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Categoria madre del blog: giorno per giorno con le orchidee, diario di un appassionato.

Phalaenopsis in casa: problemi

Alla Phalaenopsis di Sonia, ingialliscono i boccioli sugli steli secondari

buongiorno! da circa un anno mi sono appassionata alle orchidee, ho cosi scoperto, navigando in internet, il suo sito, che, peraltro, reputo davvero interessante ed utile in particolare x noi novellini! In allegato le invio una foto delle mie tre orchiedee (quella gialla è nuova nuova…), mentre le altre due stanno rifiorendo. La più “anziana” ha fatto uno stolone nuovo (è giusto stolone?) che sembra intenzionato a regalarmi dei fiori, mentre sul vecchio (che dopo la fioritura non avevo tagliato), ha fatto dei getti nuovi con dei boccioli che però, come può vedere dalla foto, stanno ingiallendo mano a mano che crescono. Che delusione! Le orchidee sono poste su un vassoio contenente dell’argilla espansa che mantengo sempre bagnata, ma ciascuna ha il suo sottovaso x evitare ristagni. Le annaffio circa una volta la settimana, concimo ogni tre, la temperatura, al momento è di c.a. 20/21 gradi di gg. e 17/18 di notte, sono poste vicino ad una finestra (con tenda) esposta a sud/ovest e l’umidità varia da un 35 ad un 45%
Da queste informazioni, sa dirmi cosa sbaglio? Nella speranza che lei mi possa aiutare… buona giornata.
Sonia.

Ciao Sonia, diamoci del tu….. è tutto più semplice!

Capisco la tua delusione, intanto vedo che gli steli con i boccioli ingialliti sono secondari e quindi di per sè in condizioni più critiche e poi siamo nel peggior periodo stagionale… quindi non deprimerti più del dovuto..
Penso che i boccioli della tua Phalaenopsis ingialliscano a causa della bassa umidità.
Mi assicuri che l’umidità oscilla da 35 a 45%, sono pochi, bisogna che anche la parte alta degli steli possa godere d’umidità relativa sempre sopra il 50 -60%…….. a proposito, si chiamano steli e se vogliamo coniare un nuovo accrescitivo, senza farci sentire dai puristi delle orchidee e della lingua Italiana, possiamo anche dire “steloni” ma è più corretto scrivere “ lunghi steli”-.
Certamente, la stagione non è ideale per far crescere gli steli fiorali in casa, ci vorrebbe un piccolo umidificatore ad ultrasuoni, oppure dovresti avere la pazienza di nebulizzare più volte il giorno, tutta la pianta. Per capire se la pianta ha sete ti puoi regolare dal tempo d’asciugatura delle foglie nebulizzate (se le foglie si asciugano subito, significa che l’ambiente è secco e la temperatura è alta, se invece le foglie rimangono bagnate per molto tempo (più di un’ora) vuol dire che le condizioni sono accettabili.
Guarda le soluzioni che Gianni propone sulla sua finestra dei consigli, penso che possono esserti utili, ad esempio lui usa delle griglie che consentono di tenere sollevati i vasi pur lasciando acqua sul fondo della bacinella di contenimento.
Per il resto devo farti i complimenti, e non demordere per le prime delusioni, ce ne saranno ancora, ma ti assicuro che ti saranno donate anche tante soddisfazioni, le orchidee sono irresistibili.

Phalaenopsis in casa

Quel famoso internodo, secondo terzo o aspettare?

Buongiorno…
mi chiamo Alessia!
Nel mese di Ottobre 2004, mi è stata regalata una Phalaenopsis… aveva molti fiori e anche molto belli…
ora è sfiorita, e molti mi hanno detto di tagliarla sopra al secondo nodo per farla rifiorire… è giusto? Mi potreste dare info su come e dove tagliare? Quanto tempo ci vuole perchè possa nuovamente crescere il ramo floreale? Io per ora la sto annaffiando con acqua non calcarea 1 volta a settimana, e ogni due settimana la concimo con apposito fertilizzante… vorrei riuscire a mantenerla bene anche perchè tengo molto a questa orchidea.


Steli rifiorenti
Alessia pone un problema che assilla tutti i possessori delle mitiche Phalaenopsis.
Le ibridazioni commerciali, hanno reso molto popolare questo genere d’orchidee e si può ben dire che ormai regnano in tutte le nostre case.
Con facili cure, le Phalaenopsis vivono e convivono con le ansie ed i patemi d’animo di tante amiche ed amici, sempre attenti agli spruzzini, temperature, trucchi per umidificare, illuminazioni artificiali ecc.
Per quanto riguarda storia e coltivazione delle Phalaenopsis, vi rimando a questo post , con questo racconto desidero parlare dell’ormai famosa frase: taglio o non taglio al secondo, terzo internodo?

