere Ascocentrum (per la struttura degli steli fiorali, abbastanza somiglianti), ma con le ultime sistemazioni tassonomiche delle varie tribù Vandae, Christenson ha creato per lei un nuovo genere monotipo: le motivazioni sono da ricercarsi nella diversa forma delle foglie, nella marcata carnosità dei fiori e non da ultima, nella diversa struttura dei fiori stessi.
Il nome del genere allude alla popolazione aborigena del Borneo “Maylay Dyak”, che vive nei territori dove l’orchidea è endemica, mentre il nome specifico è stato dato, sin dalla prima registrazione, in onore di Henderson, coltivatore di orchidee inglese del 1800.
Descrizione
La Dyakia hendersoniana è epifita a sviluppo monopodiale, endemica solamente nel Borneo a 7-800 metri d’altitudine e predilige clima caldo e umido, senza riposo vegetativo.
La pianta si sviluppa su gambi corti che formano foglie laterali, ligulate, oblanceolate con gli apici bilobati.
Lo stelo fiorale eretto esce dalle ascelle delle foglie e forma molti fiori color rosso carminio (oltre 40), molto appariscenti e fragranti.
La Dyakia hendersoniana è una miniatura molto originale, sia per il colore dei fiori, che per la portanza eretta dei suoi steli fiorali: la pianta non supera i 10 centimetri di altezza.
Coltivazione
Pianta di facile coltura, può essere coltivata sia su zattera sia in piccoli vasi e va tenuta sempre umida, tenendo conto che su zattera asciuga più velocemente che in vaso: temperature e condizioni ambientali di serra intermedia.
Nota:
Una sfera verde con diametro di 80 centimetri e centinaia di piccolissimi fiori bianchi luminosi: un esemplare unico.
Collezione Guido De Vidi – foto 10.09.06 – diritti riservati
Angraecum subulatum Lindl.1836 Sezione Pectinaria [Benth.] Schlechter
Nome comune: Angraecum terete con riferimento alle foglie tubolari.
Sinonimi: Listrostachys subulata (Lindl.) Rchb.f. 1864; Epidorchis subulata (Lindl.) Kuntze 1891
L’Angraecum subulatum è una specie africana, epifita a sviluppo simpodiale e vive sugli alberi delle foreste umide e dense del Cameroon, della Guinea equatoriale, del Ghana, della Nigeria, della Sierra Leone e dello Zaire.
Questa orchidea è considerata una miniatura soprattutto per i suoi piccolissimi fiori, che misurano solamente 3-4 millimetri di larghezza e 5 di lunghezza, ma la pianta può assumere anche grandi dimensioni perchè sviluppa dei lunghi gambi cilindrici, esili e penduli, con foglie laterali aghiformi.
I fiori, bianchi e profumati, si formano su corti steli foderati, al lato opposto delle foglie. La pianta fiorisce in estate, ma i grossi esemplari possono presentare delle infiorescenze secondarie anche in altri periodi dell’anno, dando in tal modo la sensazione di una continua fioritura.
Coltivazione
Per ottenere un ottimo sviluppo di questa specie è consigliabile coltivarla con substrato di bark sminuzzato in vaso (appeso ad un supporto aereo) e lasciar sviluppare liberamente i suoi esili gambi penduli, senza dividerla e/o rinvasarla: così facendo si ha la possibilità di ottenere esemplari da mostra.
L’Angraecum subulatum va coltivato in serra intermedia, avendo cura di scegliere un settore con buona umidità e luminosità: la pianta sopporta molto bene luce e temperatura purché non siano mai lasciate asciutte le sue radici.
Concimare questa pianta mensilmente con fertilizzante equilibrato, 1 grammo per litro d’acqua.
Nota:
Un’ orchidea rupicola, tanto desiderata ed altrettanto temuta dai collezionisti.
Collezione Guido De Vidi – foto 08.09.06 – diritti riservati
Laelia cinnabarina Bateman 1847 sottogenere Parviflorae sezione Parviflorae Lindley
Sinonimi :Amalia cinnabarina (Bateman ex Lindl.) Heynh. 1846 ; Amalias cinnabarina [Batem. ex Lindl.] Hoffmansegg 1842; Bletia cinnabarina [Batem. ex Lindl.] Rchb.f 1861; Bletia cinnabarina var sellowii Rchb.f 1863; Bletia cinnamomea (Rchb.f.) Rchb.f. 1862 ; Cattleya cinnabarina [Batem. ex Lindl.] Beer 1854; Hoffmannseggella cinnabarina (Bateman) H.G. Jones 1968; Laelia cinnamomea Rchb.f. 1860; Sophronitis cinnabarina (Bateman ex Lindl.) C. Berg & M.W. Chase 2000
Una specie brasiliana (Minas Gerias, di Sao Paulo e di Rio de Janeiro ad altitudini di 800 – 1500 metri) litofita a sviluppo simpodiale. E’ strutturata con pseudobulbi di 30 centimetri, cilindrici, unifoliati (solo raramente 2 foglie lanceolate rigide e carnose). Gli steli fiorali eretti, misurano anche 40-50 centimetri e formano un pannicolo di fiori (5-15) stilizzati, di colore variabile, generalmente color rosso porpora.
A riguardo delle tecniche di coltivazione, per questa come tutte le altre “rupicole” sono stati scritti fiumi di parole, sia per sostenere la facilità di coltivazione, che per dimostrare l’opposto.
Gran parte delle orchidee rupicole vivono in condizioni molto dure, quasi al limite delle condizioni vitali, ma paradossalmente sono proprio queste particolarità a confezionare un alone di mistero attorno a loro.
Le due condizioni obbligate per le Laeliae rupicole sono: molta luce e possibilità di pilotare e sospendere le bagnature.
In natura, le orchidee rupicole sono sottoposte a cicli stagionali secchi e freschi, durante i quali vanno in riposo vegetativo ed è proprio questo il loro tallone d’Achille nelle coltivazioni: le bagnature fuori luogo possono essere azioni fatali per la loro sopravvivenza.
Detto questo, ognuno di noi può cimentarsi nella sistemazione che ritiene più consona: zattera, vaso, composto di corteccia, inerte, roccia, lapillo, perlite, pomice, seramis e chi più ne ha più ne metta; sarà sempre importante tenere la pianta secca, quando non vuole bere e lasciarla asciugare fra le bagnature.
Nota: