Introduzione:
Se un collezionista di orchidee volesse accontentarsi di fare un atto di fede sui binomi accettati dalla scienza botanica, che identificano le piante della sua collezione, avrebbe vita facile, ma qualora desiderasse approfondire il mondo della tassonomia scoprirebbe un ambiente intricato e carico di incertezze.
Questo vale per quasi tutte le specie e gli ibridi presenti nelle nostre collezioni.
Si dirà – lasciamo perdere le pedanterie, chi se ne frega, godiamoci la coltivazione senza perderci nel labirinto dei nomi – mica tanto, nella migliore delle ipotesi l’incertezza tassonomica, spesso ci porta a fare doppi acquisti della stessa specie.
Prendiamo un esempio a caso: Vanda brunnea, la bella “orchidea cioccolata” in riferimento al colore ed al profumo dei suoi fiori.
Il nome accettato di questa specie è per l’appunto Vanda brunnea, ma porta anche altri due nomi: Vanda denisoniana var. hebraica e Vanda henryi.
Come mai questa specie, nel corso degli anni (il basionimo risale al 1868) è stata descritta e registrata per ben tre volte? Scopriamolo insieme.
Descrizioni, date e autori
Prima descrizione:
Vanda brunnea Rchb.f., Xenia Orchidacea Vol.II, 6.Lieferung, 08. Apr. 1868, p.121 – 144, plates 151 – 160.
Seconda descrizione:
Vanda denisoniana var. hebraica Rchb.f., The Gardeners’ Chronicle, new series 24: 39. 1885.
La specie è stata dedicata alla moglie di Lord Albert Denison (1805-1860), Lady Denison (1809-1841).
Terza descrizione:
Vanda henryi Schltr., Schlechter, F. R. R. 1921. Repert. Spec. Nov. Regni Veg. 17: 71.
Il campione della nuova orchidea è stato raccolto da A. Henry nella Cina centrale e Schlechter l’ha dedicata ad A. Henry stesso.
Luoghi di endemicità
India, Vietnam (Son La, Dien Bien and Lao Cai), Myanmar, Tailandia, S. Cina (S.Yunnan).
Vanda brunnea vive in pieno sole ai margini delle foreste umide ad altitudini di 800-1500 m sul livello del mare.
Vanda brunnea Rchb. f. 1868 SEZIONE Longicalcarata – Christenson.
Questa specie presenta grande variazione di dimensione, forma e colorazione dei fiori, dal marrone scuro al marrone chiaro con piccole macchie su sepali e petali. L’incredibile ed ampia variazione di forme; alcune assomigliano a V. concolor, mentre altre sono vicine a V. liouvillei, suggerisce la presenza di eventuali ibridazioni introgressive di specie.
E’un ipotesi non dimostrata e che al momento non sono in grado di dimostrare, ma forse sarebbe utile un approfondimento scientifico. Probabilmente i vari botanici interessati alla registrazione di nuove specie, hanno ricevuto campioni di differenti tonalità di colore e si sa, l’occasione di presentare una nuova specie è troppo ghiotta, meglio non perderla… tanto si può sempre declassarla a sinonimo.
C’è polemica sul mondo della botanica, ma il problema tassonomico rimane ad oggi irrisolto e forse alcuni botanici lo credono, insolubile.
il link e’ molto interessante e mi ha aperto un mondo sconosciuto confermandomi che la natura è incredibilmente bella e che io piccolo microbo in transito per un nanosecondo
devo sempre ricordarmi del privilegio che casualmente ho avuto. grazie guido e buona salute. lucia
x Lucia: trovo interessante questo link – http://www.luciopesce.net/zoologia/specie.html –
Il tema della introgressione è veramente interessante e merita di essere approfondito; da esso, fra l’altro, dipende anche la formazione di nuove specie. Non essendo io, un biologo e nemmeno un botanico, mi accontento di coglierne gli aspetti generali.
Come scrivi tu, la propagazione in laboratorio attraverso la clonazione “meristema” partendo da piccole divisioni di apici vegetativi, produce nuove piante tutte uguali.
La fecondazione da polline, se coinvolge la stessa specie produce anch’essa piante con lo stesso patrimonio genetico.
