Commercio delle orchidee in Italia, etica e valori

Fotografia dei produttori e dei commercianti italiani di orchidee

Come si può intuire dal sottotitolo non spendo l’epiteto “botaniche”perché in Italia non esiste più la figura del produttore e venditore di specie botaniche, tanto cara a noi collezionisti di lungo corso: tutti i commercianti del settore hanno capito che conviene puntare anche sulle “commerciali”, per capirci, le innominate che andranno al macero dopo la fioritura.
Oggi poi, è molto facile effettuare grosse importazioni di orchidee botaniche, svezzate nei paesi più caldi e con manodopera a basso costo.
E’ difficile trovare in Europa, in Italia quasi impossibile, aziende che producono su larga scala orchidee provenienti da semina asimbiotica o riprodotte da meristemi. Sì le eccezioni ci sono, ma la tendenza è quella della globalizzazione produttiva.
Anni fa era anche fiorente la vendita di specie botaniche raccolte in sito ed importate dai venditori europei, ora, per vari motivi è sempre meno praticabile.
Ecco che nasce il commerciante di orchidee tutto tondo.
Le orchidee botaniche da vendere sono acquistate e tenute in parcheggio in serra in attesa di essere vendute on line, oppure nelle mostre o in occasione di altri eventi, dove il venditore andrà anche con un bel carico di “commerciali fiorite” pronta consegna.

Il quadro dei venditori italiani
Esclusi i garden, ed i centri commerciali, che possiamo definire dei meri punti vendita, attualmente in Italia ci sono sette forse otto Aziende che vendono orchidee, commerciali e botaniche. Sostanzialmente sono aziende agricole, la legge lo consente: qualsiasi prodotto vegetale acquistato, per essere considerato di propria produzione è sufficiente che rimanga in serra per un certo periodo…poi può essere venduto anche senza rilascio di fattura e/o scontrino fiscale (questo è consentito dalla contabilità semplificata prevista per le aziende agricole), mentre per prodotti accessori (sfagno, corteccia ecc.) è necessario il rilascio di apposita documentazione di vendita perché in questo caso diventa operazione commerciale.

Chi sono
Le aziende inserite nel giro per così dire “del collezionismo amatoriale” sono le seguenti:
Orchideria di Morosolo -Pozzi- Azienda agricola – Varese
Riboni orchidee – Riboni – Azienda agricola – Varese
Orchidee del lago maggiore – Callini – Azienda agricola – Novara
Orchidee rare – Bianco – Azienda agricola – Torino
N&C – Nardotto – Azienda agricola – Imperia
Il sughereto – Farinelli – Azienda agricola – Grosseto

Per fare il quadro completo dovrei anche inserire l’azienda agricola e relativo garden Giorgi di Lavagna (GE), ma ormai il titolare si è volutamente messo fuori del giro e nelle sue serre si possono trovare solamente esemplari di vecchie piante oltre a quelle commerciali.
Anche la AF orchidee di Padenghe ha chiuso i battenti da qualche anno, ed ora sembra che la titolare abbia costituito una società in Francia.

I sette “orchidanti” italiani rappresentano due distinte generazioni: la vecchia scuola del venditore un po collezionista con un passato di produzione propria e le giovani leve con il piglio della modernizzazione.

Tre aziende della vecchia guardia (Riboni, Pozzi e Callini) formano un gruppetto che ruota attorno a quel che resta di una grossa Associazione, la ALAO, che usano come cinghia di trasmissione della loro attività commerciale.

Franco Bianco (TO) avvia l’azienda agricola per dare un seguito professionale alla sua vecchia passione di collezionista, si muove con autonomia ed in armonia con Pozzi e Riboni.
N&C, qualche anno fa, da florovivaista generalista si butta nel commercio orchidofilo, forse cercando di coprire gli spazi lasciati liberi dalla cessata attività di altre aziende liguri.
Sin da subito la filosofia di N&C è quella di vendere tanto, soprattutto le specie che vanno per la maggiore e a buon mercato, scompigliando in tal modo le altre aziende esistenti.
Questa operazione risulta abbastanza facile all’azienda N&C in quanto favorita dalle favorevoli condizioni climatiche del suo vivaio che gli consentono di produrre a costi di gestione competitivi rispetto alle altre aziende italiane.
Nasce il caso Nardotto e le conseguenti note vicende fra venditori.
Non è mia intenzione entrare nel merito dei problemi fra venditori, anche perché non sempre l’euro di meno negli acquisti è l’unico parametro per esprimere giudizi.
Quello che mi pare di rilevare è l’enorme divario generazionale, da un lato N&C ed Il sughereto di Farinelli, giovani rampanti inseriti nei forum, che li usano come veicoli pubblicitari, e proiettati verso la nuova forma di vendita telematica e-commerce, d’altro lato ancora il romanticismo del venditore quasi collezionista vecchio stampo.
A mio modesto avviso, forse tutte questa aziende orchidofile sono troppe per un collezionismo, quello italiano, ancora molto limitato. Ecco che si spiega la loro necessità di vendere anche orchidee “commerciali”.

