Il fiore degli dei… la grande passione.
Il fascino
Nessuna famiglia botanica esercita fascino ed entusiasmo come quella delle orchidee. Le oltre 25000 specie oggi conosciute, la loro bellezza che sfida l’immaginazione, crea un alone di leggenda, di misterioso fascino e di interesse spasmodico alla loro conoscenza e coltivazione.
Molti si limitano ad esibire il “MITO” acquistato dal fioraio, esponendolo in bella vista alla stregua di uno status-symbol, quasi dimenticandosi che è un essere vivente. Per altri, la magia imprevedibile, si insinua inaspettatamente ed ecco che inizia una complicità passionale, una sfida reciproca, una simbiosi tra due forme di vita diverse: la nostra, e quella delle orchidee.
Questa passione ha contagiato “vittime” illustri, ricche come il Duca del Devonshire William George Spencer, di fantasia come Nero Wolfe nato dalla penna di Rex Stout, del mondo dell’imprenditoria come Ducati, Necchi, Sutter, uomini di chiesa come Padre Andretta ecc. ecc.
Le Follie
La passione per le orchidee nasceva come fenomeno individualista e fanatico, al punto che qualche eccentrico e poco scrupoloso collezionista del 1800, pur di essere l’unico possessore di qualche nuova specie raccolta nei siti d’origine, non esitava a far distruggere quelle rimaste.
Si racconta anche di nobili ridotti al lastrico per finanziare spedizioni di raccolta, ora si corre il rischio di finire in galera, se si raccolgono orchidee ex sito, senza le dovute autorizzazioni; questo fa capire che giustamente, queste piante preziose sono da considerarsi patrimonio del mondo e quindi fortunatamente, protette dai vari Paesi d’origine.
Cosa sono le orchidee?
E’ difficile dare una risposta precisa, non essendoci un unico luogo di origine, un solo tipo di sviluppo vegetativo, un’unica forma o colore del fiore.
Le orchidee costituiscono una delle famiglie botaniche più numerose del regno vegetale.
Comprendono oltre 25000 specie, divise in 750 generi a loro volta raggruppati in tribù e sottotribù.
In termini evolutivi rappresentano un paradosso: sono piante antiche, i ritrovamenti fossili le datano almeno 15 milioni di anni fa, ma tuttora in evoluzione, caratteristica tipica delle famiglie recenti, anzi sono le più evolute: un po’ quello che l’uomo rappresenta per il regno animale.
Le orchidee appartengono alle Fanerogame, cioè alle piante che producono fiori, Angiosperme, cioè con semi protetti da un frutto.
Le Angiosperme si dividono in due grandi gruppi: Monocotiledoni e Dicotiledoni.
Le orchidee sono Monocotiledoni, classe di piante il cui seme contiene un solo cotiledone (il cotiledone è la foglia embrionale che si trova dentro al seme, per svolgere funzione di riserva, assorbimento o protezione), sono dette anche Microsperme: il loro seme manca dell’ albume ed è ridotto al solo embrione, infatti per germogliare necessita assolutamente, di essere parassitato da un fungo. Questa circostanza che non vuol significare pianta parassita, ha creato un alone di mistero per tutti i collezionisti che non riuscivano a farne germogliare i semi.
Tassonomia
Per la classificazione tassonomica delle piante (una piccola soddisfazione rispetto all’ anglofonia dilagante dei nostri tempi), la scienza in genere e quindi anche la botanica, adottano come fondamento basilare, l’uso del greco o del latino.
ORCHIDEA: dal greco (orchidios) diminutivo di (orchis) in latino (testiculus) diminutivo di (testis), in italiano (testicolo), a indicare la ghiandola sessuale principale, maschile. Il termine, in italiano scritto “Orchis”, con riferimento alla gonade maschile, è dovuto alle caratteristiche degli pseudobulbi delle prime orchidee descritte dai botanici greci.
La parola “Orchidea ”è stata introdotta, per indicare un gruppo di piante con il significato che attualmente diamo al termine, da: Antoine Laurent Jussieu (1748-1836) nella sua opera “ Genera Plantarum “ del 1789.
Nomi
Sebbene non esista nessun obbligo a seguire una data classificazione per indicare il nome di una pianta, ognuno infatti, come chiama il proprio cane Billi , Perla, ecc, nonostante il suo nome scientifico sia Canis familiaris ed il proprio gatto, Micio, Pompeo ecc, benché il nome scientifico sia Felis cattus, cosi può chiamare le proprie orchidee come preferisce.
