Archivio mensile:Marzo 2017

Il posto delle orchidee: 29.03.2017, prima visita di gruppo

Alle 3 del pomeriggio, puntuali come da programma, sono giunte in vicolo Parnasso le artiste del gruppo di pittura di Carbonera (TV) a far visita al “Posto delle orchidee”. Il primo. Il primo gruppo di una nutrita richiesta di visite.
“Buon pomeriggio” – esordisco, andando a riceverle all’imboccatura di rio Parnasso – “voi siete un gruppo di pittura, non di lettura, chiedo scusa ho fatto un po’ di confusione, fra qualche giorno dovrà far visita alla mia collezione anche un gruppo di lettura trevigiano” La capo gruppo annuisce con un sorriso amichevole ed io aggiungo – “prima delle orchidee, la mia grande passione era la pittura!”- Stupore e sorpresa generale, praticamente il “la” che ha dato inizio ad un piacevole pomeriggio a parlare di orchidee e di pittura.
La conversazione è scivolata velocemente sui racconti storici della mia avventura nel mondo delle orchidee: i miei errori iniziali – madornali – ma non per questo tali da farmi desistere dalla coltivazione. Poi le prime soddisfazioni, le amicizie ed i riconoscimenti nazionali ed internazionali.
La premessa discorsiva è stata propedeutica alla passeggiata fra gli stretti anfratti della serra, delle serre. All’inizio ero preoccupato delle reazioni delle visitatrici, ma dopo pochi commenti ebbi chiara la percezione del gradimento generale.
Il piacere della condivisione della tua passione con persone fondamentalmente al di fuori delle cerchie conosciute, apre scenari inesplorati e coinvolgenti.
“Dai, la aspettiamo nella nostra sede per dipingere insieme” – si alza un commento dal gruppo, dopo aver visto qualche mio quadro – “Mai dire mai” – rispondo – e guardando l’orologio vedo che siamo vicini alla 5 della sera.
Bene, vi ringrazio care amiche, grazie della vostra pazienza, vi aspetto il 25 Aprile alla mostra di Spercenigo, sarà una buona occasione per approfondire le vostre nozioni sui rinvasi delle orchidee.
“Non mancheremo” e le voci del gruppo che si allontana si disperdono sul prato del giardino spruzzato di margherite bianche.

Ophris, un’antico disegno datato 1494

Esclusiva!
Quel grande mondo chiamato orchidea non finisce mai di stupire.
Qualche lustro fa, quando le notizie sulle orchidee si trovavano solamente nei libri, un po’scherzosamente, ma non più di tanto, consideravo l’amico Antonio Borsato: ” La mia biblioteca personale”. Era sempre lui che perfezionava le ricerche sulle orchidee.
Poi venne internet e tutto sarebbe stato più facile, ma anche lì dentro bisogna saperci guardare con capacità e conoscenza.
Ed ecco, oggi, cosa ti va a scoprire Antonio!

Nota: l’epiteto “Lillo” è il nome confidenziale con il quale sono noto solamente ad amici di paese e pochi altri, ecco la mail di Antonio che ringrazio calorosamente!

…”Caro Lillo
Ti metto in allegato una chicca, frutto di una casuale scoperta fatta circa un’ora fa.
Stavo cercando in un codice di esercizi di miniatura, opera di un autore tedesco del 1494, quando a pagina 38 ho trovato la rappresentazione di tre esemplari di Ophris. E’ stata per me una grandissima e graditissima sorpresa: per me questa è la rappresentazione più antica che conosca di un’orchidea del genere Ophris fatta in maniera così precisa e fedele rispetto all’originale sia per forma sia per colori. Bisognerà attendere almeno altri 50 anni per trovare una rappresentazione di un’altra Ophris così precisa, anche se priva di colore trattandosi di una litografia presente nell’opera di Leonardt Fuchs del 1544″…

In esclusiva un particolare del disegno e relative annotazioni.

Schriber, Stephan: Spätgotisches Musterbuch des Stephan Schriber – BSB Cod.icon. 420, Urach, um 1494 [BSB-Hss Cod.icon. 420] pag.38
Selected pages from the Spätgotisches Musterbuch des Stephan Schriber, a manuscript which appears to be some kind of sketchbook, belonging to a 15th century monk working in South-West Germany, where ideas and layouts for illuminated manuscripts were tried out and skills developed.