Sappiamo che la Phalaenopsis è rifiorente sullo stesso stelo e questo fenomeno crea sempre delle attese fra i possessori di queste orchidee.
Molte specie di Phalaenopsis, in natura, sono in sostanza sempre in fiore.
Nella foto sopra, si può notare lo stelo secondario fiorito al terzo internodo e la parte superiore ancora presente
Gli ibridi commerciali che invadono le nostre case, raccolgono queste caratteristiche genetiche e se le condizioni delle piante lo consentono, dallo stelo principale si formano steli secondari in progressione.
Si tratta quindi di capire se la salute della pianta consente di lasciarle spendere energie nella fioritura continua. In certi casi, per rinforzare la pianta, conviene recidere alla base gli steli, una volta sfioriti.
Fra le varie leggende metropolitane distribuite dai venditori, la più in voga è quella di tagliare lo stelo sfiorito, al secondo internodo: di se, non è un consiglio sbagliato, è solo un fatto estetico, quasi inutile.
E’ inutile perché anche se rimane lo stelo sfiorito intero, sarà la pianta a decidere se e dove produrre i nuovi getti fiorali.
A mio avviso sarà invece utile aspettare che la nostra pianta decida dove rifiorire, una volta che il nuovo stelo avrà maturato i boccioli, si potrà recidere la parte superiore.
Può capitare che lo stelo sfiorito si secchi, in tal caso conviene reciderlo alla base.
Nota finale: qualsiasi operazione va fatta con utensili sterili.

Vuylstekeara Cambria

Ibridi famosi

Cambria: ibridi facili da coltivare, ideali per principianti e per essere coltivati in spazi domestici.

La Cambria di Fortunata

….”Sono una neofita ma innamorata delle orchidee ed ho visto le splendide orchidee del sig. Guido alla mostra Orchidee sul Lago tenutasi a Verbania-Pallanza nel 2004, ora ho trovato il suo sito ma non so se questa e’ la sede per porle una domanda sulla Cambria che ho acquistato a Pallanza… Le pongo un accenno: la pianta e’ tenuta in appartamento ad una temperatura media di 20 gradi centigradi, luce presente ma non diretta, innaffiata una volta a settimana per immersione. Sembra godere di buona salute infatti mette foglie nuove, ma su alcune vecchie sono spuntate delle macchie partendo dalla punta (solo una foglia ha una macchia in mezzo, non in punta). Sono nere/nere-gialle, non so come poterla curare e da cosa dipendono. Potrebbe darmi qualche consiglio? La ringrazio x l’attenzione Se questo non e’ il luogo adatto a porre domande mi scuso ma non sapevo come altro fare. Saluti, Fortunata”….

Cambria: un nome per tanti ibridi
Sui davanzali delle nostre case, l’orchidea di nome “Cambria” è altrettanto famosa delle Phalaenopsis.
Cambria però, non è un genere o una specie d’orchidea, bensì un nome commerciale dato per comodità a tutta una serie di ibridi intergenerici complessi.
Tutto ha inizio con un ibrido intergenerico creato nel (1911 – 12) da Charles Vuylsteke, coltivatore ed ibridatore fiammingo.

Questo incrocio intergenerico, che somma le qualità dell’Odontoglossum crispum, della Miltonia e della Cochlioda noetzliana, porta il nome Vuylsteke, – seguito dal suffisso – ara (Vuylstekeara) in onore del suo ibridatore, per l’appunto.

Tutto questo avveniva agli inizi del 20° secolo, ma solamente verso gli anni 30 compare il nome “Cambria”, assegnato ad un successivo incrocio intergenerico, destinato a diventare famosissimo negli anni a venire: Vuylstekeara Cambria ‘Plush’ (= Vuylstekeara Rudra x Odontoglossum Clonius).