Principi e regole tassonomiche
La Tassonomia di Linnaean
Carolus Linnaeus, conosciuto anche come Carl von Linné (23 maggio, 1707 – 10 gennaio, 1778), botanico, medico e zoologo svedese.
La sua metodologia scientifica ha posto le basi per la tassonomia moderna (classificazione binomiale di tutte le forme di vita, partendo dai “regni”dentro i quali sviluppare a cascata, le varie gerarchie), della quale è considerato il padre.
Oggi, alcuni biologi considerano il “dominio” come classificazione superiore al “regno”.
Orchidee: origine dei nomi
Nei vari periodi, i botanici si sono sbizzarriti a creare un’infinità di nomi, che si possono tuttavia suddividere in cinque grandi categorie:
1 – dalla morfologia (Phalaenopsis) che significa simile ad una falena.
2 – dalla fisiologia (Epidendrum) che simboleggia l’ habitat “vita sopra”.
3 – dal nome dello scopritore (Cattleya) da Sir Cattley orticultore inglese del 1800.
4 – dal paese dove vive la pianta (Domingoa, philippinense, italica, ecc)
5 – nomi di fantasia (Vanda) termine del sud est asiatico per dire bella.
Questa chiaccherata che può sembrare inutile e pignola, può invece aiutarcii a capire l’importanza di chiamare per nome le varie orchidee che sempre più facilmente troviamo in commercio.
Provate ad immaginare quanto sia più dolce chiedere al venditore: quanto costa quella Cattleya mossiae, piuttosto che dire, quella orchidea con i fiori rosa.
Cenni storici
Nel periodo in cui si è propagata la febbre delle orchidee (1700-1800) in Europa e soprattutto nell’Inghilterra Vittoriana, l’Italia non è stata contagiata; la causa principale va ricercata nell’assenza di espansionismo coloniale, motore fondamentale per la diffusione di fenomeni legati al fascino dell’esotico, sia per la flora che per la fauna.
In Italia, l’incontro con le orchidee è arrivato appunto “all’italiana” ovvero tardivamente e sporadicamente ma con picchi di qualità individuali al pari delle scuole Europee più blasonate.
Le peculiarità storico/culturali d’ogni Paese Europeo, si trasferirono anche sul collezionismo delle orchidee: gli anglosassoni gran maestri e testimoni di collezioni private e pubbliche da farci invidia e soggezione per la loro imponenza, i teutonici protagonisti anche nelle orchidee con indiscussa capacità ed i francofoni con qualche grossa coltivazione, legata comunque anche nel loro caso, alle opportunità coloniali.
Nella seconda metà del secolo scorso, in Italia si potevano annoverare diverse collezioni personali di un certo prestigio, valgano per tutte, le collezioni: Necchi, Sutter, Ducati, e poi collezionisti dello spessore di Dalla Rosa, Natali, Cantagalli ecc.
Divulgazione del collezionismo
A queste realtà è seguito un periodo in cui si è tentato di far “decollare” la divulgazione, attraverso la formazione di gruppi, uniti nel comune interesse delle orchidee.
Praticamente è partita la fase della democratizzazione delle orchidee: non più aristocratico oggetto del desiderio, bensì piacevole occasione di espressione culturale attorno ad una emozionante forma di vita vegetale.
Non so spiegarne i motivi, però questo embrione che secondo i desideri di molti, avrebbe dovuto crescere velocemente, si è arenato su imprevisti scogli ed i risultati stentano a vedersi ancor oggi. Tuttora c’è bisogno di crescita: tante persone desiderose di coltivare orchidee, poche realtà in grado di dare risposte e soprattutto, di creare occasioni di aggregazione e di facile apprendimento.
Un buon aiuto lo stanno dando i supporti che l’attuale tecnologia informatica mette a disposizione, ad esempio internet.
ORCHIDEE: patrimonio dell’umanità’
Molti Paesi hanno capito l’importanza di considerare le orchidee, beni naturali preziosi, e le annoverano fra le famiglie vegetali da proteggere in tutti i modi.
La convenzione di Washington ne regolamenta rigorosamente la raccolta e l’esportazione/importazione.
