Orchidee: vivono tutte un pò bene se stanno tutte un pò male.

Quanto è utile conoscere gli ambienti di vita delle nostre orchidee?

Questo è il cruccio dei collezionisti, …ma le orchidee sanno adattarsi a nuove situazioni di vita, più di quanto non si possa pensare.

Le orchidee vivono in tutti i Continenti della terra, esclusa l’Antartide. Questa grande famiglia vegetale, composta di oltre 20.000 specie differenti, ha nel suo DNA la forza per adeguarsi con facilità a situazioni climatiche limite.
Già, limite, ma forse è proprio saper trovare il limite accettabile da tutte, la marcia in più che qualifica il bravo coltivatore.

Botanici e tassonomisti “fotografano” e raccontano sui libri, l’ambiente e le piante, ma per capire fino a che punto ci si può spingere in coltivazione, con la simulazione degli elementi utili alla loro vita (luce – temperatura – umidità- alimentazione) bisogna provare, provare, provare.

Le nozioni elementari di coltivazione c’insegnano che le orchidee si suddividono in tre grandi gruppi: orchidee coltivabili con temperature, fredde, intermedie e calde.
Dentro questi parametri generali ci stanno migliaia di specie, e pertanto appare subito assai chiaro, che la via da seguire per coltivare con successo molte varietà di orchidee è l’empiricità.

Leggo spesso, sul web, consigli di coltivazione che sembrano bollettini medici, con tanto di prescrizioni farmaceutiche.

Voler ottenere le condizioni ottimali per ogni specie è un vezzo che non porta lontano nella coltivazione: lasciamolo ai puristi ed ai conferenzieri.

A supporto di quanto vado scrivendo, desidero portare solamente un esempio rilevabile nella mia collezione. Molti altri se ne possono fare, ma mi limito ad illustrare le differenti strutture morfologiche di una specie che vive da anni nella mia serra, rispetto ad una sua sorella fotografata in sito: Laelia superbiens…ora inclusa nel genere Schomburgkia, ma a me piace ancora chiamarla Laelia.

Laelia superbiens in sito
Scrivo questo, dopo aver incidentalmente visto una foto di Laelia superbiens nel suo ambiente naturale, eccola a sinistra.

Guardando la foto mi sono incuriosito al punto di dovermi recare in serra per verificare e confrontare le caratteristiche vegetative della stessa specie, presente nella mia collezione.

Laelia superbiens in coltivazione
Come si può notare nella foto a sinistra, gli pseudobulbi e le foglie sono più grandi, allungati (qualche rupicolo direbbe – filati), e di colore verde più scuro rispetto a quelli della specie in sito. Ad ogni buon conto, la pianta in collezione vive bene, prospera con tranquillità e, come si può notare nella foto in basso a sinistra, fiorisce regolarmente.
Quali elementi possono aver agito sulla mia pianta, al punto da procurarle una simile evoluzione rispetto alla pianta in sito?

Cerchiamo di conoscere la nostra orchidea leggendoci qualche nota tecnica.
Tanto per cominciare, ci troviamo subito a dovere fare i conti con le solite piroette tassonomiche: la nostra specie, registrata inizialmente con il nome di Laelia superbiens da Lindley nel 1840, è ora inclusa nel genere Schomburgkia.

Schomburgkia superbiens (Lindl.) Rolfe 1917.

Sinonimi: Bletia superbiens (Lindl.) Rchb. f. 1862 – Cattleya superbiens (Lindl.) Beer 1854 – Laelia superbiens Lindl. 1840

Il nome di registrazione è stato dato in onore di Richard Schomburgk, botanico tedesco, cercatore d’orchidee ed esploratore della Guiana Britannica del 19° secolo.
In Guatemala viene anche chiamata: La vara de Senor San Jose (Il bastone di San Giuseppe), probabilmente per il lungo stelo fiorale, solido e curvo all’apice.

Schomburgkia superbiens è endemica nelle ampie foreste umide e piovose del Messico, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Venezuela.
E’ una specie epifita/litofita e vive ancorata ai rami degli alberi oppure su pareti rocciose ad altitudini tra 800/2000 metri.

E’ un’orchidea di grandi dimensioni a sviluppo simpodiale, forma grossi gruppi di pseudobulbi oblunghi fusiformi, un po’appiattiti, con una o due foglie lanceolate ed un esteso apparato radicale carico di lunghe e solide radici.
All’apice degli pseudobulbi crescono gli steli fiorali (lunghi 100 – 130 centimetri) con molti boccioli avvolti da brattee acuminate che aprendosi, mostrano grandi fiori color rosa oppure bianchi, nella forma alba. I fiori appaiono a Gennaio e sono profumati.

