Archivi categoria: Non solo orchidee

Oltre le orchidee, fiori, piante e parole.

Cesaria Evora: un pensiero alla diva dai piedi nudi

Cesaria Evora si è spenta serenamente nella sua isola a 70 anni, tutti vissuti intensamente e cantando!

Era solo lo scorso settembre quando Cesaria Evora, la diva capoverdiana dai piedi nudi si era ritirata dalle scene. Era stanca, non ce la faceva più e aveva bisogno di tornare nella sua terra.

Capo Verde: Cesaria Evora – Sodade Una vita da romanzo dickensiano la sua: orfana a 7 anni, subito spedita in collegio, la sua voce non passa inosservata e la sua fama presto, da bar in bar, si diffonde dapprima in tutto l’arcipelago capoverdiano. Solo a 50 anni la sua fama raggiunge l’Europa: il successo è subito strepitoso, è la regina incontrastata della morna, genere “cugino” del fado portoghese.
Orchids.it racconta il mondo delle orchidee, ma non solo, cerca anche di legare un filo con le notizie del mondo.
Ricordare, e non potevamo che farlo con un fiore di orchidea, questa grande interprete della canzone è uno di quei momenti che vanno fermati nelle pagine di questo giornale.

Bésame Mucho cantata da Cesaria Evora:

Bésame mucho è il titolo di una canzone scritta nel 1940 dalla messicana Consuelo Velázquez prima del suo ventiquattresimo compleanno. Secondo la stessa Consuelo Velázquez la canzone fu composta prima ancora che lei desse il primo bacio.

Testo in italiano
Baciami, baciami tanto
Come se questa fosse l’ultima notte
Baciami, baciami tanto
Perché ho paura di perderti
Di perderti, poi

Baciami, baciami tanto
Come se questa fosse l’ultima notte
Baciami, baciami tanto
Perché ho paura di perderti
Di perderti, poi

Voglio sentirti molto vicino
Guardarti negli occhi
Vederti accanto a me
Pensa che forse domani sarò lontano
Molto lontano da te

Baciami, baciami tanto
Come se questa fosse l’ultima notte
Baciami, baciami tanto
Perché ho paura di perderti
Di perderti, poi

Baciami, baciami tanto
Come se questa fosse l’ultima notte
Baciami, baciami tanto
Perché ho paura di perderti
Di perderti, poi

Osmunda…

A gentile richiesta di una frequentatrice del blog.

Tutto quello che c’è da sapere su questa felce, foto e link:
Osmunda regalis la felce proibita Osmunda regalis, non puoi raccoglierla, ma puoi coltivarla

Tranquilli!! Le fibre sminuzzate che appaiono nelle foto, risalgono ad acquisti fatti da amici orchidofili negli anni 80, quando il commercio era ancora possibile.
Ricordo ancora con una vena di simpatia, il fornitore di tanti orchidofili dilettanti dell’epoca. Era un vecchio pensionato di Altopascio (LU) il quale, forse per arrotondare la sua magra pensione, raccoglieva osmunda e sfagno nei boschi circostanti, per spedirla a richiesta via ferrovia, in “ballettine” in sacchi di juta… altri tempi.
Vale la pena di sottolineare la grande resistenza delle radici di osmunda: dopo 20 anni dalla raccolta sono ancora utilizzabili.

Sushi fai da te… vale per 33

Care amiche ed amici del blog, tanto pr non parlar sempre di loro… le orchidee, ecco a voi il menù del pranzo di Domenica scorsa.
Era tutta la mattinata che notavo gran fermento in cucina… più che cucina, quasi un laboratorio con tanto di libri esplicativi, bisturi, ed altri attrezzi strani al sevizio della magica maestra.
Non c’è trasmissione Tv, il cui soggetto sia “cucinare”, che non sia costretto a sorbirmi… ma se questi sono i risultati, evviva!!

Grazie maestra, mia dolce compagna.

Oggi è morto un albero, a casa mia

Oggi è morto un albero, a casa mia. Ha scelto di morire in estate, forse per chiedere aiuto prima di andarsene.

Attorno a lui stanno lì in silenzio, il Sambuco, due giovani piante di Fico, il cespuglio dei Noccioli, il canneto dei Bambù e suo fratello gemello, poco più in là di lui, lungo il Rio Parnasso. Si chiamava Salix babylonica (Salice piangente, per gli amici)

Pianta un albero e sarai felice – mi sussurrava il nonno quando ero bambino – ed io ne ho piantati tanti di alberi. Tutta la tribù del giardino di casa l’ho messa a dimora con l’aiuto dei famigliari: è il film della nostra vita.
Ogni albero del giardino ha la sua storia da raccontare, l’Acacia innestata che ha sorpreso perfino Arturo, contadino ante litteram, quel Prunus selvatico dai piccolissimi frutti color oro, l’ombroso Oppio (Acero campestre), piantato a sentinella della sponda del fiume, anche il giovanissimo Melo, nato da un seme piantato da mio figlio, ha già la sua storia, ma lui, il Salice piangente, non ha fatto in tempo a raccontare tante cose: se ne è andato troppo giovane: ciao giovane amico mio, nessuno si è accorto di te… no, no, non temere ci ricorderemo di te.