Trucchi ed accorgimenti per “naturalizzare” le orchidee in coltivazione
Le orchidee vivono in quasi tutte le parti della terra, sembra che manchino solamente in Antartide. Per poter resistere in ambienti diversissimi si sono progressivamente evolute ed adattate.
Alcune hanno deciso di vivere sugli alberi e sono diventate “epifite”, altre prosperano nei climi aridi delle montagne rocciose adeguandosi a vivere da “litofite”, molte sono rimaste al livello del suolo sviluppandosi da piante “terricole”, qualcuna, poche per la verità, ha dovuto cercare spazio vitale sotto il livello del suolo.
Si dirà: ma allora perchè è così difficile coltivarle?
E’ difficile coltivarle tutte in un unico spazio, perchè richiedono trattamenti diversi da specie a specie: l’attrazione fatale del loro collezionismo, nasce proprio dalla continua sfida per la loro ambientazione.
Nella foto a sinistra si può vedere la coltivazione dell’Angraecum eichlerianum nella mia serra.
Posto che il clima del Veneto non consente la coltivazione di quest’orchidea all’aperto, ho cercato di simulare il più possibile la sua naturalizzazione (sviluppo paragonabile alle condizioni indigene) all’interno della serra.
In serra ho sistemato un tronco di nocciolo di oltre 2 metri d’altezza, potato in Autunno (con la luna buona) dal mio noccioleto.
Come potete notare, la pianta si è felicemente attaccata al tronco come fa in natura e continua a prosperare molto bene.
Angraecum eichlerianum può essere coltivato con successo anche senza “naturalizzazione”(vaso o zattera ad esempio), ma queste soluzioni limitano il suo normale sviluppo monopodiale, poiché bisogna continuamente intervenire con potature.
Il tronco di nocciolo, che ospita anche altre epifite e qualche Tillandsia, è diventato il cerimoniere di benvenuto a quanti visitano la mia collezione…e spero che resista per molti anni, poi si vedrà.
Grazie Guido…Allora tutti pronti per la villeggiatura in campagna.
Affermativo…se il fusto è dotato di radici buone, altrimenti non ti rimane che piangere…
Ciao
Vanda, in una pianta in forte crisi se lapice vegetativo viene compromesso ,c’è la possibilit? che la pianta produca getti laterali? (malgrado le pessime condizioni di tutta la pianta.)
Chiara, niente cavolate nelle tue affermazioni.
Le vanda sono monopodiali, ma anche in questa forma di sviluppo si formano delle nuove piante (dalle ascelle del fusto appunto), questo è il modo con il quale l’orchidea monopodiale si popaga e incespisce (i famosi keiki dei dendrobium lo stanno a dimostrare.
In natura le Vanda vivono attaccate agli alberi, ma vegetano in modo aereo sviluppando un apparato radicale rigoglioso e casuale (sempre alla ricerca di attaccarsi a qualche sostegno) e quindi nelle coltivazioni è più funzionale sistemare le piante in Vasi forati (anche le pareti) oppure in cestiini e sostenere il fusto con un tutore.
Nulla toglie, che si possa anche attaccare una piccola pianta di Vanda ad una lunga zattera: sicuramente si arrampicher? da sola, bisogna bagnare più spesso però!
Adesso la tua vanda può stare tranquillamente fuori: tanto cibo, tanta umidit? (spruzzature frequenti) e tanta luce (progressivamente anche sole diretto)…vedrai che presto i tuoi concittadini “Mottensi” si godranno la tua vanda in fiore.
Ciao a presto Guido.
Questo tipo di sistema può essere utilizzato ed efficace anche per la vanda oppure ho detto una grande cavolata?Dovrebbe essere monopodiale anche lei, vero Guido(cavolata n° 2).
La mia vanda si è rivelata una vera imbrogliona visto che il nuovo getto laterale dello scorso anno si è rivelato non un fiore ma ben si un altro getto fogliere e mi ha pure fregato perché i getti sono due lunghi almeno 15 cm. Che faccio? la mando in villeggiatura? chiss? che l’aria di campagna le faccia venire voglia di fiorire, speriamo bene.
Buona domenica a tutti!