Il suo rispetto deve essere di monito a tutti gli appassionati. Non mi stancherò mai di ricordare che la raccolta indiscriminata e l’incauto acquisto di specie in via d’estinzione, comprese in prima e seconda appendice del C.I.T.E.S., sono vietati.
Questo racconto ha anche il compito di sensibilizzare i neofiti, tenuto conto che sotto questo profilo sono i più esposti. Molte specie presenti nelle nostre collezioni, ad esempio tutti i Paphiopedilum,acquistaati dopo l’entrata in vigore della convenzione di Washington, è necessario denunciarne la loro detenzione agli organismi preposti.
Conoscere le orchidee
L’approccio alla conoscenza delle orchidee, proposto in maniera semplice, razionale e sintetica, sarà sicuramente incompleto ed insoddisfacente, ma è la via più efficace per apprendere con interesse e con qualche successo le nozioni fondamentali per potersi avventurare nella coltivazione di queste piante, poi si vedrà
Il fiore
L’ orchidea ha il fiore con una struttura molto semplice, articolata in tre parti esterne e tre interne. Le parti più esterne del fiore sono i tre “sepali”, che sono facilmente identificabili perché racchiudono il resto del fiore, nella gemma.
All’interno si trovano i tre “petali”, uno dei quali si è modificato dagli altri ed è chiamato “labello”. Il labello è impreziosito da macchie di colore, decorato fantasiosamente da creste, corna, code e altre protuberanze, ed è la parte più appariscente del fiore.
L’elemento meno vistoso ma che costituisce la parte più caratterizzante dell’orchidea è la “colonna”, una struttura carnosa centrale che contiene gli organi della riproduzione.
L’impollinazione
All’apice della colonna c’è l’antera contenente il polline che anziché essere polvere minuta come nei fiori delle altre piante, ha la forma di piccole masse dall’aspetto ceroso, chiamate “pollinia”. Subito sotto l’antera, separato da una sottile membrana c’è l’organo ricettivo femminile, lo “stimma”, una piccola depressione concava e lucida, riempita di un fluido molto collante.Il labello, offre il nettare agli insetti visitatori ma nello stesso tempo gli prepara l’imboscata, poiché la colonna posta sopra è fornita di un congegno capace di farvi aderire i pollinia che poi l’insetto depositerà sul fiore che andrà a visitare successivamente.
Forme di vita
L’affascinante varietà di forme, dimensioni e abitudini dei diversi tipi d’orchidee, aumenta il piacere del collezionista e lo invoglia ad aggiungere sempre nuove piante alla sua collezione, e via via che questa s’ incrementa, agli occhi degli amici, il coltivatore di orchidee diventa un personaggio straordinario.
Le orchidee in generale, presentano due diversi stili di vita.
I nomi di questi due diversi stili vegetativi ne descrivono le caratteristiche. Il tipo che produce getti stagionali dal rizoma è chiamato “simpodiale”, cioè “piedi insieme”.Il tipo che produce un solo fusto è “monopodiale”, ossia “con un solo piede”.
Simpodiale
Produce nuovi germogli o getti ogni anno, che si sviluppano alla base del fusto precedente, con nuove radici e crescita progressiva fino alla fioritura.La struttura di queste orchidee si presenta con un “rizoma”orizzontale alla base, e con dei fusti verticali detti “pseudobulbi” all’apice dei quali ci sono le foglie ed i fiori.
Il termine pseudobulbi, viene usato in botanica per distinguere questi fusti ingrossati dai bulbi veri, che sono molto diversi ed hanno funzioni decisamente differenti.
Monopodiale
Produce un solo fusto eretto che cresce in altezza ogni anno con nuove foglie alla cima, senza sviluppare alla base nuovi germogli. Questa pianta di orchidea, non possiede rizoma e non è strutturata con pseudobulbi, le radici aeree spuntano tra le foglie lungo il fusto e sempre dalle ascelle superiori crescono gli steli fiorali, in successione anno dopo anno.
Alla sua base, non si formano nuove vegetazioni, però quando la pianta è in buona forma ed incontra condizioni ambientali propizie, attiva le gemme dormienti situate tra le ascelle delle foglie, per produrre nuove piante.
Qualche specie di orchidea, presenta l’apparato fogliare molto atrofizzato, quasi inesistente (solo radici e fiori).
