Nella foto Franz Zeuner del garden Currlin Orchideen (D) e Alfiero Furlan alle prese con l’allestimento della mostra di Schio ed 2015
Agli inizi era Monte Porzio Catone a fare scuola. Vuoi per la comodità delle operazioni di sdoganamento, o magari per la facilità dei trasporti, era quell’evento orchidofilo che richiamava venditori da varie parti del mondo.
Arrivavano così alla rinfusa, senza regole ed erano coccolati dai venditori EU per accaparrarsi l’invenduto.
Fatte le conoscenze, i vari venditori asiatici o sudamericani, cominciarono a fare capolino anche in altri eventi e mostre mercato.
Ma, a differenza dei produttori italiani ed europei, che un po’ alla volta iniziarono a contribuire anche con orchidee fiorite nelle varie esposizioni, gli stand (eufemismo) dei cosiddetti “extracomunitari” continuano a sembrare dei bazar con piante all’ammasso per essere velocemente piazzate, con garanzia che l’invenduto sarà facile appannaggio di qualche collezionista dal portafoglio largo.
Tutto bene, anzi benissimo… per gli extracomunitari, con le operazioni (CITES e fitosanitario) ormai affinate. Sembra che fare sdoganamento in Germania sia un gioco da ragazzi, mettono insieme più appuntamenti facendo girare le piante a radice nuda, sapientemente impacchettate, per più giorni, fino all’esaurimento.
Ed è così che alla fine di ogni mostra iniziano le “danze” per l’accaparramento dell’invenduto, nessuno escluso: singoli collezionisti, associazioni ed anche venditori italiani. Bene, si dirà, ma con quali risultati e con quali regole può funzionare questo che oserei definire mercato collaterale o accessorio in una mostra mercato di orchidee?
Io direi, ad esempio, che gli organizzatori di eventi orchidofili nell’ambito della comunità europea, dovrebbero richiedere un minimo di allestimento (piante fiorite esposte) ai venditori extraeuropei nei loro stand, anche e soprattutto per equità nei confronti dei collezionisti amatoriali e degli espositori europei che si fanno il “mazzo” per portare piante fiorite sia in vendita che in mostra.
Non da ultimo stabilizzare il “valzer” dei prezzi delle piante in vendita. Il punto di riferimento degli acquisti per noi collezionisti è il catalogo o listino prezzi che ogni venditore extraeuropeo pubblica, generalmente in dollari USA, e questo parametro dovrebbe rimanere valido sempre. Invece non è così, il prezzo della pianta in vendita nelle esposizioni italiane è aumentato del 10-20% rispetto ai listini e i dollari diventano automaticamente Euro (quando questo vale più del dollaro).
Si dirà: questo è il mercato… basta non fare acquisti, ma non è così semplice, la tentazione e la voglia di portarsi a casa l’orchidea esotica è più forte della ragione, questo è risaputo. Spesso poi, gran parte di quei mega acquisti di fine mostra, vuoi perché ormai sono rimasugli, o piante in giro per l’Europa da molti giorni (in marcescenza o disidratate), avranno vita corta.
Quale soluzione? Nel limite del possibile stabilire delle regole di “ingaggio”… facile a dirsi, difficile da attuarsi.
Chissà, forse questo degli extracomunitari presenti nelle motre europee di orchidee non è nemmeno un problema percepito… mah!
Forse basterebbe tornare agli albori dell’orchidofilia, quando le importazioni in Europa di orchidee esotiche (perché di questo si tratta anche oggi) erano messe all’asta e poi rivendute ai vari collezionisti, che, una volta fiorite le portavano nelle varie esposizioni per essere ammirate e giudicate. Ecco, potrebbe essere un’idea: regole, occasioni e spazi appositi per la vendita di orchidee di importazione. Mi sa che ho sollevato un bel casino! Che ne dite?