Riepilogando, un cultivar (Vuylstekeara Rudra) del il primo ibrido trigenerico creato nel (1911-12) da Vuylsteke (= dontoglossum x Miltonia x Cochlioda), incrociato a sua volta con Odontoglossum Clonius (1931), da vita al grex Cambria, cultivar ‘Plush’.
Più tardi, verso gli anni 60, quando l’ibrido Vuylstkeara Cambria ‘Plush’ riceve un FCC/RHS, scatta la febbre del nome ‘Cambria’

In seguito furono registrati diversi “cultivar” – risultato di vari incroci con i tre generi originari – ognuno dei quali con un nome specifico, ad esempio: Vuylstekeara Cambria ‘Peluche’ FCC/RHS – AOS, Vuylstekeara Linda Isler, Vuylstekeara Monica ‘Burnham ‘, ecc.

Visti i risultati, gli ibridatori sempre alla ricerca di realizzare piante resistenti, fioriture spettacolari e durature, iniziarono a sperimentare incroci con varianti di specie e generi.
I migliori risultati sono stati selezionati, clonati ed immessi nel mercato a grandi quantità, ed ora possiamo trovare diversi cultivar.
Capita spesso che siano indicati con il nome “Cambria” anche ibridi intergenerici più evoluti e complessi, anche con la presenza di altri generi nel loro patrimonio genetico.
A titolo puramente esemplificativo elenco alcuni nomi corretti di ibridi che si trovano normalmente in commercio col nome di Cambria: Burrageara, Wilsonara, Aliceara, Beallara, Crawwhayarara ecc.

Fatta questa carrellata informativa del significato di “Cambria”, possiamo iniziare a conoscere le esigenze colturali di questo incrocio intergenerico.

Vuylstekeara Cambria
Secondo le condizioni ambientali, può fiorire sia in autunno sia all’inizio della primavera.
Le inflorescenze spuntano dalla base degli pseudobulbi nuovi e portano 3-7 fiori. I fiori generalmente sono spettacolari. Petali e sepali sembrano di velluto, colorati con le bande rosso scuro e bianche sulla loro parte superiore e punti bianchi alla base. Il labello è grande, di solito bianco con i puntini rosso scuro e un gran punto rosso scuro al centro.

Tutti gli ibridi intergenerici di Vuylstekeara, preferiscono luce soffusa, mai il sole diretto.
Per controllare empiricamente la giusta quantità di luce, basta osservare il colore delle foglie: verde rossastro indica troppa luce, verde scuro indica carenza di luce.

Gli ibridi di Vuylstekeara tollerano una vasta gamma di temperature, le condizioni ideali di sviluppo, richiedono 10 -15 gradi centigradi minimi di notte e 20 – 25 medi, di giorno.

Bagnare il composto dei vasi ogni 7-10 giorni. Il composto deve sempre essere umido, in caso di bagnatura eccessiva, concedere una moderata asciugatura prima della successiva annaffiatura. Non tenere il fondo del vaso immerso nell’acqua.

Concimare le piante ogni 20 giorni. Usare fertilizzante solubile bilanciato 20-20-20: 0,5 grammi per litro d’acqua. Prima di fertilizzare le piante, assicurarsi che il composto non sia asciutto, in tal caso bisogna bagnarlo e poi procedere alla concimazione.

Umidità: poiché i genitori sono originari dei climi umidi, è utile ricreare un ambiente simile. Questo si ottiene in vari modi, ad esempio spruzzando le foglie anche più volte il giorno se l’ambiente è asciutto, oppure sistemare il vaso della pianta sopra un sottovaso rovesciato, posto al centro di una vaschetta con argilla espansa umida.
La Vuylstekeara, richiede un minimo d’umidità 40-50%. Con temperature alte, l’umidità relativa ideale, varia fra 55 e 75%.

Questi ibridi preferiscono ambiente ventilato, ma non sopportano bruschi sbalzi termici.

La Vuylstekeara va rinvasata almeno ogni due anni. Come regola generale, il rinvaso fa fatto, quando il nuovo getto misura 4-5 cm. e presenta nuove radici.
Tutto il composto vecchio va rimosso e le radici guaste eliminate, se la pianta è incespica, va divisa a gruppi di 3-4 pseudobulbi. Il composto ideale è costituito da corteccia di pino sminuzzata, miscelata con poca torba di sfagno e agriperlite. Eseguito il rinvaso, finché le nuove radici non riprendono a vegetare e si infilano nella corteccia, il composto va tenuto appena umido, poi si possono iniziare le normali bagnature.