Effetti collaterali, cara Gardenia…

… cara Gardenia ti scrivo. Galeotto fu quel servizio apparso nel numero di Febbraio a cura della giornalista Mariangela Molinari (foto di Ferruccio Carrassale): Il posto delle orchidee.
A far corso dai primi giorni di Febbraio, il mio telefono fisso (unico mio riferimento telefonico riportato in articolo), si risvegliò di soprassalto dal suo sonno – ormai si usa comunicare quasi esclusivamente con il telefono cellulare – e da quei giorni (il telefono) sta vivendo una seconda giovinezza, tante sono le chiamate di appassionati che desiderano visitare la mia collezione.
A dire il vero, cara Gardenia, provo tanta emozione, ma anche apprensione per paura di deludere l’entusiasmo e la curiosità generati dal delizioso racconto di Mariangela. Mi sto organizzando, per ricevere nel migliore dei modi, sia singoli appassionati che gruppi culturali e/o turistici che ne hanno fatto richiesta: gruppi di lettura, comitive europee (Svezia), e singoli orchidofili in cerca di consigli.
Ecco il perché della metafora “Effetti collaterali”, e sì cara Gardenia, mi stai cambiando la vita. Il variopinto mondo delle orchidee mi si presenta in una dimensione nuova, che va oltre le consuete forme associative e che testimonia inaspettatamente, seppur dominati dal web, l’attualità e l’immutata funzione della “carta stampata” quale strumento di informazione e di divulgazione popolare. Non bastano i social su internet, e non sono sufficienti nemmeno le associazioni di settore, che spesso appaiono come piccoli segmenti ermetici e comunque racchiusi in confini invalicabili. L’odore delle rotative ancora racchiuso far le pagine di una rivista cartacea, enfatizza il piacere di tenere fra le mani la notizia, le notizie, e la possibilità di poterle rileggere in ogni momento, fa la differenza.
Certo! La rete virtuale ha la sua grande importanza, ci mancherebbe, ma può capitare che…
in una domenica di primavera ricevi la visita di un lettore di Gardenia, tanto orgoglioso da presentarsi con la rivista fra le mani: “Buongiorno, sono Adriano, quello che le ha telefonato per poter visitare le sue orchidee – guardi che qua dentro c’è scritto tutto di lei” – e poi aggiunge – “ho portato con me le mie orchidee per farle controllare perché quest’anno non mi sono fiorite” – e alzando il cofano della sua auto mi mostra quattro Cymbidium stipate nel bagagliaio.
Ed è così che inizia una piacevole conversazione: Adriano abita in Provincia di Venezia, ad un tiro di schioppo da me, ma Adriano non frequenta nessuna associazione, non sta su internet, Adriano coltiva orchidee, Adriano legge Gardenia.

Ansellia africana: l’affascinante orchidea leopardo

Ansellia africana, affascinante, maestosa, nota anche con il nome di “Orchidea leopardo”

Genere monotipo
AUTORE: Lindley
PUBBLICAZIONE: Edwards’s Bot.Reg.30:sub 12(1844)
SOTTOFAMIGLIA: Epidendroidae
TRIBU’: Cymbidieae
SOTTOTRIBU’: Eulophiinae
SPECIE: Ansellia africana

Ansellia africana è l’unica specie del suo genere, ma compensa il piacere della sua coltivazione con una grande variazione della pigmentazione dei fiori e con le dimensioni delle piante.
anselliaafricanaAnsellia africana Lindl. 1844
Sinonimi: Ansellia africana var. australis Summerh.-Ansellia africana var. nilotica Baker 1875 – Ansellia confusa N.E.Brown 1886 – Ansellia congoensis Rodigas 1886 – Ansellia gigantea Rchb.f 1847 – Ansellia gigantea sottosp. nilotica (Baker) Senghas 1990 – Ansellia gigantea var. nilotica (Baker) Summerh. 1937 – Ansellia humilis Bulliard 1891 – Ansellia nilotica [Baker]N.E.Brown 1886 – Cymbidium sandersoni Harv. 1868

Ansellia africana è stata scoperta nel 1841 da John Ansell (x-1847), botanico inglese al seguito di una spedizione sul fiume Niger nel Sud Africa ed in suo onore ne porta il nome.
I primi esemplari furono trovati sull’isola Bioko (durante il periodo coloniale nota anche con il nome di Fernando Po), situata lungo la costa africana del golfo di Guinea.
L’unica specie del genere, denominata Ansellia africana è conosciuta anche con il nome comune di Orchidea leopardo, (Luiperdorgidee) in lingua afrikaner, e (Imfeyenkawu) in idioma zulù.

Dove vive
Questa specie è endemica in una larga fascia dell’Africa meridionale: Namibia, N. Botswana, Swaziland ed in Sudafrica nelle provincie del nord, principalmente nelle valli calde e asciutte dei fiumi e delle zone costiere a 700 metri sul livello del mare; occasionalmente può essere trovata anche ad altezze maggiori, oltre 2000 metri.
E’una pianta epifita di grandi dimensioni a sviluppo simpodiale, raramente terricola, che si ambienta bene in piena luce sulle alte ramificazioni degli alberi ed in zone geografiche con lunghi periodi di siccità.

Caratteristiche morfologiche
Ceppo di Ansellia africana in natura – foto web
In natura l’Ansellia africana cresce e si sviluppa con facilità, formando grandi ceppi spettacolari aggrappati ai rami alti degli alberi.
La caratteristica particolare di questa pianta è la struttura del suo apparato radicale costituito da bianche radici aghiformi rivolte verso l’alto, come nei Grammatophyllum, che formano dei cestini attorno agli pseudobulbi, dove vanno a cadere e a decomporsi foglie e detriti vari, dei quali la pianta si alimenta.
Gli pseudobulbi dell’Ansellia africana possono svilupparsi fino a raggiungere anche 60 centimetri di lunghezza, e considerata la facilità del loro incespimento non è difficile incontrare in natura, gruppi di piante di oltre una tonnellata.

