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Categoria madre del blog: giorno per giorno con le orchidee, diario di un appassionato.

La leggenda di Marianna, la strega di via Cucchetto

Camminata, fra storie, miti e ricordi.

Ecco quel che rimane della casa delle streghe. Tanti anni fa, la vulgata popolare raccontava ai bambini dei villaggi vicini, che fosse la dimora di una vecchia e misteriosa strega di nome Marianna. In altri tempi, da Pero per andare a Breda a comprare il pane al vecchio forno gestito dai Zangrando, si accorciavano le distanze percorrendo uno stretto sentiero lungo il canale della vittoria, costruito dai prigionieri austriaci catturati con la battaglia del solstizio.

Nel canale scorreva l’acqua prelevata dal fiume Piave, e attraverso canalette secondarie andava ad irrigare i raccolti. Era bello ed avventuroso andare a Breda lungo il canale, peccato che si passava vicino alla casa della vecchia Marianna, che la leggenda descriveva gobba e con il capo coperto da un fazzoletto nero legato al collo. I nostri genitori, ci parlavano spesso di quella povera vecchia, forse lo facevano per intimorirci. Storie, certo, storie inverosimili ma l’effetto paura, su di noi bambini era assicurato. A distanza di anni, molti anni, forse più di 70, ecco quel che rimane, o quel che rimaneva perchè qualche cosa è cambiato nella casa delle streghe. Sì perchè pare siano tornate. Son tornate a dipingere dei murales enigmatici sui muri cadenti dei ruderi ancora in pedi.

Chissà se le streghe moderne son tornate a visitare il rudere in veste di emuli buone e presagi dei tempi tristi che stiamo vivendo.

Speriamo che portino una ventata di libertà, il murales sta lì a futura testimonianza.

Ceratostylis himalaica

Ceratostylis himalaica Hook.f.

Descrizione della famiglia

Piante perenni, terrestri, epifite o litofite, talvolta micotrofe; crescita monopodiale o simpodiale; radici avventizie, spesso aeree, talvolta assimilatorie. Fusti generalmente fogliosi, spesso con uno o più internodi rigonfi che formano pseudobulbi. Foglie generalmente intere, alterne o opposte, spesso distiche, plicate o convolute; da membranose a coriacee, spesso terete o ridotte a brattee squamose, solitamente inguainate. Infiorescenze erette o pendenti; spicate, racemose o panicolate, da 1 a molti fiori da piccoli a grandi, resupinatii. Sepali tre, liberi o connati; sepalo dorsale spesso dissimile dai sepali laterali; sepalo laterale talvolta adnato alla colonna per formare un mento saccato, conico o speronato. Petali tre (petalo mediale distinto dagli altri come il labello), solitamente liberi. Labello intero o variamente lobato, spesso con calli ornati, con o senza sperone basale o nettario. Frutto, una capsula, che si apre generalmente lateralmente; semi numerosi, simili a polvere.

Descrizione del genere: Ceratostylis

Radici epifite fusti fibrosi semplici o ramificati cespitosi con 1 foglia ± terete e giunchi con sottili guaine basali reticolate marroni. Foglie strette, coriacee, da carnose a subterete, raramente sottili. Fiori resupinati, piccoli, da solitari a pochi all’interno di un piccolo grappolo di brattee. sepali eretti, conniventi; sepali laterali che formano un mento saccato o speronato con il piede della colonna. Petali stretti. Labello adenato al piede colonnare mediante un lungo unghione. Colonna corta dilatata superiormente, 2 lobate o con 2 bracci eretti spatolati; lungo un piede; pollinii 8, sessili.

Descrizione della specie, himalaica.

Pubblicata per la prima volta in Florida.- Brit.India 5: 826 (1890). L’areale nativo di questa specie va dall’E. Nepal alla Cina (S. Yunnan) e all’Indocina. E’ un’epifita o litofita endemica principalmente nel bioma tropicale umido.

Origine etimologica, Ceratostylis dell’Himalaya, nota in Cina con il nome popolare: Cha Zhi Niu Jiao Lan Dimensioni del fiore : 0,33″ [0,9 cm] Trovata in Assam, Himalaya orientale, Nepal, Laos, Myanmar, Malesia, Vietnam e nella provincia cinese dello Yunnan in boschi radi su alberi o rocce ad altitudini comprese tra 225 e 1900 metri come epifita da miniatura a piccola, a crescita calda o fredda con un fusto pendente, ramificato, avvolto da guaine imbricate, scariose e che dà origine ad un’unica foglia carnosa, lineare-oblunga, incisa apicalmente obliquamente, acuta, brevemente picciolata, che fiorisce nella tarda primavera su un’infiorescenza subcapitata da 1 a 3 fiori.

Sinonimi:

Sinonimi Ceratostylis ritaia Schltr. 1922; Eria ramosissima Muro. ex corone 1890; Ritaia himalaica (Hook.f.) King & Pantl. 1898; Eria ramosissima Wall. ex Hkr. 1890; Ritaia himalaica (Hook.f.) King & Pantl. 1898.