Condizioni di coltivazione nella mia collezione.
Fedele al principio di – coltivazione empirica – in questo caso oserei dire “costretto dagli spazi ad una coltivazione di fortuna”, la mia Laelia superbiens è legata ad una colonna portante della serra, a radici nude, nella parte più alta possibile verso il cielo.
Effettivamente, le dimensioni di questa specie non lasciano scampo al collezionista amatore, perennemente in conflitto con gli spazi di coltivazione.
La sistemazione descritta sopra, costringe la mia Laelia superbiens a sviluppare un rigoglioso apparato radicale, che non trovando alcun appiglio prossimo, si allunga a dismisura (radici lunghe 70 – 80 centimetri) alla ricerca di ancoraggi.

L’allungamento degli pseudobulbi, penso sia causato dal parametro “luce (quantità nel tempo) + alimentazione”, sicuramente diverso da quello garantito in natura, che sommato all’esteso apparato radicale (sicuro avamposto di alimentazione e di assorbimento d’acqua) rendono meno decisiva la funzione di riserva degli pseudobulbi, che pertanto si ingrossano e si bracchizzano di meno rispetto a quelli della sorella in sito.
Queste considerazioni, anch’esse empiriche come i miei metodi di coltivazione, spero servano almeno ad incoraggiare quanti si avvicinano con timore al fantastico mondo delle orchidee: fatevi accompagnare da loro…sono più brave di noi.
Che ne dite?

11 pensieri su “Orchidee: vivono tutte un pò bene se stanno tutte un pò male.

  1. @diletta@

    Ciao Guido,
    sono stata invitata a vedere una bella conferenza a Treviso…..scusami se non ti sono venuta a trovare ma credo che capirai (avrei voluto davvero)che non potevo……visto che in questo piccolo mondo non riuscite ad andare daccordo pur dicendo le stesse cose ad esempio…..
    hai giustamente fatto notare la differenza tra la tua Laelia superbiens (complimenti come sempre per la pianta meravigliosa) coltivata nella tua serra e la stessa specie come si presenta in natura…la stessa differenza è stata ampliamente trattata anche durante la conferenza che ho visto e davano in questo senso delle dritte in coltivazione…che io non mi ci metto neanche perchè figurati però …..
    ma che di queste occasioni di approfondimento ce ne debbano essere di più e che l’esperienza di bravi coltivatori come te sia utile anche agli altri è fuori discussione…se solo collaboraste tutti, senza pungervi l’un con l’altro, scusate io sarò giovane ma certe cose non le capisco mica , sai che belle occasioni ci sarebberò ….cari saluti anche a Gianni , non ti darai anche alle Laelia ora?ciao da Novella

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  2. Matteo-fi

    Trovo giustissime le tue osservazioni Guido! Come dice Gianni sono molto utili soprattutto per noi coltivatori in casa, dove le orchidee devono dar prova al massimo della loro adattabilità! E poi hai ragione a dire che si dovrebbe propendere per una certa “aurea mediocritas”, altrimenti ad ogni specie spetterebbe la propria serra!

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  3. Gianni

    Bravo Guido,
    come al solito hai azzeccato il tema giusto, di queste confrontazioni ( habitus in sito e in serra o in casa ) se ne dovrebbero fare di piu`e piu`spesso.
    Anche per ampie spiegazioni per la coltivazione casalinga.
    Gianni

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  4. Guido Autore articolo

    Ok Giulio..sempre in attività: stiamo programmando vari eventi, tieniti pronto per la premiazione…a Pordenone.

    Correggo subito il post.
    Ciao a presto

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  5. giulio

    ciao Guido come stai ti sei ripreso dalle ultime fatiche, delle volte non ci rendiamo conto che come i bambini le nostre orchidee se viziate invece di prodigarci ammalianti fioriture si indeboliscono, infatti in natura le piante non crescono impacchettate con nastrini come li riceviamo dai negozi di fiori, in natura subiscono attachi insetti ucelli scimmie etc… quindi avere un educazione naturalistica è importante per capire da dove vengono le nostre piante che non sono una complicata ricetta di cucina che bisogna seguire passo dopo passo ma un essere vivente in continua evoluzione da amare ma non da soffocare come certe mamme italiane troppo aprensive. Molto dipende da noi, pero in certi casi mi sembra che siano le nostre beniamine che decidono di fiorire e non noi a forzarle. mi confesso io sono un po aprensivo…
    P.S bastone in spagnolo si scrive vara

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