Inoltre, questa realtà italiana, abbastanza fragile, deve anche fare i conti con un mercato senza confini, ne territoriali ne telematici: molti collezionisti italiani trovano conveniente fare i loro acquisti da produttori e commercianti stranieri.

Non so se avete voglia di esprimere pubblicamente le vostre valutazioni sullo stato del commercio orchidofilo italiano: nel bene e nel male se ne parla sempre, ma rigorosamente in privato…per quella sorta di sindrome da innamoramento del venditore, considerato la fonte di soddisfazione dei propri desideri orchidofili e per questo intoccabile.
Io sono fra quelli, pochi per la verità, che la vede diversamente: sono i venditori che devono elevare a valore il collezionista, che devono creare le occasioni di incontro (in altri paesi europei è una prassi – a Dresda nel 2009 sarà un produttore venditore e collezionista ad organizzare l’EOC) ed in questa logica si inserisce anche la vicenda della foto copiata; qualcuno avrebbe dovuto semplicemente dire la provenienza della foto senza che venisse chiesto un centesimo, senza appropriarsene. Perché se l’ha presa, significa che in qualche modo la preferisce a quelle che ha. Oppure perché è più comodo.
Ci sono leggi a riguardo e sarebbe ora di finirla di fare all’italiana che tanto tutto fa lo stesso.

Forse rimarrà senza commenti questo post…io il sasso sullo stagno l’ho lanciato, in fondo un blog deve far discutere ed anche un po provocare.

11 pensieri su “Commercio delle orchidee in Italia, etica e valori

  1. camilla

    Quanto mi piacciono le orchidee! io ne ho 3…
    ho 3 Phalaenopsis una bianca una gialla e una violetta,
    Quella bianca (che ho da più tempo)sta perdendo i fiori e sta mettendo dei nuovi rametti

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  2. Vincenzo

    Confermo quanto scritto da Alberto, anzi, per non sbagliare, ne
    ho prese 2.
    Altresì confermo, se ce ne fosse bisogno, quanto scritto da Guido;
    Qualche produttore, bontà sua, si limita a inserire un catellino con
    scritto: Phalaenopsis oppure Oncidium etc… ma ce ne sono altri
    che identificano la piantina con con la scritta: “Orchidea”.
    Vi pare logico e sufficientemente esaustivo ????.
    Cordialmente, sempre.
    Vincenzo.

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  3. Alberto

    Francesca, credo che nessun appassionato possa disprezzare le orchidee commerciali, la riprova? la mostra di Villa Manin di 15 giorni fa, non c’è stato socio di Orchids club Italia che non abbia acquisito la Blc Hwa Yuan Beauty “HONG” AM/AOS, ciao Alberto

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  4. Guido Autore articolo

    Ciao Francesca, forse mi sono spiegato male nel post, ma io non disprezzo alcuna orchidea….ci mancherebbe! Ho solamente rilevato che da qualche tempo a questa parte, produttori e commercianti di orchidee preparano banchi vendita, fornitissimi anche di commerciali senza nome, anni fa, quei pochi che partecipavano alle mostre o fiere proponevano quasi esclusivamente “orchidee per appassionati” – sia specie che ibridi…ma con nome e cognome.

    W le orchidee quindi e spero proprio che la tua passione cresca fino a prenderti tutta…vedrai che bel mondo!
    Ciao
    Guido

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  5. francesca

    Buongiorno..sono una dilettante che da un paio d’anni si è innamorata delle orchidee, posso dire la mia? Mi trovo molto d’accordo col post di Lisa. Al quale vorrei aggiungere una ulteriore considerazione: perchè dispregiare le orchidee “commerciali”? credo che sia tramite la classica (bellissima) phalaenopsis ibrida ricevuta in regalo che il 99% delle persone si avvicina poi al mondo vasto e affascinante delle orchidee. Certo, molte di queste “innominate” vengono invece cestinate dopo la sfioritura, ma alcune accendono nei loro possessori quella magica curiosità e la voglia di saperne di più, e così nasce un aspirante orchidofilo…questa è la mia storia, e anche di tanti altri. E poi i cloni commerciali in fondo sono dei piccoli gioielli di ingegneria, come un’auto ben progettata, cui nulla toglie il fatto di esser prodotta in serie…forse non è una cosa romantica, ma a me questa unione di ingegno umano e meraviglia naturale affascina.
    (Comunque, se vendere 1000 phalaenopsis consente al commerciante di poter offrire ai cultori piante che altrimenti non potrebbe permettersi di trattare perchè troppo di nicchia, non è forse un vantaggio per tutti? )

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