Descrizione Pianta alta 6-19 cm. Fusti penduli ramificati ricoperti da guaine sovrapposte e scarifere; rami corti, portanti ciascuno una sola foglia e un solo peduncolo terminale, lunghi 2-3,5 cm; guaine ovato-lanceolate subacute, fortemente venate, lunghe 0,7-1,2 cm. Foglia carnosa lineare oblunga obliquamente dentellata, acuta brevemente picciolata, 4-6 x 0,2-0,5 cm. Picciolo 3-4 mm. Infiorescenza derivante dalla base fogliare, 1-2 fiori subcapitati, circa 5 x 5 mm. peduncolo con 2 guaine; brattee floreali ovate da acute ad acuminate, guainanti 4-5 x 1,5 -2 mm. Fiori pubescenti esternamente circa 4 mm di diametro; sepali e petali giallo verdastro pallido labello giallo brillante; pedicello e ovaio pubescente. Sepalo dorsale ovato-lanceolato, concavo subacuto c lungo 3 mm; sepali laterali simili, largamente ovato-lanceolati, acuminati incurvati, connati alla base a formare un mento. Petali che si diramano lineari acuti c lunghi 3 mm. Labello non lobato, suborbicolare carnoso, emarginato, lungo 3-4 mm. Colonna molto corta; piede corto.

Paphiopedilum leeanum

Paphiopedilum Leeanum Lawrence 1884.

Un delizioso ibrido primario con Paphiopedilum insigne come genitore del seme e Paphiopedilum Spicerianum come contributore del polline. È un classico ibrido primario, registrato in Gran Bretagna nel lontano 1884, in piena mania dell’ibridazione delle orchidee. Leeanum è stato uno dei primi ncroci di Insigne di successo che hanno mostrato un’enorme vitalità e voglia di fiorire, una qualità che ha reso l’Insigne molto popolare nei programmi di ibridazione. Una volta abbondante nella coltivazione, il Leeanum è ora un po’ in disuso. Probabilmente non c’era bisogno di migliorare la specie originale in questo caso, ma questo incrocio ha ancora dei meriti poiché ha ereditato tutto il meglio da entrambi i suoi genitori. Il fiore è un po’ più grande e più sgargiante. Leeanum di solito fiorisce in inverno e il fiore tedura un paio di mesi o più.

Non richiede molta luce ed è abbastanza facile da coltivare, va tenuto presente che i due genitori richiedono temperature intremedie. Bagnature regolari tutto l’anno, solo leggermente più asciutto per alcuni mesi subito dopo la fioritura in inverno. Poiché entrambi i genitori sono calcarei, nel substrato va aggiunta un po’ di conchiglie tritate al terriccio di corteccia media e leca piccola.

Aloiampelos ciliaris

Asphodelaceae

Aloiampelos ciliaris (Haw.) Klopper & Gideon F.Sm.

Riferimenti bibliografici: Phytotaxa var. ciliaris 76(1): 10. (2013)

Entità presente in Informatore Botanico: Notula alla Flora esotica 124 – Segnalato in topic 28359

BASIONIMO

Aloe ciliaris Haw.

Riferimenti bibliografici: Philos. Mag. J. 67: 281 (1825)

ALTRI SINONIMI

Aloë ciliaris Haw.

RIFERIMENTI NEI PRINCIPALI REPERTORI

Checklist 2018, in Bartolucci & al., Galasso & al. e aggiornamenti

Aloiampelos ciliaris (Haw.) Klopper & Gideon F.Sm.

NOMI ITALIANI

Aloe cigliata

ETIMOLOGIA

Aloiampelos: [Asphodelaceae] dal genere Aloë(vedi) e dal greco ??????? ámpelos vite selvatica: riferimento al portamento rampicante di questa specie
ciliaris: (Aloë, Anaptychia, Medicago, Cenchrus, Digitaria, Allium, Astrantia, Calamus, Sanicula, Aster)da cilium ciglia: ciliato

TASSONOMIA FILOGENETICA

Magnoliophyta 

Monocotiledoni 

Ordine

Asparagales Link 

Famiglia

Asphodelaceae’ Dumort.

Tribù

Genere

Aloiampelos Klopper & Gideon F. Sm.

Campylocentrum grisebachii

Alcune specie del genere sono senza foglie, affascinanti e misteriose

Nelle foto sottostanti è rappresentata una specie assai misteriosa: Campylocentrum grisebachii Cogn.
Pianta in fiore nella collezione rio Parnasso.
E’ apparsa per la prima volta nelle mostre italiane di orchidee, nel marzo 2016 a Pordenoneorchidea. Anche e non solo per la sua particolare conformazione morfologica (priva di foglie), questa orchidea voleva simboleggiare la metafora della vita che trionfa a prescindere. E’ passato qualche anno e la leggiadra Campylocentrum della foto, vive ancora nella collezione rio Parnasso, ormai assunta a simbolo di chi sogna.E’ stata la specie “vedette” dell’evento orchidofilo Pordenoneorchidea, da quel marzo 2016 molte cose sono cambiate. In peggio.
Questa orchidea voleva simboleggiare una nuova esperienza associativa. Non è andata per il verso giusto, ma le aspirazioni di allora rimangono pur sempre valide anche senza quel manipolo che ha inteso affossarle per meri interessi di bottega.