Le orchidee, soprattutto gli ibridi nati nelle coltivazioni, sono resistenti e abbastanza facili da coltivare.
Prime nozioni
Le piante che si trovano in commercio, richiedono alcune specifiche condizioni:
Cymbidium, tanta luce e temperatura 10° minima, 30° massima, ma con l’avvertenza di procurare loro, notti fredde “autunno” per consentire la stimolazione delle gemme da fiore e di rispettare poi, durante lo sviluppo degli steli fiorali, temperature notturne non superiori a 10/12°, pena l’ingiallimento e la caduta dei boccioli in formazione.
Paphiopedilum, ambiente fresco, ombreggiato e substrato sempre umido (non bagnato) temperature 12/25°.
Phalaenopsis, luce soffusa spruzzate frequenti, sia sulle foglie sia sulle radici (non sui fiori) e temperature mai inferiori ai 18°.
Dendrobium (ibridi del D. nobile) caldo umido durante il periodo dello sviluppo degli pseudobulbi “estate” appena formatasi l’ultima foglia all’apice, sospendere le annaffiature e procurare un mese di secco e fresco 10/12°, riportare poi al caldo 18/30°e riprendere le abbondanti annaffiature.
Un aspetto molto importante per mantenere in salute le orchidee, è garantire loro, lo sviluppo di un apparato radicale sano e ben sviluppato.
Questo si ottiene, con la costante cura del substrato che copre le loro radici, cambiandolo ogni tre anni circa.
Il substrato di recupero, se non contiene parti inquinanti (plastica o polistirolo), può essere usato quale materiale emendante, nel giardino.
Orchidee epifite
Queste orchidee, in natura vivono arrampicate sui rami degli alberi o su quant’altro serve da sostegno alle loro radici. In coltivazione, non potendo riprodurre il loro habitat, s’ inventano degli artifici, ad esempio tronchetti di legno poroso e resistente alle bagnature, oppure dei contenitori con substrato molto vaporoso e drenante.
Orchidee terricole
Tutte le orchidee italiane (la cui raccolta è rigorosamente vietata) e molte specie di orchidee esotiche, vivono in terreni soffici e drenanti.
In questi casi la coltivazione in contenitore è per così dire più ovvia, con l’accortezza però, di aggiungere al composto di cui parleremo più avanti, della torba di sfagno (facilmente reperibile) e della sabbia grossa.
Le orchidee terricole reperibili in commercio sono generalmente Cymbidium, Phaius e Paphiopedilum, mentre le Phalaenopsis, Cattleya ecc. sono da considerarsi epifite.
Rinvaso
In commercio si trova corteccia di pino (bark) sminuzzata che contiene azoto: i batteri in essa presenti la decompongono lentamente, avviando così il processo di liberazione dei suoi minerali che verranno assorbiti dalle orchidee. Si possono usare anche altri tipi di composto, ma risultano di difficile reperimento: fibra d’osmunda, sfagno vivo.
Per le orchidee terricole, alla corteccia di pino si aggiunge un po’ dì torba di sfagno e sabbia grossa. La corteccia va messa a bagno, almeno tre giorni prima dell’uso, allo scopo di farle assorbire preventivamente l’umidità indispensabile a sopperire l’assenza di bagnature del post rinvaso (cinque giorni).
Il rinvaso va fatto nel momento in cui la pianta sta vegetando, questo status si nota facilmente perché le punte delle radici sono di colore diverso dal resto; normalmente coincide con la post fioritura e dovrebbe avvenire dalla primavera fino alla tarda estate. Nella stagione fredda le piante non si toccano.
Come fare
Togliere la pianta dal vaso in cui vive e pulirla molto bene da tutto quello che si trova fra le radici, parti secche o marcite. Se si vuol moltiplicare la pianta, bisogna dividerla in gruppi di tre o quattro pseudobulbi e comunque tagliare le radici, lasciandole non più lunghe di cinque dieci centimetri.
Concedere due o tre centimetri di spazio tra la pianta ed il bordo esterno del vaso che deve essere forato alla base dove si pone del materiale drenante (uno due centimetri di argilla espansa o polistirolo)
Posizionata la pianta, si sistema la corteccia attorno alle sue radici, avendo cura di non coprire i pseudobulbi o il rizoma orizzontale e si batte esternamente al vaso per agevolare la buona sistemazione del composto fra le radici, alla fine si inserisce un tutore, utile a bloccare la pianta finché non avrà sviluppato il nuovo apparato radicale Durante le operazioni di rinvaso bisogna adottare il massimo delle precauzioni, perché è il momento più critico per procurare infezioni. Quindi, sterilizzare sempre egli attrezzi: forbici coltelli ecc. immergendoli in sostanze disinfettanti o passandone le parti contundenti con la fiamma di una lancia a gas.