In natura, a salvaquardia della purezza della specie, ci sono dei meccanismi isolanti, vedasi l’esempio delle api euglossine nelle stanhopeinee – http://www.orchids.it/2011/08/14/stanhopea-oculata-occhi-che-ti-guardano-dentro-il-cuore/ – quando, per vari motivi, si rompono questi meccanismi isolanti avviene la mescolanza del patrimonio genetico (trasporto di masse polliniche di una specie nello stigma di una specie diversa e conseguente fecondazione), avviene l’ibridazione. Il reiterarsi di questi eventi nello stesso aerale, di per se rari è definito per l’appunto, “ibridazione introgressiva”.
Questo fenomeno può essere prodotto anche artificialmente in laboratorio, ma l’uomo è troppo esigente e non perde anni di lavoro per ottenere al massimo del risultato, una variante della specie inziale, lui vuole effetti eclatanti e per ottenerli incrocia di tutto e di più. Morale: viva la natura ed il suo disordine ponderato.
scusa la mia ignoranza ma che significa ibridazioni introgressive di specie? c’entra l’uomo o ha fatto da sola la natura? comunque e vero che profuma di cioccolato?
e bellissima pure questa, ma coltivabile con facilità? non lo hai specificato, forse serra fredda molta luce e la solita umidità ventilata? grazie e buona salute. lucia
Ciao Lucia, sì hai ragione, in questo post non ho specificato le condizioni di coltivazione, ma è stata una scelta voluta: mi premeva focalizzare l’attenzione sul problema tassonomico. Comunque è una specie da serra intermedia ed ha il vizietto di crescere troppo e di produrre tante, tantissime radici.
Venendo alla “ibridazione introgressiva”, in sintesi il concetto è il seguente:
Per indicare l’incorporazione di geni di una specie nel complesso genico di un’altra specie, come risultato di una ibridazione riuscita, si usa il termine di “ibridazione introgressiva” o “introgressione genica”.
Introgressione: è definito come l’incorporazione permanente di geni da una popolazione nel genoma di un’altra popolazione in grado di riprodursi, attraverso una serie di incroci.
Quindi possiamo considerare il fenomeno come il risultato di vari e reiterati incroci naturali fra specie che vivono nello stesso habitat, che produranno alcune varianti nella stessa specie e/o anche la creazione di nuove.
grazie penso di avere capito, ma questo scambio di geni in natura avviene attraverso l’impollinazione? in sintesi è il polline che contiene il patrimonio genentico della pianta madre? o i semi? scusa la mia ignoranza di base. se fosse il polline allora gli insetti impollinatori sono meravigliosamente utili in natura e noi distruggiamo gli habitat!!! e poi i coltivatori in serie come fanno? con un pezzetto di pianta? altrimenti come potrebbero essere identiche le varie piante. infine per non seccarti con queste domande da .. asilo c’è qualche testo o sito dove posso approfondire l’argomento? ormai la mia mente si sta liberando del diritto ed ho molti neuroni disponibili.. vabbè diciamo alcuni. ciao.
Anche io mi sono sempre chiesto alla fine quale fosse l’utilità di rinominare a più riprese il nome delle orchidee, non di meno lo spostamento nel corso dei decenni di una specie da un genere all’altro sulla base semplici caratteristiche morfologiche.
Ad esempio dividere la grande famiglia delle Cattleya in più famiglie…non sarebbe stato più semplice fare come per i Paphiopedilum, ovvero creare una macro-famiglia con diverse sezioni?
Evidentemente no. Non vorrei essere veniale, ma l’unico motivo mi pare quello commerciale, con l’intento di creare confusione nel venditore poco accorto ed aggiornato che sarebbe così potuto incorrere nel tranello di acquistare due piante con due nomi diversi. Non di meno i botanici specializzati nelle monografie che così invece di scrivere il libro su un dato genere, possono nel tempo riscriverne altri quattro suddividendo quella che potrebbe essere una monografia, in quattro o più volumi differenti…..e noi poveri appassionati a “sclerare” con i loro nomi…se poi ci mettiamo anche le variabili cromatiche non se ne esce!!