Campylocentrum grisebachii

Relativamente rare, ma più numerose di quanto si possa pensare, sono le orchidee le cui radici riescono a svolgere le funzioni di fotosintesi altrimenti intraprese dalle foglie. Queste piante si caratterizzano per l’assenza di foglie, o nel migliore dei casi ridotte a minuscole presenze. La morfologia di queste orchidee evidenzia un esteso apparato radicale aereo con la funzione di “pneumatode” dal greco pneuma “respiro” – gruppo di cellule dotate di spirale ed ispessimenti su parete secondaria, a formare una velamen che agisce come via aerea per lo scambio del gas indispensabile alla respirazione od alla fotosintesi (ventilazione di particolari tessuti che agiscono come stomi consentendo in tal modo alle radici fotosintetiche ad eseguire lo scambio di gas necessario per supportare la fotosintesi). In comune con altre orchidee epifite c’è il rivestimento velamen, che protegge la struttura dello strato radicale interno ed acquisisce nutrienti e acqua per la pianta.

Orchidee senza foglie
Orchidee epifite senza foglie sono endemiche in tutte le zone tropicali e subtropicali. Esse sono poco comuni nelle collezioni, ma meritano la nostra attenzione anche se i fiori sono generalmente piccoli e insignificanti.
Per coltivare con successo le orchidee senza foglie bisogna garantire buona luce al loro apparato radicale, indispensabile alla loro fotosintesi, ma nel contempo è utile garantire un ambiente sempre umido e fresco durante la stagione estiva.

Genere Campylocentrum
Questo genere comprende circa 90 specie e si trova a partire dalla Florida attraverso l’America Centrale, Caraibi e Sud America settentrionale. E’ raramente presente nelle collezioni hobbistiche, in quanto abbastanza difficile da coltivare, a causa della sua richiesta di alta umidità durante tutto l’anno.
Campylocentrum grisebachii sin. Campylocentrum burchellii è una delle specie più rappresentative di quanto appena enunciato. Il genere Campylocentrum comprende più o meno 90 specie (il numero esatto è oggetto di dibattito fra diversi tassonomisti) è endemico nel sud della Florida ed è presente anche verso zone settentrionali del Sud America: 15-20 specie del genere Campylocentrum sono senza foglie.

Etimologia del nome di genere
Il nome di questo genere deriva dalla latinizzazione di due parole greche, kampýlos, che significa “curvo” e kéntro, che significa “centro”, riferendosi alla struttura del labello dei suoi fiori. La specie tipo è Campylocentrum micranthum (Bentham, 1881) anche se Lindley nel 1835 descrisse il primo esemplare, ora appartenente al genere Campylocentrum come Angraecum Bory (Lindley, 1835). C’è un alone di incertezza attorno alla descrizione originaria, Robert Dressler conviene che il campione di Lindley, presente al Kew, è coerente con la forma del Guatemala di questa specie.

Campylocentrum grisebachii (epiteto di specie in onore del botanico tedesco Grisebach (1800).
E’ una specie miniatura senza foglie, endemica in Brasile, Bolivia, Argentina e Paraguay. Cresce in ambienti umidi, ombrosi, sui rami più bassi degli alberi di legno duro. Non è raro trovare le piccole piantine di questa specie, abbarbicate sulle vegetazioni delle viti incolte (vedi campione della foto). I fiori sono piccoli, dal giallo pallido al colore bianco, con i sepali e petali liberi, e piccolo nectario sul retro del labello: i fiori sono piacevolmente profumati.

Coltivazione
La buona coltura delle varie specie di Campylocentrum consiglia di sistemare le piante con le radici aeree in modo che possano assolvere con facilità a tutte le funzioni alimentari della pianta. Nel loro habitat naturale c’è molta luce, con temperature intermedio calde con alto tasso di umidità (70% o più), accompagnato da abbondanti precipitazioni nella stagione delle piogge (normalmente dopo la fioritura). In risposta agli aumentati livelli di umidità, le piante inizieranno a formare nuove radici sia dalla base della pianta, o dagli apici radicali esistenti. Durante questa fase di crescita, l’applicazione regolare dei fertilizzanti aiuterà a sviluppare una pianta robusta. In autunno si consiglia di lasciar asciugare la pianta per un giorno o due tra le annaffiature per simulare le condizioni che si verificano in natura. In inverno, l’acqua deve essere applicata con parsimonia. E’ essenziale un buon movimento dell’aria onde evitare marcescenze ed attacchi fungini alle piante. Le varie specie di Campylocentrum fioriscono generalmente in primavera con lo sviluppo del fiore che inizia nel tardo inverno, periodo molto delicato durante il quale è neccessario porre molta attenzione a che la pianta non inaridisca né marcisca da troppa acqua. La maggior parte delle specie sono piacevolmente fragranti.