Archivi categoria: Coltivazione

Consigli e scambi di esperienze sulla coltivazione delle orchidee esotiche.

Semine ed impollinazioni

“Rio Parnasso Orchid-Nursery”: prove di vita

Emozionati ed un pò orgogliosi, ci godiamo i primi risultati del progetto: “Semine per i soci di Orchids Club Italia”.


Nella foto a sinistra si possono vedere le piantine di Cattleya intermedia var. coerulea già deflascate e sistemate in una lettiera di sfagno, che sta dando ottimi risultati di crescita.

Le piantine stanno crescendo bene (notate le radichette ben formate) e senza inquinamenti di sorta, nonostante stiano sviluppandosi in ambiente non sterile.

Il cammino della riproduzione “asimbiotica” inizia con l’impollinazione dei fiori, ecco l’ultima effettuata in serra:

Capsula impollinata (foto sotto)

Cymbidiella pardalina [Rchb.f] Garay 1976 ex Cymbidiella rhodochila [Rolfe] Rolfe 1918
Un’ orchidea molto desiderata dai collezionisti ma difficile da riprodurre con procedimento “asimbiotico”.

In bocca al lupo a Christian, responsabile del progetto semine.

Lo spirito del nostro “progetto semine” non è orientato ne da obiettivi commerciali ne tantomeno da miraggi economici, ma solamente scientifici ed eventualmente propedeutici a ripopolamenti ex sito.
La riproduzione di orchidee da semina è un’avventura affascinante ma costosa, soprattutto nei nostri climi temperati e freddi.
Gran parte dei laboratori professionali attrezzati per le semine si trovano in paesi con climi tropicali, dove i risultati sono più economici e veloci.
Le grandi Aziende che producono orchidee in Europa, spesso importano da vari paesi orientali le fiasche con le piantine già pronte per essere piantumate.
Le amiche e gli amici orchidofili che riceveranno in consegna le nostre orchidee, avranno la soddisfazione di conoscere tutte le loro fasi di vita.

Orchidee in coltivazione: Angraecum eichlerianum

Trucchi ed accorgimenti per “naturalizzare” le orchidee in coltivazione

Le orchidee vivono in quasi tutte le parti della terra, sembra che manchino solamente in Antartide. Per poter resistere in ambienti diversissimi si sono progressivamente evolute ed adattate.
Alcune hanno deciso di vivere sugli alberi e sono diventate “epifite”, altre prosperano nei climi aridi delle montagne rocciose adeguandosi a vivere da “litofite”, molte sono rimaste al livello del suolo sviluppandosi da piante “terricole”, qualcuna, poche per la verità, ha dovuto cercare spazio vitale sotto il livello del suolo.
Si dirà: ma allora perchè è così difficile coltivarle?
E’ difficile coltivarle tutte in un unico spazio, perchè richiedono trattamenti diversi da specie a specie: l’attrazione fatale del loro collezionismo, nasce proprio dalla continua sfida per la loro ambientazione.

Un esempio significativo di coltivazione lo possiamo scoprire con l’Angraecum eichlerianum, orchidea a sviluppo monopodiale, che in natura si arrampica sugli alberi tenendosi stretta a loro con le sue radici e piegando addirittura la pagina inferiore delle foglie per rivolgere verso la luce (nutrimento con la fotosintesi) quella superiore.

Nella foto a sinistra si può vedere la coltivazione dell’Angraecum eichlerianum nella mia serra.
Posto che il clima del Veneto non consente la coltivazione di quest’orchidea all’aperto, ho cercato di simulare il più possibile la sua naturalizzazione (sviluppo paragonabile alle condizioni indigene) all’interno della serra.
In serra ho sistemato un tronco di nocciolo di oltre 2 metri d’altezza, potato in Autunno (con la luna buona) dal mio noccioleto.
Come potete notare, la pianta si è felicemente attaccata al tronco come fa in natura e continua a prosperare molto bene.
Angraecum eichlerianum può essere coltivato con successo anche senza “naturalizzazione”(vaso o zattera ad esempio), ma queste soluzioni limitano il suo normale sviluppo monopodiale, poiché bisogna continuamente intervenire con potature.