Le infiorescenze
Questi pseudobulbi producono 6–7 foglie laterali, strette, linguate, lanceolate, acute e plicate, all’apice delle quali in tarda primavera inizio estate spuntano infiorescenze panicolate, lunghe anche 80 centimetri, portanti più di 100 fiori di 6 cm delicatamente profumati. Il labello è trilobato e strutturato in tre sezioni gialle, sepali e petali sono gialli verdastri, maculati, con macchie marroni a volte appena visibili in altri casi marcatamente più scure.
In realtà, gli steli fiorali, seppur formatisi nella parte apicale degli pseudobulbi, escono dalle ascelle delle foglie.
I fiori sono impollinati dai lepidotteri di hawk, che li visitano durante la notte, quando emanano la loro dolcissima fragranza.

Coltivazione
In coltivazione è molto importante rispettare il periodo secco (alla stessa stregua dei Dendrobium a foglia caduca), mentre nella fase vegetativa l’Ansellia africana richiede umidità costante, molta luce (quasi diretta solare) e temperature da serra calda.
Durante la fase asciutta, questa orchidea sopporta bene temperature basse, che occasionalmente e per brevi periodi possono anche scendere sotto zero.
Questa specie si sviluppa molto bene in vasi con substrarto di corteccia grossa, sistemati nella parte più luminosa e calda della serra. Può essere coltivata anche fuori serra, ma come si è scritto sopra, richiede grandi spazi e molte attenzioni nel periodo secco.
Il rinvaso va fatto normalmente ogni due anni: le piante sono piuttosto affamate di sostanza organica, qualche coltivatore simula l’ambiente naturale, dove le foglie cadono sopra le radici, creando uno strato di “pacciamatura” con foglie di betulla o di carpine e detriti vari.
L’umidità deve essere superiore al 50%, ideale il 70% in estate e 60% in inverno. Queste piante richiedono una buona ventilazione, soprattutto quando l’umidità è alta. Il clima delle regioni dove crescono è molto caldo e secco con temporali estivi;gli inverni sono più freschi e asciutti con consistenti rugiade notturne.
Alla fine della fioritura (generalmente in primavera) ridurre irrigazione al minimo. Per evitare un eccessivo ringrinzimento degli pseudobulbi è utile nebulizzare di tanto in tanto. Aumentando i livelli di luce si induce la fioritura, intorno a settembre / ottobre si aumenta l’irrigazione, evitando di bagnare i germogli freschi (se bagnati marciscono) e si alimenta regolarmente fino alla completa maturazione dei nuovi pseudobulbi, a questo punto si riducono di nuovo le bagnature.

Curiosità, miti e leggende
Si racconta che sui ceppi di Ansellia africana siano stati visti fare i loro nidi anche rapaci notturni, fra cui l’enorme Gufo reale (Bubo bubo), paragonabile per dimensione e rapacità all’Aquila reale.
I guaritori delle tribù Zulù in Sud Africa, usano gli pseudobulbi di questa orchidea per fare un tè che è usato come “emetico”, mentre nello Zambia usano le foglie per fare un tè da usarsi come rimedio alla follia.
Nelle tradizioni popolari africane, questa orchidea è usata per creare fascino in amore, per allontanare i brutti sogni, per scacciare i fulmini dalle fattorie ed inoltre gli esemplari di questa orchidea sono molto ricercati per addobbare i giardini.

Paphiopedilum Ma Belle

Collezione rio Parnasso, prima fioritura di un ibrido primario da seedling: Paph. Ma Belle (P. bellatulum ‘dalmation’ x P. malipoense ‘Spring Green’)
Occasione per dedicare a qualcuno il nome di questo cultivar, aspetto le vostre proposte.

Ibrido primario fra i più desiserati dai collezionisti: Paph. Ma Belle. Un delizioso incrocio di un parvisepalum cinese e un brachypetalum, i suoi fiori gialli e verdi sovrastano con orgoglio l’attraente fogliame screziato. Il risultato morfologico più evidente è il significativo accorciamento dello stelo fiorale rispetto a quello del suo genitore Paph. malipoense, mentre rimane immutato il fascino del reticolato bordeaux sui suoi ampi petali, colore evidenziato anche nello staminode.

Dati di registrazione: from RHS Sander’s List.
Paphiopedilum Ma Belle {Orchid Zone(T.Root)09/04/1992}
Genus : Paphiopedilum
Epithet : Ma Belle
Synonym Flag : This is not a synonym
Registrant Name : Orchid Zone
Originator Name : T.Root
Date of registration : 09/04/1992
Seed parent : (Paph.) Paphiopedilum malipoense S.C.Chen et Z.H.Tsi, 1984
Pollen parent : (Paph.) Paphiopedilum bellatulum (Rchb.f.) Stein, 1892