Il genere Cyrtopodium R. Brownn 1813
Epidendroideae, Cymbidieae, Cyrtopodiinae.
Le specie di questo genere sono note anche con il nome “orchidee sigaro” (Rebecca Tyson Northen nel suo libro ORCHIDEE), per la struttura dei loro pseudobulbi. Il nome di questo genere è derivato dall’epiteto greco “kyrtos”, gonfiore curvo e podion, piede piccolo in riferimento alla forma della colonna che si curva verso l’alto. Sono conosciute circa una trentina di specie, alcune di media grandezza, altre decisamente grandi. Possiamo trovarle sugli alberi, quindi epifite, ma possono essere terricole oppure litofite e vivono nella fascia tropicale e sub tropicale dell’America.
Cyrtopodium andersonii (Andrews) R. Br. 1813
Il nome di specie è dedicato in onore del collezionista svedese Anderson (1800).
Endemico in Florida, Cuba, Trinidad & Tobago e Windwards, Guyana francese, Suriname, Guyana, Venezuela e Brasile su savane rocciose di sabbia a 300-1500 metri di altezza. Specie gigante da clima caldo a crescita terrestre. Cyrtopodium andersonii è la specie più conosciuta del genere, e certamente quella con la gamma di distribuzione più ampia. Sembra che la specie sia presente ovunque ci siano montagne con grandi porzioni di sporgenze esposte e non molto ripide. Solo per dare un’idea, la specie si trova sia all’interno della città di Rio de Janeiro, a poche decine di metri sopra il livello del mare, ma si trova anche sulle “Organ Mountains” su sporgenze esposte, ma questa volta a circa 3000 metri di altezza, ed inoltre si trova nello stato di Rondonia (regione amazzonica), presente su simili tipi di sporgenze.
In Brasile, la specie viene solitamente coltivata all’aperto nei giardini, in quanto la sua dimensione la rende piuttosto difficoltosa da coltivare in vasi. Come la maggior parte delle specie di Cyrtopodium, i fiori di C. andersonii producono fiori subito dopo la stagione delle piogge, alla fine dell’inverno e all’inizio della primavera. Le infiorescenze vengono prodotte contemporaneamente alla formazione delle nuove vegetazioni. Gli pseudobulbi di questa specie, lunghi circa un metro, affusolati ed appuntiti, sono caratterizzati da delle carenature internodali che segnano l’attaccatura delle foglie, lunghe 70 cm. e decidue.
Appena formatosi il nuovo pseudobulbo (inizio primavera) si struttura subito la spiga fiorale, che cresce freneticamente anche oltre un metro e settanta cm. e dopo un mese sbocciano già le prime infiorescenze giallo brillante, in un’apoteosi progressiva che dura tutta l’estate.
A tarda estate, caduti gli ultimi fiori delle spighe (circa un centinaio per spiga) e con gli pseudobulbi di stagione maturi ed in pieno vigore, la pianta va in leggero riposo e le foglie cominciano ad ingiallire e staccarsi una ad una lentamente, durante tutto l’inverno.
Durante il periodo del riposo, vanno progressivamente diradate le annaffiature ed è questo il periodo più critico perché si può incappare in una bagnatura di troppo che può portare dei problemi anche letali agli pseudobulbi di riserva, quali marciume.
Vista la mole della specie, alla quale non può essere garantito eccessivo spazio libero attorno, può capitare che essa si prenda qualche annaffiatura indesiderata.
Le radici in riposo non assorbono né cibo né tantomeno acquae quindi rimangono bagnate per molto tempo, questo stato favorisce il processo di marcescenza che velocemente si propaga ai vari pseudobulbi della pianta.
In quasta fase è consigliabile dimenticarsi dell’esistenza in serra di questa esuberante orchidea, ma non troppo però!