Il tronco di nocciolo, che ospita anche altre epifite e qualche Tillandsia, è diventato il cerimoniere di benvenuto a quanti visitano la mia collezione…e spero che resista per molti anni, poi si vedrà.

Orchidee e medaglie

Come si diceva nel dopo EOC, le medaglie Italiane ricevute da Orchids Club Italia resteranno nella storia dell’Orchidologia Italiana e se ne sentirà discutere ancora per molto tempo, almeno fino alle prossime occasioni internazionali.
Ritorno nel tema delle nostre piante medagliate con questo post sull’ Epidendrum difforme “Alberto” SM EOC 06, Jacq 1760 e l’occasione è la fioritura in questi giorni nella mia serra di una divisione di quella pianta, che Guido mi aveva regalato successivamente alla chiusura della mostra.
La pianta in questione, un’esemplare enorme era stata premiata con la medaglia d’argento e il clone prendeva, grazie a Guido, il mio nome. La fioritura inaspettata nella mia serra, mi raddoppia la soddisfazione ed è l’occasione per fare il punto su questa specie.

Epidedrum difforme Jacq 1760.
E’ una specie diffusa in un’area che comprende l’America Centrale, Meridionale e le Antille, in un intervallo che va dal livello del mare ai 2.700 mt di altitudine. Ci sono circa 55 variazioni interspecifiche tanto da considerarla per alcuni, quasi un sub genere a se stante nel grande gruppo degli Epidendrum. Le forme con il labello trilobato sono presenti in America Centrale e nelle Antille, le specie con il labello grande sono distribuite generalmente in Sudamerica, le forme con il labello intero sono distribuite in America Centrale. Nelle nostre serre intermedie la specie fiorisce in periodi variabili al completamento degli apici vegetativi, i fiori sono verdi, cerei, occasionalmente bianchi (sp Equador), con un labello di circa 1,5 cm, tre o quattro per racemo, sono molto duraturi. Dopo alcuni giorni dalla fioritura il profumo fragrante “crema pasticcera” ha iniziato a diffordesi nella mia serra. epidendrum_diforme_alberto

Nella foto a sinistra si può scorgere la pianta premiata, in esposizione allo Stand Orchids Club EOC Padova 2006

In Florida prospera epifita tra le insenature di mangrovie e le macchie boscose nel lago di Seven Palm e nella baia del Tarpon assieme ad Encyclia tempensis, Prosthechea cochleata, Epidendrum nocturnum e una cinquantina di altre specie.

Cattleya e la loro coltura

Visto che la Redazione (Guido) è stata velocissima con l’articolo dei rinvasi, eccovi un’aggiunta da parte mia per coltivare e sopratutto rinvasare.

Cattleya Super-Forbesii = (C. forbesii X C. violacea) Chypher 1896 – foto 22.05.06 – Diritti riservati

Premessa

Con questo articolo non intendo e non voglio rivoluzionare la coltura delle nostre amate Cattleye.
Solo che leggendo queste righe ci si può fare un pò l’ idea del mondo delle Cattleye, la loro crescita e soprattutto i rinvasi che sono essenziali per la crescita e una bella fioritura nei prossimi anni.
E’ piu di un anno che penso e ripenso come fare a tradurre un articolo in lingua inglese pubblicato nell’Orchid Digest in dicembre del 2004.
L’ articolo è di un certo William P. Rogerson, docente universitario, giudice dell’ AOS ed esperto di Cattleye da circa 20 anni.

Purtroppo la mia magra conoscenza della lingua inglese mi proibisce di tradurre l’ articolo, solo che da quello che sono riuscito a capire, Cattleya non e uguale a Cattleya.
Rogerson cita la lista descritta da Withner (1988) in cui le Cattleye vengono divise in 2 sezioni: unifoliate (con una foglia) e bifoliate (con due o più foglie), più 3 sottosezioni o categorie.
La lista di Withner include 48 specie di Cattleya, 15 unifoliate con fiori “grandi” (large-flowered) 22 sono bifoliate e 9 sono unifoliate con fiori relativamente “piccoli” (small-flovered unifoliate).

Continua a leggere