Gli ibridi di Vuylstekeara sono abbastanza resistenti ad attacchi di parassiti è quindi sufficiente, tenere in forma le piante, con una corretta coltivazione. Nell’eventualità d’attacchi parassitari, cocciniglie, acari ecc. s’interviene con prodotti poco nocivi, possibilmente sistemici tipo “confidor”. Il trattamento con “confidor” va effettuato durante la fase vegetativa della pianta, una sola volta per ciclo di sviluppo. Questo prodotto è poco nocivo per l’uomo, il suo principio attivo (a base di nicotina) agisce da inibitore delle cellule cerebrali degli insetti ed essendo sistemico, viene assorbito dalle radici e raggiunge tutte le parti della pianta: eccessivi trattamenti possono procurare assuefazione.
Può capitare di mantenere le radici delle piante troppo bagnate, in tal modo si favorisce la formazione di marcescenze e l’attacco di malattie fungine: non appena si notano marciumi alle radici ai bulbi e/o sulle foglie, conviene un trattamento con fungicida (foglie e radici) ed eliminare le parti molli, scure o comunque deteriorate, con bisturi o coltellini sterilizzati.

Racconti e schede

Il fiore nazionale del Guatemala

Collezione Guido de vidi. Foto del 6.1.05.
Tutti i diritti sono riservati.
Lycaste skinneri alba [Batem. ex Lindley] Lindley 1843 Sezione Macrophyllaee.

Il nome trae origine da Skinner, raccoglitore d’orchidee del 1800.

Sinonimi: Lycaste alba Cockerell 1919 – Lycaste jamesiana hort. 1889 – Lycaste virginalis [Scheidw.]Lindley 1888 – Maxillaria skinneri Bateman ex Lindley 1842 – Maxillaria virginalis Scheidw. 1842

Lycaste skinneri alba, pianta epifita da clima caldo/intermedio, originaria del Guatemala, Messico, Honduras, El Salvador e vive in zone montagnose fino a 1800 metri d’altitudine.
E’ una pianta di medie dimensioni a foglie plicate, ellittiche – lanceolate, acuminate e semi-caduche che si formano all’apice di pseudobulbi ovali ed appiattiti.
La Lycaste skinneri alba, richiede un periodo di relativo riposo secco che coincide con la caduta delle foglie. Le fertilizzazioni e le bagnature vanno riprese, quando si forma la nuova vegetazione che poi, durante l’inverno, produce più infiorescenze.
Le infiorescenze alte 20-30 centimetri sono erette e portano singoli fiori grandi ( 10-15 ), profumati e molto duraturi.
La Lycaste skinneri, inclusa nella sezione Macrophyllae, non richiede di un marcato riposo secco come le Lycaste Deciduosae ad ogni modo, durante la fase di fermo vegetativo è utile rallentare drasticamente le innafiature e fertilizzazioni.
Questa orchidea va coltivata in vasi piccoli con composto di corteccia misto ad agriperlite e trova giovamento da clima ventilato e rinvasi annuali: durante la fase vegetativa mantenere il substrato umido e fertilizzato ogni 20 giorni con 20-20-20.

Storia e curiosità
La Lycaste skinneri alba è conosciuta anche con il nome popolare di Monja Blanca e simboleggia la pace, la bellezza e l’arte.

La bellisima Monja Blanca fu classificata dai botanici con il nome di Lycaste virginalis nel 1888.

La Monja Blanca o Lycaste skinneri alba, fu dichiarata fiore nazionale del Guatemala l’undici febbraio del 1934, con decreto presidenziale del generale Jorge Ubico, Presidente della Repubblica.

L’iniziativa fu presa da Letizia de Southerland, presidente dell’esposizione internazionale dei fiori, di Maiami Beach – Florida – nel 1933. In tale occasione suggerì l’iniziativa al Governo Guatemalteco. Il generale Ubico, dopo aver avviato consultazioni con esperti, quali Ulises Rojas, Mariano Pacheco H. ed enti istituzionali come la Biblioteca Nazionale e la Società della Geografía e Storia, emise il relativo decreto di nomina.
La Lycaste skinneri alba è una pianta epifita che vive nella Zona Reina, a nord-ovest del Guatemala, e specialmente in Alta Verapaz.
La Lycaste skinneri alba è ermafrodita e produce milioni di semi che necessitano di particolari condizioni per germinare, per questo motivo è inclusa fra le orchidee in via d’estinzione.
Per salvaguardare questa specie, il congresso della repubblica Guatemalteca, nell’agosto del 1946 approvò un decreto per la sua protezione, vietandone sia la raccolta sia la commercializzazione.
Fortunatamente, molti collezionisti ed amatori, si dedicano alla propagazione artificiale in vitro di questa rarissima specie, aiutando in tal modo la conservazione di questa misteriosa e bell’orchidea.