Orchidee spontanee, coltivate?

E’ giusto collezionare le orchidee che crescono nei nostri prati, nelle nostre zone paludose oppure nei nostri boschi montani?

L’argomento nasce quasi per caso su questo blog, sollecitato in forma critica da un visitatore che in un suo commento riporta l’incauto l’invito di un cronista a “reperire”(ritengo che l’invito si riferisse a reperirle per fotografarle) le orchidee spontanee presenti nel parco dei Castelli Romani.

Questione etica
Sappiamo che tutte le orchidee endemiche dei nostri territori (Treviso, Veneto, Italia, Europa), per comodità espressiva le chiameremo “spontanee” sono protette dalle normative CITES in quanto specie della flora in pericolo di estizione e sappiamo anche che sono in buona compagnia in quanto molte specie di orchidee, per così dire esotiche, si trovano nella loro stessa appendice.
Questo aggancio ci offre il fianco per sostenere – allora perchè non coltivare anche le nostre spontanee, quando la loro riproduzione è artificiale e non va a danneggiare le stazioni presenti?- proviamo a ragionarci sopra, ma non con l’arco visuale del collezionista di orchidee.

Riproduzione artificiale delle orchidee spontanee
Anni fa sembrava quasi una bestemmia, ricordo che all’EOC di Ginevra del 1997 un produttore tedesco mi pare, le proponeva e tutti noi le guardavamo con sorpresa ed incredulità. Ora invece, sta diventando quasi una moda ed il mercato delle “spontanee” è già su scala commeriale: si vende e si compra in tanti modi con relativa facilità.

Come in tutte le vicende, anche in questo caso c’è il dritto ed il rovescio della medaglia: l’aspetto positivo della riproduzione artificiale di orchidee spontanee è senza dubbio la possibilità di ripopolare con relativa facilità siti in pericolo, ma nel contempo incentiva la logica del possesso e questo fatto sconvolge la filosofia che fin’ora ha caratterizzato l’approccio amatoriale con queste piante.

Non so come spiegarmi bene e per farlo cerco di porre due semplici riflessioni
Perchè l’associazionismo amatoriale Italiano delle orchidee si muove su due binari distinti? G.I.R.O.S. Gruppo Italiano Ricerca Orchidee Spontanee e come contraltare il resto facente riferimento a vari raggruppamenti amatoriali, ma tutti con lo scopo primario del collezionismo (qualche collezionista strada facendo subisce poi la metamorfosi del venditore) e quindi con un diverso approccio al mondo delle orchidee.
A tal proposito non posso dimenticare Liverani, fondatore del GIROS, sempre in giro per l’Italia con il suo bagalio di foto e di conoscenze.
La differenza sta tutta qui: noi a possedere orchidee in collezione, loro a fare escursioni e safari fotografici (forse solamente lo studio i accumuna).

Fase nuova: come governarnarla
Come si è già argomentato, anche le orchidee terricole “spontanee” stanno entrando nei nostri “giardini” per via regolare (riprodotte in laboratorio), questo fenomeno, bello e affascinante pone però il problema della sua governabilità.
Ho avuto modo di argomentare con l’amico Aldo che con rigore etico e professionale si dedica alla coltivazione delle “terricole”, sul pericolo latente dell’esplosione di questa nuova moda.

Sarà troppo facile la tentazione per chiunque, dopo aver visto morire 2 o 3 Cypripedium calceolus acquistati dal venditore europeo senza bisogno di documentazione, andarseli a prendere nelle vallate Cadorine, e sarà ancora più facile prelevare l’Orchis morio sui nostri prati.

Io non ho risposte, ma sento che questo fenomeno deve essere governato con rigore etico.

Si dirà: i veri pericoli di estinzione sono altri ed è vero, ma allora perchè far finta di proteggerle quando non riusciamo a bloccare i veri problemi? Anzi, quando questi problemi sono elusi se non favoriti dalle politiche urbanistiche e dalla mancanza di sensibilità ambientale?

Temi tutti aperti, chissa se riusciremo a farne sintesi.

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