Condizioni
Posto che non si possono creare specifiche condizioni per ogn’una delle infinite specie esistenti, può valere la seguente regola fondamentale: le piante non devono mai essere annegate, ne essiccate, e va trovato il giusto equilibrio tra (temperatura – umidità – luminosità).Per capirci, se la pianta si trova in spazi luminosi, si disidrata più velocemente e quindi ha bisogno di umidità soprattutto a temperatura elevata. Se invece c’è poca luce e bassa temperatura, l’orchidea rallenta il suo processo biologico e di conseguenza beve e mangia di meno. Spruzzando con acqua piovana o comunque, “priva di cloro”, si capisce se la pianta ha sete, dal tempo che impiega ad asciugare le foglie
ra un minimo di 8/15 gradi ed un massimo di 30/35, possono vivere molte orchidee, si capirà presto quali hanno bisogno di qualche grado minimo in più.
L’umidità è il parametro più difficile da soddisfare senza serra, se l’ambiente è secco si devono spruzzare spesso le foglie
Nutrimento
Le orchidee si nutrono, assumendo minerali attraverso le radici e le foglie, quindi non bisogna farle marcire in acqua stagnante ne bruciarle al secco.
Attraverso le foglie, le orchidee si nutrono anche con la fotosintesi, perciò la luce è un elemento essenziale. La fotosintesi rappresenta circa il 40% del nutrimento, il rimanente 60% viene assorbito dalle radici e dalle foglie, attraverso l’assunzione di minerali : (N) azoto, (P) fosforo, (K) potassio da somministrarsi in forma generalmente equilibrata (formula 20-20-20), solubile in acqua con dosaggio “ 0,5g x per lt. ogni 3 o 4 bagnature.
LA CURA DELLE ORCHIDEE
Piante sane
La salute delle orchidee preoccupa i collezionisti e molte volte si lasciano prendere dal panico senza validi motivi. La vita in generale, e quindi anche quella delle orchidee, è legata a tre fattori fondamentali; un forte patrimonio genetico, l’ambiente adatto e l’assenza di malattie o danni provocati da batteri e parassiti. Perciò è importante selezionare soggetti forti, vigorosi e di promettente fioritura, sia per piantine da seme sia per esemplari già adulti.
L’ambiente delle orchidee, si è già detto in altre pagine, deve garantire giusta quantità di luce, temperature corrette, umidità associata ad una buona circolazione dell’aria, acqua sufficiente per soddisfare le necessità della pianta, e un’opportuna nutrizione, collegata ad una buon’aerazione delle radici. Le malattie, sono sempre in agguato e sono causate da virus, batteri e funghi, o da insetti di varia natura, che come si sa, amano le orchidee quanto i coltivatori.
Danni da stress ambientale
Con troppa luce, si distrugge più clorofilla (il pigmento verde) di quanta non ne producano le piante di orchidee, le foglie ingialliscono eccessivamente e non creano più un sufficiente quantitativo di cibo, tanto che quelle più vecchie cadono anticipatamente, procurando un generale ritardo dello sviluppo della pianta. La giusta gamma di temperature per ogni tipo d orchidea, consente il suo corretto sviluppo. Ad esempio, temperature notturne troppo elevate, per qualche tipo d’orchidea, impediscono la fioritura. Lo scarso sviluppo delle piante dipende anche dal fatto che il cibo è consumato più in fretta di quanto ne sia fabbricato.
Quando le temperature rimangono al disotto dei valori necessari, l’acqua e i sali minerali vengono assorbiti troppo lentamente, e la formazione di clorofilla rallenta. Le foglie assorbono luce e calore, la loro temperatura è normalmente più alta di quella dell’aria che le circonda e quindi trovano protezione attraverso l’evaporazione della loro acqua (traspirazione), che agisce come sistema di raffreddamento. La mancanza d’umidità nell’aria, disidrata le piante velocemente, il substrato di coltura si secca rapidamente e la pianta perde acqua altrettanto rapidamente dalle foglie. Il fenomeno è molto preoccupante per le piante appena invasate, che hanno un sistema radicale inibito e ancor di più per le giovani piantine da seme. Un’umidità eccessiva, invece, è pericolosa perché indebolisce le piante e le rende più vulnerabili alle malattie.
