Oggi è morto un albero, a casa mia. Ha scelto di morire in estate, forse per chiedere aiuto prima di andarsene.
Attorno a lui stanno lì in silenzio, il Sambuco, due giovani piante di Fico, il cespuglio dei Noccioli, il canneto dei Bambù e suo fratello gemello, poco più in là di lui, lungo il Rio Parnasso. Si chiamava Salix babylonica (Salice piangente, per gli amici)
Pianta un albero e sarai felice – mi sussurrava il nonno quando ero bambino – ed io ne ho piantati tanti di alberi. Tutta la tribù del giardino di casa l’ho messa a dimora con l’aiuto dei famigliari: è il film della nostra vita.
Ogni albero del giardino ha la sua storia da raccontare, l’Acacia innestata che ha sorpreso perfino Arturo, contadino ante litteram, quel Prunus selvatico dai piccolissimi frutti color oro, l’ombroso Oppio (Acero campestre), piantato a sentinella della sponda del fiume, anche il giovanissimo Melo, nato da un seme piantato da mio figlio, ha già la sua storia, ma lui, il Salice piangente, non ha fatto in tempo a raccontare tante cose: se ne è andato troppo giovane: ciao giovane amico mio, nessuno si è accorto di te… no, no, non temere ci ricorderemo di te.