Malattie delle orchidee
Anche nelle serre molto funzionali, qualche pianta si ammala. Dove c’è vita, c’è malattia e purtroppo, morte. Alcune malattie sono leggere, recano poco danno e sono facili da combattere; altre sono più gravi e scoppiano all’improvviso. Bisogna sempre essere all’erta, pronti ad intervenire con efficacia e con attenzione, anche se l’esperienza del bravo coltivatore riduce gli interventi a qualche caso sporadico. Coltivare le piante in un ambiente sano è già per se stesso un sistema dì prevenzione e controllo delle malattie.
Batteri funghi e virus sono sempre presenti. I comuni parassiti dell’orto, attaccano anche le piante delle orchidee, s’insediano nei tessuti vegetali e si nutrono delle loro cellule; entrano nelle piante attraverso ferite e tagli, oppure dai fori delle punture di insetti o attraverso gli stomi delle foglie.
I batteri si moltiplicano, diffondendo il contagio, da pianta a pianta, per contatto con le mani del coltivatore o degli utensili contaminati, oppure mediante insetti e schizzi d’acqua.
I funghi si sviluppano all’interno delle foglie, o dei pseudobulbi, con le loro strutture a ragnatela (il micelio), distruggendone i tessuti. Le spore si diffondono da pianta a pianta nello stesso modo dei batteri. Le malattie fungine si controllano con vari fungicidi specifici ma la vecchia poltiglia bordolese (calce e solfato di rame) rimane sempre un rimedio efficace e poco dannoso.
controllano con vari fungicidi specifici ma la vecchia poltiglia bordolese (calce e solfato di rame) rimane sempre un rimedio efficace e poco dannoso.
I parassiti si combattono con prodotti non pericolosi per la salute del coltivatore; vengono commercializzati degli antiparassitari sistemici, cioè che entrano nelle cellule della pianta, molto efficaci e scarsamente nocivi per l’uomo.
I virus si riproducono soltanto nei tessuti vivi dilagando assai rapidamente attraverso tutta la pianta, che una volta infetta, contiene virus in ogni sua parte. Le infezioni virali si propagano ad altre piante, per mezzo di utensili da taglio contaminati oppure portati dagli afidi.
Purtroppo, non c’è alcun rimedio contro le malattie virali, l’eliminazione della parte infetta non risolve il problema, perché il virus si è già diffuso in ogni sua parte, con l’eccezione forse della minuscola punta del getto di sviluppo. Nessuna sostanza di sintesi riesce ad uccidere i virus all’interno della pianta, pertanto, quando si ha la ragionevole certezza della presenza di infezioni virali, la pianta va distrutta.
Nota: il post è in fase di completamento con foto e riferimenti.
…sbrisson (prima esse dolce, le seconde – esse doppia e dura) dal verbo sbrissar (scivolare)…usato appunto, come scrive Gianni.
Ciao ragazzi, sono tornato da Pordenone, stanco e felice: grande mostra!!
Guido
Hey Guido,
ma questo e`il prologo per il libro o diventa un antologia,
ciao
Gianni
Ciao Salvo,
te lo traduco io ridendofra me`stesso, sai ogni tanto dimentichiamo che essendo nel nord est, tra di noi ci capiamo ma che il resto del mondo queste parolacce non le conosce, un sbrison significa piu o meno fare una scivolata, o una visitina alle svelte.
ciao
Gianni
massimo ma cos’è un sbrison?
me lo traduci.. 😉
buone orchidee a tutti
Peccato quest’anno non riuscire a fare un sbrison. 🙁 Sarà per la prossima.
Buon lavoro
Ciao
Caro Guido, grazie mille per questa esaurientissima lezione: ieri non avevo molto tempo per leggerla ma me la sono stampata e “gustata” prima di andare a dormire. Secondo me sai coniugare molto bene la parte scientifica con quella tecnico/empirica che deriva dalle tue personali esperienze. Per me è sempre un arricchimento leggere quanto scrivi…e sono convinta che ti costi non poca fatica!
Elisa